mercoledì 21 giugno 2023

Living day by day... - Vivere giorno per giorno...

 


I have often dealt with politics and economics, always from the point of view of deep ecology, of course, and although these things correspond to my personal need for concreteness, or rather to implement our bioregional feeling as far as possible, I now feel the need to clarify what it is the impetus behind our ecological and spiritual practice.

As in Taoism, the practice of deep ecology cannot follow a standardized canon of behavior. It is not an ideology with precise rules and norms with which to try to "adapt" reality to one's thinking. On the contrary, the bioregional practice is a vital form of adherence to what is, in the vision and propensity to remain in harmony with what is, always conserving one's nature, however, adapting it to the conditions in which one finds oneself.

In short, it is enough to be oneself without letting oneself be conditioned by a creed, while remaining in tune with what is, in the understanding of the common belonging to existence. This expressive way is spontaneous and natural and corresponds to the awareness of belonging to the Whole.

It is a fusion between "soul" and "animus", between masculine and feminine, obviously not in the unisex sense, and this integration is the result of what I like to define as a "lay spirituality", which surpasses every religion and every ideology. An aware "lay spirit" manifests an evolutionary leap compared to the condition of the believer and even of the atheist, who in reality are not separate but belong to a single category, that of those who base their thinking on "believing".

Believers and non-believers alike need a justifying reason (for their belief) that conforms them to their creed…

But what is the substantial difference between remaining absorbed in the stillness of undifferentiated consciousness, responding to life's stimuli with spontaneity and naturalness, and the spasmodic reaction based on believing in assumed concepts that act as a behavioral cage?

A man studies books after books, listens to and holds great speeches, looks for followers and himself becomes a follower of an idea, in short, he begins to "believe" in a system, in an advantage, he sets all his actions in compliance with a scheme on the which erects an "idealistic" (or at worst selfish) structure and with it believes it can "instruct" others and can express "the truth".

How is it possible that truth is static, a pre-printed and immovable thing, a rigid ideal? It can be "true" only if it is true in the continuous flow of life, settling down and adapting to current circumstances, it doesn't sclerotize events, it doesn't impose restrictions, it breathes with everything that exists. Relying on a belief (positive or negative) to tell the truth means wanting to give words a value they don't have…

And basically how did the word come about? The language through which we dare to say "this is the truth" is very far from pure consciousness. In fact, at the beginning there is an abstract awareness, an intelligent and unqualified consciousness, from this arises the sense of self (the ego), which in turn gives rise to thoughts, concepts, and finally these become words and writing . So language is much later than innate knowledge.

How is it possible that through conceptualization the truth can be expressed, what is this if not blind arrogance? If we use a little discernment now, we cannot help but observe that each of the presumed truths on which "believing" is based belongs to the ego, it is only "what" we believe in, but a truth can be defined that it is only individual? There is an ancient Taoist saying that goes: “the Tao that can be said is not the real Tao”. And Ramana Maharshi, a sage from India, said: "...the truth is in the deep silence of our heart...".

Unfortunately, some people flaunt their truth from the rooftops, claiming to have found it in fantastic projections of the psyche, in political or financial ideas, in various religions, in hells and heavens, in reincarnation and atheistic materialism, because they love mystery and do not the truth…

And in truth, what are these false "truths" for, ignoring day-to-day life, the here and now, if not to speculate on the imaginary of believing?

To experience the truth of life it is enough to be in the spontaneity of the breath ... without deciding in advance when to inhale and when to exhale ... In believing instead we hold ourselves in perpetual apnea. 

Paolo D'Arpini



Testo Italiano

Spesso  mi sono occupato di politica e di economia, sempre in chiave di ecologia profonda,  ovviamente, e sebbene queste cose corrispondano ad una mia personale esigenza di concretezza, ovvero di attuare nel possibile il nostro sentire bioregionale, sento ora la necessità di chiarire qual’è l’impulso che sta dietro alla nostra pratica ecologista e spirituale.

Come nel taoismo la pratica dell’ecologia profonda non può seguire un canone di comportamento standardizzato. Non è una ideologia con precise regole e norme con le quali cercare di “adattare” la realtà al proprio pensiero. Al contrario la pratica  bioregionale è una forma vitale di adesione a ciò che è, nella visione e propensione di restare in armonia con ciò che è, sempre conservando la propria natura adattandola però alle condizioni in cui ci si trova.

Insomma basta essere se stessi senza lasciarsi condizionare da un credo, mantenendosi però in sintonia con ciò che è, nella comprensione della comune appartenenza esistenza. Questo modo espressivo è spontaneo e naturale e corrisponde alla consapevolezza di appartenere al Tutto.

E’ una fusione fra “anima” ed “animus”, tra maschile e femminile, all’interno ovviamente non in senso unisex, e questa integrazione è il risultato di quella che amo definire una “spiritualità laica”, che supera ogni religione ed ogni ideologia. Uno “spirito laico” consapevole manifesta un salto evolutivo rispetto alla condizione del credente e persino dell’ateo, che in realtà non sono disgiunti ma appartengono ad una sola categoria, quella di coloro che basano il proprio pensiero sul “credere”.
Credenti e non credenti hanno bisogno di una ragione giustificativa (per la loro convinzione) che li uniformi al loro credo…

Ma qual’è la differenza sostanziale fra il restare assorbiti nella quiete della coscienza indifferenziata, rispondendo agli stimoli della vita con spontaneità e naturalezza, e la reazione spasmodica basata sul credere in concetti assunti che ci fanno da gabbia comportamentale?

Un uomo studia libri su libri, ascolta e tiene grandi discorsi, cerca seguaci e diventa egli stesso seguace di un’idea, inizia insomma a “credere” in un sistema, in un vantaggio, egli imposta ogni sua azione nel rispetto di uno schema sul quale erige una struttura “idealistica” (od al peggio egoistica) e con essa ritiene di poter “istruire” gli altri e di poter esprimere “la verità”.

Come è possibile che la verità sia statica, una cosa prestampata ed immobile, un rigido ideale? Essa può esser “vera” solo se è vera nel fluire continuo della vita, assestandosi ed adeguandosi alle circostanze correnti, essa non sclerotizza gli eventi, non impone restrizioni, essa respira con tutto ciò che esiste. Basarsi su un credo (in positivo od in negativo) per raccontare la verità è voler dare alle parole un valore che non hanno…
Ed in buona sostanza come nasce la parola? Il linguaggio attraverso il quale osiamo affermare “questa è la verità” è molto lontano dalla pura coscienza. Infatti all’inizio esiste una consapevolezza astratta, una coscienza intelligente e non qualificata, da questa sorge il senso dell’io (l’ego), il quale a sua volta da origine ai pensieri, ai concetti, ed infine questi diventano parole e scrittura. Quindi il linguaggio è di molto successivo alla conoscenza innata.

Come è possibile che attraverso la concettualizzazione si possa esprimere la verità, cos’è questo se non cieca arroganza? Se usiamo adesso un po’ di discernimento, non possiamo far a meno di osservare che ognuna delle presunte verità su cui si basa il “credere” appartiene all’ego, è solo “ciò” in cui crediamo, ma può esser definita verità una verità che è solo individuale? C’è un antico detto taoista che dice: “il tao che può esser detto non è il vero Tao”. E Ramana Maharshi, un saggio dell’India, disse: “..la verità è nel profondo silenzio del nostro cuore…”.

Purtroppo alcune persone sbandierano la loro verità ai quattro venti, pretendono di averla trovata in fantastiche proiezioni della psiche, nelle idee politiche o finanziarie, nelle varie religioni, negli inferni e paradisi, nella reincarnazione e nel materialismo ateo, perché essi amano il mistero e non la verità…

Ed in verità a che servono queste “verità” fasulle, ignorando la vita del giorno per giorno, del qui ed ora, se non per speculare sull’immaginario del credere?
Per sperimentare la verità di vita basta stare nella spontaneità del respiro… senza decidere in anticipo quando inspirare e quando espirare… Nel credere invece ci tratteniamo in perenne apnea…
Paolo D'Arpini

Paolo D'Arpini si racconta al canale lacentralenaturale...: https://www.youtube.com/watch?v=s18VRucBqwU



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