lunedì 29 aprile 2019

What is in us is also in the other - Quel che è in noi è anche nell'altro


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In the psychological analysis of the subjects treated, it is necessary to bear in mind that the understanding of the psychic states examined in the "observed" individual requires a good dose of mingling and empathy, or rather the psychologist must also be a little "intriguing and speculative ".

Intriguing derives from intrigue (machination, plot, understanding, etc.) this word expresses a lot of double meanings, sometimes it is used in a positive sense, as an intriguing thing is interesting, varied, fun, attractive ... or in the negative sense which means confused, cunning, with hidden implications, etc.

The term "speculation" expresses another typical aspect of analysis, beyond that of mirroring ... also investigation, research, reflection, pretext ...

Empathy and compassion are necessary for the understanding of the games of the mind, the sharing and the recognition of sharing all the examined aspects, this is the only way - according to me - to be able to find solutions to the imbalances and dysfunctions of the psyche.

Therefore the psychotherapist should also perform a priestly, shamanic function ... and this is not a heretical attitude ... indeed this attitude allows us to bring healing elements ... Inversely, where there is an assumption of health in the observer and recognition of insanity in the observed, a sort of instrumentalization of the "disease" and of falsified medical-therapeutic use takes over ...

All human beings are equal, nobody has the right to consider himself a human being superior to another. Whoever plays an institutional role is always a person, like any other.

What is in us is also in the other, otherwise we could not recognize it. Even those who judge can be judged and those who represent a whole category should first respect the principles they stand for. We can be pedantic technical and passive psychiatrists and continue to complain that knowing the mind is an aspect of physiology or being active elements, builders of a holistic system, aware that body, mind and spirit are an inseparable whole!

These reflections are an addition to the discourse on how to overcome "innate tendencies" without falling victim to new "corrective tendencies" .... (in which case the karma is repeated, even if modified).

Paolo D'Arpini




Testo italiano 

Quel che è in noi è anche nell'altro

Nell’analisi psicologica dei soggetti trattati, secondo me, occorre tener presente che la comprensione degli stati psichici esaminati nell’individuo “osservato” necessitano di una buona dose di commistione ed empatia, ovvero lo psicologo deve essere anche un po’ “intrigante e speculativo”.

Intrigante deriva da intrigo (macchinazione, trama, intesa, etc.) questa parola esprime un sacco di doppi sensi, a volte viene usata nell’accezione positiva, in quanto una cosa intrigante è interessante, varia, divertente, attraente… oppure nel senso negativo il che significa confusa, cunning, con risvolti celati, etc.

Il termine "speculazione" esprime un altro aspetto tipico dell’analisi, oltre quello dello specchiarsi… anche indagine, ricerca, riflessione, pretesto…

L’empatia e la compassione sono necessari per la comprensione dei giochi della mente, la compartecipazione ed il riconoscimento di condividere tutti gli aspetti esaminati, questo è il solo modo -secondo me- per poter trovare soluzioni agli squilibri ed alle disfunzioni della psiche.

Perciò lo psicoterapeuta dovrebbe svolgere anche una funzione sacerdotale, sciamanica… e questo non è un atteggiamento eretico… anzi proprio questo atteggiamento consente di apportare elementi di guarigione… All’inverso dove c’è assunzione di sanità nell’osservatore e riconoscimento di insanità nell’osservato, subentra una sorta di strumentalizzazione della “malattia” e di uso medico-terapeutico falsato…

Tutti gli essere umani sono uguali, nessuno ha il diritto di considerarsi un essere umano superiore ad un altro. Chi riveste un ruolo istituzionale è sempre una persona, alla pari di ogni altra.

Quel che è in noi è anche nell'altro, altrimenti non potremmo riconoscerlo. Anche chi giudica può essere giudicato e chi riveste ruoli di rappresentanza di una intera categoria dovrebbe rispettare per primo i principi di cui si fa garante. Possiamo essere pedanti psichiatri tecnicisti e passivi e continuare a lamentarci che la conoscenza della mente è un aspetto della fisiologia oppure essere elementi attivi, costruttori di un sistema olistico, consapevoli che corpo, mente e spirito sono un tutt'uno inseparabile!

Queste riflessioni sono una integrazione al discorso sul come superare le "tendenze innate" senza cadere vittime di nuove "tendenze correttive".... (nel qual caso il karma si ripete, sia pur modificato).

Paolo D'Arpini


venerdì 26 aprile 2019

Il mondo nasce con la nascita dell' “io sono” - The world is born with the birth of "I am"



Tutto ciò che esiste nel mondo sorge dall’incontro fra le tenebre e la luce, fra la terra ed il cielo, fra il femminile ed il maschile. Questa è una teoria espressa non soltanto in India od in Cina ma presente in ogni filosofia e religione e persino nella scienza empirica. Ma in Cina ed in India maggiormente il discorso binario delle forze creatrici è stato analizzato in profondità e portato alle sue estreme conclusioni. Tutti sanno –ad esempio- cosa sono lo Yin (femminile) e lo Yang (maschile) e molti conoscono il binomio Shakti (fenomeno) e Shiva (noumeno).
Nella penombra dell’aurora si dice che il mondo sia stato creato da Brahma. La descrizione di questa creazione è molto semplice. La mitologia cosmologica mistica descrive la nascita di tutti gli esseri attraverso l’opera creativa di Brahma. Il creatore dovendo svolgere il suo compito formulò in se stesso il principio femminile “Sandhia” che significa Aurora, assumendo egli il principio maschile. Una volta che questa sua “figlia” apparve davanti ai suoi occhi egli ne fu così affascinato che s’invaghì della sua stessa creazione. Sandhia cercò di sfuggire alla bramosia di Brahma ed assunse di volta in volta una forma diversa, sempre al femminile, mentre Brahma la rincorse nella forma maschile della stessa specie. E così tutti gli esseri senzienti furono alfine prodotti. Questa allegoria simbolica del “rincorrersi” è ripetuta anche nella teoria del Big Bang, in cui l’unità indistinta primordiale (Tao per i cinesi) si trasforma in grande esplosione creatrice (il desiderio del moltiplicarsi), resa possibile dall’espansione del tempo nello spazio, potremmo egualmente chiamarli luce e tenebra….
Ma voglio scendere nei particolari minuti, sulle intuizioni presenti in ognuno di noi, prendendo l’esempio della mia stessa vita. I ricordi più lontani che ho di me stesso risalgono al limbo del grembo materno ed al momento della nascita. Allora percepivo chiaramente il destino della forma che avrei assunto, con tutte le difficoltà conseguenti al necessario riequilibrio di un precedente karma. La volontà di uscire fuori dall’utero era molto debole, vedendo le umiliazioni, le paure, le fatiche, le trasformazioni che mi aspettavano… eppure ad un certo momento sentii che non potevo tirarmi indietro, che questa nascita era necessaria per la mia evoluzione, che vi sarebbero stati anche momenti santi e gloriosi, che questa mia vita avrebbe aiutato il compimento anche di altre esistenze. E così venni alla luce, tirato fuori da un forcipe…. Che la levatrice infine usò, vista la mia reticenza a nascere….
E poi i momenti cruciali legati all’insoddisfazione per la forma assunta. A circa 6 od 8 mesi, ricordo che mia madre descriveva ad una amica in visita il colore dei miei occhi “prima era azzurri ora stanno diventando verdi –forse castani..”. Ed infatti i miei occhi sono castani, con striature verdognole (”cacarella” dice mia figlia Caterina), l’azzurro tanto desiderato è rimasto solo un alone nella pupilla.
Ed il desiderio carnale, la paura e la gelosia edipica? A circa un anno e mezzo ricordo che una sera ero nel mio lettino, nella stanza dei miei genitori, che evidentemente volevano copulare, ma io non mi addormentavo e mi dissero “dormi se no dalla finestra viene il gatto mammone”. Neanche sapevo cosa fosse una tale bestia ma immediatamente percepii una figura nera che mi osservava dalla finestra e implorai mia madre di farmi andare nel suo letto. Ma non fui accettato e fui zittito con frasi tipo “ma no… ma no.. il gatto mammone non c’è.. resta nel tuo lettino..”. Eppure per me c’era anche perché sentivo rumori strani… Poi a circa due anni e mezzo, quando era nata da poco la mia sorellina Maria, assistevo alla sua poppata al seno e mi venne il desiderio di bere anch’io di quel latte ma presi la cosa alla larga “Mamma, mamma… come fa il latte ad uscire dalla sisa?” E mia madre scherzando sollevò la sisa la spremette nella mia direzione facendone uscire uno schizzo di latte che mi colpì in faccia.
Lascio da parte altri ricordi di questo genere e racconto solo quello che fu per me illuminante e mi diede la visione della realtà indivisa. Un giorno, avevo circa quattro anni, osservavo nel raggio di sole che entrava dalla finestra una moltitudine di piccoli esseri che si muovevano, un pulviscolo di particelle misteriose, e chiesi a mio padre “papà.. cosa sono tutte queste cose che si vedono nel raggio di luce?” e lui mi rispose (dopo aver osservato a sua volta) che si trattava di minuscole forme di vita. Immediatamente percepii la verità che la vita è una realtà indivisa, la stessa cosa che oggi affermano gli scienziati, che non c’è separazione e che veramente tutto è una manifestazione del gioco delle particelle quantiche primordiali. Ed lo dissi esclamando “ma allora non c’è divisione fra noi… siamo tutti la stessa cosa!”. Ovviamente mio padre, vittima della visione dissociata negò dicendo che ognuno ed ogni cosa era separata, e qui dovetti iniziare a fare i conti con l’accettazione della mia verità intuitiva rispetto a quella descritta dagli altri….
Ma insomma qual è il meccanismo concettuale dietro alla creazione del mondo?
A questa domanda Nisargadatta Maharaj rispose in modo lucido e chiaro: la creazione del mondo, come apparizione nella coscienza, ha un decuplo aspetto:
- Purusha (maschile o mente) e Prakriti (femminile o natura), il materiale psichico e fisico.
- L’essenza dei cinque elementi fondamentali (visti come stati energetici): etere, aria, fuoco, acqua e terra, in continua e mutua frizione.
- I tre attributi (o qualità): satva (armonia), rajas (attività), tamas (inerzia)
Un individuo può pensare di essere lui stesso ad agire in realtà il suo nome e forma non sono altro che l’espressione combinata dell’incontro fra questi fattori.
In verità ognuno di noi è null’altro che “coscienza” ovvero la capacità di osservazione e di vivificazione che rende possibile il gioco degli elementi e dei vari aspetti psichici. La forma incarnata è un po’ come la particolare immagine che si forma al caleidoscopio, od alla slot machine, alla quale noi osservandola diamo un valore e significato sulla base di certe convenzioni. Le forme differiscono così tanto in qualità e quantità, dati i possibili mescolamenti dei 10 aspetti coinvolti, che alla fine appaiono individui come Hitler o Gandhi….
Facendo un’analisi all’inverso, tornando cioè indietro nella formazione degli aspetti, notiamo che le tre qualità non sono altro che il movimento del “maschile” (rajas) e del “femminile” (tamas) nel gradiente formato dallo spazio-tempo ed osservato nella “coscienza” (satva). Mentre gli elementi son solo le posizioni assunte dalle qualità nel gradiente, cioè: satva = etere; satva e rajas = aria; rajas = fuoco; rajas e tamas = acqua; tamas = terra.
Ma apprendere il meccanismo concettuale “esteriore” serve a poco se manca la capacità di riconoscimento e radicamento della propria identità primordiale, la pura consapevolezza, alla luce della quale tutto avviene.
Il pensiero “io sono” vibra nell’esistenza e tutto appare!
Paolo D’Arpini

Testo inglese:
Everything that exists in the world arises from the encounter between darkness and light, between the earth and the sky, between the feminine and the masculine. This is a theory expressed not only in India or in China but present in every philosophy and religion and even in empirical science. But in China and India more the binary discourse of the creative forces has been analyzed in depth and brought to its extreme conclusions. Everyone knows - for example - what the Yin (feminine) and Yang (masculine) are and many know the binomial Shakti (phenomenon) and Shiva (noumena).
In the twilight of the dawn it is said that the world was created by Brahma. The description of this creation is very simple. Mystical cosmological mythology describes the birth of all beings through the creative work of Brahma. The creator having to carry out his task formulated in himself the feminine principle "Sandhia" which means Aurora, assuming he the masculine principle. Once this "daughter" of his appeared before his eyes, he was so fascinated that he fell in love with his own creation. Sandhia tried to escape Brahma's craving and from time to time assumed a different form, always feminine, while Brahma chased her into the masculine form of the same species. And so all sentient beings were finally produced. This symbolic allegory of "chasing each other" is also repeated in the Big Bang theory, in which the indistinct primordial unity (Tao for the Chinese) is transformed into a great creative explosion (the desire to multiply), made possible by the expansion of time in the space, we could equally call them light and darkness….
But I want to go into the minute details, into the insights present in each of us, taking the example of my own life. The earliest memories I have of myself date back to the limbo of the womb and to the moment of birth. Then I clearly perceived the destiny of the form that I would have assumed, with all the difficulties consequent to the necessary rebalancing of a previous karma. The will to get out of the womb was very weak, seeing the humiliations, the fears, the hardships, the transformations that awaited me ... yet at a certain moment I felt that I could not draw back, that this birth was necessary for my evolution, that there would also be holy and glorious moments, that this life of mine would have helped the fulfillment of other existences as well. And so I came to the light, pulled out of a forceps ... That the midwife finally used, given my reticence to be born….
And then the crucial moments related to dissatisfaction with the form taken. At about 6 or 8 months, I remember that my mother described to a visiting friend the color of my eyes "first it was blues now they are turning green - perhaps brown ..". And in fact my eyes are brown, with greenish streaks ("cacarella" says my daughter Caterina), the much desired blue has remained only a halo in the pupil.
And carnal desire, fear and oedipal jealousy? At about a year and a half I remember one evening I was in my cot, in my parents' room, which evidently wanted to copulate, but I didn't fall asleep and they said to me "sleep if not from the window comes the mammon cat". I didn't even know what such a beast was but immediately I sensed a black figure looking at me from the window and begged my mother to let me go to her bed. But I wasn't accepted and I was silenced with phrases like "but no ... but no ... the big cat doesn't exist .. it stays in your bed ..". Yet for me there was also because I heard strange noises ... Then at about two and a half years, when my little sister Maria was born, I watched her breastfeed and I felt the desire to drink myself of that milk but I took the thing away "Mom, Mom ... how does milk come out of  the breast?" And my mother jokingly raised her breast squeezed in my direction making a splash of milk come out and hit me in the face.
I leave other memories of this genre aside and tell only what was enlightening to me and gave me the vision of undivided reality. One day, I was about four years old, I observed in the ray of sunlight that came through the window a multitude of small beings that moved, a dusting of mysterious particles, and I asked my father "dad ... what are all these things that you see in the ray of light? ”and he replied (after observing in turn) that they were tiny life forms. I immediately perceived the truth that life is an undivided reality, the same thing that scientists today say, that there is no separation and that really everything is a manifestation of the game of primordial quantum particles. And I said it, exclaiming "but then there is no division between us ... we are all the same thing!" Obviously my father, a victim of the dissociated vision denied saying that everyone and everything was separate, and here I had to start to deal with the acceptance one of my intuitive truth than the one described by others ...
But in short, what is the conceptual mechanism behind the creation of the world?
To this question Nisargadatta Maharaj answered in a lucid and clear way: the creation of the world, as an appearance in consciousness, has a tenfold aspect:
- Purusha (male or mind) and Prakriti (female or nature), the psychic and physical material.
- The essence of the five fundamental elements (seen as energy states): ether, air, fire, water and earth, in continuous and mutual friction.
- The three attributes (or qualities): satva (harmony), rajas (activity), tamas (inertia)
An individual may think that he himself is actually acting his name and form are nothing but the combined expression of the meeting between these factors.
In truth, each of us is nothing but "conscience", that is, the capacity for observation and vivification that makes the play of the elements and of the various psychic aspects possible. The embodied form is a bit like the particular image that is formed at the kaleidoscope, or at the slot machine, to which we observing it give a value and meaning based on certain conventions. The forms differ so much in quality and quantity, given the possible blending of the 10 aspects involved, that in the end appear individuals like Hitler or Gandhi….
Doing an inverse analysis, that is, going back to the formation of aspects, we note that the three qualities are nothing but the movement of the "masculine" (rajas) and the "feminine" (tamas) in the gradient formed by space-time and observed in the "consciousness" (satva). While the elements are only the positions assumed by the qualities in the gradient, that is: satva = ether; satva and rajas = air; rajas = fire; rajas and tamas = water; tamas = earth.
But learning the "external" conceptual mechanism is of little use if there is no capacity for recognition and rooting of one's primordial identity, pure awareness, in the light of which everything happens.
The thought "I am" vibrates in existence and everything appears!
Paolo D’Arpini

giovedì 25 aprile 2019

Baba Muktananda calls it "freedom" - Baba Muktananda la chiama "libertà"


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Like a young lion being chased away from the herd in which it was born, when it has reached maturity. Then, after a period of aimless wandering, in which he joins other lions in the same condition, nature pushes him to challenge the old leader of a pack, usurp his place and appropriate the females, generate his own offspring and the cycle repeats ...

An intermezzo, a fleeting satisfaction derived from the sense of power obtaining  the "necessities" of life: sex, food and company. There is not much to do if this is the lion system, if you are a lion, but if you are a man?

I have always been disgusted by the methods that involve abuse and conquest as a form of survival. However, I often see that the system, the nature of man, is not very different from that of lions.

It seems, it seems to me, that many species of animals use more or less similar methods. I have seen that the relationship between males is always somehow based on confrontation and dominance. If not physical, intellectual. If not intellectual, spiritual. If not spiritual,  fondness. The bond of love is in fact the strongest and the one that creates the strongest dependence. It creates feelings of guilt and frustration and pushes towards its counterpart: rebellion and hatred. With this the cycle starts again, leaving a vague smell of hormones that remains in the air.

In short, it seems a dead end road but, as Nisargadatta says, a solution can be found if the search is begun and ended in oneself, ignoring the desire to obtain, or rather by observing the mental drive and thus detaching oneself from it. At first it appears as an escape or an act of will (and this reminds me enormously of the vicious circle referred to in the history of lions) but the conclusion is not the result of an effort ... it is not an answer, it is not understandable, it is not prosecutable, in short, from the point of view of the mind, it looks very much like extinction.

Ramana Maharshi says it is the death of the ego. Baba Muktananda calls it freedom.

Paolo D’Arpini


...............

Testo italiano:

Come un giovane leone che viene scacciato dal branco in cui è nato,  quando ha raggiunto l’età matura. Poi, dopo un periodo di girovagare senza scopo, in cui si aggrega ad altri leoni nella sua stessa condizione, la natura  lo spinge a sfidare  il vecchio  capo di un branco, usurpare il  suo posto ed appropriarsi delle femmine, generare una propria prole ed il ciclo si ripete... 

Un intermezzo, una soddisfazione fugace derivata dal senso di potere  nell'ottenimento delle  "necessità"  di vita: sesso, cibo e compagnia.  Non c’è molto da fare se questo è il sistema dei leoni, se sei un leone, ma se sei un  uomo? 

Ho sempre avuto ribrezzo per i metodi che comportano la prevaricazione e la conquista come forma di sopravvivenza. Spesso vedo però che il sistema, la natura dell’uomo, non è molto dissimile da quella dei leoni. 

Sembra, mi sembra, che molto specie di animali usino metodi più o meno simili. Ho visto che il rapporto fra maschi è sempre in qualche modo basato sul confronto e sulla  dominanza. Se non fisica, intellettuale. Se non intellettuale, spirituale. Se non spirituale, amorosa.  Il legame dell’amore infatti è il più forte, è quello che crea la dipendenza più forte. Crea  anche sensi di colpa e di frustrazione e spinge verso la sua controparte: la ribellione e l'odio. Con ciò il ciclo ricomincia, lasciando  un vago odore di ormoni che permane nell’aria. 

Insomma pare una strada senza uscita ma -come dice Nisargadatta- può trovarsi una soluzione se si inizia e si termina in se stessi la ricerca, ignorando il desiderio di ottenimento, o meglio  osservando la  pulsione mentale e quindi distaccandosi da essa.  All’inizio appare come una fuga od un atto di volontà  (e questo mi ricorda enormemente il circolo vizioso di cui alla storia dei leoni) ma la conclusione non è il risultato di uno sforzo… non è una risposta, non è comprensibile, non è perseguibile, insomma dal punto di vista della mente assomiglia moltissimo all’estinzione.

Ramana Maharshi  dice che è la morte dell'io. Baba Muktananda la chiama libertà.


Paolo D’Arpini

lunedì 22 aprile 2019

Know the mind so as not to be fooled by the mind - Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente


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Ramana Maharshi said: "... it is important to know the mind, so as not to be fooled by the mind...", this in response to the question of whether it was necessary to study the mental mechanisms that are basically representations of the individual ego and therefore synonymous with illusion.

In fact, if we do not understand the pitfalls and traps that the mind can raise, to make us understand that we are the matrix of our ego, we will never be able to free ourselves from the mechanism of identification with the agent (the empirical ego).

Therefore it is useful and necessary to know the archetypal characteristics of each person embodied.

Among other things it is better to become aware of the psycho-physical qualities that characterize our "person" (egoic mask) so as not to be unprepared for eventualities.

Since the categories exist, since when the concepts of high and low, good and bad, masculine and feminine, luminous and dark were born in human society, we have always looked for an integrative way that could make the interrelation of those forces understandable which always co-act in all mutations.

For example, the Buddhist faith is called "the middle way", there is also the Christian saying "love the others as yourself" or the doctrine of the "universal brotherhood" of the various philosophical orders.

This becoming first listeners and then integrative re-elaborators, this continuous accepting the possibilities present at the occasion without pushing for a pre-established solution is my middle ground.

However, the truth of the intentions must be examined by the evidence of the facts. When we examine the way in which we place ourselves in the mutation we immediately discover if our feeling and action is really in harmony, being part of the movement in progress (and this regardless of the result obtained) or it is just frustrating acting ...

As far as I'm concerned, I have to say that my approach to society is that of the "middle sderenato" (as they say in Rome), considering active riders like Yang and passive sderenati like Yin.

Being a middle man gives me the opportunity not to hire a seat, to remain a modest ordinary man, and at the same time it allows me to speak with both categories, that of busy and intellectually prepared people and that of simple and common men of the world , so I can understand the reasons and partly share the choices and be accepted as a hypothetical traveling companion.

This also means that, speaking of my particular method of knowledge, or "Lay Spirituality", I spontaneously sympathize with those who want and can share it, but also with those who want nothing to do with these "fantasies".

It is true, the missionary vocation suffers, the product does not sell well, but at least we feel free not to be sold ourselves.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano 

Diceva Ramana Maharshi: "... è importante conoscere la mente, per non farsi imbrogliare dalla mente..", questo in risposta alla domanda se fosse necessario studiare i meccanismi mentali che in fondo sono solo rappresentazioni dell'io individuale e quindi sinonimo di illusione.

In effetti se non comprendiamo i trabocchetti e le trappole che la mente può tenderci, per farci intendere di essere lei la matrice del nostro io, non potremo mai disincagliarci dal meccanismo dell'identificazione con l'agente (l'io empirico).

Pertanto è utile e necessario conoscere le caratteristiche archetipali da ognuno incarnate.

Tra l'altro è meglio prendere coscienza delle qualità psico-fisiche che caratterizzano la nostra "persona" (maschera egoica) in modo da non essere impreparati alle evenienze.

Da quando esistono le categorie, da quando cioè nella società umana sono nati i concetti di alto e basso, buono e cattivo, maschile e femminile, luminoso ed oscuro, si è sempre cercata una via integrativa che potesse rendere comprensibile l’interrelazione di quelle forze che sempre co-agiscono in tutte le mutazioni.

Ad esempio la fede Buddista è definita “la via di mezzo”, c’è pure il detto cristiano “dell’ama gli altri come te stesso” o la dottrina della “fratellanza universale” dei vari ordini filosofici.

Questo farsi prima ascoltatori e poi rielaboratori integrativi, questo continuo accettare le possibilità presenti all’occasione senza spingere per una soluzione precostituita è la mia via di mezzo. 

Occorre però che la verità delle intenzioni sia messa al vaglio dalla prova dei fatti. Allorché esaminiamo il modo in cui ci poniamo nel mutamento scopriamo immediatamente se il nostro sentire ed agire è veramente in sintonia, facente parte del movimento in atto (e ciò indipendentemente dal risultato ottenuto) oppure è solo frustrante recitazione…

Per quanto mi riguarda debbo dire che il mio approccio verso la società, è quello del "mezzo sderenato" (come si dice a Roma), considerando i perbenisti attivi come Yang e gli sderenati passivi come Yin. 

Essere un mezzo sderenato mi dà la possibilità di non assumere un seggio, di restare un modesto uomo qualunque, ed allo stesso tempo mi permette di interloquire con entrambe le categorie, quella delle persone impegnate e intellettualmente preparate e quella dei semplici e comuni uomini di mondo, posso così capirne le ragioni ed in parte condividerne le scelte ed essere accettato come un ipotetico compagno di strada.

Questo significa anche che, parlando del mio particolare metodo di conoscenza, ovvero la "Spiritualità Laica", spontaneamente simpatizzo con chi vuole e può condividerlo, ma anche con coloro che non vogliono aver nulla a che fare con queste “fantasie”. 

E’ vero, la vocazione missionaria ne patisce, il prodotto non si vende bene, ma almeno ci si sente liberi di non esserci noi stessi venduti.


Paolo D'Arpini

venerdì 19 aprile 2019

From ecosophy to pantheism... - Dall'ecosofia al panteismo


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"Come le api producono il miele raccogliendo le essenze delle piante riducendone il succo in una sola qualità, così che le piante non avvertono più la distinzione: io sono il succo di questa pianta o di quella; così tutte queste creature viventi, immergendosi nell'Essere, non hanno la consapevolezza: siamo immerse nell'Essere: Qualunque sia la loro forma, di tigre, di lupo, di verme o di zanzara, quella forma tornano ad essere. Ciò che è infinitamente sottile: ha Quello (l'Essere) come essenza, Quello è la Realtà, l'atman e 'Tu sei Quello'..." (Chandogya Upanisad VI, 9)

Il concetto di  spiritualità è una attribuzione di carattere umano. Si dice che solo l’uomo sia in grado di sperimentare coscienza di sé ed intelligenza discriminativa e razionale. Questa capacità possiamo anche definirla “spirito”… Allo stesso tempo siccome non esiste cosa su questa terra e nell’universo, che possa dirsi separata -in quanto il tutto si manifesta nella totalità del “tutto”- e la vita stessa è inscindibile nelle sue varie manifestazioni, manifestando radici comuni in tutte le sue forme, di qualsiasi genere e natura, si può intuire che la caratteristica della “coscienza-intelligenza” sia presente in ogni elemento vivo, che dimostra nascita, crescita e morte, sia pur in diversi gradienti.

Facciamo l’esempio della crescita in “intelligenza e coscienza” come avviene nell’uomo. Cominciando dalla sua formazione in quanto unione di spermatozoo ed ovulo, passando per la sua fase embrionale, alla formazione completa degli organi, alla fuoriuscita dal grembo, all’inizio della sua capacità di apprendimento e discernimento… attraverso vari momenti evolutivi che -pur apparentemente differenti in qualità- rappresentano comunque una crescita del medesimo soggetto.

Se ciò avviene nell’uomo perché non ipotizzare che possa avvenire in ogni altra forma vitale, pur in una scala differenziata e di diversa qualità? Se accettiamo questa premessa come un presupposto di condivisione della stessa  “coscienza ed intelligenza”, ecco che improvvisamente possiamo riconoscere in tutto ciò che è vivo la qualità “spirituale”…

Ma ben inteso non in senso religioso… quella è un’assunzione che non compete noi laici. No, riconosciamo lo “spirito” in quanto capacità della vita di esprimere se stessa in forme energetiche dotate di coscienza.. e qui possiamo fermarci…

Poi, dal punto di vista poetico ed emozionale, perché non descrivere la vita di un albero come espressione spirituale della natura? Cosa c’è di male…

Innegabilmente anche  un albero è vivo e si esprime attraverso le sue funzioni biologiche e manifesta desideri e repulsioni, come noi umani…

Partendo da questo assioma arriviamo al concetto di "Ecosofia", una forma di pensiero para-spirituale-ecologico elaborata dal filosofo norvegese Arne Naess

"Arne Dekke Eide Næss (Oslo, 27 gennaio 1912 – Oslo, 14 gennaio 2009) è stato un filosofo norvegese. Ha studiato filosofia, matematica ed astronomia all'università di Oslo, alla Sorbona e a Vienna dove frequentò il locale Circolo. Docente di filosofia a Oslo fino al 1969, si è interessato di: storia della filosofia, filosofia della scienza, etica; nutrì particolare interesse per il pensiero di Spinoza e Gandhi. Ha fondato la rivista internazionale di filosofia Inquiry che ha diretto fino al 1975.  È stato il primo ad utilizzare il termine ecosofia (od ecologia profonda) il cui concetto è stato ampiamente sviluppato da filosofi come Raimon Panikkar e Félix Guattari." (Wikipedia)

I concetti   da Naess propugnati possono facilmente essere ricollegati al pensiero naturalistico, sia in termini prettamente materialistici che spirituali. In passato questa visione olistica è stata anche definita "panteismo".  Naess ha approfondito questo concetto, sostenendo l'unitarietà della vita e del substrato sottile che la compenetra, da qui anche l'uso  della parola "ecologia profonda" da lui  usata per significare lo studio della vita  e dell'ambiente sino alle sue più profonde origini e radici.

Il  filone dell'ecosofia ha poi trovato sinergie e collegamenti con altre filosofie, o meglio pratiche di vita,  naturalistiche e spirituali, come ad esempio  la "spiritualità  naturale o laica", che assieme all'ecosofia formano una sorta di "unità".

La meraviglia con cui i primi uomini hanno osservato e adorato gli aspetti molteplici della natura, degli animali, degli alberi e dell'habitat, a cui venivano dati nomi, qualità e sembianze divine, il riconoscersi parte integrante di questo insieme, il sapere che nulla può essere separato e che ogni cosa compartecipa ad ogni altra cosa in un afflato panteista, tutto ciò può essere definito ecologia profonda o ecosofia, neologismi  inventati da Arne Naesse per descrivere qualcosa che era già, che faceva parte del nostro sentire ancestrale. E' la meraviglia di sé, la coscienza di esistere e di essere consapevoli di esistere, la capacità di comprendere, di sentire emozioni profonde, di riconoscersi in tutto ciò che è, l'intuizione di essere presenti senza ombra di dubbio e di percepire la pienezza del proprio essere in tutto ciò che si manifesta, questo il sentire  della spiritualità naturale o laica.

Insomma parlando di ecologia profonda e di spiritualità laica si parla di corpo e di spirito, senza separazione alcuna fra l'uno e l'altro, due aspetti della stessa incredibile magia. Siccome il conosciuto ha bisogno di essere ricordato, conservato e riproposto, tempo dopo tempo, in forme sottili come avviene per la conoscenza filosofica o per le religioni, ed in forme materiali come avviene con il Dna e con il tramando delle arti e della capacità tecniche, ricorriamo alla simbologia archetipale come deposito di memoria e conoscenza.

Diceva il grande saggio non-dualista nostro contemporaneo,  Nisargadatta Maharaj: «Noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati».  In ciò si coglie una similitudine con la Panarchia che pur essendo un pensiero comparso quasi due secoli prima, è stato dimenticato dalla storia.

Forse non abbiamo nemmeno bisogno di ricorrere alla storia che con le interpretazioni di chi riporta, narra, commenta, fatti e comportamenti umani, non ci fa vivere o rivivere esperienze aderenti alla realtà. Forse ci dobbiamo rivolgere a quel grande laboratorio che è la memoria collettiva. Di fatto, in questo momento possiamo entrare nella storia, possiamo guardare a tutte quelle "anime" presenti oggi nel mondo, che sono rappresentative di realtà che vanno da uno stato che non si discosta molto da quello primordiale a quello che rappresenta la condizione più avanzata della tecnologia. 

Questo gioco della natura ci consente un'osservazione diretta di sistemi di aggregazione sociale, culturale ed economica, di interpretarli e di cercare di capire che cosa fare per superare le vecchie e le nuove miserie e di essere attori entusiasti nel progetto di costruzione di un mondo equo, solidale, felice, e quindi con un futuro.
La natura (o la vita) di per se stessa è "non-duale"  e quali sono in estrema sintesi  i  legami tra la spiritualità laica e l'ecologia profonda di Naess?

Nel significato originale della parola ecologia, rispetto alla sua consimile ambientalismo, è già delineata una differenza d'intendimento e pure che l'esatta traduzione di ecologia è studio dell'ambiente. Mentre in ambientalismo si presume il criterio della semplice conservazione. Aggiungendo al termine ecologia l'aggettivo profonda, ecco che si tende ad ampliarne il significato originario, integrandovi il concetto di ulteriore ricerca all'interno della struttura ambientale. Insomma si va a scoprire il substrato e non si osserva solo la superficie, la pelle dell'ambiente.

Lo stesso dicasi per la parola spiritualità e la sua qualificazione laica. In questo caso si cerca di dare una connotazione libera alla spiritualità comunemente intesa come espressione della religione. La spiritualità è l'intelligenza coscienza che pervade la vita, è il suo profumo. Non è assolutamente un risultato della religione, anzi spesso la religione tende a tarpare e a nascondere questa naturale spiritualità presente in tutte le cose.

Da un punto di vista delle espressioni archetipali, la spiritualità laica e l’ecologia profonda affondano il loro esistere nella coscienza. L’uomo si è interrogato sulle forze della natura e sulla vita e questo interrogarsi ha prodotto la spiritualità, l’ecologia profonda è una forma  di approfondimento in senso materiale di questa ricerca.

Entrambi gli approcci partono dall’esistente, dal modo di percepire noi stessi e la realtà che ci circonda, il primo è un approccio in senso metafisico mentre il secondo prende in esame il fisico ma non v’è differenza fra i due aspetti, se non nel modo descrittivo. 

Nell’ecologia profonda come nella spiritualità naturale si sottintende un quid che impregna le trame della vita. Tale quid è stato descritto come sorgente di tutte le cose, indipendentemente dal chiamarlo spirito o forza vitale. In realtà lo spirito, in quanto coscienza intelligenza, è il modo espressivo, il profumo esistenziale, di ciò che dal punto di vista dell'osservazione empirica dell'ecologia definiamo materia  o habitat.  

Paolo D’Arpini

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Testo inglese:

"As the bees produce honey by collecting the essences of the plants reducing their juice in a single quality, so that the plants no longer feel the distinction: I am the juice of this plant or of that; so all these living creatures, immersing themselves in the Being, they do not have the awareness: we are immersed in the Being: Whatever their form, like a tiger, a wolf, a worm or a mosquito, that form returns to being, what is infinitely subtle: it has That (the Being) as essence, That is Reality, the atman is You are That '... "(Chandogya Upanisad VI, 9)

The concept of spirituality is an attribution of the human nature. It is said that only man is able to experience self-awareness and discriminative and rational intelligence. This ability we can also define as "spirit" ... At the same time as there is no such thing on this earth and in the universe, which can be said to be separate - in that the whole is manifested in the totality of the "whole" - and life itself is inseparable in its various manifestations, manifesting common roots in all its forms, of any kind and nature, one can sense that the characteristic of "consciousness-intelligence" is present in every living element, which demonstrates birth, growth and death, albeit in different gradients .

Let's take the example of growth in "intelligence and conscience" as it happens in man. Beginning with its formation as a union of sperm and egg, passing through its embryonic phase, to the complete formation of the organs, to the exit from the womb, to the beginning of its capacity for learning and discernment ... through various evolutionary moments which may seem different in quality - they still represent a growth of the same subject.

If this happens in man why not hypothesize that it can happen in any other vital form, even in a differentiated and different quality scale? If we accept this premise as a presupposition of sharing the same "conscience and intelligence", then suddenly we can recognize in all that is "spiritual" quality ...

But of course not in a religious sense ... that is an assumption that is not our responsibility as lay people No, we recognize the "spirit" as the capacity of life to express itself in energetic forms with consciousness ... and here we can stop ...

Then, from a poetic and emotional point of view, why not describe the life of a tree as a spiritual expression of nature? What's wrong ...

Undeniably even a tree is alive and is expressed through its biological functions and manifests desires and repulsions, like us humans ...

Starting from this axiom we come to the concept of "Ecosophy", a form of para-spiritual-ecological thought developed by the Norwegian philosopher Arne Naess

"Arne Dekke Eide Næss (Oslo, 27 January 1912 - Oslo, 14 January 2009) was a Norwegian philosopher. He studied philosophy, mathematics and astronomy at the University of Oslo, at the Sorbonne and in Vienna where he attended the local club. in Oslo until 1969, he was interested in: history of philosophy, philosophy of science, ethics, he had a particular interest in the thought of Spinoza and Gandhi He founded the international journal of philosophy Inquiry which he directed until 1975. It was the first to use the term ecosophy (or deep ecology) whose concept has been widely developed by philosophers such as Raimon Panikkar and Félix Guattari. " (Wikipedia)

The concepts proposed by Naess can easily be linked to naturalistic thinking, both in purely materialistic and spiritual terms. In the past this holistic view has also been called "pantheism". Naess has studied this concept in depth, supporting the unity of life and the subtle substrate that permeates it, hence also the use of the word "deep ecology" used by him to signify the study of life and the environment up to its deepest origins and roots.

The strand of ecosophy has then found synergies and connections with other philosophies, or better life practices, naturalistic and spiritual, such as for example "natural or secular spirituality", which together with ecosophy form a sort of "unity".

The wonder with which the first men observed and adored the multiple aspects of nature, animals, trees and habitat, which were given names, qualities and divine appearance, recognizing themselves as an integral part of this whole, knowing that nothing it can be separated and that everything shares in everything else in a pantheist afflatus, all this can be called deep ecology or ecosophy, neologisms invented by Arne Naesse to describe something that was already, that was part of our ancestral feeling. It is the wonder of oneself, the awareness of existing and being aware of existing, the ability to understand, to feel deep emotions, to recognize oneself in all that is, intuition to be present without a shadow of a doubt and to perceive the fullness of one's being in all that is manifested, this is the feeling of natural or secular spirituality.

In short, speaking of deep ecology and secular spirituality we speak of body and spirit, without any separation between one and the other, two aspects of the same incredible magic. Since the known needs to be remembered, preserved and re-proposed, time after time, in subtle forms as happens for philosophical knowledge or for religions, and in material forms as happens with the DNA and with the plotting of the arts and technical skills , we resort to archetypal symbolism as a repository of memory and knowledge.

The great non-dualist sage our contemporary used to say, Nisargadatta Maharaj: "We cannot be anything other than an integral part of total manifestation and total functioning and in no way can we be separated from it". In this we see a similarity with the Panarchy, which despite being a thought that appeared almost two centuries earlier, has been forgotten by history.

Perhaps we do not even need to resort to history which, with the interpretations of those who report, narrate, comment, facts and human behaviors, does not make us live or relive experiences that adhere to reality. Perhaps we must turn to that great laboratory which is the collective memory. In fact, at this moment we can enter into history, we can look at all those "souls" present today in the world, which are representative of realities ranging from a state that does not differ much from the primordial one to that which represents the most advanced condition of technology.

This game of nature allows us to directly observe systems of social, cultural and economic aggregation, to interpret them and to try to understand what to do to overcome the old and new miseries and to be enthusiastic actors in the project of building a world fair, supportive, happy, and therefore with a future.
The nature (or life) of itself is "non-dual" and what are the ties between the secular spirituality and the deep ecology of Naess?

In the original meaning of the word ecology, compared to its similar environmentalism, a difference of understanding has already been outlined and also that the exact translation of ecology is a study of the environment. While in environmentalism the criterion of simple conservation is presumed. Adding to the term ecology the deep adjective, here we tend to expand the original meaning, integrating the concept of further research into the environmental structure. In short, the substrate is discovered and not only the surface, the skin of the environment is observed.

The same applies to the word spirituality and its secular qualification. In this case we try to give a free connotation to spirituality commonly understood as an expression of religion. Spirituality is the intelligence that pervades life, it is its scent. It is absolutely not a result of religion, indeed religion often tends to clip and hide this natural spirituality present in all things.

From the point of view of archetypal expressions, secular spirituality and deep ecology sink their existence into consciousness. Man has asked himself about the forces of nature and life and this questioning has produced spirituality, deep ecology is a form of deepening in a material sense of this research.

Both approaches start from the existing, from the way we perceive ourselves and the reality that surrounds us, the first is an approach in a metaphysical sense while the second examines the physical but there is no difference between the two aspects, if not in the descriptive way. In profound ecology as in natural spirituality a quid is implied that permeates the plots of life. This quid has been described as the source of all things, regardless of calling it spirit or life force. In reality the spirit, as intelligence consciousness, is the expressive way, the existential perfume, of what we define as matter or habitat from the point of view of the empirical observation of ecology.

Paolo D’Arpini   


giovedì 11 aprile 2019

The various forms of prayer and meditation - Le varie forme di preghiera e di meditazione


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"Only those who put the whole mind as an offering in the shining fire that is the Self can be considered as the one who really performs the Agnihotra, while all the others carry only the name." (Sadacara 12)

Meditation is a way of observing ourselves, paying attention to inner inspirations, to unconscious messages. Meditation is a form of silence from which the hidden sounds of the introverted mind emerge in itself. Prayer could be called a form of extroverted meditation, an outward-looking quest. But the exterior, even in this case, is only a projection of the interior. We ask ourselves and ask for a light, a grace, for the God we imagine outside of us.

In reality, both in prayer and in meditation, a subtle contact, a combination, of consciousness in the Conscious takes place.

Thus, whenever we feel the need to reconnect internally, we resort to internal dialogue. This dialogue, in the dualistic faiths, has been called "prayer". Obviously we do not talk about the prayer that is usually addressed to the Creator or to the saints to ask for their intercession to obtain favors or material advantages, the one that speaks well is not prayer but religious commerce.

True prayer is kindly and lovingly placing oneself to oneself, to recognize one's own ideality. In more subtle forms this gesture of love towards the Self takes the form of self-inquiry (atma vichara) or meditation (dhyan).

Prayer addressed to God has often been used as an instrument of pacification, of dialogue with the world, of empathic consideration towards the other, of good will and love for others.

In truth our life is linked to a series of circumstances of which we have no control but, as Nisargadatta said, we are an integral part of the total manifestation and of the total functioning and in no way can we be separated. Consequently, being consciousness in consciousness, we are able to recognize the energy flow in which we are immersed and to ensure that our thought and action are in harmony with the quality of the lived space-time.

After all, even the church is questioning itself about a new way of expressing prayer. In many Christians of our time, the desire to learn to pray in an authentic and in-depth way is alive, despite the many difficulties that modern culture poses to the perceived need for meditation.

Forms of meditation connected to certain Eastern philosophies, and to their peculiar ways of prayer, have aroused great interest even among Christians in these years. This is not a small sign of the need for a deep contact with the divine within us.

In Catholicism one of the most important supporters of silent prayer, Teresa d 'Avila, stated: "Mental prayer [oración mental] is nothing but an intimate sharing between friends; it means frequently dedicating time to being alone with the one we know loves us. "Because the emphasis is on love rather than thought.

The meaning of Buddhist prayer is very different. In this case it is a means of interior cleansing that occurs through the concentration and repetition of a sacred formula, usually imparted by the master. Very significant in this sense is the story of the monk Cudapanthaka who, being of limited intelligence, could not keep the teachings in mind, despite his good will. The Buddha, having come to know this, went to Cudapanthaka and said to him: "I will instruct you myself ...". The Buddha did not bother to give him the concepts, but simply asked him to clean the Vihara, telling him: Cudapanthaka sweeps the ground. As you do so, read: "I sweep away the impurities". Now, it must be remembered that it is useless to sweep the dust from the soil of the Vihara, which is a temple in the forest, since it is built right in the forest! It is not that at the time of the Buddha a Vihara had concrete floors, so that it could be cleaned, it was dirty! So basically the Buddha asked him to wipe away the dirt from one end of the Vihara to the other. And so Cudapanthaka did. He swept the dirt back and forth. He swept all day, saying, "I sweep away the impurity ... I sweep it away." And this was the prayer that allowed him to center himself in the Self.

But not all Buddhist teachings are specifically aimed at realization. In Tibetan Buddhism, which has an animist and shamanic origin, prayer remains as a way of ingratiating oneself with divinity. Perhaps one begins to pray for the attainment of powers and advantages, then slowly the great concentration leads to the cancellation of the "questuant" ego. The devotion to Tara, which means Liberatrice, Salvatrice, is very favorable. Tara was the first being who achieved enlightenment in a female form. It is a principle enlightened and, even if there are no realizations to be able to see it, it is present everywhere. Therefore one should not think that Tara is just a symbol painted on tangas or a deity living in a Pure Land. It represents the fully realized potential of our mind. Praying Tara and meditating on her brings great benefits.

There is also a form of "itinerant" prayer which, although accepted by Christianity, has its origins even in the Paleolithic. It is the way to Santiago de Compostela. The most popular route is certainly the Camino Frances which from the Roncesvalles abbey reaches Santiago passing through the provinces of Navarra, Rioja, Castilla and Galicia. In reality Roncesvalles is difficult to access directly, especially for those coming from foreign countries, and therefore it is preferred to start from St.Jean Pied de Port, at the foot of the French side of the Pyrenees. However, the St. Jean / Roncesvalles route is very beautiful and there is the satisfaction of the complete crossing of the Pyrenees through a pass rich in historical and literary memories.

Praying walking has many origins and ways. It should not be forgotten, in fact, the philocalia of the wandering monks of the Orthodox Christian tradition. The philocalia is one of the most admired and fruitful printed testimonies of Orthodox Christian piety. The faithful are continuously referred to it in the famous "Tales of a Russian Pilgrim".

There is no lack of new age prayers, which refer a little to the pagan tradition, or even to the presence of superior beings from other worlds. Even in the bible there are many mentions to angels and demons and fantastic beings who should be graced with offerings and prayers. According to the new spirituality of nature, instead, we pray to Mother Earth, who is considered a living being endowed with conscience, now at the end due to the offenses caused by pollution and atomic bombs, etc. To her is a prayer known as the Great Invocation of the White Brotherhood, which they say is very powerful.

Even in lay spirituality there are forms of prayer, however, aimed at overcoming dualism. As the syncretic poet Sant Kabir said: "The path of love is tight: there are two of them!" And it is true ...! Dualism and a sense of separation are the cause of all ills. If it is not a personal egoism, ours is perhaps an egoism of caste, religion, race, culture, ideology. The secular prayer is therefore leaning towards the exit of this ideological cage. How to get out of it? Well, we have to grope in the dark of experimentation, we need to understand ourselves from ourselves. At this moment growth and change can no longer be a recipe given to us by a sage, a teacher, a leader, a powerful man of the earth.

Osho said: "Do not depend on the light of another. It's even better if you grope in the dark, but at least it's your darkness! " In short, we must pray to ourselves.

The human species is constantly evolving and so we should be able to become aware that our life takes place in an inseparable context. In fact it is only so that we must understand it and live it consciously, first on a personal level and then on a community level. We are on a journey and, joined by other similar companions to us, we go forward feeling united in thought and evolutionary action that requires an individual maturation and a rapprochement with one's original nature that cannot be the result of a "choice" or a "creed" ...

The spiritual journey, as Mariana Caplan said, is a process of gradual disillusionment in which all our ideas about who we are, what life is, what God is, what Truth is and what the spiritual journey itself is dismantled and destroyed. The spiritual path is alive; changes and evolves before our eyes. Since we cannot have certainties about our progress and our spiritual achievements, our task is to quietly face the inner and outer situations that present themselves before us: "Be quiet and know that I am God ..."

"Observing yourself in everyday life - stated Nisargadatta Maharaj - with careful interest, with the intention of understanding rather than judging, in the complete acceptance of whatever may emerge, by the mere fact that it is there, you give way to what is deep to come to the surface and to enrich your life and your conscience with its imprisoned energies ... ".

Ultimately in whatever way you pray or meditate what matters is the sincerity, perseverance and honesty of our approach.

Paolo D’Arpini

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Testo italiano

“Soltanto chi pone la mente intera come offerta nel fuoco splendente che è il Sé può essere considerato come colui che compie davvero l’Agnihotra, mentre tutti gli altri ne portano solo il nome.” (Sadacara 12)

La meditazione è un modo di osservare noi stessi facendo attenzione alle ispirazioni interiori, ai messaggi inconsci. La meditazione è una forma di silenzio da cui  emergono i suoni nascosti della mente introversa in se stessa.  La preghiera potrebbe essere definita una forma di meditazione estroversa, una  ricerca rivolta  all'esterno. Ma l'esterno, anche in questo caso,  è solo  una proiezione dell'interno. Ci si interroga e si chiede un lume, una grazia,  al Dio che immaginiamo al di fuori di noi.

In realtà sia nella preghiera che nella meditazione avviene un contatto sottile, una combinazione, della coscienza  nella Coscienza.

Così, ogni qualvolta si sente il bisogno di riconnettersi interiormente, si ricorre al dialogo interno. Questo dialogo, nelle fedi dualistiche,  è stato definito “preghiera”. Ovviamente non si parla della preghiera che solitamente viene rivolta al Creatore od ai santi per chiedere la loro intercessione  per ottenere favori o vantaggi materiali, quella a ben parlare  non è preghiera ma commercio religioso.

La vera preghiera è il porsi gentilmente ed amorevolmente verso se stessi, per riconoscere la propria idealità. In  forme più sottili questo gesto d’amore verso il Sé assume la forma di auto-indagine (atma vichara) o di meditazione (dhyan).

La preghiera rivolta al Dio è stata utilizzata  spesso come strumento  di pacificazione, di dialogo con il mondo, di considerazione empatica verso l’altro, di buona volontà ed amore per il prossimo.

In verità la nostra vita è legata ad una serie di circostanze di cui non abbiamo il controllo ma, come diceva Nisargadatta, noi siamo parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati. Di conseguenza, essendo coscienza nella coscienza, siamo in grado di riconoscere il flusso energetico nel quale siamo immersi e far sì che il nostro pensiero e la nostra azione siano in sintonia con la qualità dello spazio-tempo vissuto.

In fondo anche la chiesa si sta interrogando su un nuovo modo di esprimere la preghiera. In molti cristiani del nostro tempo è vivo il desiderio di imparare a pregare in modo autentico e approfondito, nonostante le non poche difficoltà che la cultura moderna pone all’avvertita esigenza di di raccoglimento.

Forme di meditazione connesse a talune filosofie orientali, e ai loro peculiari modi di preghiera,  in questi anni hanno suscitato anche tra i cristiani un grande interesse. Questo   è un segno non piccolo del bisogno di un profondo contatto col divino dentro di noi.

Nel cattolicesimo una delle fautrici più importanti della preghiera silenziosa, Teresa d’Avila, affermò: “La preghiera mentale [oración mental] non è altro che una condivisione intima tra amici; significa dedicare frequentemente del tempo ad essere soli con colui del quale sappiamo che ci ama.” Poiché l’enfasi è sull’amore piuttosto che sul pensiero.

Il senso della preghiera buddista è ben diverso. In questo caso è un mezzo di pulizia interiore che avviene attraverso la concentrazione e la ripetizione di una formula sacra, solitamente impartita dal maestro. Molto significativa in questo senso è la storia del monaco Cudapanthaka che, essendo di intelligenza limitata, non riusciva a tenere a mente gli insegnamenti, malgrado la sua buona volontà.  Il Buddha, essendo venuto a sapere ciò andò da Cudapanthaka e gli disse: “Ti istruirò io stesso…”. Il Buddha non si preoccupò di dare a lui i concetti, ma semplicemente gli chiese di pulire il Vihara, dicendogli: Cudapanthaka spazza il terreno. Mentre lo fai, recita: “Io spazzo via le impurità”. Ora, occorre rammentare che è inutile spazzare la polvere dal suolo del Vihara, che è un tempio nella foresta, dal momento che è costruito proprio nella foresta! Non è che al tempo del Buddha un Vihara avesse pavimenti di cemento, così da poter esser ripulito, esso era sporco! Quindi sostanzialmente il Buddha gli chiese di spazzare via lo sporco da un’estremità all’altra del Vihara. E così Cudapanthaka fece. Egli spazzò via la sporcizia avanti e indietro. Egli spazzò tutto il giorno, dicendo: “Io spazzo via l’impurità… io la spazzo via”. E questa fu la preghiera che gli consentì di centrasi nel Sé.

Ma non tutti gli insegnamenti buddisti sono specificatamente diretti alla realizzazione. Nel buddismo tibetano, che ha un’origine animista e sciamanica, permane la preghiera come modo di ingraziarsi la divinità. Magari si comincia a pregare per l’ottenimento di poteri e di vantaggi poi pian piano la grande concentrazione porta alla cancellazione dell’io “questuante”. Molto propizia è considerata la devozione nei confronti di Tara, che significa Liberatrice, Salvatrice. Tara fu il primo essere che ottenne l’illuminazione in forma femminile. E’ un principio illuminato e, anche se mancano le realizzazioni per poterla vedere, essa è presente ovunque. Perciò non si deve pensare che Tara sia solo un simbolo dipinto sulle tanghe od una divinità che vive in una Terra Pura. Essa rappresenta il potenziale pienamente realizzato della nostra mente. Pregare Tara e meditare su di lei procura grandi vantaggi.

C’è poi una forma di preghiera “itinerante” che pur essendo stata accettata dal cristianesimo ha le sue origine addirittura nel paleolitico. Si tratta del cammino di Santiago di Compostela. Il percorso più frequentato è sicuramente il Camino Frances che dall’abbazia di Roncesvalles giunge a Santiago passando per le province della Navarra, Rioja, Castilla e Galicia. In realtà Roncesvalles è di difficile accesso diretto, specialmente per chi proviene da paesi stranieri, e quindi si preferisce iniziare da St.Jean Pied de Port, ai piedi del versante francese dei Pirenei. Comunque il percorso St. Jean / Roncesvalles è molto bello e si prova la soddisfazione del completo attraversamento dei Pirenei attraverso un valico ricco di memorie storiche e letterarie.

Il camminare pregando ha molte origini e modi. Non va infatti dimenticata la filocalia dei monaci erranti di tradizione cristiana ortodossa. La filocalia è una delle più ammirate e feconde testimonianze a stampa della pietà cristiana ortodossa. All’assidua lettura di essa da parte dei fedeli si fa continuamente riferimento nei celebri  "Racconti di un pellegrino russo".

Non mancano le preghiere new age, che un po’ si rifanno alla tradizione pagana, o addirittura alla presenza di esseri superiori provenienti da altri mondi. Persino nella bibbia abbondano le menzioni ad angeli e demoni ed esseri fantastici che vanno ingraziati con offerte e preghiere. Secondo la nuova spiritualità della natura invece si prega la Madre Terra, che è considerata un essere vivente dotato di coscienza, ora allo stremo in seguito alle offese causate da inquinamento e bombe atomiche, etc. A lei va una preghiera conosciuta come La Grande Invocazione della fratellanza bianca, che dicono essere molto potente.

Anche nella spiritualità laica esistono forme di preghiera, tese però al superamento del dualismo. Come affermava il poeta sincretico Sant Kabir: “Stretto è il sentiero dell’amore: in due non ci stanno!” Ed è vero…! Il dualismo e il senso di separazione sono la causa di tutti i mali. Se non è un egoismo personale, il nostro, magari è un egoismo di casta, di religione, di razza, di cultura, di ideologia. La preghiera laica è quindi protesa verso l’uscita di questa gabbia ideologica. Come Uscirne fuori? Beh, dobbiamo brancolare nel buio della sperimentazione, dobbiamo capire noi stessi da noi stessi. In questo momento la crescita ed il cambiamento non possono più essere una ricetta che ci viene fornita da un saggio, da un maestro, da un duce, da un potente della terra. 


Diceva Osho: “Non dipendere dalla luce di un altro. È persino meglio che tu brancoli nel buio, ma che almeno sia il tuo buio!”. Insomma dobbiamo pregare noi stessi.

La specie umana è in continua evoluzione e così dovremmo poter prendere coscienza che il nostro vivere si svolge in un contesto inscindibile. Di fatto è così solo che dobbiamo capirlo e viverlo consapevolmente, prima a livello personale e poi a livello di comunità. Siamo in un viaggio e, affiancati da altri compagni a noi affini, andiamo avanti sentendoci uniti nel pensiero e nell’azione evolutiva che richiede una maturazione individuale ed un riavvicinamento alla propria natura originale che non può essere il risultato di una “scelta” o di un “credo”…

Il cammino spirituale, come disse Mariana Caplan,  è un processo di graduale disillusione nel quale tutte le nostre idee riguardo chi siamo, cos’è la vita, cos’è Dio, cos’è la Verità e cos’è lo stesso cammino spirituale vengono smontate e distrutte.  Il cammino spirituale è vivo; muta e si evolve davanti ai nostri occhi. Poiché sul nostro progresso e le nostre conquiste spirituali non possiamo avere certezze, il nostro compito è affrontare  quietamente  le situazioni interiori ed esteriori  che si presentano di fronte a noi:  "Be quiet and know that I am God..."

"Osservandoti nella vita quotidiana - affermava Nisargadatta Maharaj - con attento interesse, con l'intenzione di capire piuttosto che di giudicare, nell'accettazione completa di qualunque cosa possa emergere, per il solo fatto che è lì, tu dai modo a ciò che è profondo di venire in superficie e di arricchire la tua vita e la tua coscienza con le sue energie imprigionate...".

In definitiva in qualsiasi modo si preghi o si mediti quel che conta è la sincerità, perseveranza ed onestà del nostro approccio.

Paolo D’Arpini