Il Risveglio, passa inevitabilmente da ciò che i mistici definiscono l'oscura notte dell'anima...?
Rispondo sulla base della mia esperienza personale. Una volta ottenuto il Risveglio, ed avuta un'esperienza del Sé, quel che accade è che il nostro spirito (o Coscienza) percepisce la verità sul proprio essere. Questo fulgido momento d'illuminazione se avviene in una mente totalmente purificata dalle tendenze innate e dai desideri e paure regressi riconduce l'io al Sé ed al superamento di ogni dualismo.
In verità “io” (in quanto coscienza) osservo il personaggio che solo attraverso la mia osservazione consapevole può manifestarsi. Non lo giudico, gli voglio bene come voglio bene a chiunque entri nella mia sfera cosciente.
L’esperienza dello stato ultimo, della coscienza libera da identificazione, è esposta in varie scuole spirituali come: Satori, Spirito Santo, Samadhi, Shaktipat, etc. Di solito si intende che questa esperienza di “risveglio” alla propria natura sia conseguente ad una particolare condizione di apertura in cui la “grazia” del Sé (la pura Consapevolezza) può manifestarsi ed impartire la conoscenza di quel che sempre siamo stati e sempre saremo.
Purtroppo dovuto all’accumulo di tendenze mentali “vasana” non sempre l’esperienza vissuta si stabilizza in permanente realizzazione.
Il risveglio quindi non corrisponde alla realizzazione (o solo in rari casi di piena maturità spirituale). E qui ci troviamo di fronte ad un paradosso, da un lato c’è la consapevolezza inequivocabile dello stato ultimo che non può mai più essere cancellata, dall’altro un oscuramento parziale di tale verità in seguito all’attività residua delle vasana che continuano ad operare nella mente del cercatore…
La conoscenza una volta rivelata prende tempo per stabilizzarsi. Il Sé è certamente all’interno dell’esperienza diretta di ognuno, ma non come uno può immaginare, è semplicemente quello che è. Questa “esperienza” è chiamata samadhi. Ma dovuto alla fluttuazione della mente, la conoscenza richiede pratica per stabilizzarsi.
Quindi il lavoro del cercatore consiste nell’eliminazione delle vasana. Un grande aiuto in questo opera di pulizia – come affermò Ramana Maharshi- risulta nello stare in prossimità di un santo realizzato, così le vasana cessano di essere attive, la mente diventa quieta e sopravviene il samadhi. In questo modo il cercatore ottiene una corretta esperienza alla presenza del maestro.
Una pratica per mantenere fissa la consapevolezza sul Sé (Noumeno o soggetto reale) è l’interrogarsi su “chi sono io?”, e se dovessero sorgere pensieri, durante l’auto-indagine, bisognerebbe chiedersi “a chi sorgono questi pensieri?”. In tal modo si potrà restare il più a lungo possibile sul senso di presenza, senza dare un’identificazione oggettiva a questa pura identità soggettiva.
Per mantenere stabilmente questa esperienza uno sforzo è necessario ed infine il cercatore conoscerà la sua vera natura anche nel mezzo della vita di tutti i giorni. questo è lo stato che sta oltre il nostro sforzo o la mancanza di sforzo.
Da qui si intuisce l’importanza del “risveglio” per cui, una volta assaggiata la “gioia del Sé”, il cercatore non potrà fare a meno di rivolgersi a questa ripetutamente cercando di riconquistarla.
Una volta sperimentata la gioia della pace nessuno vorrà indirizzarsi verso qualche altra ricerca.
Paolo D’Arpini - Comitato per la spiritualità laica
English reddition:
The dark night of the soul and the awakening...
Does the Awakening inevitably pass through what mystics call the dark night of the soul...?
I answer based on my personal experience. Once the Awakening is achieved, and an experience of the Self has been had, what happens is that our spirit (or Consciousness) perceives the truth about its being. This brilliant moment of enlightenment, if it occurs in a mind totally purified from innate tendencies and regressed desires and fears, leads the ego back to the Self and to the overcoming of all dualism.
In truth, "I" (as consciousness) observe the character who can only manifest himself through my conscious observation. I do not judge him, I love him as I love anyone who enters my conscious sphere.
The experience of the ultimate state, of consciousness free from identification, is exposed in various spiritual schools such as: Satori, Holy Spirit, Samadhi, Shaktipat, etc. It is usually understood that this experience of “awakening” to one’s nature is consequent to a particular condition of openness in which the “grace” of the Self (pure Awareness) can manifest itself and impart the knowledge of what we have always been and always will be.
Unfortunately, due to the accumulation of “vasana” mental tendencies, the lived experience does not always stabilize in permanent realization.
Therefore, awakening does not correspond to realization (or only in rare cases of full spiritual maturity). And here we are faced with a paradox, on the one hand there is the unequivocal awareness of the ultimate state that can never be erased, on the other a partial obscuring of this truth following the residual activity of the vasanas that continue to operate in the mind of the seeker…
Once revealed, knowledge takes time to stabilize. The Self is certainly within the direct experience of each one, but not as one can imagine, it is simply what it is. This “experience” is called samadhi. But due to the fluctuation of the mind, knowledge requires practice to stabilize.
So the work of the seeker is to eliminate the vasanas. A great help in this work of cleansing - as Ramana Maharshi stated - is to stay in the vicinity of a realized saint, so that the vasanas cease to be active, the mind becomes quiet and samadhi comes. In this way the seeker gets a correct experience in the presence of the master.
A practice to keep the awareness fixed on the Self (Noumenon or real subject) is to ask oneself "who am I?", and if thoughts should arise, during self-enquiry, one should ask oneself "to whom do these thoughts arise?". In this way one can remain as long as possible on the sense of presence, without giving an objective identification to this pure subjective identity.
To maintain this experience stably an effort is necessary and finally the seeker will know his true nature even in the midst of everyday life. This is the state that is beyond our effort or lack of effort.
From here we can understand the importance of “awakening” for which, once the “joy of the Self” has been tasted, the seeker cannot help but turn to it repeatedly trying to reconquer it.
Once the joy of peace has been experienced, no one will want to turn to any other search.
Paolo D’Arpini - Committee for lay spirituality
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