Sri Ramana Maharshi said that we, each of us, are in essence Jnani (knowers of truth), that we move with the legs of exteriorization (out of self) and interiorization (into our self). All of us living under the same imperatives, we are moving towards the same realization (of what we really are).
Without exteriorization we could not manifest ourselves in the mirror of creation, which allows the Absolute to perceive himself. Deluded and enlightened are both "necessary" in this play of the Consciousness . The deluded can not choose. The liberated does not choose. Because there is no "choice".
Upadesha Saram describes the "homecoming" path. Reading and absorbing its meaning means receiving its "liberating will", its Grace (No. 13). Muruganar Sastri Note 13 -
In fact Maharshi considered everything as Divine Grace. When a devotee, Devaraja Mudaliar, complained of certain facts that disturbed his mental peace and wondered if such problems meant that Maharshi had withdrawn the flow of his grace, Maharshi replied: "You silly friend, even the problems or the lack of peace comes only because of Grace " (Recollections, page 113)
Reflections on the Text:
When Maharshi affirms that all are Jnani obviously bases this affirmation in Advaita consciousness (not dual) in which only one exists without a two, so each of us is the manifestation of that One and can not be others than That.
Ramana further specifies that in the Play of Consciousness the One projects itself in the reflection of the mind and perceived himself as separate - this process is called exteriorization - but at the same time is always present the inverse push towards interiorization (ie the conscious return to ' Primary Unit). Some aspects (forms) of the One (which we call entities or people) manifest themselves as "deluded", others as "enlightened" - so appears in the mirror of the mind - to carry on the "comedy" of creation.
Using Maharshi's own words this "allows the One to perceive himself". Which means that for the purposes of the cosmic game the antagonistic parts (the opposites) are necessary.
The ignorant can not choose, says the sage, because it is driven by a will, by a mysterious force in him, that moves him according to the incarnate predispositions and qualities, a sort of automatic acting that has, however, the semblance of the voluntary act, deriving from the feeling that we define as "free will".
But even if apparently the action and its consequences seem a result of our "arbitrary choise" these are in fact a simple projection of the One's Force (Shakti).
The Knower of the One (Jnani), who is the One in Consciousness (and therefore beyond any sense of limitation), is devoid of the notion of "better" or "worse" "just" or "wrong", he does not choose, and in fact what and how could he choose if he is present in everything?
The problem of the inconsistency of these statements is only in the mind of the "spiritual seeker" who is "invited" to exercise discipline and self-control to carry out his "return home", so he believes that the works, the practices, accomplished by him are functional to that "return", in effect these are just "a signal" of the return and absolutely not propedeutic to it.
And then calling it "return" is somewhat misleading - being a suitable term for the dual mind that think to pursue a path- in fact, how can you "go back" to That you are always been? But in the present state of mind we can not but use the language of sharing and communicating in duality, to express "absurdly" ....
The fact remains that Jnani's non-dual consciousness, being incommunicable in words, can only be transmitted in the form of "Grace" (we would also call it "love" or "compassion"), such Grace is the constant expression of the One, so the flow can never be interrupted. The state of the Jnani, and the Grace emanating from him, is not dispensation or favor from the One to many ... It is the simple lingering in its own nature, totally and absolutely One and therefore indistinguishable, and which can not be subdivided into "degrees".
In this sense the presence of Jnani is compared to the Divine Presence. And anyone who consciously enters that Presence in it is absorbed and recognizes himself as That. This is the great mystery of Presence.
Paolo D'Arpini
Laity Spirituality Committee - spiritolaico@gmail.com
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Testo Italiano
Sri Ramana Maharshi ha detto che noi, ognuno di noi, siamo in essenza realmente Jnani (conoscitori della verità), che ci muoviamo con le gambe dell’esteriorizzazione (uscir fuori da sé) e dell’interiorizzazione (entrare nel proprio sé). Tutti noi viviamo sottoposti agli stessi imperativi, ci spingiamo verso la stessa realizzazione (di quel che realmente siamo).
Senza l’esteriorizzazione non potremmo manifestarci nello specchio della creazione, che consente all’Assoluto di percepire se stesso. L’illuso e l’illuminato sono entrambi “necessari” in questo gioco della Coscienza. L’illuso non può scegliere. Il liberato non sceglie. Poiché non vi è “scelta”.
Upadesha Saram descrive il sentiero del “ritorno a casa”. Leggere ed assorbire il suo significato vuol dire ricevere la “sua volontà liberatrice”, la sua Grazia (n. 13). Muruganar Sastri Nota 13 –
In verità Maharshi considerava ogni cosa come Grazia Divina. Allorché un suo devoto, Devaraja Mudaliar, si lamentò di alcuni fatti che disturbavano la sua quiete mentale e domandò se tali problemi significavano che Maharshi aveva ritirato il flusso della sua grazia, il Maharshi rispose: “Tu compagno pazzariello, i problemi o la mancanza di pace vengono solo a causa della Grazia” (Recollections, pag. 113)
Riflessioni sul testo: Allorché Maharshi afferma che tutti sono Jnani evidentemente fonda tale affermazione nella coscienza Advaita (non duale) in cui esiste solo l’Uno senza un due, per cui ognuno di noi è la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello.
Ramana specifica ulteriormente che nel gioco della Coscienza l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione- ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa all’interiorizzazione (ovvero del consapevole ritorno all’Unità primigenia). Alcuni aspetti (forme) dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come “illusi”, altri come “illuminati” -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione.
Usando le parole stesse del Maharshi questo “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.
L’ignorante non può scegliere, afferma il saggio, perché sospinto da una volontà, da una forza misteriosa in lui riposta, che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”.
Ma pur essendo apparentemente risultato del nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze, sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno (Shakti).
Il conoscitore dell’Uno (Jnani), che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, è privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, egli non sceglie, ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?
Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore spirituale”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.
E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è sempre stati? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio della condivisione e comunicazione nella dualità, esprimendoci “assurdamente”….
Resta il fatto che la consapevolezza non duale del Jnani, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma di “Grazia” (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale Grazia è la costante espressione dell’Uno, quindi non può esserne mai interrotto il flusso. Lo stato del Jnani, e la Grazia da lui emanata, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”.
In tal senso la presenza del Jnani viene paragonata alla Presenza Divina. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso in Quella. Questo è il grande mistero della Presenza.
Paolo D’Arpini
Comitato per la Spiritualità Laica - spiritolaico@gmail.com
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