domenica 30 giugno 2024

Recognize oneself with the place and with the community of the living… - Riconoscersi con il luogo e con la comunità dei viventi…

 


During the large gatherings at Stonehenge, around the sacred stones, the wise men of the time gathered to tell each other adventures and discoveries and to once again establish belonging to a shared culture and identify with the place...

Everything that surrounds us and ourselves are the exact same thing, we are immersed in ourselves like water in water and yet we continue to behave as if we were separate, disposing of what we believe is "outside of us" as if it were "other" from us. Is there a greater wonder than this?

 Roberto Marchesini, an Emilian ethologist, born in Bologna, who was also a pioneering researcher in the field of deep ecology, as well as an educator who attempted in every way to convey the love for nature. He thus stated: "...everyone verbally agrees in defining the environment, other species, biodiversity, natural resources as a precious asset, however it is with great difficulty that it is possible to translate this awareness into concrete choices of eco-compatibility. The greatest difficulty lies in wanting to recognize an oppressor and polluter who always comes from afar, an overbearing otherness in which the enemy to be fought is always the other".

In short, we must live ecology in everyday life and in ourselves if we want it to be implemented in the social and environmental context in which we find ourselves.

The bioregion is our home, or rather we are ourselves, not a place external to us... and so is the local community. We often don't realize that our good intentions all end up in the rubbish bin, perhaps separated, and that our intentions of love and human solidarity and with other species end up in an offering made to the municipal shelter or to the missions in Africa. And who lives with us here? Our neighbor? The migrant on the bench in the public gardens? The friend who has no friends? The forest animals that we eat at the characteristic restaurant? The trees that we agree to cut down because they obstruct the roadway?

We often indulge in a culture based on models that despise natural otherness: from unconscious consumerism to the technological aggressiveness of cars, instruments, prostheses...

Let's reflect.

Paolo D'Arpini - Italian bioregional network





Testo Italiano:

Durante i grandi raduni di Stonehenge, attorno ai sacri sassi,  i saggi del tempo si riunivano per raccontarsi avventure e scoperte e per nuovamente sancire l’appartenenza ad una cultura condivisa e riconoscersi con il luogo…

Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell’acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo “sia al di fuori di noi” come  fosse “altro” da noi. C’è una meraviglia più grande di questa?

Roberto Marchesini, un etologo emiliano, nato a Bologna, che è stato anche un ricercatore antesignano nell’ambito dell’ecologia del profondo, nonché un educatore che ha tentato in ogni modo di trasmettere l’amore per la natura. Egli così affermava: “…tutti a parole sono d’accordo nel definire l’ambiente, le altre specie, la biodiversità, le risorse naturali un bene prezioso tuttavia con grande difficoltà si riesce a tradurre questa coscienza in scelte concrete di eco-compatibilità. La difficoltà maggiore sta nel voler riconoscere un oppressore ed inquinatore che viene sempre da lontano, una alterità prepotente in cui il nemico da combattere è sempre l’altro”.

Insomma dobbiamo vivere l’ecologia nel quotidiano ed in noi stessi se vogliamo che venga attuata nel contesto sociale ed ambientale in cui ci troviamo. 

La bioregione è la nostra casa, anzi siamo noi stessi, non un luogo esterno a noi… e parimenti lo è la comunità locale. Spesso non ci accorgiamo che le nostre belle intenzioni finiscono tutte nel bidone della spazzatura, magari differenziata, e che i nostri propositi amorosi e di solidarietà umana e con le altre specie si risolvono in un’offerta fatta al canile municipale od alle missioni in Africa. E chi vive assieme a noi qui? Il nostro vicino di casa? Il migrante sulla panchina ai giardini pubblici? L’amico o l’amica che non ha amici? Gli animali del bosco che mangiamo al ristorante caratteristico? Gli alberi che accettiamo di tagliare perché ingombrano la carreggiata?

Sovente ci culliamo in una cultura fondata su modelli che disprezzano l’alterità naturale: dall’inconsapevole consumismo fino all’aggressività tecnologica di automobili, di strumenti, di protesi…

Riflettiamo. 

Paolo D’Arpini - Rete bioregionale Italiana 

mercoledì 26 giugno 2024

Implementation of a bioregional community... - Attuazione di una comunità bioregionale...

 


A subversion of values ​​is necessary for the understanding of what is really useful for developing intelligence and quality of life in an ideal community.

It is necessary to go beyond the "quail leap" and venture onto the impervious peaks, imitating the flight of the eagle which observes the territory from above and makes it its own. The eagle sees everything while the quail flies low, very low indeed, and only sees its small portion of land.

At the same time, from a bioregional deep ecology point of view, we can say that both visions are necessary, neither one nor the other can be neglected. But if we neglected the vision of the eagle it would be as if we believed we knew the world by being inside the well, as that little frog did in the Zen story (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2016/06/14/settarismo-religious- the-limited-vision-of-the-frog-in-the-well/)

Translated into practical terms, this means that we cannot be mature in ecological and social conscience only if we take care of our little field, the goat in the sheepfold, the chicken in the farmyard, the stream that flows behind the house and the plants that grow in the vase on the terrace... or of the thousand problems of the market, of the condominium, of structural priorities, of hierarchical squabbles, etc.

The far and the near must be taken into account for integration in our living in a specific place, while remaining aware of the common belonging to life, in every place.

We must be aware of the inseparability of life, starting from the family context in which we live, observing things with the eye of deep ecology, in the habitat, in society and in the institutional and administrative context.

In short, we need spirituality and reason, culture and its varied expressions of thought but also of sensations, perceptions, intuitions, feelings.

Otherwise our society will only be a sterile functional and bureaucratic machine, our battle will only be a continuous search for external adjustments with new laws and little rules. How can we be part of a "human" and socially intact context if we do not also consider - perhaps in this historical moment I would say "above all" - the needs of maintaining human dignity, of the rediscovery of moral and spiritual values?

We need an intellectual and loving shake-up in our attitude, we need to start a bio-reasoning within ourselves. We should be active in the social context in which we live and fulfill the duty to manifest “bioregionalism”, “deep ecology” and “secular spirituality” in our community.

Paolo D'Arpini




Testo Italiano: 

Un sovvertimento di valori è necessario per la comprensione di ciò che realmente è utile  per sviluppare intelligenza e  qualità della vita in una comunità ideale. 

Occorre andare oltre il “salto della quaglia” ed avventurarsi sulle cime impervie, imitando il volo dell’aquila che dall’alto osserva il territorio e lo fa proprio. L’aquila tutto scorge mentre la quaglia vola basso, anzi bassissimo, e vede solo la sua piccola porzione di terra.

Allo stesso tempo, da un punto di vista dell’ecologia profonda bioregionale, possiamo dire che entrambe le visioni sono necessarie, non si può trascurare né l’una né l’altra. Ma se trascurassimo la visione dell’aquila sarebbe come se credessimo di conoscere il mondo stando dentro al pozzo, come fece quella piccola rana nella storia zen (http://www.circolovegetarianocalcata.it/2016/06/14/settarismo-religioso-la-visione-limitata-della-rana-nel-pozzo/)

Tradotto in termini pratici questo significa che non si può essere maturi nella coscienza ecologica e sociale solo se ci si occupa del nostro campiello, della capretta nell’ovile, del pollo nell’aia, del ruscello che scorre dietro casa e delle piantine che crescono nel vaso sul terrazzo… o delle mille noie di mercato, del condominio, di precedenze strutturali, di beghe gerarchiche, etc.

Del lontano e del vicino va tenuto conto per un integrazione nel nostro abitare in un determinato luogo, pur restando coscienti della comune appartenenza alla vita, in ogni luogo.

Dobbiamo essere consapevoli dell’inscindibilità della vita, partendo dal contesto familiare  in cui viviamo, osservando le cose con l’occhio dell’ecologia profonda, nell'habitat, nella società e nell’ambito istituzionale ed amministrativo.

Insomma abbiamo bisogno della spiritualità e della ragione, della cultura e delle sue variegate espressioni di pensiero ma anche di sensazioni, percezioni, intuizioni, sentimenti.

Altrimenti la nostra società sarà solo una sterile macchinetta funzionale e burocratica, la nostra battaglia sarà solo una continua ricerca di aggiustamenti esteriori con nuove leggi e leggine. Come possiamo far parte di un contesto “umano” e socialmente integro se non consideriamo anche –forse in questo momento storico direi “soprattutto”- le necessità del mantenimento delle dignità umane, della riscoperta dei valori morali e spirituali?

Ci vuole uno scossone intellettuale ed amorevole nella nostra attitudine, occorre avviare un bio-ragionamento al nostro interno. Dovremmo  essere attivi nel contesto sociale in cui viviamo ed ottemperare al dovere di manifestare il “bioregionalismo”, “l’ecologia profonda” e la “spiritualità laica”  nella nostra comunità.  

Paolo D'Arpini


giovedì 13 giugno 2024

Naturalism: "Death is life in continuous transformation..." - Naturalismo: "La morte è vita in continua trasformazione..."

 


Death according to the concept of naturalistic cyclicality is nothing other than a renewal of forms into other forms. A transformation that does not in itself damage life. Indeed, life is nothing other than the continuation of the life-death process. Our ancestors, like all animals, recognized this cyclical nature and therefore were not particularly attached to the form, to the sense of self. 

They were able to enjoy existence, with all its beauties and ugliness, as if it were a wonderful adventure. At the end of which, without regrets, they were able to let themselves go into their last restful sleep, knowing that upon awakening they would find a new form. For this reason they were able to face dangers and difficulties, struggles and risks, explorations and new discoveries, with a light heart. Perhaps with fear, perhaps with doubts about what to do, but without giving up on their journey. The man who traveled with death at his side was a hero.

Then religions took over which, despite a series of evident doctrinal differences, share a fundamental principle: human beings in their soul, the self or ego, are immortal. Since the first forms of "spiritual" expression, this was the great promise and hope offered by the great religions to their respective faithful. Not that this "eternity" was a gift without compensation, it had to be earned, and above all it was necessary to "believe" in the religious dictate, otherwise yes the soul is immortal but it can run the risk of being lost forever in the underworld. Which is obviously infinitely worse than transforming into other vital aspects, as naturalism teaches.

Unfortunately, over the centuries and millennia, the company of death has been denied, to the point that today we are even willing to engage in "spiritual trading" to secure a guaranteed future. Not that spiritual commerce is a novelty of this era, in fact this commerce began the very moment in which man invented an "afterlife", or a hypothetical world of the spirit as opposed to the earthly world.

This happened above all with the advent of the monotheistic religions: Judaism, Christianity and Islam. But in truth it was already present - in progress - at the very moment in which the process of virtualization of thought began, with the birth of philosophy, which arose together with patriarchy and the accumulation of material goods (i.e. the concept of property) .

But if we want to look for evidence of the birth and parallelism between the material world, the here and now, and the creation of a virtual world, the afterlife, we discover that it appears in human societies with the cult of ancestors. The ancestors are considered alive in the afterlife and this is why continuous ceremonies are required for their "spiritual" nourishment and even in China "paper money" was invented - which was burned together with incense, to transmit those titles in subtle form, as it was assumed that the influx into the afterlife derived from such offerings.

But not only this, in medieval Europe - for example - there was the sale of indulgences, in which a conquibus was paid - not with fictitious paper money but in sound gold - to the church which was then transferred (according to the priests) to the souls of the deceased or of the donor himself who thus ensured paradise. The "spiritual trade", based on the fear of death, knows no boundaries, manifests itself in a thousand ways, with the sale of rosaries, sacred books, prayer cards, relics... in front of sanctuaries and cathedrals (and even inside them), this sale is accepted as a corollary of religion (and without taxes). There are also devotional donations for the missions, for the poor (of the same connected religious type) and for good works (such as IOR and similar).

The religions of the afterlife are really a great deal... If there is a need for cheap manpower, for fighters ready for anything, then holy wars and honorable martyrdom are devised, which guarantees a beautiful afterlife, full of flutes, of rainbows, of virgins and obliging angels.

Ultimately, it's better to work and save for the afterlife, given that this world is now falling apart and everyone is convinced that we need to cheat death. The only hope is to believe in another world, and on this axiom the sects and religions proliferate and grow fat... here on earth, they get fat here in our society... not there... in the skies where only empty space exists.

But at the same time as this harvest of illusions, religious disillusionment was also born, in many materialistic or hedonistic environments there is a tendency towards pure selfishness, with the consequence that on earth resources are enjoyed without restraint without taking into account the sacredness of nature and ignoring that life continues with our successors…

Both religion and materialism consider it useless to maintain liveability on earth... after all, we are all passing through here... we might as well earn goods for the future in another fantasy land and neglect this earthly land, or enjoy here as long as we can without respect for future generations. This planet can go to ruin, the worst atrocities can be committed: destroying it, exploiting it beyond belief, polluting it and offending it with all its inhabitants (trees, plants, animals) who are at the mercy of the needs of earning, accumulating and spending...

In truth we should assimilate the cult of successors into our society and abandon that of ancestors...

Fortunately, every now and then a human being appears who is able to say that “the pure Promised Land is here on this earth.” For example, Tich Nhath Hanh said: "If you manage to leave steps of peace and free from anxiety on this earth of ours, you will no longer need to think about entering the "kingdom of heaven". The reason is simple, samsara and the kingdom of heaven are both inventions of the mind. If you are at peace, free from assumptions and full of the joy of living you will have transformed samsara into Pure Land and there will no longer be any need to think about an afterlife….”

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com





Testo Italiano: 

La morte secondo il concetto  della ciclicità naturalistica non è altro che un rinnovarsi delle forme  in altre forme. Una trasformazione che non danneggia in sé la vita. Anzi la vita non è altro che il  rincorrersi del processo vita-morte. I nostri progenitori, come d'altronde tutti gli animali, riconoscevano questa ciclicità quindi non erano particolarmente attaccati alla forma, al senso dell'io. Essi erano in grado di godere l'esistenza, con tutte le sue bellezze e le sue bruttezze, come fosse una meravigliosa avventura. Al termine  della quale, senza rimpianti, erano in grado di lasciarsi andare all'ultimo  sonno ristoratore consapevoli che al risveglio avrebbero trovato una nuova forma. Per questo erano in grado di affrontare pericoli e difficoltà, lotte e rischi, esplorazioni e nuove scoperte,  a cuor leggero. Forse con timore, forse con dubbi sul da farsi, ma senza demordere nel loro percorso. L'uomo che viaggiava con la morte al fianco era un eroe.  

Poi subentrarono le religioni le quali, malgrado una serie di evidenti differenze dottrinali, condividono un principio fondamentale: gli esseri umani nella loro anima, l'io o ego,  sono immortali.  Fin dalle prime forme di espressione "spirituale", fu questa la grande promessa e speranza offerta dalle grandi religioni ai rispettivi fedeli. Non che questa "eternità" fosse un regalo senza contropartita, bisognava guadagnarselo, e soprattutto bisognava "credere" nel dettame religioso, altrimenti sì l'anima è immortale ma può correre il rischio di perdersi per sempre negli inferi. Il che ovviamente è infinitamente peggio che trasformarsi in altri aspetti  vitali, come  insegna il naturalismo.

Purtroppo nel corso dei secoli e dei millenni la compagnia della morte è stata rinnegata, sino al punto che oggi siamo persino disposti al "commercio spirituale" per accaparrarci un futuro garantito. Non che il commercio spirituale sia una novità di questa epoca, in effetti tale commercio è iniziato il momento stesso  in cui l’uomo si è inventato un “aldilà”, ovvero un ipotetico mondo dello spirito contrapposto al mondo terreno. 

Ciò è avvenuto soprattutto con l’avvento delle religioni monotesiste: Giudaismo, Cristianesimo e Islamismo. Ma in verità era già presente –in fieri- nel momento stesso in cui è iniziato il processo di virtualizzazione del pensiero, con la nascita della filosofia, che è sorta unitamente al patriarcato ed all’accumulo di beni materiali (cioè il concetto di proprietà).

Ma se vogliamo cercare un'evidenza della nascita e del parallallelismo fra mondo materiale, dell’aldiqua, e della creazione di un mondo virtuale, dell’aldilà, scopriamo che appare nelle società umane con il culto degli antenati. Gli antenati vengono considerati vivi nell’aldilà ed è per questo che sono richieste continue cerimonie per il loro nutrimento “spirituale” e addirittura in Cina fu inventata la “cartamoneta” -che veniva bruciata assieme all’incenso, per trasmettere ai defunti quei titoli in forma sottile, in quanto si presupponeva che l’affluenza nell’oltretomba derivasse da tali offerte.

Ma non solo questo, nell’Europa medioevale -ad esempio- si era giunti alla vendita delle indulgenze, in cui si pagava –non con cartamoneta fittizia ma in oro sonante- alla chiesa un conquibus che poi veniva trasferito (a detta dei preti) alle anime dei defunti o dello stesso donatore che si assicurava così il paradiso. Il "commercio spirituale”, basato sulla paura della morte,  non conosce confini, si manifesta in mille modi, con la vendita di rosari, libri sacri, immaginette, reliquie…. davanti ai santuari ed alle cattedrali (ed anche al loro interno), tale compravendita è accettata come un corollario della religione (e senza tasse). Ci sono pure le donazioni devozionali per le missioni, per i poveri (della stessa specie religiosa connessa) e per le opere di bene (tipo IOR ed affini).

Le religioni dell’aldilà sono proprio un bell’affare… Se c’è bisogno di manodopera a buon mercato, di combattenti pronti a tutto, ecco che si escogitano le guerre sante e l’onorevole martirio, che garantisce un aldilà bellissimo, pieno di flauti, di arcobaleni, di vergini ed angeli compiacenti.

In fondo meglio lavorare e risparmiare per l’aldilà, visto che ormai questo mondo sta andando a rotoli e tutti sono convinti che occorre fregare la morte. L’unica speranza è credere in un altro mondo, e su questo assioma le sette e le religioni prolificano e si ingrassano…. qui sulla terra, ingrassano qui nella nostra società… mica là… nei cieli dove esiste solo spazio vuoto. 

Ma contemporaneamente a questa messe di illusioni  è nata anche la disillusione religiosa, in molti ambienti  materialisti o edonisti si tende all’egoismo puro, con la conseguenza che sulla terra si gode senza ritegno delle risorse senza tener conto della sacralità della natura ed ignorando che la vita continua con i nostri successori… 

Sia la religione che il materialismo considerano inutile il mantenimento della vivibilità sulla terra… in fondo qui siamo tutti di passaggio.. tanto vale guadagnare beni per il futuro in una altra terra fantasistica e trascurare questa terra terrestre, oppure godere qui sin che si può senza rispetto per le generazioni future. Questo pianeta può andare a remengo, ci si possono compiere le peggio nefandezze: distruggerlo, sfruttarlo all’inverosimile, inquinarlo e offenderlo con tutti i suoi abitanti (alberi, piante, animali) che sono alla mercé delle necessità di guadagno, accumulo e spesa… 

In verità noi dovremmo assimilare nella nostra società il culto dei successori e lasciar perdere quello degli antenati….. 

Per fortuna  di tanto in tanto appare un essere umano che è in grado di affermare che “la pura Terra Promessa è qui su questa terra”. Diceva ad esempio Tich Nhath Hanh: “Se riuscirete a lasciare passi di pace e liberi da ansia su questa nostra terra, non avrete più bisogno di pensare di entrare nel “regno dei cieli”. Il motivo è semplice, il samsara ed il regno dei cieli sono entrambi invenzioni della mente. Se siete in pace, liberi da presupposti e pieni di gioia di vivere avrete trasformato il samsara in Pura Terra e non ci sarà più bisogno di pensare ad un aldilà….” 

Paolo D’Arpini - spiritolaico@gmail.com

sabato 8 giugno 2024

Self-analysis. Pre-knowledge or pre-judgment? - Autoanalisi. Pre-conoscenza o pre-giudizio?

 


I would like to clarify some basic concepts of the search for "self" (in terms of secular spirituality) through self-analysis. It is a simple re-discovery of something that was already there, but which needed to be "expressed", in the personalized way of returning home. Out of a sort of sympathy that I perceive towards all the people with whom I am able to share emotions and feelings, I thought it might be useful (for me and for them) to clarify those aspects of self-knowledge that still refer to the person. Since (in any case) we must start from the person as the custodian of the first spark of Consciousness from which everything derives. I therefore do not want to diminish the value of this person, and as "this" also all the others who patiently follow and precede ...

Where the civilizations of the living and the dead meet!

Our observation of the world, both internal (of emotions) and external (of objects), is almost never "clean", that is, devoid of interpretation and conceptualization.

We are accustomed to judging what we observe through the filter of memory and sensations connected to past experiences. Even in the case of "new" events or previously unconsidered ideas, we cannot help but try to "understand" and measure on the basis of what we know. Here this "foreknowledge" is our "slavery" but if we could let ourselves go to the point of being able to observe ourselves while the mechanism of "pre-judgment" is triggered and understand how it works... we could already consider this "attention" as a first form of meditation and detachment from the ongoing appropriative process.

Let's make a practical analogy, to exemplify this attempt to shift attention from the judging ego to the testimonial capacity of pure consciousness, analyzing the functioning of the dream. When we dream everything happens in an apparently constructed and defined way while at the same time the events of the dream maintain a sense of imponderability. The specific character of our dream, in which we identify, is itself a simple component inseparable from the complexity of the dream, in which the various actors, figures, objects and events are one. The “farce” of the dream shows an apparent purpose and meaning in the eyes of the dream character with whom we identify. We see that he in fact makes deliberate gestures and plausible efforts of will to achieve his dream goals, also relating to the other characters in the dream as "different" from himself.

Can this be true?

All aspects of the dream are produced by the same mind and are in no way controllable and manageable by any character or situation in the dream. Each of these elements being simple "passive" components imagined in the dreamer's mind. From the point of view of "empirical" experience in the waking state it can be said that the process of "creation" is practically the same. All the objects and subjects that perceive each other (each being simultaneously subject and object in the perception of others) arise from the same "Mind", or Consciousness, and unfold on the conceptual screen of space-time events. Indeed, in this total functioning, no personal volition or purpose can exist, since (as in the dream) everything takes place independently of the intention of any of the dreamed characters. Although apparently they take upon themselves the sense of the affirmation or denial of their "will", but this only happens as a consequence of the effective consideration of the events already experienced. That is, after having "judged" the events that occurred and having assumed them as one's own (through the sense of identification) and therefore defined as positive or negative (for the purposes of the character).

From this, by extension, we arrive at the identity of the waking state and discover that - as in dreams - it is not individual beings that manifest life and its components but Consciousness itself, engaged as it is in the work of vivifying its emanations and manifestations, which are only possible through it.

For this reason it is said that "when the me disappears the Ego manifests itself" (Ramakrishna Paramahansa), that is, when individual identification ceases automatically the impersonal Consciousness emerges. It is said that it "emerges" as this pure Consciousness is already inherent in the individual himself (as the mind is present in the dreamed character) that the "substance" does not belong to the changing appearance but is the essence that animates it. Obviously in the case of "awakening" to the pure Ego, the sense of individual identity "dies" but this does not imply the automatic disappearance of its apparent "semblance", which will continue to remain in the perception of "other" observers, but emptied within itself of every objective identification, the awakened being pure and simple "subjectivity"  (Awareness without attributes).

Spontaneity is the "behavioral" characteristic of the awakened person, when spontaneity simply means the ability to respond, adequately and appropriately, to the situations he encounters. In such a being there remains no shadow of intentionality or judgement, of desire or repulsion, his "will" corresponds exactly to the events experienced without him seeking it. We can define this state: Freedom.

To signify the true nature of being and the "return" to the intrinsic awareness that is proper to it, admitting that this nature is the same for each of us, I like to quote a phrase by Nisargadatta Maharaj, who said: "It does not matter what what you do or what you don't do if you have really perceived what I'm talking about. Otherwise, it doesn't even matter if you don't understand what I'm talking about..” Which means that in both cases the intrinsic reality does not change... and what is destined to happen happens on its behalf....

However, it happens that this discourse, although sometimes intellectually accepted, often requires digestion and assimilation, in short it must be made "ours". This can happen through reflection, re-elaboration and recognition of this truth within ourselves. Now in some way we seem to have understood but we must detoxify ourselves from the speculative tendency and from the identification with the embodied character. To this end, not to obtain the condition that is already in our nature but in order to avoid the deception of the mind, I recommend repeated reading and reflection on the images contained in the Book of Changes (I Ching), a compendium of archetypal examples psychosomatic, i.e. describing the different behavioral models, based on the varied expressive capabilities of the mind in the development of space-time events. Through analysis it will be possible to recognize the multicolored forms that the mind can take in this world of appearances, its transformations being simple results, resonances and adaptations to the conditions it finds itself facing. This is an automatic response to the ongoing mutations and mixing of the basic elements of life.

It is obvious that these mutations are practically infinite but in the Book of Changes 64 aspects/mothers are examined, in the form of hexagrams in which each line is a constituent component with its own meanings. Since this text is the result of a very ancient and constant study and observation of natural and social phenomena, interpreted and seen both with reason and intuition, it presents itself as an integrated complex of the different analytical and analogical expressive ways of the mind.

“Know the mind so as not to be fooled by the mind..” Ramana Maharshi stated.

And in the Book of Changes it can be said that both the speculative and metaphic philosophical aspects and the analytical and empirical ones (Taoism and Confucianism) are merged, therefore the practice is to observe the images without wanting to assume the concepts, a good method for approaching the corresponding behavioral spontaneity of the essay, based on the capacity for immediate behavioral response in the various situations encountered in life, also in consideration of the peculiar characteristics embodied by each one and in the position and condition in which we are. In short, know the means to adequately tackle the route.

Since the reading of the text is not immediately clear and assimilable, continued repetition is advisable, but without interpretative efforts, in order to gradually push our mind towards that necessary "detachment" from pre-established purposes, thus leaving aside the attempt to understand the rational meanings and letting the images evoked find correspondence in our unconscious.

Paolo D'Arpini



Testo Italiano: 

Vorrei mettere in chiaro alcuni concetti base della ricerca di "sé" (in chiave di spiritualità laica)  attraverso l'autoanalisi. Trattasi di una semplice ri-scoperta  di  qualcosa che c'era già, ma che aveva bisogno di essere "espressa", nella via personalizzata del ritorno a casa. Per una sorta di simpatia che percepisco verso tutte le persone con le quali riesco a condividere emozioni e sentimenti ho pensato che potesse essere utile (per me e per loro) chiarire quegli aspetti dell'auto conoscenza che ancora si rivolgono alla persona. Poiché (comunque) dalla persona dobbiamo partire in quanto depositaria della prima scintilla di Coscienza dalla quale tutto deriva. Non voglio perciò sminuire il valore di questa persona, e come "questa" anche tutte le altre che pazientemente seguono e precedono.

....dove le civiltà dei vivi e dei morti si incontrano!

Il nostro osservare il mondo, sia interiore (delle emozioni) che esteriore (degli oggetti), non è quasi mai “pulito”, privo cioè di interpretazione e concettualizzazione. 

Siamo avvezzi a giudicare quel che osserviamo attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni collegate alle trascorse esperienze. Anche nel caso di eventi “nuovi” o di idee precedentemente non considerate non facciamo a meno di cercare di “comprendere” e misurare sulla base del nostro conosciuto. Ecco questa “preconoscenza” è la nostra “schiavitù” ma se potessimo lasciarci andare sino al punto di poterci osservare mentre si innesca il meccanismo del “pre-giudizio” e capire il suo funzionamento... potremmo già considerare questa “attenzione” come una prima forma di meditazione e distacco dal processo appropriativo in corso.

Facciamo un'analogia pratica, per esemplificare questo tentativo di spostare l'attenzione dall'io giudicante alla capacità testimoniale della pura coscienza, analizzando il funzionamento del sogno. Quando sogniamo tutto avviene in modo apparentemente costruito e definito mentre allo stesso tempo gli avvenimenti del sogno mantengono il senso dell'imponderabilità. Il personaggio specifico del nostro sogno, nel quale noi ci identifichiamo, è esso stesso una semplice componente inscindibile dalla complessità del sogno, in cui i vari attori, figure, oggetti ed eventi sono un tutt'uno. La “farsa” del sogno mostra un'apparente finalità e significato agli occhi del personaggio di sogno nel quale ci identifichiamo. Vediamo che egli infatti compie gesti deliberati e verosimili sforzi di volontà per raggiungere i suoi fini di sogno, rapportandosi inoltre con gli altri personaggi del sogno come “diversi” da sé. 

Può ciò corrispondere a verità?

Tutti gli aspetti del sogno sono prodotti dalla stessa mente e non sono in alcun modo controllabili e gestibili da alcun personaggio o situazione del sogno. Essendo ognuno di questi elementi semplici componenti “passive” immaginate nella mente del sognatore. Dal punto di vista dell'esperienza “empirica” nello stato di veglia si può dire che il processo di “creazione” sia praticamente il medesimo. Tutti gli oggetti ed i soggetti che reciprocamente si percepiscono (essendo ognuno contemporaneamente soggetto ed oggetto nella percezione altrui) scaturiscono dalla stessa “Mente”, o Coscienza, e si dipanano sullo schermo concettuale degli eventi spazio-temporali. In effetti, in questo funzionamento totale, non può esistere alcuna volizione o finalità personale, poiché (come nel sogno) ogni cosa si svolge indipendentemente dall'intenzione di qualsiasi dei personaggi sognati. Pur che apparentemente essi assumono su di sé il senso dell'affermazione o della negazione di una loro “volontà”, ma questo avviene solo conseguentemente alla considerazione effettiva degli eventi già vissuti. Ovvero dopo aver “giudicato” i fatti accaduti ed averli assunti come propri (attraverso il senso di identificazione) e quindi definiti come positivi o negativi (ai fini del personaggio). 

Da ciò, per estensione, arriviamo all'identità dello stato di veglia e scopriamo che -come nel sogno- a manifestare la vita e le sue componenti non sono i singoli esseri bensì la Coscienza stessa, impegnata com'è nell'opera di vivificazione delle sue emanazioni e manifestazioni, che sono possibili solo per suo tramite.

Per questa ragione è detto che “quando il me scompare l'Io si manifesta” (Ramakrishna Paramahansa), ovvero quando l'identificazione individuale cessa automaticamente la Coscienza impersonale emerge. Si dice che “emerge” in quanto tale pura Coscienza è già insita nell'individuo stesso (come la mente è presente nel personaggio sognato) che la “sostanza” non appartiene alla sembianza mutevole ma è l'essenza che la anima. Ovviamente in caso di “risveglio” al puro Io il senso di identità individuale “muore” ma questo non implica l'automatica scomparsa della sua “sembianza” apparente, che continuerà a restare nella percezione degli “altri” osservatori, ma svuotata al suo interno di ogni identificazione oggettiva, essendo il risvegliato pura e semplice “soggettività”  (Consapevolezza priva di attributi).

La spontaneità è la caratteristica “comportamentale” del risvegliato, quando spontaneità significa semplice capacità di risposta, adeguata e consona, alle situazioni in cui egli si imbatte. In un tale essere non permane alcuna ombra di intenzionalità o di giudizio, di desiderio o repulsione, la sua “volontà” corrisponde esattamente agli eventi vissuti senza che lui lo ricerchi. Possiamo definire questo stato: Libertà.

Per significare la vera natura dell'essere ed il “ritorno” all'intrinseca consapevolezza che gli è propria, ammettendo che tale natura è la stessa per ognuno di noi, mi piace riportare una frase di Nisargadatta Maharaj, che disse: “Non importa ciò che fai o ciò che non fai se hai realmente percepito quello di cui sto parlando. Diversamente, non importa nemmeno se tu non hai capito quel di cui sto parlando..” Il che significa che in entrambi i casi la realtà intrinseca non cambia... e quel che è destinato ad avvenire avviene per conto suo.... 

Succede però che questo discorso, pur essendo a volte intellettualmente accettato, necessiti spesso una digestione ed assimilazione, deve insomma essere fatto “nostro”. Ciò può avvenire attraverso la riflessione, la rielaborazione e il riconoscimento al nostro interno di tale verità. Ora in qualche modo ci sembra di aver compreso ma dobbiamo disintossicarci dalla tendenza speculativa e dall'identificazione con il personaggio incarnato. A tal fine, non per ottenere la condizione che è già nella nostra natura ma allo scopo di scongiurare l'imbroglio della mente, consiglio la lettura ripetuta e la ponderazione sulle immagini contenute nel Libro dei Mutamenti (I Ching), un compendio di esempi archetipali psicosomatici, descrivente cioè i diversi modelli comportamentali, basati sulle variegate capacità espressive della mente nello svolgimento degli eventi spazio-temporali. Per mezzo dell'analisi sarà possibile riconoscere le multicolori forme che la mente può assumere in questo mondo di apparenze, essendo le sue trasformazioni semplici risultanze, risonanze e adattamenti alle condizioni che si trova ad affrontare. Questa è una risposta automatica allo svolgimento delle continue mutazioni e mescolamenti degli elementi basilari della vita.

Ovvio che tali mutazioni sono praticamente infinite ma nel Libro dei Mutamenti si esaminano 64 aspetti/madre, in forma di esagrammi in cui ogni linea è una componente costitutiva con propri significati. Essendo questo testo il risultato di un antichissimo e costante studio ed osservazione di fenomeni naturali e sociali, interpretati e visti sia con la ragione che con l'intuizione, esso si presenta come un complesso integrato dei diversi modi espressivi analitici ed analogici della mente.

“Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente..” Affermava Ramana Maharshi.

E nel Libro dei Mutamenti si può dire che vengono fusi sia gli aspetti filosofici speculativi e metafisici che quelli analitici ed empirici (Taoismo e Confucianesimo), perciò la prassi è quella di osservarne le immagini senza volerne assumere i concetti, un buon metodo per avvicinarsi alla corrispondente spontaneità comportamentale del saggio, basata sulla capacità di immediata risposta comportamentale nelle varie situazioni incontrate nella vita, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche da ognuno incarnate e nella posizione e condizione in cui siamo. Insomma, conoscere il mezzo per affrontare adeguatamente il percorso. 

Siccome la lettura del testo non è immediatamente chiara e assimilabile è consigliabile una ripetizione continuata, ma senza sforzi interpretativi, in modo da sospingere pian piano la nostra mente verso quel necessario “distacco” da finalità precostituite, tralasciando quindi il tentativo di comprensione dei significati razionali e lasciando che le immagini evocate trovino corrispondenza nel nostro inconscio.

Paolo D'Arpini 


venerdì 7 giugno 2024

Satori is beyond speculative reasoning... - Il satori è al di là del ragionamento speculativo...

 


There are moments in our existence when we can experience "the loss of reason". Not in the sense of going out of one's mind but meaning entering a "psychic" condition in which it is no longer possible to judge what is right and what is wrong. A state of emptiness in which the internal observer observes the potential of the moment, replacing judgment with testimony.

And there ends every affirmation or denial, every winning or being defeated. I know that that glorious moment when “the present moment” triumphs is the state of true birth and true bliss. Yet this "condition" manifests itself (and for me it happened dramatically) as a jamming of the functional engine of the mind. An emptiness that arises when faced with the imponderable and the unattainable. Do you know the Zen story about "satori"? One day a traveler found himself faced with a hungry tiger.

Trying to escape its open jaws and its sharp claws he took refuge on a precipice, clinging to a root protruding into the void. The tiger was prowling above him angrily when the man realized that even below him, at the base of the crevasse, there was another tiger spying on him hungrily. Just at that moment the root to which he was clinging began to detach itself from the rock, he saw himself lost, he could not go up or down, in the meantime his gaze fell on a ripe wild strawberry that was hanging invitingly before his eyes, he caught it... How good it was….

It happened more or less like this to me too, I felt oppressed and attacked left and right, fate had decided to make me learn this lesson. What to do? By responding to provocations, with violence or captiousness, I would have lost my equanimity of judgment and would have fallen into speculative fiction (and this is what Satan wants to lure us into his trap). I had no hope.. and when I stopped worrying, I felt that absolutely nothing mattered to obtain a logical and satisfactory result, I let go and abandoned frustration and power, revenge and humiliation, justice and injustice, good and the evil…. In short, I gave up, or rather "forgot", every action-reaction.

I call this “losing your mind”.

But be careful, this condition of Emptiness, strictly speaking, is not resolved in a "moment", even if understanding occurs in a "flash", it will have to transform into a state, that being in perfect balance, in which there is no than smiling and crying together.

As Capra, the physicist, says: "..analogous to the Void of the mystics, the "physical void" - so called in quantum field theory - is not a state of simple "non-being" but contains within itself the potential of all shapes. These forms are not independent entities but are transitory manifestations of the void, which always underlies them. Emptiness is “living emptiness”, a creative and destructive impulse”.

And it is precisely in this state "beyond reasoning" that it is truly possible to fully enjoy life, in its entirety, it is a state of perennial "understanding" in which it is impossible to lose, one lives moment by moment, with clarity, intelligence, creativity. It's living in the unknown!

Paolo D'Arpini



Testo Italiano: 

Ci sono  dei momenti nella nostra esistenza in cui possiamo sperimentare "la perdita della ragione". Non nel senso dell'uscita di senno ma significando l’entrata in una condizione “psichica” in cui non è più possibile giudicare quel che è giusto e quel che è sbagliato. Uno stato di vuoto in cui l’osservatore interno osserva le potenzialità del momento sostituendo il giudizio con la testimonianza.

E lì finisce ogni affermare o negare, ogni vincere od essere sconfitti. So che quel momento glorioso in cui trionfa “l’attimo presente” è lo stato della vera nascita e della vera beatitudine. Eppure questa “condizione” si manifesta (e per me avvenne drammaticamente) come un ingrippamento del motore funzionale della mente. Un vuoto che sopraggiunge di fronte all’imponderabile ed all’inaffrontabile. Sapete la storiella zen che racconta il “satori”? Un giorno un viandante si trovò dinnanzi ad una tigre affamata.

Cercando di sfuggire alle sue fauci aperte ed ai suoi unghioni appuntiti si rifugiò su un precipizio, aggrappandosi ad una radice sporgente nel vuoto. La tigre si aggirava sopra di lui rabbiosa allorché l’uomo si accorse che anche sotto di lui, alla base del crepaccio, c’era un’altra tigre che lo spiava famelica. Proprio in quel momento la radice alla quale era avvinghiato prese a staccarsi dalla roccia, si vide perduto, non poteva risalire né scendere, nel mentre il suo sguardo si posò su una fragolina selvatica matura che pendeva invitante davanti ai suoi occhi, la colse.. Com’era buona….

Successe più o meno così pure a me, mi sentivo oppresso ed aggredito a destra e sinistra, il destino aveva deciso di farmi apprendere questa lezione. Che fare? Rispondendo alle provocazioni, con la violenza o la capziosità, avrei perso la mia equanimità di giudizio e sarei precipitato nella finzione speculativa (e satana è questo che vuole per attiraci nella sua trappola). Non avevo speranze.. e quando smisi di preoccuparmi, sentii che non importava assolutamente nulla ottenere un risultato logico e soddisfacente, lasciai andare ed abbandonai la frustrazione e la potenza, la vendetta e l’umiliazione, la giustizia e l’ingiustizia, il bene ed il male…. Insomma rinunciai, anzi “dimenticai”, ogni azione-reazione.  

Questo lo chiamo “perdere la ragione”.


Ma attenzione, questa condizione di Vuoto, strettamente parlando, non si risolve in un “momento”, anche se la comprensione avviene in un “flash”, dovrà trasformarsi in uno stato, quell’essere in perfetto bilico, in cui non c’è che il sorridere ed il piangere insieme.

Come dice Capra, il fisico: “..analogamente al Vuoto dei mistici, il “vuoto fisico” -così chiamato nella teoria dei campi quantici- non è uno stato di semplice “non-essere” ma contiene in sé la potenzialità di tutte le forme. Queste forme non sono entità indipendenti ma sono manifestazioni transitorie del vuoto, che sempre soggiace ad esse. Il vuoto è “vuoto vivente”, pulsione creativa e distruttiva”.

Ed è proprio in questo stato "al di là del ragionamento” che è veramente possibile godere in pieno della vita, nella sua interezza, è uno stato di perenne “comprensione” in cui è impossibile perdere, si vive momento per momento, con chiarezza, intelligenza, creatività. E’ un vivere nell’ignoto!

Paolo D’Arpini


sabato 1 giugno 2024

Freedom in Lay Spirituality... - Libertà nella Spiritualità Laica...

 


Spirituality does not belong to any religion; it is the true nature of man. The spirit is present in everything that exists, it cannot therefore be reached through a specific path, since it is already there even in the attempt to pursue it.

Laity is the condition of absolute "freedom" from any constituted form of thought, be it ideological or religious. “Laikos”, in Greek, means one who is outside of any social and religious context, or does not belong to any social or confessional order.

When we talk about spiritual research we do not mean pursuing a codified path, a fideistic norm, belonging to a creed; the spiritual seeker is simply he who looks at himself, he who recognizes the All in himself and himself as the All.

From this point of view, spiritual research can be considered a strictly personal fact, therefore the true spiritual seeker is absolutely secular, at the same time he recognizes what is in him as present in everything else. Reconciling one's personal path with that of anyone else means knowing how to flow without obstructing, learning and transmitting without demanding, in short it is about making peace with ourselves and with others.

This absolute freedom also includes absolute love and respect, as there are no assumptions of pre-established positions and absolutist references to a specific path.

Lay Spirituality is a path in which there can be no dogmas or religious indications. This is the path where no path is followed. The path is completely absent, in secular spirituality what matters is the simple presence of oneself and this cannot be a path but a simple attention to the state in which one is.

Consciousness is aware of consciousness.

And it is normal for this to be the case since secular spirituality cannot be anything new but only a "descriptive way" of something that already exists, in fact if that something was not already there what would be the point of being "aware" of it?

Therefore Lay Spirituality and Awareness are the exact same thing. But we know that pure self-awareness is unfortunately often tainted by superimposed images, created by our mind, these images are what we have imagined spirituality could be.

Accepting oneself as something completely unfathomable and unknowable, not referable to any axiom of ideological or religious derivation, means remaining suspended in the void being empty. It is impossible to see the boundaries of one's being. This lack of identification in any structural form (of thought or otherwise) is simultaneously also the "strength" of  spiritual secularity.

There are no safe ports of call, there is no boat, there is no sea, no one and nothing to search for... only the current of life, of consciousness, only the sense of being present. In this lack of conditions it is possible to feel our self surrendering, our mind melting, thus discovering the "Centre" which in truth is not a center because it is all that is, without center or periphery.

The feeling of lay spirituality is comparable to the feeling of deep ecology. Indeed, both share the full awareness of belonging to an "inseparable whole". Deep ecology takes more into consideration the external aspect of this "everything" while secular spirituality deals with the internal aspect. Through this external-internal integration we fill a huge gap in thought and action.

Everything that surrounds us and ourselves are the exact same thing, we are immersed in ourselves like water in water and yet we continue to behave as if we were separate, disposing of what we believe is "outside of us" as if it were "other" from us. Is there a greater wonder than this?

Paolo D'Arpini – spiritolaico@gmail.com




Testo Italiano:

La spiritualità non appartiene ad alcuna religione; essa è la vera natura dell’uomo. Lo spirito è presente in tutto ciò che esiste, non può quindi essere raggiunto attraverso uno specifico sentiero, poiché esso è già lì anche nel tentativo di perseguirlo.

La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.

Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda sé stesso, colui che riconosce il Tutto in sé stesso e sé stesso come il Tutto.

Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.

Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.

La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.

La coscienza è consapevole della coscienza.

Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?

Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.

Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non riferibile ad alcun assioma di derivazione ideologica o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere.  Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale.

Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il “Centro” che in verità non è un centro perché è tutto ciò che è, senza centro né periferia.

Il sentire della spiritualità laica è equiparabile al sentire dell’ecologia profonda. Anzi entrambi condividono la piena consapevolezza di appartenere ad un “tutto inscindibile”. L’ecologia profonda prende maggiormente in esame l’aspetto esterno di questo “tutto” mentre la spiritualità laica si occupa dell’aspetto interiore. Attraverso questa integrazione esterno-interno riempiamo una falla enorme nel pensiero e nell’azione.

Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell’acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo “sia al di fuori di noi” come  fosse “altro” da noi. C’è una meraviglia più grande di questa?

Paolo D’Arpini  –  spiritolaico@gmail.com