Reflected light and light share the same fundamental nature, as it happens for existence and consciousness, they are one. The mind is a mirror reflecting the inner light to direct it towards external objects, these objects are identified by the capacity and intensity of the mirror. As a child I loved playing with a mirror stolen from my mother, with it I captured the sunlight and directed it through a window into a dark cellar. Only what was illuminated by the light beam was visible while the rest of the walls and things piled on the floor remained obscure. Exactly in the same way the mind works, illuminating the outside world.
By analogy we see that the source of light, the sun, is like the supreme consciousness while the mirror is the mind. But the mind itself, in fact, is conscious, it is the reflective aspect of consciousness. I say "reflective" to indicate her propension to turn outward. Mind is nothing but the ability of consciousness to exteriorize itself.
This projection process can be observed during the dream, in which the mind itself in itself creates an entire world, with various entities in relation to each other, including a character identified by the dreamer as himself. This is the mind game that makes the forms of one and the other appear. At this point, the doubt arises "how is it possible that consciousness can be trapped and limited by the mind?" Indeed, the limitation of consciousness is not real, in the same way that sunlight is not compromised or disturbed by the mirror, so pure consciousness is intoned and undivided by the imaginary work of the individual mind.
Where are inside and outside for the supreme consciousness that both them compenetrate and overcome? In reality, the bare idea of such a separation is unthinkable in the source of the light that it is the Self. Take for example the dreamer who is not impaired or compromised by his dream, being himself every thing projected into the dream and at the same time not being any of it, so the individual consciousness and pure awareness are in the same terms of relationship.
Once, in answer to the question "What prevents to the undifferentiated light of consciousness to reveal herself to the individual that ignore her?", the sage Ramana Maharshi replied "like water in a pot reflects the sun within the narrow limits of the container, so the latent tendencies (mental predispositions), which act as a reflective medium, capture the omnipotent and infinite light of consciousness presenting itself in the form of the mind-called phenomenon. " This answer makes us perceive that the mind is nothing more than an agglomeration of thoughts, in which the thought "I" stands and from which emerge the false notion of a separate individual, which is in reality as illusory as the supposed separation of a dreamy character over the dreamer.
Beware, let us consider, however, that attempting to understand this process intellectually is just one aspect of the "dream" and not the truth. In fact sages indicate the truth as ineffable and incomprehensible to the mind (meaning the separative and exteriorized mind) as much as a reflected image in the mirror can not understand or replace the person who is reflected in it. Reflection is just a reflection is not a substance.
So how is it possible to come to the "substance" that we are?
He who observes, being in himself consciousness, can never become an "object". Objectification is a component of the outsourced dualism: "the one who knows and what is know". But this duality can be recomposed into a "unicum" in which, by disappearing diversification (or the reflective element towards exteriorization), the simple "knowledge" remains. This is the undifferentiated consciousness for which Ramana Maharshi advises: "When the I (ego or mind) turns his attention to its source, trends or mental predispositions accumulated are extinguished and in the absence of these (which are the reflecting medium ) also the phenomenon that originates from "reflection," the mind, disappears and is absorbed into the Light of the One Reality (the Self)."
Yet despite being so simple and direct the self-knowledge, it remains alien to the most. People refuse to know himself, prefers mystery and ignorance, apparently because of the those mental tendencies accumulated by the mind, crammed into memory and imagination.
Paolo D'Arpini
Analisi sulla natura della mente in chiave di spiritualità laica…
Luce e luce riflessa condividono la stessa natura fondamentale, come esistenza e coscienza, spirito e materia, sono un’unica cosa”.La mente è uno specchio che riflette la luce interiore per dirigerla verso gli oggetti esterni, questi oggetti vengono identificati tramite la capacità di emissione ed intensità dello specchio. Da bambino adoravo giocare con uno specchietto rubato a mia madre, con esso catturavo la luce solare e la dirigevo, attraverso una finestrella, dentro una cantina buia. Solo ciò che era illuminato dal fascio luminoso era visibile mentre il resto delle pareti e delle cose accatastate sul pavimento restava oscuro. Esattamente allo stesso modo funziona la mente, che illumina il mondo esterno.
Per analogia vediamo che la sorgente di luce, il sole, è come la consapevolezza suprema mentre lo specchietto è la mente. Ma la mente stessa, in effetti, è cosciente, essa è l’aspetto riflettente della coscienza. Dico “riflettente” per indicare la sua propensione a rivolgersi verso l’esterno. La mente non è altro che la capacità della coscienza di esteriorizzare se stessa.
Questo processo proiettivo lo possiamo osservare durante il sogno, in cui la mente da se stessa ed in se stessa crea un intero mondo, con varie entità in rapporto fra loro incluso un personaggio identificato dal sognatore come se stesso. Questo è il gioco della mente che fa apparire la forma dell’io e dell’altro. A questo punto il dubbio sorge “com’è possibile che la consapevolezza possa venire intrappolata e limitata dalla mente?”. In verità la limitazione della coscienza non è reale, allo stesso modo in cui la luce del sole non risulta compromessa o menomata dallo specchio, parimenti la pura consapevolezza è intonsa e non divisa dall’operato immaginario della mente individuale.
Dove sono interno ed esterno per la coscienza suprema che entrambi li compenetra e li supera? In realtà la sola idea di una tale separazione è impensabile nella sorgente di luce che unicamente è. Prendiamo ad esempio il sognatore che non viene menomato o compromesso dal suo sogno, essendo lui stesso ogni cosa proiettata nel sogno ed allo stesso tempo non essendone alcuna, parimenti la coscienza individuale e la pura consapevolezza si pongono negli stessi termini di relazione.
Una volta, in risposata alla domanda “cosa impedisce all’indifferenziata luce della coscienza di rivelarsi direttamente all’individuo che l’ignora”, il saggio Ramana Maharshi rispose “come l’acqua in una pentola riflette il sole nei limiti ristretti del contenitore, così le tendenze latenti (predisposizioni mentali), che agiscono da mezzo riflettente, catturano l’onnipervadente ed infinita luce della coscienza presentandosi nella forma del fenomeno chiamato mente”. Questa risposta del saggio ci fa percepire come la mente non sia altro che un agglomerato di pensieri, in cui primeggia il pensiero “io” dal quale sorge la falsa nozione di un individuo separato, che in realtà è illusorio tanto quanto la presunta separazione di un personaggio sognato rispetto al sognatore.
Attenzione, consideriamo però che il tentativo di comprendere intellettualmente questo processo è solo uno degli aspetti del “sogno” e non la verità. Infatti i saggi indicano la verità come ineffabile ed incomprensibile alla mente (intendendo la mente separativa ed esteriorizzata), tanto quanto l’immagine riflessa nello specchio non può capire o sostituirsi alla persona che vi si riflette. Un riflesso è solo riflesso non è sostanza.
E dunque com’è possibile giungere alla “sostanza” che noi siamo?
Colui che osserva, essendo in se stesso coscienza, non può mai divenire un “oggetto”. L’oggettivazione è una componente del dualismo esternalizzato: “conoscitore, conosciuto”. Ma questa dualità può essere ricomposta in un “unicum” in cui, scomparendo la diversificazione (ovvero l’elemento riflettente rivolto all’esteriorizzazione) permane la semplice “conoscenza”. Questa è la consapevolezza indifferenziata per ottenere la quale Ramana Maharshi consiglia: “Quando l’io (ego o mente) rivolge la propria attenzione alla sua sorgente, le tendenze o predisposizioni mentali accumulate si estinguono ed in assenza di queste (che sono il mezzo riflettente) anche il fenomeno originato dalla “riflessione”, ossia la mente, scompare e viene assorbito nella Luce della sola Realtà (il Cuore)”.
Eppure malgrado sia in fondo semplice e diretta l’auto-conoscenza resta un esame alieno ai più. La gente rifiuta di conoscersi, preferisce il mistero e l’ignoranza, evidentemente a causa di quelle famose tendenze mentali accumulate dalla mente, stipate nella memoria e nell’immaginazione.
Paolo D’Arpini
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