domenica 8 gennaio 2023

Zen. Satori e l'Esperienza del Sè... - Zen. Satori and Self-Experience...

 


L'esperienza del Sé, in termini zen definita "satori",  non è descrivibile a livello intellettuale, quindi tentare di darne qui una descrizione è azzardato e fuori luogo. Allo stesso tempo è importante fare chiarezza su questa "conoscenza" che non comparabile alla comprensione empirica, anche se non esclude questa comprensione (basata cioè sulla percezione sensoriale).
Possiamo dire che l'auto-conoscenza o satori non è una intuizione e nemmeno il risultato di un ragionamento religioso, non è una oggettivazione e nemmeno una trascendenza. Non è un senso di onnipresenza anche se l'unico agente presente è l'Io.
L'auto-conoscenza è lo stato "naturale" dell'intelligenza-coscienza in cui sia il soggetto che l'oggetto si fondono nell' "esperienza" di un continuum inscindibile,  in cui pur permanendo la consapevolezza questa non è suddivisa in opposti e diversità. Non è quindi una condizione di "vuoto", nel senso che solitamente noi diamo a questo termine in quanto "assenza",  però è effettivamente il vuoto dell'io  (ego) che tende a rapportarsi con le sue stesse proiezioni di "tu, egli,...", etc.  

Questo Sé è la luce interiore che disperde le tenebre dell’ignoranza. Colui che conosce il Sé, quindi, non è una persona ma la pienezza dello stato indifferenziato della coscienza, in cui cessa ogni dualismo, ed in cui essa risiede pienamente nella propria natura.
Ciononostante finché la mente umana è preda dell’ignoranza e si identifica con uno specifico nome e forma  (la persona che  immaginiamo di essere) è necessario per noi compiere un processo di ricomposizione (che viene definito “yoga” o "pratica spirituale").  L’energia -o consapevolezza- che consente il risveglio  alla nostra vera natura viene chiamata “guru”  o "maestro" o "grazia" e può manifestarsi davanti a noi  in una forma  per compiere l’alchimia del riconoscimento di Sé, ma  questa non è propriamente separata o altra da noi, essa  è come un personaggio del nostro sogno che provvede a risvegliarci a noi stessi.
Facciamo l’esempio del sogno poiché è il più vicino alla similitudine della dimenticanza di noi stessi, in quanto pura coscienza.  Infatti quando noi sogniamo vediamo innumerevoli personaggi alcuni in antitesi con altri ma realmente essi sono tutti lo stesso sognatore. In questo  sogno -chiamato il divenire- compiamo un percorso nello spazio e nel tempo, un processo trasmutativo della coscienza individualizzata, che in altri termini potremmo anche definire trasmigrazione o metempsicosi. 
Rifletteremo ora su questo processo, su questo continuo trasformarci in nuove forme e nomi, il samsara.

Il motore del samsara è il karma -o azione- ma  forse sarebbe meglio dire che è la propensione a compiere l’azione… Secondo la teoria della reincarnazione  il destino di questa vita  è la maturazione del karma più forte delle vite precedenti, con ciò non esaurendo la possibilità di future nascite con altri karma che abbisognano di una diversa condizione per potersi manifestare. Il modo per creare ulteriore karma viene individuato nell’atteggiamento con il quale viviamo la vita presente, ad esempio se  emettiamo pensieri di scontento od eccessivo attaccamento verso gli eventi vissuti.

In se stesso il destino della vita presente  non cambia sulla base degli sforzi da noi compiuti mentre lo stiamo vivendo, è come  un film che sta già nella pellicola,  quindi pensare di modificarne il  contenuto (una volta iniziata la proiezione) è irreale. Possiamo essere consapevoli ed accettare il film -come attenti testimoni- oppure arrabbiarci e commuoverci al suo scorrimento desiderando di modificarne gli eventi con la mente... e così si forma il nuovo karma…
Paolo D’Arpini


English Text
Self-Experience, in Zen terms defined as "satori", is not describable on an intellectual level, therefore attempting to give a description of it here is risky and out of place. At the same time it is important to clarify this "knowledge" which is not comparable to empirical understanding, even if it does not exclude this understanding (based on sensory perception).
We can say that self-knowledge or satori is not an intuition or even the result of religious reasoning, it is not an objectification or even a transcendence. It is not a sense of omnipresence even if the only agent present is the ego.
Self-knowledge is the "natural" state of intelligence-consciousness in which both subject and object merge in the "experience" of an inseparable continuum, in which awareness remains, but is not divided into opposites and diversity. It is therefore not a condition of "emptiness", in the sense that we usually give to this term as "absence", but it is actually the emptiness of the ego (ego) which tends to relate to its own projections of "you, he ,...", etc.
This Self is the inner light which dispels the darkness of ignorance. The knower of the Self, therefore, is not a person but the fullness of the undifferentiated state of consciousness, in which all dualism ceases, and in which it fully resides in its own nature.
However, as long as the human mind is prey to ignorance and identifies itself with a specific name and form (the person we imagine ourselves to be) it is necessary for us to carry out a process of recomposition (which is called "yoga" or "spiritual practice"). The energy -or awareness- that allows awakening to our true nature is called "guru" or "master" or "grace" and can manifest before us in a form to perform the alchemy of Self-recognition, but this is not is properly separate from or other than us, it is like a character in our dream who awakens us to ourselves.
Let us take the example of the dream as it is closest to the similitude of forgetting ourselves as pure consciousness. In fact, when we dream we see innumerable characters, some in antithesis with others but really they are all the same dreamer. In this dream - called becoming - we travel through space and time, a transmutative process of individualized consciousness, which in other words we could also define as transmigration or metempsychosis.
We will now reflect on this process, this continuous transformation into new forms and names, samsara.
The driving force of samsara is karma -or action- but perhaps it would be better to say that it is the propensity to perform the action… According to the theory of reincarnation, the destiny of this life is the maturation of karma stronger than previous lives, thereby not exhausting the possibility of future births with other karmas that need a different condition in order to manifest. The way to create further karma is identified in the attitude with which we live the present life, for example if we issue thoughts of discontent or excessive attachment towards the events experienced.
In itself, the destiny of the present life does not change on the basis of the efforts we make while we are living it, it is like a film that is already in the film, therefore thinking of modifying its content (once the projection has begun) is unreal. We can be aware and accept the film - as careful witnesses - or we can get angry and moved as it scrolls, wishing to change the events with the mind... and thus new karma is formed...
Paolo D'Arpini

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