mercoledì 24 settembre 2025

Laity as an alternative to religious assertion... - Laicità in alterativa all'asserzione religiosa...

 



Until a few years ago, the lay battle in Italy was fought mostly against the Catholic Church. Then, little by little, hordes of "believers" from other religions were added to the antagonism against the actual state religion. Each competing faith wants to occupy a piece of the state and gain greater influence. Christians now have to defend themselves not only from non-believers but from a large antagonistic mob: Jews, Muslims, Protestants of various sects and congregations, Buddhists, Baha'is, New Age, etc. 

Poor little Christians, after complaints from various parents of different faiths who object to the presence of crucifixes in schools, arrogant supporters of Catholicism as a "universal religion" are forced to accept compromises and give way to the new direction. But ultimately, what does crucifixes in public places have to do with anything? Some might object: "so why not the crescent moon, the swastika, the Celtic cross, the Star of David, and the lightning bolt of Jupiter Pluvius?"

 I had already repeatedly and on various occasions expressed my opinion on the display of religious emblems in public places. My long stay in India, a place of profound spirituality and syncretism, taught me that it is neither necessary nor useful to display any religious symbol in institutional offices. In fact, out of respect for equal opportunities and for all the minorities present in the subcontinent, symbols, be they Hindu, Muslim, Buddhist, Jain, Christian, etc., are not displayed in classrooms or public places. Such symbols are displayed only in schools run by religious bodies, perhaps in the form of statues of the founders. In institutional places there are no images, other than the official ones of the Founders of the Nation, such as Gandhi, or of the President of the Republic. In the spiritual sphere, the syncretic idea would be the closest to laity... and this idea was present in ancient Rome and in all the countries of the old continent. This was the case until the spread of the two branches originating from Judaism, an ethnic religion, those "monolatory" cults, by affiliation and not by birth, dominant today: Christianity in the West and Islam in the East. But the syncretic approach is perhaps the only form that can guarantee equal dignity to every religious belief, whether religious or atheistic, considering it part of humanity's moral and philosophical heritage. 

Regarding the fight against "images" and their exposure or removal, I would like to add another "dirty" reason here. This reason is both political (due to the constant interference of the hierarchies of various religions in government decisions) and -above all- economic…

There are three very strong economic powers in the world: the first is represented by the global banks, run by financiers of Jewish origin; the second is the worldly power of the Vatican; the third is represented by the oil-rich Muslim nations with associated fundamentalist affiliations. These three powers are vying, each with its own visions and goals, to gain world domination… In short, we secularists are between a rock and a hard place… and the debate over whether or not to accept the crucifix, whether or not to accept mosques or the reconstruction of the great Temple of Jerusalem, is part of this strategy of struggle between the great powers of global finance… But what does all this have to do with spirituality? 

Paolo D’Arpini - Committee for Lay Spirituality


Picture by Gustavo Piccinini



Testo Italiano:

Fino a qualche anno fa la battaglia laica in Italia si combatteva più che altro contro la chiesa cattolica. Poi pian piano  all’antagonismo contro l'attuale religione di stato si sono aggiunte torme di “fedeli” di altre religioni.  Ogni fede concorrente vuole occupare un pezzetto dello stato ed ottenere  maggiore influenza. I cristiani ora debbono difendersi non solo  dai non credenti ma da una  grande ammucchiata antagonista: ebrei, musulmani, protestanti di varie sette e congregazioni, buddisti, bahai, new age, etc.    Poveri cristianucci, dopo le denunce di vari genitori di fedi diverse che obiettano la presenza del crocifisso nelle scuole,   da arroganti assertori del cattolicesimo come “religione universale” sono costretti ad accettare compromessi e cedere il passo al nuovo corso. Ma in definitiva che c'entra il crocifisso nei luoghi pubblici?  Qualcuno obietta: ”ed allora perché non la mezzaluna, la svastica, la croce celtica, la stella di Davide ed il fulmine di Giove Pluvio?”. 

Avevo già ripetutamente ed in varie occasioni esplicitato la mia opinione sull’esibizione di emblemi religiosi nei luoghi pubblici. La mia lunga permanenza in India, luogo di profonda spiritualità e di sincretismo, mi ha insegnato che non è necessario e nemmeno utile esporre negli uffici istituzionali qualsivoglia simbolo religioso. Infatti per un rispetto delle pari opportunità e comunque di tutte le minoranze  presenti nel sub-continente, nelle aule scolastiche o nei luoghi pubblici non vengono esposti simboli, che siano essi induisti, musulmani, buddisti, jainisti, cristiani, etc. Tali simboli eventualmente sono esibiti solo nelle scuole gestite da enti religiosi, magari sotto forma di statue dei fondatori. Nei luoghi istituzionali non vi sono immagini, se non quelle ufficiali dei Padri della Patria, come Gandhi, o del presidente della Repubblica. 

In ambito spirituale l’idea sincretica sarebbe la più vicina alla laicità… e questa idea era presente  nell’antica Roma ed in tutti i paesi del vecchio continente. Così fu sino al propagarsi dei due rami originati dall’ebraismo (religione prettamente etnica) quei due culti “monolatrici”, per affiliazione e non per nascita, oggi dominanti: il cristianesimo in occidente  e islam in oriente. 

Ma l’approccio sincretico  è forse l’unica forma che può garantire  pari dignità ad ogni credo religioso, o ateo che sia, considerandolo parte del patrimonio morale e filosofico dell’umanità. In merito alla lotta delle “immagini” e sulla loro esposizione o rimozione  vorrei qui aggiungere un’altra ragione “sporca”. Tale ragione è sia politica (per la continua ingerenza delle gerarchie delle diverse religioni nelle decisioni governative dello Stato) che – soprattutto- economica…

Nel mondo esistono tre poteri economici molto forti, il primo è rappresentato dalle banche mondiali, rette da finanzieri di origine ebraica, il secondo è il potere mondano del vaticano, il terzo  è rappresentato dalle nazioni musulmane ricche di petrolio con annesse affiliazioni fondamentaliste. Questi tre poteri sono in lizza, ognuno con le proprie visioni e finalità, per accaparrarsi il dominio del mondo…  

Insomma noi laici siamo fra l’incudine ed il martello… e la diatriba si o no al crocifisso, si o no alle moschee od alla ricostruzione del grande Tempio  di Gerusalemme, rientra  in questa strategia di lotta fra grandi potentati della finanza mondiale… Ma che c'entra tutto ciò con la spiritualità?

Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica


lunedì 22 settembre 2025

Ecologia ed Economia...

 


Ecologia ed Economia,  due termini con il medesimo prefisso “eco”, che significa casa, natura, ambiente. La prima si interessa allo studio dell’habitat e la seconda all’ordinamento dello stesso.

"La visione di un’economia  del “ben vivere e convivere” dà spessore all'ecologia..." E' quanto afferma Leonardo Boff,  sostenitore di una teologia olistica.

L’economia ecologica infatti  si propone di soddisfare i bisogni umani (in contrasto con la soddisfazione dei desideri consumistici) realizzando  il ben vivere ed il convivere, rispettando le possibilità e i limiti di ogni eco-sistema.

Innanzitutto dobbiamo interrogarci sul senso della ricchezza e del suo uso. Invece di avere come obiettivo l’accumulazione materiale al di là di ciò che è necessario e decente, dobbiamo cercare un altro tipo di ricchezza, questa sì umana veramente, come il tempo per la famiglia e i figli, per gli amici, per sviluppare la creatività, per godersi incantati lo splendore della natura, per dedicarsi alla meditazione ed alla contemplazione.

Il senso originario dell’economia non è l’accumulazione di capitale ma creazione e ri-creazione della vita. Essa è ordinata a soddisfare le nostre necessità materiali e a creare le condizioni per la realizzazione dei beni spirituali  che non si trovano sul mercato, ma provengono dal cuore e da corretti rapporti con gli altri e con la natura, tipo la convivenza pacifica, il senso di giustizia, di solidarietà, di compassione, di armonizzazione e di cura per tutto quello che vive.

Nel sistema economico attuale il primo passo da compiere è la rivalutazione del denaro in quanto mezzo di scambio per beni e lavoro e non in quanto "bene in sé"...  Il denaro non è altro che un simbolo della capacità di un popolo, ma anche di un individuo, di poter operare e attraverso la propria opera di poter disporre e scambiare quanto gli è necessario per la sopravvivenza ed il benessere.

La chiave dell’enorme potere derivante dall’attività di creazione dello strumento di pagamento, la moneta, serve anche per capire la geopolitica. Possiamo dire che il Grande Gioco si riassume nella questione e nella gestione privata dell’emissione dei mezzi di pagamento.

Una società libera emette liberamente questo mezzo di scambio, garantito dalla forza lavoro e dalle ricchezze accumulate al suo interno, che esse siano naturali, culturali o di altro genere.

Il senso della comune appartenenza deve affermarsi nella società, coincidendo col bene personale, ed a qual punto sarà chiaro che non possono più risaltare (nelle scelte sociali e di governo) interessi rivolti a soddisfare una parte a scapito dell’altra.

In questa ottica occorre perciò  ripensare anche al processo di produzione e d'uso del denaro. Il denaro è nato come mezzo di facilitazione per lo scambio di beni necessari, ed in se stesso    aveva un valore universalmente riconosciuto, successivamente   è diventato pian piano un mezzo speculativo di asservimento e di sperequazione sociale.  Sia ben chiaro non è colpa del denaro in quanto tale se ciò è avvenuto ma la "colpa" sta nel modo in cui è stato utilizzato e reso un bene in sé  (e qui intendo proprio nel senso "utilitaristico" speculativo).

Valerio Malvezzi, un esperto in materia bancaria,  spiega alcuni concetti di economia:  "Oggi la legge del libero mercato tra le persone non esiste più, perché si è instaurata una nuova forma di scambio dove le regole commerciali sono decise solo dalle multinazionali e dalle banche.  È una dittatura economica sotto l'autorità dell'Alta Finanza il cui scopo è quello di portare le ricchezze solo ad una minoranza, e per fare questo è stato cancellato il metodo economico che da secoli teneva in piedi le comunità."

Dobbiamo perciò considerare che  la continuità della nostra società, in quanto specie umana, richiede una chiave evolutiva, una comprensione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l’intero pianeta l’esperienza vita.  Questa è la scienza dell’inscindibilità della vita.  Ne consegue che anche l’economia umana può e deve tener conto di questa visione per avviare un progresso  che non si contrapponga ma che sia in sintonia con i processi vitali.

Con l’economia  bioregionale e con la produzione e l'uso del denaro in senso ecologico e comunitario  i cittadini  recuperano il senso di "bene comune" e si abituano a sentirsi parte della natura e suoi curatori,  si cerca di creare, come afferma la Carta della Terra, “modi sostenibili di vita” che siano produttivi e diano soddisfazione alle persone.

La cooperazione e la solidarietà diventano più realizzabili e le persone si abituano a un comportamento corretto tra di loro e con la natura perché è più evidente che questo fa parte dei suoi interessi come di quelli della comunità.

La connessione con la Madre Terra e i suoi cicli suscita una coscienza di reciproca appartenenza e di un’etica della cura. Tutte le stagioni hanno un senso per lo sviluppo della vita: l'inverno raccoglie le forze, la primavera fiorisce, l'estate da frutto,  l'autunno le radici crescono...


Paolo D'Arpini  - Rete Bioregionale Italiana 




domenica 21 settembre 2025

Maintaining Good Health with Bioregional Herbs... - Mantenersi in buona salute con le erbe bioregionali...


I've found much knowledge about maintaining good health in bioregional rural communities, where herbal treatments and informal "empirical" methods are still popular in many villages.

For example, I remember the goatherd Irmo of Calcata, who, in addition to producing excellent cheese, had a thousand remedies for various metabolic disorders and other ailments, having learned the secrets of "animal medicine" from his goats. Another example is provided by the "lessons" given by the simple-minded Sonia Baldoni, known as the "herb sibyl," who, during walks we organize in Treia, is able to point out dozens of healing plants, along with astrological indications.

Even animals spontaneously heal themselves with natural methods; who hasn't seen cats cure themselves by inducing vomiting with particular herbs? Wild animals are a prime example of how one can stay healthy without ever resorting to medical treatment. Indeed, animals spontaneously "prevent" illnesses with a balanced diet suited to their constitution, and treat any poisoning or dysfunction with plants they instinctively recognize as suitable.

In traditional Indian and Chinese medicine, the basic system is virtually the same as that of animal medicine. Prevention comes first, followed by rebalancing through simple natural methods. Imagine that in ancient times, there were almost no "medicines"; there were only "diets" that detoxified and rebalanced vital functions. This applies to Ayurveda, the oldest known school of medicine in the world, and also to the Chinese elemental system (based on the five elements).

For example, in both India and China, doctors were paid to keep their patients healthy; as soon as they fell ill, payments were stopped, unless a fine was imposed. However, before each consultation, the doctor would assess the patient's astrological characteristics to understand their innate tendencies and thus their propensity for certain types of illness or organic decompensation. First, he would treat with rebalancing recommendations, for example, by focusing attention on certain neglected or deficient elements. In severe cases, he would recommend the intake of basic elemental substances. In even more severe cases, he would intervene with the laying on of hands, massage, pressure on the feet and other parts of the body, acupuncture, etc.

In fact, what we call "illness" is not merely a lack of health but rather an interruption of the state of internal/external balance.

A lack of harmony between internal impulses and the necessary responses to external environmental impulses. We are an indivisible part of the great living organism, the vital whole that characterizes life in all its forms. Therefore, when we are unable to harmonize the internal/external movement, a state of "illness" automatically sets in. At this point, defining it as psychosomatic or organic is completely irrelevant. Illness is truly a state of "adjustment" that finds expression through somatization in the body. When illness appears, it means that one or more of the elemental energetic aspects are unbalanced.

With the current medical system, based on the administration of chemical medications, a solid balance can never be achieved. This is because "forcing" medicines corrects on one side and disrupts on the other, and also creates dependencies and makes spontaneous forms of self-healing impossible. "True medicine is anything that contributes to re-establishing harmony without further alterations," says herbalist Carlo Signorini. Of course, even the simplistic or Ayurvedic doctor or shamanic healer cannot ignore the symptoms of illness, but they act differently from the allopathic doctor; for them, symptoms are a warning, a signal of something deeper.

A good healer, for example, examines the iris, considered the mirror of the soul, feels the pulse, shakes the limbs, reads the lines on the hand, and so on. Therefore, the symptoms manifested cannot deceive him; he knows that the signs always have a deeper root that originates them. In truth, it is the disease itself that contains its own medicine, according to the well-known law of "opposites."

Thus, in bioregionalism, health is maintained with natural healing systems, starting from the knowledge and message of bioregional plants and the psychic manifestations associated with the disease.

Paolo D'Arpini - Italian Bioregional Network




Testo Italiano: 

Parecchie conoscenze per mantenere l'organismo in buona salute le ho ritrovate nelle comunità rurali bioregionali, ove le cure con le erbe ed i sistemi "empirici" non ufficializzati sono ancora in auge in molti paesini.

Ricordo ad esempio il capraio Irmo di Calcata che oltre a produrre un buon cacio aveva mille rimedi per varie disfunzioni metaboliche ed altri acciacchi, avendo appreso dalle capre i segreti della "medicina animale". Un altro esempio è fornito dalle "lezioni" impartire dalla semplicista Sonia Baldoni, detta la "sibilla delle erbe", la quale durante le passeggiate da noi organizzate a Treia, è in grado di indicare decine e decine di piante curative, con annesse indicazioni astrologiche.  

Anche gli animali spontaneamente si curano con sistemi naturali, chi è che non ha visto i gatti curare se stessi procurandosi il vomito con particolari erbe? L’animale selvatico è un esempio lampante di come si possa stare in buona salute senza mai ricorrere a cure mediche, infatti l’animale spontaneamente "previene" le malattie con una dieta equilibrata e consona alla sua conformazione, e cura gli eventuali avvelenamenti o disfunzioni con quelle piante che istintivamente riconosce idonee.

Nella medicina tradizionale indiana o cinese il sistema di base è praticamente lo stesso di quello animale. Innanzi tutto vale la prevenzione poi subentra il riequilibrio attraverso semplici sistemi naturali. Figuratevi che anticamente non esistevano quasi "medicine" c’erano solo "diete" disintossicanti e riequilibriatrici delle funzioni vitali. Ciò vale per l’Ayurveda, la scuola più antica conosciuta al mondo, ed anche per il Sistema elementale cinese (basato sui cinque elementi).

Ad esempio sia in India che in Cina il medico era pagato per mantenere in buona salute l’assistito, appena esso si ammalava veniva interrotto il pagamento, se non comminata una multa. Comunque prima di ogni consulto il medico soleva inquadrare gli aspetti zodiacali dell’assistito, per conoscerne le tendenze innate e quindi le propensioni a certi tipi di malattia o di scompenso organico. Innanzitutto egli curava con indicazioni di riequilibrio, ad esempio riportando l’attenzione su alcuni elementi trascurati o carenti, in casi gravi si consigliava l’assunzione di sostanze elementali basilari, in casi ancora più gravi si interveniva con l’imposizione delle mani, massaggi, pressione ai piedi ed altre parti del corpo, agopuntura, etc.

In effetti quello che noi chiamiamo "malattia" non è solo una mancanza di salute bensì un’interruzione della condizione di equilibrio interno/esterno. 


Una mancanza di armonia fra le pulsioni interne con le necessarie risposte agli impulsi ambientali esterni. Noi siamo parte indivisibile del grande organismo vivente, l’insieme vitale che contraddistingue la vita in ogni sua forma, perciò allorché non siamo in grado di armonizzare il movimento interno/esterno automaticamente subentra una condizione di "malattia". Definirla a questo punto psicosomatica od organica è del tutto irrilevante. La malattia è invero uno stato di "aggiustamento" che trova espressione attraverso la somatizzazione nel corpo. Quando la malattia appare significa che uno o più degli aspetti energetici elementali sono squilibrati.

Con il sistema medico attuale, basato sull’assunzione di medicinali chimici, non si potrà mai raggiungere un saldo equilibrio. In quanto la "forzatura" medicinale aggiusta da una parte e rompe dall’altra, ed inoltre crea dipendenze e rende impossibile le forme spontanee di auto-guarigione. "Vera medicina è tutto ciò che contribuisce a ristabilire armonia senza altre alterazioni" afferma l’erborista Carlo Signorini. Certo, anche il semplicista od il medico ayurvedico od il guaritore sciamanico non può ignorare la sintomatologia del male, egli però agisce diversamente dal medico allopatico, per lui la sintomatologia è una avvisaglia, un segnale di qualcosa che sta più in profondità.

Un bravo guaritore, esamina ad esempio l’iride, definita lo specchio dell’anima, tasta il polso, scuote le membra, legge le linee della mano, etc. per cui i sintomi manifestati non possono trarlo in inganno, egli sa che i segnali hanno sempre una più profonda radice che li origina. In verità è la stessa malattia che racchiude la sua medicina, questo per la legge ben conosciuta degli "opposti".

Così nel bioregionalismo la salute è mantenuta con i sistemi curativi naturali, partendo dalla conoscenza e dal messaggio delle piante bioregionali  e dalle manifestazioni psichiche connesse alla malattia.

Paolo D'Arpini - Rete Bioregionale Italiana

giovedì 18 settembre 2025

Come la mente crea il mondo in cui viviamo...


“Luce e luce riflessa condividono la stessa natura fondamentale, come esistenza e coscienza, spirito e materia, sono un’unica cosa”. (Saul Arpino)

La mente è uno specchio che riflette la luce della coscienza per dirigerla verso gli oggetti esterni, questi oggetti vengono identificati tramite la capacità di emissione ed intensità dello specchio. Da bambino adoravo giocare con uno specchietto rubato a mia madre, con esso catturavo la luce solare e la dirigevo, attraverso una finestrella, dentro una cantina buia. Solo ciò che era illuminato dal fascio luminoso era visibile mentre il resto delle pareti e delle cose accatastate sul pavimento restava oscuro. Esattamente allo stesso modo funziona la mente, che illumina il mondo esterno.
Per analogia vediamo che la sorgente di luce, il sole, è come la consapevolezza suprema mentre lo specchietto è la mente. Ma la mente stessa, in effetti, è cosciente, essa è l’aspetto riflettente della coscienza. Dico “riflettente” per indicare la sua propensione a rivolgersi verso l’esterno. La mente non è altro che la capacità della coscienza di esteriorizzare se stessa.
Questo processo proiettivo lo possiamo osservare durante il sogno, in cui la mente da se stessa ed in se stessa crea un intero mondo, con varie entità in rapporto fra loro incluso un personaggio identificato dal sognatore come se stesso. Questo è il gioco della mente che fa apparire la forma dell’io e dell’altro. A questo punto il dubbio sorge “com’è possibile che la consapevolezza possa venire intrappolata e limitata dalla mente?”. In verità la limitazione della coscienza non è reale, allo stesso modo in cui la luce del sole non risulta compromessa o menomata dallo specchio, parimenti la pura consapevolezza è intonsa e non divisa dall’operato immaginario della mente individuale.
Dove sono interno ed esterno per la coscienza suprema che entrambi li compenetra e li supera? In realtà la sola idea di una tale separazione è impensabile nella sorgente di luce che unicamente è. Prendiamo ad esempio il sognatore che non viene menomato o compromesso dal suo sogno, essendo lui stesso ogni cosa proiettata nel sogno ed allo stesso tempo non essendone alcuna, parimenti la coscienza individuale e la pura consapevolezza si pongono negli stessi termini di relazione.
Una volta, in risposata alla domanda “cosa impedisce all’indifferenziata luce della coscienza di rivelarsi direttamente all’individuo che l’ignora”, il saggio Ramana Maharshi rispose “come l’acqua in una pentola riflette il sole nei limiti ristretti del contenitore, così le tendenze latenti (predisposizioni mentali), che agiscono da mezzo riflettente, catturano l’onnipervadente ed infinita luce della coscienza presentandosi nella forma del fenomeno chiamato mente”. Questa risposta del saggio ci fa percepire come la mente non sia altro che un agglomerato di pensieri, in cui primeggia il pensiero “io” dal quale sorge la falsa nozione di un individuo separato, che in realtà è illusorio tanto quanto la presunta separazione di un personaggio sognato rispetto al sognatore.
Attenzione, consideriamo però che il tentativo di comprendere intellettualmente questo processo è solo uno degli aspetti del “sogno” e non la verità. Infatti i saggi indicano la verità come ineffabile ed incomprensibile alla mente (intendendo la mente separativa ed esteriorizzata), tanto quanto l’immagine riflessa nello specchio non può capire o sostituirsi alla persona che vi si riflette. Un riflesso è solo riflesso non è sostanza.
E dunque com’è possibile giungere alla “sostanza” che noi siamo?
Colui che osserva, essendo in se stesso coscienza, non può mai divenire un “oggetto”. L’oggettivazione è una componente del dualismo esternalizzato: “conoscitore, conosciuto”. Ma questa dualità può essere ricomposta in un “unicum” in cui, scomparendo la diversificazione (ovvero l’elemento riflettente rivolto all’esteriorizzazione) permane la semplice “conoscenza”. Questa è la consapevolezza indifferenziata per ottenere la quale Ramana Maharshi consiglia: “Quando l’io (ego o mente) rivolge la propria attenzione alla sua sorgente, le tendenze o predisposizioni mentali accumulate si estinguono ed in assenza di queste (che sono il mezzo riflettente) anche il fenomeno originato dalla “riflessione”, ossia la mente, scompare e viene assorbito nella Luce della sola Realtà (il Cuore)”.
Eppure malgrado sia in fondo semplice e diretta l’auto-conoscenza resta un esame alieno ai più. La gente rifiuta di conoscersi, preferisce il mistero e l’ignoranza, evidentemente a causa di quelle famose tendenze mentali accumulate dalla mente, stipate nella memoria e nell’immaginazione.
Oggi a Calcata ne ho avuto ancora una volta conferma osservando il comportamento delle persone che si avvicinavano alla Stanzetta del Pastore, il luogo in cui metto a disposizione la mia esperienza in forma di “lettura della mano, archetipi e divinazione, psicologia transpersonale e conoscenza di sé “. Già il posto è molto nascosto e radi son coloro che arrivano in quel nascosto spiazzo di Via Cavour, inoltre quasi tutti si fermano davanti alla porta, leggono i messaggi ed esclamano fra loro “no, no… andiamo via, io non voglio sapere certe cose...”. Questo non impedisce ad alcuni di fotografare l’ingresso in legno molto “caratteristico”, commentando il recondito significato dei messaggi, andandosene per poi forse ritornare e poi ancora riandarsene senza aver avuto il coraggio di metter il naso dentro.
Di quei pochissimi che entrano una parte resta delusa “perché volevano sapere gli amori e gli affari”, si sentono defraudati “dalla lunga spiegazione inutile”, pensano che “gli ho fatto perdere un sacco di tempo, mentre potevano andarsene in giro per Calcata a divertirsi..” Quelli che pazientemente mi hanno sopportato fino all’ultimo, forse solo per buona educazione, se ne vanno lasciando pochi spicci, qualche monetina a mo’ di elemosina, perché in fondo “cosa avrà detto mai questo, che già non conoscessi? Solo chiacchiere e perborini”. Limitatissimo il numero di coloro che apprezzano il discorso e che se ne ricorderanno, forse.. saranno un paio, e forse verranno ancora a cercarmi, e di questi uno solo magari mi troverà… negli anni.
Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica
L'autore a Calcata - Stanzetta del Pastore

lunedì 15 settembre 2025

Dall'ecologia profonda nasce un modello di società spirituale e naturale...


Risultati immagini per ecologia profonda nasce un modello di società spirituale


Strettamente parlando, da un punto di vista delle finalità, la spiritualità laica e l’ecologia profonda affondano il loro esistere nella coscienza. L’uomo si è interrogato sulle forze della natura e sulla vita e questo interrogarsi ha prodotto la spiritualità,   l’ecologia profonda è un approfondimento in senso materiale di questa ricerca. Entrambi gli approcci partono dall’esistente, dal modo di percepire noi stessi e la realtà che ci circonda, il primo è un   approccio in senso metafisico mentre il secondo prende in esame il fisico ma non v’è differenza fra i due aspetti se non nel modo descrittivo...

Nell’ecologia profonda come nella spiritualità naturale si sottintende
un ’quid’ che impregna le trame della vita. Tale ’quid’ è stato
descritto come sorgente di tutte le cose, indipendentemente dal
chiamarlo ’spirito’ o ’forza vitale’. Dall’interrogarsi iniziale siamo
giunti a tutte le filosofie gnostiche, alle religioni d’oriente come
pure alle grandi religioni monoteiste in cui, sia pur con angolazioni
differenti, si inneggia al grande mistero della vita, questa è anche
l’esigenza dell’ecologia che sempre tiene in conto il delicato
equilibrio dell’insieme delle manifestazioni vitali. Spesso mi son
trovato a descrivere l’esigenza di estrinsecazione spirituale
dell’uomo come la nascita della prima virtualizzazione. Attraverso il
pensiero e la speculazione intellettuale è infatti sorta la
virtualità, l’immaginare, il presupporre vero sulla base di un
pensiero (di un credere) e questa proiezione, una ’vis’ umana
specifica, è forse presente anche nel resto dei viventi, chissà? Ad
esempio nelle teorie del karma si descrive la vita individuale degli
esseri come un percorso evolutivo che parte da una scintilla
dell’intelligenza che poi si differenzia in miriadi di forme, a volte
contrapposte, che son però strettamente collegate l’una a l’altra ed
in continua ascesa verso la stessa finalità. Una unità questa che non
è mai venuta meno anche durante il cosiddetto “percorso karmico” ma
per via dell’illusione, ovvero la virtualità del pensiero, appare
disgiunta ed imperfetta (e quindi perfettibile?). L’ecologia profonda,
dal punto di vista materiale, è un aiuto a capire che non c’è nel
contesto generale della vita un dietro od un avanti che non sia
strettamente consequenziale, che non compartecipi della stessa
sostanza di base e che perciò è impossibile scindere, pena
l’estinzione stessa della vita.

Ed ora una domanda: come faremmo a vivere su questa Terra se tutti
decidessimo di ritirarci in eremitaggio, di ritornare alla terra come
si dice in gergo, senza immediatamente sconvolgere, distruggere
definitivamente, il già precario equilibrio di questo pianeta? La
Terra ospita ormai diversi miliardi di persone, perlopiù riunite in
aree urbane, è pur vero che parecchie specie animali sono in netta
diminuzione ma per contro molte di quelle addomesticate dall’uomo
(essenzialmente per scopi voluttuari o di carenza affettiva) superano
in numero gli umani stessi e come gli umani che vivono nelle città
anch’essi son concentrati in grandi allevamenti. Se ognuno di noi
dovesse andare a vivere in campagna, immaginando una società
egualitaria, avremmo forse a disposizione non più di duecento metri di
terreno a testa senza contare le zone desertiche, i ghiacciai, le alte
montagne, se in più volessimo portare con noi anche i nostri “pets”
dovremmo dividere quel piccolo spazio con cani e gatti, se poi
volessimo mangiar carne dovremmo dividere ulteriormente la nostra casa
con pecore, mucche, conigli, maiali, etc. Si fa presto ad immaginare
la calca che si verrebbe a creare nei nostri duecento metri quadrati
di terra, non solo ma come potremmo produrre in quel piccolo orticello
abbastanza cibo per tutti i membri della nostra personale comunità
rurale? Va da sé che questa tipo di scelta è impensabile per la massa
come pure, per altre ragioni persino più serie, è impensabile che la
vita possa continuare a lungo sul pianeta se continuiamo a sfruttare
le risorse per soddisfare le esigenze di consumo parossistico dei
grandi agglomerati urbani.

I lemming, quel popolo di roditori che in caso di sovraffollamento
periodicamente emigrano in massa, avrebbero già intrapreso il loro
viaggio finale (che come tutti sappiamo finisce nelle gelide acque del
mare del nord) per riequilibrare la natura. In parte un tale
comportamento autodistruttivo sta avvenendo anche nella nostra
società, con l’aumento delle guerre, dei suicidi, delle perversioni,
della stupidità. Ma non è ancora sufficiente a trovare
quell’equilibrio naturale di sopravvivenza e questo perché l’uomo ha
l’arroganza di ritenersi un essere “superiore” alle altre specie e
perciò ogni soluzione deve comprendere la continuazione del gioco
attualmente in programma e cioè la fissità della nostra specie come
dominante.

Ma a questo punto re-inserisco il concetto di “spiritualità naturale o
laica”. A dire il vero questa spiritualità non può assomigliare punto
alla precedente spiritualità religiosa ma deve necessariamente tener
conto del contesto vitale in se stesso, ovvero dell’ecologia. Una
spiritualità ecologica in cui non si perseguano scopi immaginari
(paradisi, inferni, etc.) ma in cui ci si occupi esclusivamente del
presente stato dell’esistenza. Una presa di coscienza ’individuale’ di
come è possibile il riequilibrio al contesto della vita senza ritenere
che la nostra sia una funzione di controllo, di dominio (o di
sudditanza ad una ipotetica divinità altra). Ognuno di noi dovrebbe
già da ora affrontare il suo personale corso di sopravvivenza sapendo
che tutto quello che noi rubiamo oggi dovrà sicuramente essere pagato
domani, questo nel caso del sovrappiù, mentre se il nostro respirare,
mangiare, vivere rientra nell’insieme del vivere, respirare, mangiare
di ogni altro essere vivente potremmo finalmente goderci la vita,
senza aver colpe da espiare, senza dover abbandonare il nostro modo di
vita urbanizzato e fortemente sociale che -evidentemente- salvo il
famoso riequilibrio di cui abbiamo detto, ha contribuito alla
fioritura di questa bellissima nostra specie.

In questa fase della storia millenaria dell’uomo abbiamo privilegiato
il secondario, il superfluo, a scapito del primario, ovvero il cibo,
l’acqua, l’aria. E’ importante per noi esseri umani integrati
analizzare le ragioni di questo sviamento. Uno sviamento che
senz’altro è stato necessario per scoprire il valore di tesi astratte
come l’arte, la scrittura, l’estetica, l’etica, ma che non può
continuare ad occupare tutto lo spazio possibile del nostro esistere.
Ad esempio dobbiamo essere consapevoli dello sforzo e del significato
profondo insito nella ricerca e produzione del nostro cibo quotidiano.

Descrivo ora l’excursus storico sulla nostra evoluzione. La storia
dell’uomo è molto semplice e rispecchia i quattro mutamenti
fondamentali della vita. L’uomo nella sua corsa evolutiva compie
quattro salti stagionali. All’inizio egli succhia il latte, alla base
del latte c’è la verdura e la carne e ciò diviene il suo cibo, poi
ancora oltre c’è la terra ed ecco l’uomo che la divora ma oltre la
terra c’è lo spirito e l’uomo nutrendosi di “spirito” completa un
altro ciclo di spirale nella scala dell’evoluzione. Questa simbologia
può essere tradotta così: il latte rappresenta il momento in cui
l’umanità si pone reverente verso la nutrice, la natura, che lo
accudisce e lo sostiene nel suo grembo (potremmo dire che corrisponde
al momento del “paradiso terrestre”); subentra poi la capacità di
auto-sostenersi e di ricorrere a tecnologie appropriate per ricavare
da se stessi il nutrimento (corrisponde al momento della fondazione
patriarcale); ecco quindi il momento del massimo sviluppo tecnologico
e sociale in cui l’uomo tende a divorare, a consumare, persino la
terra che lo sostiene (il momento della decadenza consumistica e
dell’idolatria scientifico religiosa); infine viene il momento della
coscienza indifferenziata, l’uomo vien toccato dallo “spirito” si
compenetra in esso e ritrova la sua unità primigenia (corrisponde al
quid originario, alla consapevolezza di Sé), il ciclo si ripete passo
dopo passo. E’ evidente che questo momento storico è segnato da un
grande sbalzo fra il massimo del materialismo ideologico o religioso a
quello di un ritorno alla consapevolezza non duale.

Come possiamo affrontare condizioni o contingenze apparentemente
diametralmente opposte? Innanzi tutto c’è da considerare una cosa: la
spinta evolutiva nell’uomo non è indotta da ideologie di massa, il
pensiero di massa serve solo al mantenimento della compattezza
psicofisica della specie, l’indice del cambiamento è sempre e solo
rappresentato da forme pensiero, pseudopodi, che si irradiano verso
possibili sbocchi evolutivi, questi pseudopodi non rappresentano che
una piccolissima percentuale della massa, si tratta di minoranze….. Le
due minoranze attualmente in antitesi, nel “programma” di sviluppo
dell’intelligenza umana, son rappresentate da una parte
dall’accentramento individuale del potere (lobby ideologiche ed
economiche auto-foraggianti) e dall’altra da una rete smagliata di
piccole persone che emanano forme pensiero collegate al tutto (una
sorta di sincretismo universale).

Questi cicli o percorsi storici si manifestano allo stesso tempo sia
nell’arco di una sola vita individuale che in stagioni o onde
storiche, ere cosmiche. Mi sembra che questo momento di transizione,
fra una condizione e l’altra dell’umano, sia dedicato all’aspetto
distruttivo di ogni sovrastruttura di pensiero, un azzeramento dei
canoni precostituiti. Infatti oggi come non mai la pulsione verso
l’uscita dagli schemi fissati provoca uno stato sismico mentale
(scossoni psichici) al corpo-massa dell’umanità. Basterebbe sapere
che, come avviene nel processo realizzativo del sé, ogni singola
cellula del corpo sociale umano deve essere toccata e deve essere in
grado di percepire individualmente la reale possibilità evolutiva in
corso. E mentre la tendenza egocentrica agisce sulla massa con
meccanismi di aggregazione forzata (vedi la massificazione
informativa) al contrario “l’aumento” della coscienza avviene sui
piani emotivi individuali. Dobbiamo essere consapevoli di ciò quando,
come precursori, proponiamo un indirizzo bioregionale che non potrà
certamente usare i mezzi della controparte ma deve comunque
comprenderli organicamente e da lì evolversi. Solo così può
sciogliersi il senso di differenza e la coscienza può ri-trovare il
suo spazio. L’interno dell’uomo è ancora tutto un mondo da esplorare
ma anche l’esterno è altrettanto infinito ed inconoscibile. Per questo
si ripropone sempre la via di mezzo, la moderazione, come unica strada
possibile per la continuità della specie. La consapevolezza non-duale
integra non divide. E’ per questo che nell’ecologia del profondo e
nella spiritualità laica si narra del ritorno alla Terra, ascoltandone
il suo messaggio, pervenendo così a quell’integrazione con essa.
Godendo della silenziosa gioia di vita, qui e d ora. Una gioia che non
ha costrutto, nessuna causa, nessun meccanismo da soddisfare, nessun
possesso, semplicemente è…. Si chiama esistenza.

Ma attenzione… tale visione non ipotizza il ritorno al primitivismo
bensì individua nelle attuali condizioni della società avanzata
l’occasione di un riequilibrio. La continuità della nostra società, in
quanto specie umana, richiede una chiave evolutiva, una comprensione
globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla
consapevolezza di condividere con l’intero pianeta (forse sarebbe
meglio dire con l’universo) l’esperienza vita. Questa è la scienza
dell’inscindibilità della vita. Ne consegue che anche l’economia umana
può e deve tener conto di questa visione per avviare un progresso
tecnologico che non si contrapponga ma che sia in sintonia con i
processi vitali. La scienza e la tecnologia in ogni campo di
applicazione dovranno rispondere alla domanda: “E’ ciò ecologicamente
e spiritualmente compatibile?” I macchinari, le fonti energetiche, lo
smaltimento dei sottoprodotti, come pure la socialità e la cultura,
dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità. Se questo
stimolo si manifesta nella mente umana allora sarà necessario un
rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed
agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere
l’economia. Infatti la sola “riconversione ecologica” favorirà il
superamento dell’attuale stato di “enpasse” impartendo grande spinta
all'equilibrio economico e sociale. Una grande rivoluzione comprendente
il nostro far pace con il pianeta e con gli esseri viventi che lo
abitano.

Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica

Risultati immagini per ecologia profonda nasce un modello di società spirituale

venerdì 12 settembre 2025

Spirituality and religion are different things... - Spiritualità e religione sono cose diverse...

 


There is a fundamental difference between religion and spirituality. Religion is adherence to the norms and dogmas of any religion, therefore it represents an "act of faith," that is, a "willingness to believe" and to implement those dogmas and norms in one's life. Therefore, it belongs to the realm of the mind and is open to debate. Conversely, natural spirituality is the conscious spark that characterizes every living being and manifests itself in humans as "self-awareness." Therefore, spirituality is the true nature of being and is not conditioned by any precondition or adherence to ethics, morality, or whatever. In the Taoist tradition, this spirituality is called "Tao," in the Buddhist tradition it is called "Sunya," and in the nondualistic tradition it is called "Atma or Absolute."

From this, it follows that "natural spirituality," properly understood, is by its very nature "lay" that is, beyond any religious contextualization. It is therefore unthinkable that a member of a religion could express the spirituality of that religion in a "secular" way.

I would now like to clarify the original and conceptual meaning of "lay spirituality," which is often misinterpreted as a way for lay members of any religion to express themselves spiritually. In truth, the term "secular," derived from the Greek "laikos," signifies absolute non-adherence to any religious, philosophical, or even political model. Therefore, "lay" means "outside any socially structured context."

In truth, Secular Spirituality refers to "natural spirituality," the spontaneous search for man's origins, for the mysterious meaning of life. This yearning is directed toward self-knowledge. For example, the English translation of "secular man" is "laymen," which means "common man," and the English term closest to expressing the concept of Lay Spirituality is "awe," or "wonder at oneself."

To begin with, let's establish that "spirit" means "the synthesis of intelligence and consciousness." Therefore, its "being" requires no external confirmation. Everyone affirms their own existence based on their direct experience of existing and being conscious of it. It is not necessary for anyone to confirm it.

It is not necessary to "believe" in one's own existence to say "I am"; we know this without a shadow of a doubt. However, to judge the assumption of faith or the lack of it, we cannot help but use the terms "I believe" or "I do not believe." It follows that simultaneously being and being conscious of it is natural and unequivocally true, while maintaining something based on thought, that is, mental speculation, is merely a process, a conceptualization.

I don't want to be difficult, but it's obvious that no one will ever say "I believe I exist and am conscious," while for any other statement (or abstract or concrete thought form) they should always use the term "I believe in this or that... in religion or atheism," or whatever else they believe...

"I am" is therefore the pure and simple truth, and it's pointless to explain the possible reasons for this "being," since this explanatory process (or interpretation) is purely speculative and therefore debatable.

As for asserting that consciousness is the result of the divine spark or the random path of matter transforming into life, let's leave that to the sophists. "I am" is the only incontrovertible fact that requires no proof or discussion. And it is on this basis that I wish to remain. There's no point, therefore, in arguing about "ways"... or "hypotheses." I say this to silence and avoid any conflict regarding the reality of the contingent fact I have expressed (and anyone with a clear mind can be aware of it). This is the laity of the spirit.

"Spirituality," in the lay sense, is a simple and banal "recognition" of the spontaneous state of each of us... consciousness or knowledge of the Self.

I am not speaking of the empirical knowledge referred to the "little self," or the ego, the name-form we believe ourselves to be. Although knowing our embodied characteristics, being able to identify the drives that distinguish our person, is certainly useful to avoid being deceived by the mind, to avoid falling into the trap of false identity. In fact, everything that can be described cannot be "I," but only the functional structure of the body/mind (with which we recognize ourselves).

This psycho-physical apparatus is the result of the interplay of natural forces (or elements) and psychic qualities (which are an expression of the elements). In the multifaceted interconnection of these energies, infinite beings take shape. Even if – in truth – they are not “forces” nor “beings” but rather a single force and a single being that takes on various aspects during its unfolding in space-time.


But here we must describe the "separative capacity" (maya – yin and yang) that produces the illusion of diversity. It is the first concept that forms in the mind (in fact, it is the mind itself) simultaneously with the appearance of the thought "I." Note that this is not the Absolute I, the Being, and being aware of it beyond any identification; rather, it is the first conscious reflection (of this I) in the mind, which allows for the objectification and perception of exteriority through the senses. In this way, the dissociative mechanism of "I am this" and what is observed "is other" is implemented. Thus, dualism takes on the semblance of reality and is corroborated by the causality resulting from the transformations that unfold in space/time.

The dual formative process is easily discerned by the discerning intellect (in the sense of attentive), but this consideration is still within the mirrored reflection of the mind. Therefore, from the perspective of Absolute Knowledge, even this explanation (or understanding) is futile, perhaps unnecessary, and perhaps even misleading (due to the appropriative tendency of mirrored thought). Here I return to the need to know one's own mind so as not to be deceived by its empirical lucubrations, aimed at demonstrating an objective reality.

Someone might ask at this point: "...So why write all this? Why read it?" - But the answer is banal: sometimes, before throwing away the garbage, we feel the need to examine it in every detail, so as not to have regrets later... Unfortunately, over years and years of low flying, we have all developed a strong attachment to ballast...!

Paolo D'Arpini - Committee for Lay Spirituality





Testo Italiano: 

C'è una sostanziale differenza fra religione e spiritualità. La religione è l'aderenza alle norme e ai dogmi di una qualsiasi religione, quindi rappresenta un "atto di fede", cioè un "voler credere" e mettere in atto quei dogmi e quelle norme nella propria vita. Perciò essa appartiene al dominio della mente ed è opinabile. All'inverso la Spiritualità naturale è la scintilla cosciente che qualifica ogni essere vivente e che nell'uomo si manifesta in forma di "consapevolezza di sé". Quindi la Spiritualità è la vera natura dell'essere e non è condizionata da alcuna precondizione o adesione ad una etica, morale o dir si voglia. Nella tradizione Taoista questa spiritualità è definita "Tao", nella tradizione buddhista è chiamata "Sunya", nella tradizione nondualistica è denominata "Atma o Assoluto". 

Da ciò se ne deduce che la "spiritualità naturale", intesa correttamente, è per sua propria natura "laica" ovvero aldilà di ogni contestualizzazione religiosa. Quindi è impensabile che un membro di una religione possa esprimere "laicamente" la spiritualità relativa a quella religione. 

Vorrei ora chiarire il significato originario e concettuale di "spiritualità laica" che viene malamente indicato come un modo di esprimersi spiritualmente da parte di membri laici di una qualsiasi religione... In verità il termine laico derivante dal greco "laikos" sta a significare l'assoluta non appartenenza ad un modello religioso o filosofico, e persino politico. Perciò, ‘laico’ significa "al di fuori di ogni contesto socialmente strutturato". 

In verità la Spiritualità Laica sta ad indicare la "spiritualità naturale", la ricerca spontanea dell'uomo verso la sua origine, verso il significato misterioso della vita, tale anelito è indirizzato verso l'auto-conoscenza. Ad esempio la traduzione inglese di "laico" è "laymen" che significa "uomo comune" ed il termine inglese più prossimo ad esprimere il concetto di Spiritualità Laica è "awe" ovvero "meraviglia di Sé". 

Tanto per cominciare stabiliamo che "spirito" significa "sintesi fra intelligenza e coscienza". E quindi il suo "essere" non richiede alcuna conferma esterna. Ognuno afferma la propria esistenza sulla base della sua diretta esperienza di esistere e di averne coscienza. Non è necessario che alcuno ne dia conferma. 

Non è necessario "credere” nella propria esistenza per dire "io sono", lo sappiamo senza ombra di dubbio da noi stessi. Mentre per sentenziare l'assunzione di una fede o la mancanza di una fede non possiamo fare a meno di usare il termine "credo" oppure "non credo". Se ne deduce che l'essere ed esserne contemporaneamente coscienti è naturale ed inequivocabilmente vero, mentre sostenere qualcosa che ha il suo fondamento nel pensiero, cioè nella speculazione mentale, è solo un processo, un concettualizzare. 

Non voglio fare il difficile ma è ovvio che nessuno dirà mai "credo di esistere e di essere consapevole" mentre per qualsiasi altra affermazione (o forma pensiero astratta o concreta) dovrà sempre usare il termine "credo in questo od in quello … nella religione o nell'ateismo" od in qualsiasi altra cosa a cui si presta fede... 

"Io sono" è perciò la verità pura e semplice ed è qui vano spiegare le possibili ragioni di tale "essere" giacché questo procedimento esplicativo (o interpretazione) rientra solo nella speculazione ed è quindi opinabile. 

Affermare che la coscienza è il risultato della scintilla divina o il percorso casuale della materia che si trasforma in vita lasciamolo dire ai sofisti. "Io sono" è l'unico fatto incontrovertibile che non abbisogna di prova o discussione alcuna. Ed è su questa base che voglio restare. Non ha senso quindi mettersi a discutere sui "modi".....o sulle "ipotesi". Dico ciò per tacitare ed evitare qualsiasi contrapposizione sulla realtà del fatto contingente da me espresso (e tutti a mente serena possono esserne consapevoli). Questa è laicità dello spirito. 

La "Spiritualità", nel senso laico, è un semplice e banale "riconoscimento" dello stato spontaneo di ognuno di noi.... coscienza o conoscenza di Sé. 

Non parlo della conoscenza empirica riferita al "piccolo sé" ovvero l'ego, il nome forma che crediamo di essere. Anche se conoscere le caratteristiche incarnate, saper individuare le pulsioni che contraddistinguono la nostra persona, è sicuramente utile per non farci imbrogliare dalla mente, per non cadere nella trappola della falsa identità. Infatti tutto ciò che può essere descritto non può essere “noi”, ma solo la struttura funzionale del corpo/mente (nella quale ci riconosciamo). 

Questo apparato psico-fisico è il risultato della commistione di forze naturali (od elementi) e di qualità psichiche (che degli elementi sono espressione). Nella multiforme interconnessione di queste energie gli infiniti esseri prendono forma…. Anche se –in verità- non si tratta di “forze” né di “esseri” bensì di una singola forza e di un solo essere che assume vari aspetti durante il suo svolgersi nello spazio-tempo. 

Ma qui occorre descrivere la “capacità separativa” (maya – yin e yang) che produce l’illusione della diversità. Essa è il primo concetto che si forma nella mente (in effetti è la mente stessa) contemporaneamente all’apparire del pensiero “io”. Attenzione non si tratta dell’Io-Assoluto, l’Essere, ed esserne coscienti aldilà di ogni identificazione, si tratta invece del primo riflesso cosciente (di siffatto Io) nella mente e che consente l’oggettivazione e la percezione dell’esteriorità attraverso i sensi. In tal modo si attua il meccanismo dissociativo di “io sono questo” e quel che viene osservato “è altro”. Così il dualismo assume una sembianza di realtà e viene corroborato dalla causalità consequenziale alle trasformazioni che si srotolano nello spazio/tempo. 

Il processo formativo duale è di facile individuazione da parte dell’accorto intelletto (nel senso di attento) ma questa considerazione è ancora all’interno del riflesso speculare della mente, per cui dal punto di vista della Conoscenza Assoluta anche questa spiegazione (o comprensione) è futile, forse in necessaria e magari addirittura fuorviante… (a causa della tendenza appropriativa del pensiero speculare) e qui ritorno alla necessità di conoscere la propria mente per non rimanere ingannati dalle sue elucubrazioni empiriche, tese cioè a dimostrare una realtà oggettiva. 

Qualcuno potrebbe chiedersi a questo punto: “…Allora perché scrivere tutto ciò? Perché leggerlo?” - Ma la risposta è banale, talvolta noi prima di gettare l’immondizia sentiamo il bisogno di esaminarla in ogni particolare, in modo da non aver rimpianti dopo… Purtroppo, in anni ed anni di volo basso, tutti noi abbiamo sviluppato un forte attaccamento alla zavorra…!


Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica