Lay Spirituality is the first form of spiritual recognition in man, which has its roots in naturalistic psychism, in analogical intuition, in the sacred expressions of consciousness before the advent of any religion.
Of course it is possible to identify in some pseudo-religions of the past this "natural spirituality" devoid of dogmas, sacred books and prayers.
At least three "pseudo-religious" forms have existed in the evolution of human thought without the concept of a personal "creator God" but which maintain the truth of a single matrix for all things. This matrix is called Tao or Unnamed, in Taoism; Brahman or Absolute Non-dual in Advaita; Sunyata or Void in Buddhism.
Previously I have often dealt with Advaita and Buddhism, now I feel the time to speak a little more extensively about Taoism, sometimes described as the "doctrine of the humble or simple", and in this sense the term "secular" combined with this feeling it seems extremely appropriate. In fact, the original meaning of the layman is precisely "simple, humble, out of any social and religious ordering context".
The recognized father of this "life philosophy" was Lao Tse. Let's start by saying that in Lao Tse's thought we find that condemnation of pride and achievement, fundamental in every secular spirituality. The thought of Nisargadatta Maharaj, an advaita secular sage… is also placed on the same thread. but even in proto-Christianity a similar understanding can be felt, for example in the words referring to Jesus: "All that is excelling among men is abomination before God".
Pride, this folly of greatness ascribed to the individual, is simply an illusion of man ... since in front of the Tao every human greatness is to be considered nothing but vain. And here we also understand the subtle cause of the ideological difference between Confucianism and Taoism, but maybe we will talk about this topic in a future occasion.
In the sayings of Lao Tse we often and often find the disapproval of pride and the criterion of personal achievement and this by virtue of the law of concatenation of opposites, the alternation of Yang and Yin which is the kinetic manifestation of the Tao. In fact, when the Yang force, active, finds its climax it is automatically pushed towards its opposite Yin, passive.
The punishment for pride is therefore in Lao Tse a kind of natural law. “A great wind -he says- cannot last longer than the space of a morning. A storm stops with the day. The glorious army will not win forever. The tall tree will be cut down "He explains in Tao Te King how pride itself is the harbinger of the fall:" He who stands on tiptoe does not stand upright. He who marches in glorious steps will not go a long way. The performer does not shine. He who exalts himself is without honor. He who prevails over his talent is without merit. He who makes pomp of his successes does not keep it. These are excess nourishment and unnecessary moods for the Tao. All that is under Heaven makes it sick. And the Tao man doesn't even look at them! "
However, this fundamental law does not prevent Lao Tse from maintaining an equanimous and correct attitude towards the so-called "ways of the world".
"The way to Heaven - he says - takes away the excess to compensate for the missing, but the way of mean men takes away from the poor to increase the rich". The way to Heaven, Lie Tseu (another Taoist) will later say, is the way of humility and the way of mean men is that of arrogance. A similar concept is expressed in the Book of Proverbs, announcing the fall of Babylon: "Arrogance precedes ruin and pride precedes the fall".
But disdain for pride and consideration for humility do not exhaust the Taoist "doctrine". Lao Tse considers the Tao a sort of mother who generates, nourishes and protects all beings in the universe. Indeed, it is difficult to say whether the Tao "is" or "is not". In the metaphysics of the Tao the original kenosis is devoid of any substantial process, form or substance. It follows that in the eyes of our determinist thought the "fullness" of the Tao appears similar to the "void". The Tao is seen as a bottomless abyss and this nevertheless gives rise to all things, a chaotic vortex from which all harmony arises.
So if the true Tao to our perceiving determinist appears as a nothing, which for us corresponds to the race towards the emptiness of the self, it marks the blissful return in the silent matrix, which attracts and projects the experience of empirical thought and then reabsorbs it in the nothing it comes from.
This kenosis of the Tao proceeds by its own nature and does not presuppose any creative or destructive will. And from here we understand the Taoist non-evaluation for a personal God.
Paolo D’Arpini
Paolo D’Arpini
Testo Italiano
La Spiritualità Laica è la prima forma di riconoscimento spirituale nell’uomo, che affonda le sue radici nello psichismo naturalistico, nell’intuizione analogica, nelle espressioni sacre della coscienza prima dell’avvento di ogni religione.
Naturalmente è possibile individuare in alcune pseudo religioni del passato questa “spiritualità naturale” priva di dogmi, di libri sacri e di preghiere.
Sono realmente esistite nell’evoluzione del pensiero umano almeno tre forme “pseudo-religiose” prive del concetto di un “Dio creatore” personale ma che mantengono la verità di un’unica matrice per tutte le cose. Questa matrice è definita Tao o Senza Nome, nel taoismo; Brahman o Assoluto Non-duale nell’Advaita; Sunya o Vuoto nel buddismo.
In precedenza mi sono occupato sovente dell’Advaita e del Buddismo, sento ora giunto il momento di parlare un po' più estensivamente del Taoismo, talvolta descritto come la “dottrina degli umili o dei semplici”, ed in tal senso il termine “laico” abbinato a tale sentire mi sembra estremamente consono. Infatti il significato originario di laico è proprio “semplice, umile, fuori da ogni contesto ordinativo sociale e religioso”.
Il padre riconosciuto di questa “filosofia di vita” fu Lao Tse. Cominciamo con il dire che nel pensiero di Lao Tse troviamo quella condanna dell’orgoglio e del raggiungimento, fondamentale in ogni spiritualità laica. Sullo stesso filone si pone anche il pensiero di Nisargadatta Maharaj, saggio laico advaita…. ma anche nel proto-cristianesimo si può avvertire un simile intendere, ad esempio nelle parole riferite a Gesù: “Tutto ciò che è eccelso fra gli uomini è abominazione dinanzi a Dio”.
L’orgoglio, questa follia di grandezza ascritta all’individuo, è semplicemente un’illusione dell’uomo… poiché di fronte al Tao ogni grandezza umana è da considerarsi nient’altro che vana. E qui si comprende anche la causa sottile della differenza ideologica tra Confucianesimo e Taoismo, ma di questo argomento magari parleremo in una prossima occasione.
Nei detti di Lao Tse spesso e spesso ritroviamo la disapprovazione dell’orgoglio e del criterio di raggiungimento personale e ciò in virtù della legge di concatenazione dei contrari, l’alternanza dello Yang e dello Yin che è la manifestazione cinetica del Tao. Infatti allorché la forza Yang, attiva, trova il suo culmine automaticamente è sospinta verso il suo contrario Yin, passivo.
La punizione per l’orgoglio è quindi in Lao Tse una sorta di legge naturale. “Un gran vento -egli dice- non può durare più dello spazio di un mattino. Una bufera cessa col giorno. L’armata gloriosa non vincerà in eterno. L’albero elevato sarà abbattuto” Egli spiega nel Tao Te King come l’orgoglio stesso sia il presagio della caduta: “Colui che si alza sulla punta dei piedi non sta ritto. Colui che marcia a passi gloriosi non farà un lungo cammino. Colui che si esibisce non brilla. Colui che si esalta è senza onore. Colui che si prevale del suo talento è senza merito. Colui che fa pompa dei suoi successi non vi si mantiene. Questi sono per il Tao eccessi di nutrimento e umori superflui. Tutto ciò che è sotto il Cielo ne prende nausea. E l’uomo del Tao non rivolge loro nemmeno uno sguardo!”
Questa legge fondamentale non impedisce però a Lao Tse di mantenere un atteggiamento equanime e corretto nei confronti delle cosiddette “vie del mondo”. “La via del Cielo –egli dice- toglie all’eccedente per compensare il mancante ma la via degli uomini meschini toglie all’indigente per aumentare il ricco” . La via del Cielo, dirà successivamente Lie Tseu (un altro taoista), è la via dell’umiltà e la via degli uomini meschini è quella dell’arroganza. Simile concetto viene espresso nel Libro dei Proverbi, annunciando la caduta di Babilonia: “L’arroganza precede la rovina e l’orgoglio precede la caduta”.
Ma la disistima per l’orgoglio e la considerazione per l’umiltà non esauriscono la “dottrina” taoista. Lao Tse considera il Tao una sorta di Madre che genera, nutre e protegge tutti gli esseri dell’universo. In verità è difficile affermare se il Tao “è” o “non è”. Nella metafisica del Tao la kenosi originaria è priva di ogni sostanziale processo, forma o sostanza. Ne consegue che agli occhi del nostro pensiero determinista la “pienezza” del Tao appare simile al “vuoto”. Il Tao è visto come un abisso senza fondo e ciò non dimeno esso dà origine a tutte le cose, un vortice caotico da cui sorge ogni armonia.
Quindi se il vero Tao al nostro percepire determinista appare come un nulla, che per noi corrisponde alla corsa verso il vuoto del sé, esso segna il ritorno beato nella matrice silenziosa, che attira e proietta l’esperienza del pensiero empirico e poi lo riassorbe nel nulla da cui proviene. Questa kenosi del Tao procede per sua propria natura e non presuppone alcuna volontà creatrice o distruttrice. E da qui si comprende la non valutazione taoista per un Dio personale.
Paolo D’Arpini
Naturalmente è possibile individuare in alcune pseudo religioni del passato questa “spiritualità naturale” priva di dogmi, di libri sacri e di preghiere.
Sono realmente esistite nell’evoluzione del pensiero umano almeno tre forme “pseudo-religiose” prive del concetto di un “Dio creatore” personale ma che mantengono la verità di un’unica matrice per tutte le cose. Questa matrice è definita Tao o Senza Nome, nel taoismo; Brahman o Assoluto Non-duale nell’Advaita; Sunya o Vuoto nel buddismo.
In precedenza mi sono occupato sovente dell’Advaita e del Buddismo, sento ora giunto il momento di parlare un po' più estensivamente del Taoismo, talvolta descritto come la “dottrina degli umili o dei semplici”, ed in tal senso il termine “laico” abbinato a tale sentire mi sembra estremamente consono. Infatti il significato originario di laico è proprio “semplice, umile, fuori da ogni contesto ordinativo sociale e religioso”.
Il padre riconosciuto di questa “filosofia di vita” fu Lao Tse. Cominciamo con il dire che nel pensiero di Lao Tse troviamo quella condanna dell’orgoglio e del raggiungimento, fondamentale in ogni spiritualità laica. Sullo stesso filone si pone anche il pensiero di Nisargadatta Maharaj, saggio laico advaita…. ma anche nel proto-cristianesimo si può avvertire un simile intendere, ad esempio nelle parole riferite a Gesù: “Tutto ciò che è eccelso fra gli uomini è abominazione dinanzi a Dio”.
L’orgoglio, questa follia di grandezza ascritta all’individuo, è semplicemente un’illusione dell’uomo… poiché di fronte al Tao ogni grandezza umana è da considerarsi nient’altro che vana. E qui si comprende anche la causa sottile della differenza ideologica tra Confucianesimo e Taoismo, ma di questo argomento magari parleremo in una prossima occasione.
Nei detti di Lao Tse spesso e spesso ritroviamo la disapprovazione dell’orgoglio e del criterio di raggiungimento personale e ciò in virtù della legge di concatenazione dei contrari, l’alternanza dello Yang e dello Yin che è la manifestazione cinetica del Tao. Infatti allorché la forza Yang, attiva, trova il suo culmine automaticamente è sospinta verso il suo contrario Yin, passivo.
La punizione per l’orgoglio è quindi in Lao Tse una sorta di legge naturale. “Un gran vento -egli dice- non può durare più dello spazio di un mattino. Una bufera cessa col giorno. L’armata gloriosa non vincerà in eterno. L’albero elevato sarà abbattuto” Egli spiega nel Tao Te King come l’orgoglio stesso sia il presagio della caduta: “Colui che si alza sulla punta dei piedi non sta ritto. Colui che marcia a passi gloriosi non farà un lungo cammino. Colui che si esibisce non brilla. Colui che si esalta è senza onore. Colui che si prevale del suo talento è senza merito. Colui che fa pompa dei suoi successi non vi si mantiene. Questi sono per il Tao eccessi di nutrimento e umori superflui. Tutto ciò che è sotto il Cielo ne prende nausea. E l’uomo del Tao non rivolge loro nemmeno uno sguardo!”
Questa legge fondamentale non impedisce però a Lao Tse di mantenere un atteggiamento equanime e corretto nei confronti delle cosiddette “vie del mondo”. “La via del Cielo –egli dice- toglie all’eccedente per compensare il mancante ma la via degli uomini meschini toglie all’indigente per aumentare il ricco” . La via del Cielo, dirà successivamente Lie Tseu (un altro taoista), è la via dell’umiltà e la via degli uomini meschini è quella dell’arroganza. Simile concetto viene espresso nel Libro dei Proverbi, annunciando la caduta di Babilonia: “L’arroganza precede la rovina e l’orgoglio precede la caduta”.
Ma la disistima per l’orgoglio e la considerazione per l’umiltà non esauriscono la “dottrina” taoista. Lao Tse considera il Tao una sorta di Madre che genera, nutre e protegge tutti gli esseri dell’universo. In verità è difficile affermare se il Tao “è” o “non è”. Nella metafisica del Tao la kenosi originaria è priva di ogni sostanziale processo, forma o sostanza. Ne consegue che agli occhi del nostro pensiero determinista la “pienezza” del Tao appare simile al “vuoto”. Il Tao è visto come un abisso senza fondo e ciò non dimeno esso dà origine a tutte le cose, un vortice caotico da cui sorge ogni armonia.
Quindi se il vero Tao al nostro percepire determinista appare come un nulla, che per noi corrisponde alla corsa verso il vuoto del sé, esso segna il ritorno beato nella matrice silenziosa, che attira e proietta l’esperienza del pensiero empirico e poi lo riassorbe nel nulla da cui proviene. Questa kenosi del Tao procede per sua propria natura e non presuppone alcuna volontà creatrice o distruttrice. E da qui si comprende la non valutazione taoista per un Dio personale.
Paolo D’Arpini
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