Il primo di febbraio 2023 ho ricevuto una telefonata di una cara amica, Adele Caprio, conosciuta negli anni in cui abitavo a Calcata. Lei opera in ambito educativo e culturale ed in passato abbiamo collaborato spesso in varie iniziative di carattere bioregionale, mi ha detto che è interessata a promuovere una filosofia di vita ecologica e spirituale attraverso un istituto internazionale da lei fondato. Mi ha posto tre domande per avere una base dalla quale partire per la discussione:
1. Che ruolo avrà il bioregionalismo nel mondo che verrà?
Rispondere a questa domanda implica prima descrivere quello che è l'idea bioregionale, e lo faccio riportando qui uno stralcio della Carta degli Intenti: "La Rete Bioregionale Italiana si pone come "terreno comune" per gruppi e singole persone per condividere idee, informazioni, emozioni, esperienze e progetti al fine di sviluppare forme e pratiche -culturali, sociali, spirituali, politiche ed economiche- appropriate di vita in armonia con il proprio luogo, la propria Bioregione, con le altre Bioregioni ed il pianeta Terra.
La Rete è ispirata dall'idea di Bioregione, area omogenea definita dall'interconnessione dei sistemi naturali e dalle comunità viventi che la abitano. La Bioregione è un luogo geografico riconoscibile per le sue caratteristiche di suolo, di specie vegetali ed animali, di clima, oltre che per la cultura umana che da tempo immemorabile si è sviluppata in armonia con tutto questo. Una Bioregione è un insieme di relazioni in cui gli umani sono chiamati a vivere e agire come parte delle comunità naturali che ne definiscono la vita.
Per Bioregionalismo si intende la volontà di ri-diventare nativi del proprio luogo, della propria Bioregione considerandola non più come un’entità da sfruttare, ma piuttosto come un insieme di esseri ed elementi viventi, piante, animali, monti, terra, acqua, di cui l’uomo ne è una parte.
L'idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il proprio ruolo all'interno della più ampia comunità di viventi e nell'agire come parte e non a-parte di essa, correggendo i comportamenti indotti da l'affermarsi di un sistema economico e politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l'essere umano. Il bioregionalismo si rifà ai principi ecocentrici, riconoscendo che l'equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella percezione che abbiamo come esseri umani riguardo al nostro ruolo nell'ecosistema planetario...
Da queste proposizioni si evince quale è il fine bioregionale e quale è il ruolo dell'essere umano che segue la pratica bioregionale nel mondo che verrà, sempre che possa esserci un futuro per la specie umana.
2. Che cosa stai facendo adesso per realizzare la tua visione?
Cara Adele, mi poni una domanda alla quale non potrei rispondere se non attraverso un racconto akashico (nell'inconscio collettivo) della durata di anni ed anni, non possiamo raccontarlo qui in pochi minuti. Magari sarebbe possibile nel momento della dipartita in cui si dice che l'anima che sta per lasciare il corpo rivede tutta la sua vita in pochi attimi...
Ovviamente non è questo il nostro caso e - come in tutte le cose - ciò che conta è la continua messa in pratica, chiedendosi di volta in volta "è questa mia azione ecologicamente sostenibile?" - Avere un ideale senza viverlo nella vita quotidiana è solo una elucubrazione mentale. Il bioregionalismo non si attua attraverso il proselitismo, come succede in tutte le ideologie e religioni, Il bioregionalismo è semplicemente una pratica, significa vivere in armonia con il mondo dei viventi e degli elementi in cui noi stessi siamo.
In definitiva, chi può definirsi bioregionalista?
Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé.
La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono. Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza originaria se si riconosce nel territorio e nella comunità in cui vive.
L’approccio bioregionale comprende la visione dell’ecologia profonda e della spiritualità della natura (o laica). Questi tre aspetti sono inseparabili.
L’ecologia profonda è il riconoscimento della inscindibilità della vita ed il bioregionalismo non è altro che la descrizione dei vari processi vitali e delle forme visibili della vita e della materia nella consapevolezza di tale inscindibilità.
La spiritualità laica (o naturale) è l’intelligenza- coscienza che pervade la vita, è il suo profumo. Questa spiritualità -o senso di presenza- si manifesta nella consapevole pratica, sincera ed onesta, del condurre la nostra esistenza considerando che noi tutti siamo presenti in ogni aspetto del processo vitale.
Quindi l’ecologia profonda, il bioregionalismo, la spiritualità naturale (o laica) sono espressioni del vivere consapevole, amorevole, gentile e solidale sulla Terra. E questo è ciò che cerco di mettere in pratica, giorno per giorno, secondo le situazioni che mi si presentano davanti agli occhi.
3. quando ti sei accorto di avere a cuore questo tema?
Se vogliamo credere nel destino potrei dire di essere nato bioregionalista e ti spiego il perché. Nacqui a Roma nel 1944 in un quartiere costruito al tempo dell'autarchia, quel luogo non aveva l'aria di una normale area urbana cittadina, sembrava invece una sorta d'insieme di ecovillaggi indipendenti. C'erano delle strade di accesso sulle quali si poteva circolare e parcheggiare con i mezzi meccanici e tutto intorno erano state costruite delle isole abitative indipendenti, circondate da mura con un certo numero di case di mattoni a tre piani munite anche di terrazze condominiali e giardini privati, il tutto in un contesto di verde pubblico, con numerosi alberi, anche da frutto, e spazi adibiti ad una piccola agricoltura familiare. Al centro di questo ecovillaggio, abitato da un centinaio di persone con molti bambini, esisteva un'arena circolare coperta di sabbia dove di tanto intanto si tenevano piccoli spettacoli, musica, attività sportive e campo giochi. Quando pioveva si formavano pozzanghere sulle quali bagnarsi e tante altre attività "proibite". Nelle strade esterne, quelle di accesso ai diversi complessi e nei recessi oscuri noi bambini potevamo correre sui carretti di legno autocostruiti, scatenare battaglie a palle di sabbia, fare le "zozzerie" tra maschi e femmine. C'era insomma da divertirsi ed imparare parecchio sulla vita. Ad un certo punto la mia famiglia si trasferì a Grottaferrata, nei Castelli Romani, ed andammo ad abitare in una casa a due piani con un grande giardino situata in prossimità della campagna. Lì approfondii le mie esperienze di vita bioregionale, alcune cattive, come quella di andare a rubare le ciliegie sugli alberi dei vicini od altre buone come ad esempio andare alla ricerca di pinoli, o cardi o erba acetosella da mangiare crudi. Anche lì non mancavano le battaglie tra monelli, con la fionda o con fucili ad aria compressa. Quello fu un periodo "bioregionale" all'americana, come raccontava Gary Snyder di quando andava a caccia nei grandi parchi del far west.
Poi con il passare degli anni e con le esperienze vissute in the wild, prima in Africa e poi in India, cominciai a tenere più in considerazione un modo di vita più vicino alla convivenza pacifica e tesa al bene collettivo. L'esperimento più significativo fu compiuto nei 33 anni vissuti a Calcata, allorché cercai di dare un indirizzo concreto al progetto bioregionale, in vari modi anche strutturali, ad esempio partecipando alla fondazione della Rete Bioregionale Italiana, avvenuta ad Acquapendente nel 1996 e di cui divenni coordinatore nel 2009, facendo varie proposte politiche per qualificare l'identità territoriale in chiave bioregionale e -soprattutto- integrando l'idea bioregionale con la pratica dell'ecologia profonda e della spiritualità laica.
Per Bioregionalismo si intende la volontà di ri-diventare nativi del proprio luogo, della propria Bioregione considerandola non più come un’entità da sfruttare, ma piuttosto come un insieme di esseri ed elementi viventi, piante, animali, monti, terra, acqua, di cui l’uomo ne è una parte.
L'idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il proprio ruolo all'interno della più ampia comunità di viventi e nell'agire come parte e non a-parte di essa, correggendo i comportamenti indotti da l'affermarsi di un sistema economico e politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l'essere umano. Il bioregionalismo si rifà ai principi ecocentrici, riconoscendo che l'equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella percezione che abbiamo come esseri umani riguardo al nostro ruolo nell'ecosistema planetario...
Da queste proposizioni si evince quale è il fine bioregionale e quale è il ruolo dell'essere umano che segue la pratica bioregionale nel mondo che verrà, sempre che possa esserci un futuro per la specie umana.
2. Che cosa stai facendo adesso per realizzare la tua visione?
Cara Adele, mi poni una domanda alla quale non potrei rispondere se non attraverso un racconto akashico (nell'inconscio collettivo) della durata di anni ed anni, non possiamo raccontarlo qui in pochi minuti. Magari sarebbe possibile nel momento della dipartita in cui si dice che l'anima che sta per lasciare il corpo rivede tutta la sua vita in pochi attimi...
Ovviamente non è questo il nostro caso e - come in tutte le cose - ciò che conta è la continua messa in pratica, chiedendosi di volta in volta "è questa mia azione ecologicamente sostenibile?" - Avere un ideale senza viverlo nella vita quotidiana è solo una elucubrazione mentale. Il bioregionalismo non si attua attraverso il proselitismo, come succede in tutte le ideologie e religioni, Il bioregionalismo è semplicemente una pratica, significa vivere in armonia con il mondo dei viventi e degli elementi in cui noi stessi siamo.
In definitiva, chi può definirsi bioregionalista?
Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé.
La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono. Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza originaria se si riconosce nel territorio e nella comunità in cui vive.
L’approccio bioregionale comprende la visione dell’ecologia profonda e della spiritualità della natura (o laica). Questi tre aspetti sono inseparabili.
L’ecologia profonda è il riconoscimento della inscindibilità della vita ed il bioregionalismo non è altro che la descrizione dei vari processi vitali e delle forme visibili della vita e della materia nella consapevolezza di tale inscindibilità.
La spiritualità laica (o naturale) è l’intelligenza- coscienza che pervade la vita, è il suo profumo. Questa spiritualità -o senso di presenza- si manifesta nella consapevole pratica, sincera ed onesta, del condurre la nostra esistenza considerando che noi tutti siamo presenti in ogni aspetto del processo vitale.
Quindi l’ecologia profonda, il bioregionalismo, la spiritualità naturale (o laica) sono espressioni del vivere consapevole, amorevole, gentile e solidale sulla Terra. E questo è ciò che cerco di mettere in pratica, giorno per giorno, secondo le situazioni che mi si presentano davanti agli occhi.
3. quando ti sei accorto di avere a cuore questo tema?
Se vogliamo credere nel destino potrei dire di essere nato bioregionalista e ti spiego il perché. Nacqui a Roma nel 1944 in un quartiere costruito al tempo dell'autarchia, quel luogo non aveva l'aria di una normale area urbana cittadina, sembrava invece una sorta d'insieme di ecovillaggi indipendenti. C'erano delle strade di accesso sulle quali si poteva circolare e parcheggiare con i mezzi meccanici e tutto intorno erano state costruite delle isole abitative indipendenti, circondate da mura con un certo numero di case di mattoni a tre piani munite anche di terrazze condominiali e giardini privati, il tutto in un contesto di verde pubblico, con numerosi alberi, anche da frutto, e spazi adibiti ad una piccola agricoltura familiare. Al centro di questo ecovillaggio, abitato da un centinaio di persone con molti bambini, esisteva un'arena circolare coperta di sabbia dove di tanto intanto si tenevano piccoli spettacoli, musica, attività sportive e campo giochi. Quando pioveva si formavano pozzanghere sulle quali bagnarsi e tante altre attività "proibite". Nelle strade esterne, quelle di accesso ai diversi complessi e nei recessi oscuri noi bambini potevamo correre sui carretti di legno autocostruiti, scatenare battaglie a palle di sabbia, fare le "zozzerie" tra maschi e femmine. C'era insomma da divertirsi ed imparare parecchio sulla vita. Ad un certo punto la mia famiglia si trasferì a Grottaferrata, nei Castelli Romani, ed andammo ad abitare in una casa a due piani con un grande giardino situata in prossimità della campagna. Lì approfondii le mie esperienze di vita bioregionale, alcune cattive, come quella di andare a rubare le ciliegie sugli alberi dei vicini od altre buone come ad esempio andare alla ricerca di pinoli, o cardi o erba acetosella da mangiare crudi. Anche lì non mancavano le battaglie tra monelli, con la fionda o con fucili ad aria compressa. Quello fu un periodo "bioregionale" all'americana, come raccontava Gary Snyder di quando andava a caccia nei grandi parchi del far west.
Poi con il passare degli anni e con le esperienze vissute in the wild, prima in Africa e poi in India, cominciai a tenere più in considerazione un modo di vita più vicino alla convivenza pacifica e tesa al bene collettivo. L'esperimento più significativo fu compiuto nei 33 anni vissuti a Calcata, allorché cercai di dare un indirizzo concreto al progetto bioregionale, in vari modi anche strutturali, ad esempio partecipando alla fondazione della Rete Bioregionale Italiana, avvenuta ad Acquapendente nel 1996 e di cui divenni coordinatore nel 2009, facendo varie proposte politiche per qualificare l'identità territoriale in chiave bioregionale e -soprattutto- integrando l'idea bioregionale con la pratica dell'ecologia profonda e della spiritualità laica.
Chiaramente quell'esperimento continua anche nei miei spostamenti, come ad esempio, nel mio trasferimento a Treia (nelle Marche) dove continuo a promuovere e rappresentare, nei limiti del mio possibile, ogni utile apprendimento vissuto negli anni. Questo per me è il significato del bioregionalismo vissuto nel luogo in cui si vive.
Paolo D'Arpini
Adele Caprio
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