lunedì 14 ottobre 2019

Giordano Bruno's spiritual anomaly in the western philosophical context - L’anomalia spirituale di Giordano Bruno nel contesto filosofico occidentale


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"Ah, freedom! So precious but so 'expensive' and for the most so utopian .... "(A.B.)

The substantial difference in the religious expression between East and West is that in the West religion is considered having a beginning and an end while in the East it is recognized as "eternal", without beginning or end.

In fact, Christianity and even Islam are religions that start with the birth of their respective prophets, Christ and Mohammed, and are expected to end with the apocalypse. In India, China and the rest of Asia, on the other hand, the Spirit is declared tu be before and after each vital manifestation (creation) and at the same time it is both immanent and transcendent. This difference of views leads to a substantial difference in the management of the religious fact. In the East there are no power structures recognized as legitimate custodians of religion, what is eternal thinks of itself. In the West, on the contrary, it is assumed that religion must be controlled and managed by nuclei of ecclesiastical power, precisely in consideration of its finiteness and imperfection, and this to "avoid" deviations or heresies from the consolidated norm.

Perhaps the ideological example of a centralized priestly power derived from the figure of Moses who brought back order and rules in the "mother" religion, rules made later own both by Christianity and by Islam. But centralized power is especially present in Christianity, forming over the centuries an established right of the bishop of Rome to manage in an autonomous and absolutist way the religious and worldly things connected to the Christian creed. This simple fact has entailed a personalistic "care of interests" even in doctrinal facts and in the recognition of sanctity or heresy. For example, it went well with Francis of Assisi who came to humiliate himself in Rome and therefore obtained papal authorization and subsequently also the recognition of holiness. 

Much worse (perhaps because more "pious and zealous" popes reigned at their time) was the case  with Savonarola or Giordano Bruno who were sacrificed at the stake. In the historical period in which Giordano Bruno lived, in truth there was a certain enlightenment ferment with Galileo Galilei who studied the solar system and defined it heliocentric, or with Tommaso Campanella who was inspired by the neo-Platonic theory to imagine his "City of the Sun ". Unfortunately for Giordano Bruno his intuition was too big and too uncontrollable to be accepted by the papacy, he even called the universe eternal and infinite, without center or circumference. Such a thing could not please a religious power that based its existence on the "finitude, the limitations, the original sin, the difference between God and creatures, on the need for a specifically indicated savior".

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Giordano Bruno was too close in his philosophical expression to the "Sanathana Dharma", the eternal law of being (and of not being), well described by the sages in the East ... And then what place would have had any petty pope, an insignificant  cardinal,  or a country curate in the context of this truth? They were simply imagined religious figures and pretentiously constituted in an institutional capacity. Unfortunately, the abyss in thought and the risk that this would entail for Christian religious continuity was unacceptable for the mean religious leaders of Christianity (a religion invented moreover at a table of accountants). 

Thus it was necessary for Giordano Bruno to be immolated at the stake, in an attempt to destroy his thoughts along with his tortured body. But did it go like this? No, the truth always comes to the surface and even though it is still trodden and misinterpreted, it will eventually triumph and in reality it is already triumphing, since the finite cannot possibly condition the infinite.

Paolo D'Arpini

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spiritolaico@gmail.com


Testo italiano:

”Ah, la libertà! Così preziosa ma così “cara” e per i più così utopica….” (A.B.)

La differenza sostanziale nell’espressione religiosa fra oriente ed occidente è che in occidente la religione si considera con un inizio ed una fine mentre in oriente essa viene riconosciuta come “eterna”, senza inizio né fine.

Il cristianesimo ed anche l’islamismo, infatti, sono religioni che prendono l’avvio con la nascita dei loro rispettivi profeti, Cristo e Maometto, e ci si aspetta che si concludano con l’apocalisse. In India, in Cina e nel resto dell’Asia, invece, lo Spirito viene dichiarato antecedente e successivo ad ogni manifestazione vitale (Creazione) ed allo stesso tempo esso è sia immanente che trascendente. Questa differenza di vedute porta ad una sostanziale differenza nella gestione del fatto religioso. In oriente non esistono strutture di potere riconosciute come legittime custodi della religione, ciò che è eterno pensa a se stesso. In occidente al contrario si presuppone che la religione debba essere controllata e gestita da nuclei di potere ecclesiastico, proprio in considerazione della sua finitezza ed imperfezione, e questo per “evitare” devianze o eresie dalla norma consolidata.

Forse l’esempio ideologico di un potere sacerdotale centralizzato derivò dalla figura di Mosé il quale riportò ordine e regole nella religione “madre”, regole fatte in seguito proprie sia del cristianesimo che dell’islamismo. Ma il potere centralizzato è soprattutto presente nel cristianesimo, formandosi nei secoli un diritto assodato del vescovo di Roma di gestire in modo autonomo ed assolutistico le cose religiose e mondane connesse al credo cristiano. Questo semplice fatto ha comportato una “cura d’interessi” personalistica pure nei fatti dottrinali e nel riconoscimento di santità od eresia. Ad esempio andò bene a Francesco d’Assisi che venne ad umiliarsi a Roma e perciò ottenne l’autorizzazione papale e successivamente anche il riconoscimento di santità.

Molto male, forse perché in quel periodo regnavano pontefici più gretti, andò al Savonarola od a Giordano Bruno che furono sacrificati sul rogo. Nel periodo storico in cui visse Giordano Bruno, in verità vi fu un certo fermento illuminista con Galileo Galilei che studiò il sistema solare e lo definì eliocentrico, oppure con Tommaso Campanella che si ispirò alla teoria neo-platonica per immaginare la sua “Città del Sole”. Purtroppo per Giordano Bruno la sua intuizione fu troppo grande e troppo incontrollabile per poter venir accettata dal papato, addirittura egli chiamò l’universo eterno ed infinito, senza centro né circonferenza. Una cosa del genere non poteva piacere ad un potere religioso che basava il suo essere sulla “finitudine, sulla limitatezza, sul peccato originale, sulla differenza fra Dio e creature, sulla necessità di un salvatore specificatamente indicato”.

Giordano Bruno fu troppo vicino nella sua espressione filosofica al “Sanathana Dharma”, l’eterna legge dell’essere (e del non essere), ben descritta dai saggi realizzati d’oriente… Ed allora che posto avrebbe avuto un papetto qualsiasi, un cardinaletto, un curato di campagna nel contesto di tale verità? 

Semplici figure immaginate e pretenziosamente costituite in veste istituzionale. Purtroppo l’abisso nel pensiero ed il rischio che questo avrebbe comportato alla continuità religiosa cristiana fu inaccettabile per i meschinelli capi religiosi della cristianità (una religione per altro inventata a tavolino). Così fu necessario che Giordano Bruno fosse immolato sul rogo, nel tentativo di distruggere assieme al suo corpo martoriato anche il suo pensiero. Ma andò così? No, la verità viene sempre a galla e sia pur ancora calpestata e misinterpretata essa alla fine trionferà ed in realtà sta già trionfando, poiché il finito non può assolutamente condizionare l’infinito. 

Paolo D'Arpini

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