The spiritual lay master is one who shows the way, who says “look inside yourself.”
Within us is the truth, which is also embodied and revealed by the true teacher, this truth can not be “transmitted” but must be recognised internally, where the true teacher resides. The truth is not an object of knowledge but the knowing itself. The knowledge that makes possible all knowledge .. That consciousness is our true nature and is the intrinsic nature of the teacher who showed it to us.
The same thing happens in the physical DNA. The son is the outgrowth of what are the father and mother. There may be variations in genetic mixing, but the substance of life, the ability to manifest life, is the same in the child as in the parents. All life’s forms fully embodies the ability of life to manifest itself in that likeness. And it is right and proper that the relationship between parents and children takes place according to a pattern of continuity and mutual solidarity.
From the physical point of view, the roots are always in the father and mother … that represent the union of the spiritual fluids of Heaven and Earth that we inherited and that are within us. For this reason, even when the “parents” are no longer we can not really say that they died, because they exist in us as the message of their “spirit”, as intelligence and consciousness.
Ramana Maharshi claimed to have no disciple … and this statement is certainly correct in terms of a true teacher, who has overcomed the separate sense of individuality. In fact, for the wise there is nothing but a “center” (or Self) of which each and every thing is the manifest form and this “centre” is present in everything that moves in space and time. But from an empirical standpoint even Ramana accepted that a “person”(an entity that is still identified with the name-form) could look on him as a disciple …. So is the disciple who is making the guru.
The same thing said my spiritual mother Anasuya Devi when -playing with words- candidly confessed “I have not shisya (disciples) … I just have shisu (children)” and with these words confirmed his mother’s love for everything and everyone. And in truth the same thing happened to Ramana who considered sympathetically every creature as would a father with his children.
Of course, if an untrue teacher think that he himself is imparting the truth to the students this would implie that he believes in a scale of values in a hierarchy, that is the result of a sense of separation. But as happens in dreams, as though all the characters dreamed are the dreamer, there are apparent differences in rank and position among the various “entities”, it may look sometimes that one of them acts as a teacher to another (although they are exactly the same thing …).
In the dream we accept these differences and also in the waking state (which is another form of daydreaming) we agree to perform a role, between peers. In this regard I am reminded of a tale told by my spiritual father, Swami Muktananda. In a club of rich people could be allowed only the rich, and members of the same place took on the various internal departments, who as director, who as a waiter or brush, some as janitor or secretary office. All of them were of course millionaires and not ashamed to do each his part for the maintenance of the club. This state of affairs could also be represented in our society, if it were truly enlightened, as the acceptance of differences would be seen a play and nothing else.
Our life is not separate from life. Our individual existence is part and parcel of the total Existence, which are inextricably linked, inseparable.
In Hinduism there is a beautiful image that depicts the Creator, Brahma, attached by an umbilical cord to Vishnu. Vishnu in this case represents the One from whom all things proceed. And we too are linked to the navel of the cosmos, as we are an expression of the wholeness of life, dependent on the source.
In a form of Zen meditation we concentrate on the navel, hara in Japanese, which is considered the meeting point of life energy, ki. In Tantra this point corresponds to the chakra where the fire burns eternal, Manipura (solar plexus). According to other schools based on the mutual connection with the infinite (of which we are the manifestation) this centre is indicated in other areas or chakras in the base of the spine, heart, or in the pineal gland on the top of the head (fontanelle).
No matter its supposed “location” -which is just a convenience. Say, how can be “located” the One that contains everything? What matters is that in each of us there is certainly a “center”, a root that nourishes our being.
We may not be aware of it but it “is” and is expressed in the form of Consciousness.
To feel away from this “center”, which is the bridge that unites our individual existence with the Universal, is to feel separate.
“Cast of this world, plunged in alienation” in the words of Sartre. A world hat is considered strange and rootless with existence. Hence a state of perpetual anxiety, we strive to satisfy our urges with desires and choices, but the result is only frustration, fear, uncertainty and struggle … and we knows only defeat! In fact, we may not rebel or dispose of the life when we ourselves are an emanation of it.
Therefore lay spirituality’s achievement is to “dwell” in ourselves. In letting go deep down to the roots of the I.
Paolo D’Arpini
Testo Italiano
Il maestro spirituale laico è colui che mostra la via, che dice “guarda dentro te stesso”.
Dentro di noi c'è la verità, che è anche incarnata e rivelata dal vero maestro, questa verità non può essere “trasmessa” ma deve essere riconosciuta interiormente, dove risiede il vero maestro. La verità non è un oggetto di conoscenza, ma il conoscere stesso. La conoscenza che rende possibile ogni conoscenza.. Quella coscienza è la nostra vera natura ed è la natura intrinseca del maestro che ce l'ha mostrata.
La stessa cosa accade nel DNA fisico. Il figlio è il risultato di ciò che sono il padre e la madre. Possono esserci variazioni nella mescolanza genetica, ma la sostanza della vita, la capacità di manifestare la vita, è la stessa nel bambino come nei genitori. Tutte le forme di vita incarnano pienamente la capacità della vita di manifestarsi in quella somiglianza. Ed è giusto e doveroso che il rapporto tra genitori e figli si svolga secondo un modello di continuità e solidarietà reciproca.
Dal punto di vista fisico le radici sono sempre nel padre e nella madre… che rappresentano l'unione dei fluidi spirituali del Cielo e della Terra che abbiamo ereditato e che sono dentro di noi. Per questo, anche quando i “genitori” non ci sono più non si può dire realmente che siano morti, perché esistono in noi come messaggio del loro “spirito”, come intelligenza e coscienza.
Ramana Maharshi ha affermato di non avere discepoli... e questa affermazione è certamente corretta in termini di un vero maestro, che ha superato il senso separato dell'individualità. Infatti per il saggio non c'è altro che un “centro” (o Sé) di cui ogni cosa è la forma manifesta e questo “centro” è presente in tutto ciò che si muove nello spazio e nel tempo. Ma da un punto di vista empirico anche Ramana accettò che una “persona” (entità che ancora si identifica con il nome-forma) potesse considerarsi un discepolo…. Così è il discepolo che crea il guru.
La stessa cosa ha detto la mia madre spirituale Anasuya Devi quando -giocando con le parole- ha confessato candidamente “Non ho shisya (discepoli) … ho solo shisu (figli)” e con queste parole ha confermato l'amore di sua madre per tutto e tutti. E in verità la stessa cosa accadde a Ramana che considerava con simpatia ogni creatura come farebbe un padre con i suoi figli.
Naturalmente, se un falso insegnante pensa di essere lui stesso a trasmettere la verità agli studenti, ciò implicherebbe che crede in una scala di valori in una gerarchia, che è il risultato di un senso di separazione. Ma come accade nei sogni, come se tutti i personaggi sognati fossero il sognatore, vi sono apparenti differenze di rango e posizione tra le varie “entità”, può sembrare a volte che uno di loro faccia da maestro all'altro (sebbene siano esattamente la stessa cosa …).
Nel sogno accettiamo queste differenze e anche nello stato di veglia (che è un'altra forma di sognare ad occhi aperti) accettiamo di svolgere un ruolo, tra coetanei. A questo proposito mi viene in mente una storia raccontata dal mio padre spirituale, Swami Muktananda. In un club di ricchi potevano essere ammessi solo i ricchi, e i membri dello stesso posto assumevano i vari reparti interni, chi come direttore, chi come cameriere o spazzola, chi come bidello o segretario. Tutti loro erano ovviamente milionari e non si vergognavano di fare ognuno la sua parte per il mantenimento del club. Questo stato di cose potrebbe essere rappresentato anche nella nostra società, se fosse veramente illuminata, poiché l'accettazione delle differenze sarebbe vista come un gioco e nient'altro.
La nostra vita non è separata dalla vita. La nostra esistenza individuale è parte integrante dell'Esistenza totale, che sono indissolubilmente legate, inseparabili.
Nell'Induismo c'è una bellissima immagine che raffigura il Creatore, Brahma, attaccato da un cordone ombelicale a Vishnu. Vishnu in questo caso rappresenta Colui dal quale tutte le cose procedono. E anche noi siamo legati all'ombelico del cosmo, in quanto espressione della totalità della vita, dipendenti dalla sorgente.
In una forma di meditazione Zen ci concentriamo sull'ombelico, hara in giapponese, che è considerato il punto di incontro dell'energia vitale, ki. Nel Tantra questo punto corrisponde al chakra dove arde il fuoco eterno, Manipura (plesso solare). Secondo altre scuole basate sulla mutua connessione con l'infinito (di cui noi siamo la manifestazione) questo centro è indicato in altre zone o chakra alla base della spina dorsale, del cuore, o nella ghiandola pineale sulla sommità del capo ( fontanella).
Non importa la sua presunta "posizione", che è solo una comodità. Dì, come si può “localizzare” Colui che contiene tutto? Ciò che conta è che in ognuno di noi c'è sicuramente un “centro”, una radice che nutre il nostro essere.
Potremmo non esserne consapevoli, ma “è” ed è espresso sotto forma di Coscienza.
Sentirsi lontani da questo “centro”, che è il ponte che unisce la nostra esistenza individuale con quella Universale, è sentirsi separati.
Fuori di questo mondo, immerso nell'alienazione -nelle parole di Sartre. in un mondo considerato strano e senza radici con l'esistenza. Da qui uno stato di perenne ansia, ci sforziamo di soddisfare i nostri impulsi con desideri e scelte, ma il risultato è solo frustrazione, paura, incertezza e lotta… e noi conosciamo solo la sconfitta! Infatti, non possiamo ribellarci o disporre della vita quando noi stessi ne siamo un'emanazione.
Perciò la conquista della spiritualità laica è “dimorare” in noi stessi. Nel lasciarsi andare in profondità alle radici dell'io.
Paolo D'Arpini
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