It is said that the path of self-knowledge requires great sacrifice and great courage. The first thing we must renounce in order to know ourselves is the acceptance of empirical knowledge. This empirical knowledge is not only the image we have of ourselves, it is also the known through faiths, science, religions, philosophies ... in short, all that we accept because it is part of culture and our "belief" . Being oneself requires the abandonment of preconceived ideas and the renunciation of the comfort of feeling accepted by others, and even the rejection of revolt and self-assertion. We do not rebel against the world or current thinking, but neither do we take them for real, for how they appear to us or for how they are described to us. The world is there and we, as observers, are there. But why should we conform to a "description"? At a judgment?
After all, self-knowledge is something very simple that does not require explanations or justifications and in truth it does not even require sacrifice or courage. He does not ask for anything...
Eg
Antony Flew, an atheist philosopher, supporter and advocate for decades of philosophical atheism, in 2004 publicly announced the renunciation of it. Usually it happens when our thinking is structured in "believing", not "knowing", and belief always gives way to doubt and fear, when the fear of dying takes over, in fact he left this world after a few years (in April 2010)
Philosopher or street man are equal in front to the extreme enemy (or "friend", as Don Juan used to say)
But how can one resist the inevitable? Either one accepts death as an aspect of life and therefore welcomes it as an inmate, like a birth, or one fears the judgment of God and philosophy is of little use, rather it is a greater burden than the blessed ignorance of the illiterate.
"People would do anything, however absurd, to avoid facing their conscience: practicing yoga, watching diets, learning theosophy by heart, mechanically repeating mystical texts of world literature, all because they can not be with themselves, and they do not believe in the least to be able to bring out something useful from their conscience. " (C.G. Jung)
Although it is basically simple and direct self-knowledge remains a search alien to most. People refuse to know each other, prefer mystery and ignorance, evidently because of those mental tendencies accumulated by the mind, crammed into memory and imagination.
Paolo D'Arpini
Testo italiano
Si dice che la via della autoconoscenza richieda un grande sacrificio ed un grande coraggio. La prima cosa alla quale dobbiamo rinunciare per conoscere noi stessi è l'accettazione della conoscenza empirica. Tale conoscenza empirica non è soltanto l'immagine che abbiamo di noi stessi, è anche il conosciuto attraverso le fedi, la scienza, le religioni, le filosofie... insomma tutto ciò che accettiamo perché fa parte della cultura e del nostro "credere". Essere se stessi richiede l'abbandono delle idee precostituite e la rinuncia al conforto di sentirci accettati dagli altri, e persino il rifiuto alla rivolta ed all'autoaffermazione. Non ci ribelliamo al mondo né al pensiero corrente ma nemmeno li prendiamo per veri, per come ci appaiono o per come ci vengono descritti. Il mondo sta lì e noi, in quanto osservatori, stiamo lì. Ma perché dovremmo uniformarci ad una "descrizione"? Ad un giudizio?
In fondo l'autoconoscenza è qualcosa di molto semplice che non richiede spiegazioni né giustificazioni ed in verità non richiede nemmeno sacrificio o coraggio. Non chiede nulla...
Ad esempio
Antony Flew, filosofo ateo, sostenitore e propugnatore per decenni dell'ateismo filosofico, nel 2004 annunciò pubblicamente la rinuncia ad esso. Di solito succede quando il nostro pensiero è strutturato nel "credere", non del "conoscere", ed il credere sempre lascia il posto al dubbio ed alla paura, allorché subentra la paura di morire, egli infatti lasciò questo mondo dopo pochi anni (nell'aprile del 2010)
Filosofo o uomo di strada sono uguali di fronte all'estrema nemica (od "amica", come diceva Don Juan)
Ma come si può resistere di fronte all'inevitabile? O si accetta la morte come un aspetto della vita e quindi la si accoglie come un'innamorata, come una nascita, oppure si teme il giudizio di dio e la filosofia serve a poco, anzi è un peso maggiore della beata ignoranza dell'illetterato.
"Le persone farebbero qualunque cosa, per quanto assurda, pur di evitare di affrontare la propria coscienza: praticare lo yoga, osservare diete, imparare teosofia a memoria, ripetere meccanicamente testi mistici della letteratura mondiale. Tutto perché non sanno stare con se stessi, e non credono minimamente di poter tirar fuori qualcosa di utile dalla loro coscienza." (C.G. Jung)
Malgrado sia in fondo semplice e diretta l’auto-conoscenza resta una ricerca aliena ai più. La gente rifiuta di conoscersi, preferisce il mistero e l’ignoranza, evidentemente a causa di quelle tendenze mentali accumulate dalla mente, stipate nella memoria e nell’immaginazione.
Paolo D'Arpini
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