giovedì 30 maggio 2024

The myth of happiness by "law"... - Il mito della felicità per "legge"...

 





Testo Italiano: 


martedì 21 maggio 2024

The naturalness of "presence".... - La naturalezza della “presenza”....



Our society today more than ever is sick of virtualization, we are not able to perceive experiences except in a projective form, with the tendency to exaggerate and magnify without being able to find satisfaction in the "simple and easy", in what , according to the Taoists, is the natural state of man…

For example, Osho attempted to bring man back to his spontaneity and enjoyment of the present moment, this "invitation" towards simplicity of life is a leitmotif of several essays. Osho knew how to use words close to the mind of modern man. Being a "cultivator of the immediate", he showed us through the vicissitudes and ups and downs of his life how to manage not to lose self-centeredness, how to be who we are without unduly adjusting to the demands of the standardized culture, which is capable of drying up every "centeredness in the source".

"Man has a center, but he lives outside it – outside the center!" Osho stated, adding that this attitude creates internal tension, constant turmoil, anguish. Madness is the direct consequence of permanently emerging from self-centeredness, but there are intermediate stages to alienation, for example distraction, abstraction, boredom, lack of empathy, etc. Of course, moments of ecstatic joy also exist in the human mind but it is too easy to escape from them, it happens as soon as we try to chase that joy, to make it ours by appropriating it (thus making it foreign to us).

A "natural" human being is only one who does not chase mental states, who does not indulge in anger and does not seek bliss. He does not distance himself from an attentive presence in the experience, not in mere physical terms obviously. We could say that a "natural man" is a man absent at the extremes...

In his spontaneity devoid of any opposition the "realized" is completely relaxed, in his awareness there is no tension, there is no effort, there is no desire. In a word there is no "projection" and therefore no becoming. But this does not mean that "natural" man does not eat, drink or satisfy needs that must be met as every other living being does. He will eat, he will sleep... but these are not desires.

He won't eat tomorrow, he will eat today!

In a certain sense, the state of naturalness is similar to falling in love, in which one lives suspended: the past no longer exists and one does not even expect the future. We move in the present, incapable of having expectations, we move in the here and now without any consideration of the consequences. In fact, wise men and lovers are considered "blind" by men of the world who calculate everything, they are instead seen as seers by those who do not calculate.

In the moment of great love the past and the future disappear.

Someone once asked Jesus. "What will happen in your Kingdom of God?" and he replied like a true Zen master: "There will be no more time!... There will be no more time because the "kingdom of God" is eternal, it is always here..".

Mirabai, an Indian princess, had fallen in love with Krishna but the physical Krishna had been gone for thousands of years, yet she sang and danced in front of him. Mira's husband was very jealous of this love and asked her "Have you gone crazy? Who is it that you love, who do you converse with? And I'm here and you have completely forgotten me." And Mira replied: "Krishna is here but you are not... Krishna is eternal, you live between two moments of past and future, which in truth do not exist, so how could I believe that you exist?".

In total love the "I" does not exist, only love exists. While you caress your lover or beloved you become the caress. While kissing you are not the one being kissed or the one kissing, you are simply the kiss. In this absence of the ego, the fullness of the presence is manifested... and this is why love is defined as the true nature of God. Shiva said to his beloved wife Parvati: "While you are caressed, sweet princess, the caress penetrates as life eternal. Close the doors of the senses when you feel the tickling of an ant. Then, when you are lying on a bed or sitting, let yourself go weightless, beyond the mind.."

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com




Testo Italiano:

La nostra società oggi più che mai è malata di virtualizzazione, non siamo in grado di percepire le esperienze se non in forma proiettiva, con la tendenza ad esagerare a magnificare senza peraltro riuscire a trovare soddisfazione nel "semplice e nel facile", in quello che, secondo i taoisti, è lo stato naturale dell’uomo…


Ad esempio Osho  si è cimentato nel tentare di riportare l’uomo alla sua spontaneità ed al godimento del momento presente, questo "invito" verso la semplicità di vita è un motivo conduttore di parecchi saggi. Osho ha saputo usare parole vicine alla mente dell’uomo moderno. Egli essendo un "cultore dell’immediato", ci ha mostrato attraverso le vicissitudini e gli alti e bassi della sua vita come riuscire a non perdere la centratura in se stessi, come essere quel che si è senza aggiustarsi indebitamente alle richieste della cultura omologata, che è in grado di prosciugare ogni "centratura nella sorgente".

"L’uomo ha un centro, ma ne vive fuori – fuori del centro!" Affermava Osho, aggiungendo che questo atteggiamento crea una tensione interna, un tumulto costante, un’angoscia. La pazzia è la conseguenza diretta dell’uscire fuori in modo permanente dalla centratura in se stessi, ma vi sono stadi intermedi all’alienazione, ad esempio la distrazione, l’astrazione, la noia, la mancanza di empatia, etc. Certo nella mente umana esistono anche momenti di gioia estatica ma è troppo facile uscirne, succede appena cerchiamo di rincorrere quella gioia, di farla nostra appropriandocene (rendendola così estranea a noi).
Un essere umano "naturale" è solo colui che non rincorre gli stati mentali, che non si abbandona alla rabbia e non cerca la beatitudine. Egli non si allontana da una attenta presenza nel vissuto, non in meri termini fisici ovviamente. Potremmo dire che un "uomo naturale" è un uomo assente agli estremi… 

Nella sua spontaneità priva di ogni opposizione il "realizzato" è completamente rilassato, nella sua consapevolezza non c’è tensione, non c’è sforzo, non c’è desiderio. In una parola non c’è "proiezione" e quindi nemmeno divenire. Ma questo non significa che l’uomo "naturale" non mangi, non beva o non soddisfi le esigenze che debbono essere soddisfatte come fa ogni altro essere vivente. Mangerà, dormirà…  ma questi non sono desideri. 

Non mangerà domani, mangerà oggi!

In un certo senso lo stato di naturalezza è simile all’innamoramento, in cui si vive sospesi: il passato non esiste più e non si aspetta nemmeno il futuro. Ci si muove nel presente, incapaci di avere aspettative, ci si muove nel qui ed ora senza alcuna considerazione delle conseguenze. Infatti i saggi e gli innamorati sono considerati "ciechi" dagli uomini di mondo che calcolano ogni cosa, sono invece visti come veggenti da coloro che non calcolano.

Nel momento del grande amore il passato ed il futuro scompaiono.

Una volta qualcuno chiese a Gesù. "Cosa succederà nel tuo Regno di Dio?" ed egli rispose come un vero maestro Zen: "Non ci sarà più tempo!. .. Non ci sarà più tempo perché il "regno di Dio" è eterno, è sempre qui..".

Mirabai, una principessa indiana, si era innamorata di Krishna ma il Krishna fisico non c’era più da migliaia di anni, eppure lei cantava e danzava davanti a lui. Il marito di Mira era molto geloso di questo amore e le chiese "Sei impazzita? Chi è che ami, con chi conversi? Ed io sono qui e tu mi hai completamente dimenticato". E Mira rispose: "Krishna è qui ma tu non lo sei… Krishna è eterno, tu vivi fra due momenti di passato e futuro,che in verità non esistono, come potrei quindi credere che tu sei esistente?".

Nell’amore totale l’io non esiste, esiste solo l’amore. Mentre si accarezza l’amante o l’amata si diventa la carezza. Mentre si bacia non si è colei che viene baciata o colui che bacia, si è semplicemente il bacio. In questa assenza dell’io si manifesta la pienezza della presenza… ed è per questo che l’amore è definito la natura vera di Dio. Diceva Shiva alla sua adorata sposa Parvati: "Mentre vieni accarezzata, dolce principessa, penetra il carezzare come vita eterna. Chiudi le porte dei sensi quando senti il solleticamento di una formica. Allora. Quando sei sdraiata su un letto od assisa lasciati andare priva di peso, al di là della mente.."

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com


lunedì 20 maggio 2024

The limit of "belief" - Il limite del "credere"

 


Some time ago I wrote an article on lay spirituality in which I highlighted the condition of atheists and believers by placing them in a single category of thought, that of "believing". Now I would like to specify better why I place these two apparent "opposites" on the same level. I do this by highlighting how both believers and non-believers need a justifying reason for their belief.

First a question. What is the substantial difference between remaining absorbed in the quiet of undifferentiated consciousness, responding to the stimuli of life with spontaneity and lightness, and the spasmodic reaction based on the assumption of ideological concepts that act as a behavioral cage for us?

A man studies book after book, listens to and gives great speeches, seeks followers and becomes a follower himself, in short he begins to "believe" in a system, in an advantage, he sets every action in compliance with a scheme on which he erects a structure idealistic, with it he believes he can "instruct" others and be able to express "the truth".

But how is it possible that the truth is static, a pre-printed and immobile thing, a rigid ideal? It can only be "true" if it is true in the continuous flow of life, settling and adapting to current circumstances, it does not sclerotize events, it does not impose restrictions, it breathes with everything that exists.

Basing yourself on a belief (positive or negative) to tell the truth is wanting to give words a value that they don't have... and essentially how does the word come about?

The language through which we dare to say “this is the truth” is very far from pure consciousness. In fact, at the beginning there is an abstract awareness, an intelligent and unqualified consciousness, from this arises the sense of self, the ego, which in turn gives rise to thoughts, concepts, and finally these become words and writing.

So language comes much later than innate knowledge.

How is it possible that the truth can be expressed through words, what is this if not blind arrogance?

When we declare "this is the truth" it is as if we were saying "I know about Roma because they are the best team" and we are also convinced, of course, we are also convinced when we say "Christianity is the best, Islam is the best, 'Atheism is bad, fascism is bad, or rather, communism is bad..' and vice versa, everything we believe in is always bad!'

If we now use a little discernment, we cannot help but observe that each of these truths belongs to the ego, it is only what we believe in, but can a truth that is only individual be defined as truth? A truth that can be described?

There is an ancient Taoist saying that says: “the Tao that can be said is not the Tao”.

And Ramana Maharshi, a sage from India, said: "...the truth is in the deep silence of our hearts...".

Unfortunately, some people flaunt their truth from the rooftops, they claim to have found it in fantastic projections of the psyche, in the curiosities of various religions, in hells and paradises, in reincarnation and in atheistic materialism, because they love mystery and not truth... And in truth, what use are these false "truths", ignoring day-to-day life, the here and now, if not to speculate on the imagination of belief?

To experience the truth of life it is enough to stay in the spontaneity of breathing... without deciding in advance when to inhale and when to exhale...

In believing, however, we keep ourselves in perpetual apnea....

Paolo D'Arpini – spiritolaico@gmail.com





Testo Italiano:


Tempo addietro scrissi un articolo sulla spiritualità laica in cui segnalavo la condizione degli atei e dei credenti ponendoli in una sola categoria di pensiero, quella del  “credere”. Ora vorrei specificare meglio il perché colloco questi due apparenti “opposti” sullo stesso livello. Lo faccio  evidenziando come entrambi, credenti e non credenti, abbiano bisogno di una ragione giustificativa per la loro convinzione.

Innanzitutto una domanda. Qual’è la differenza sostanziale fra il restare assorbiti nella quiete della coscienza indifferenziata, rispondendo agli stimoli della vita con spontaneità e leggerezza, e la reazione spasmodica  basata sull’assunzione di concetti ideologici che ci fanno da gabbia comportamentale?

Un uomo studia libri su libri, ascolta e tiene grandi discorsi, cerca seguaci e diventa egli stesso seguace, inizia insomma a “credere” in un sistema, in un vantaggio, egli imposta ogni sua azione nel rispetto di uno schema sul quale erige una struttura idealistica, con essa ritiene di poter “istruire” gli altri e di poter esprimere “la verità”.

Ma come è possibile che la verità sia statica, una cosa prestampata ed immobile, un rigido ideale? Essa può esser  “vera” solo se è vera nel fluire continuo della vita, assestandosi ed adeguandosi alle circostanze correnti, essa non sclerotizza gli eventi, non impone restrizioni, essa respira con tutto ciò che esiste.

Basarsi su un credo (in positivo od in negativo) per raccontare la verità è voler dare alle parole un valore che non hanno… ed in buona sostanza come nasce la parola?

Il linguaggio attraverso il quale osiamo affermare “questa è la verità” è molto lontano dalla pura coscienza. Infatti all’inizio esiste una consapevolezza astratta, una coscienza intelligente e non qualificata, da questa sorge il senso dell’io, l’ego, il quale a sua volta dà origine ai pensieri, ai concetti, ed infine questi diventano parole e scrittura.

Quindi il linguaggio è di molto successivo alla conoscenza innata.

Come è possibile che attraverso la parola si possa esprimere la verità, cos’è questo se non cieca arroganza?

Quando noi dichiariamo “questa è la verità” è come se dicessimo “io so’ della Roma perché è la mejio squadra” e siamo pure convinti, certo, siamo convinti anche quando diciamo “il cristianesimo è mejio, l’islam è mejio,  l’ateismo è mejio, il fascismo è mejio, anzi no, è mejio il comunismo..” e contrario per contrario tutto ciò in cui crediamo “è sempre mejio!”.

Se usiamo adesso un po’ di discernimento, non possiamo far a meno di osservare che ognuna di queste verità appartiene all’io, è solo ciò in cui crediamo, ma può esser definita verità una verità che è solo individuale? Una verità che può essere descritta?

C’è un antico detto taoista che dice: “il tao che può esser detto non è il Tao”.

E Ramana Maharshi, un saggio dell’India, disse: “..la verità è nel profondo silenzio del nostro cuore…”.

Purtroppo alcune persone sbandierano la loro verità ai quattro venti, pretendono di averla trovata in fantastiche proiezioni della psiche, nelle curiosità di varie religioni, negli inferni e paradisi, nella reincarnazione e nel  materialismo ateo, perché essi amano il mistero e non la verità…. Ed in verità a che servono queste “verità” fasulle, ignorando la vita del giorno per giorno, del qui ed ora, se non per speculare sull’immaginario del credere?

Per sperimentare la verità di vita basta stare nella spontaneità del respiro… senza decidere in anticipo quando inspirare e quando espirare….

Nel credere invece ci tratteniamo in perenne apnea….

Paolo D’Arpini – Comitato per la Spiritualità Laica

venerdì 10 maggio 2024

"Nature and Divinity are the same exact thing..." - "Natura e Divinità sono la stessa identica cosa..."

 


In the early days of human culture the difference between Nature and "divinity" was imperceptible, philosophical speculation had not gone so far as to presuppose a separate creator, as the author of creation. In fact, in the ancient matristic and pantheistic tradition, Nature coincided with the Universal Mother, who by herself and in herself produces all phenomena, manifesting all forms. In this vision there is no separation or difference between the Matrix and its emanations, whether living or amorphous. Animals, plants, mountains, waterways, seas, starry skies, moon, human beings... everything participates in and is an expression of the creative act, an indivisible part of a Unicum.

Creation from this perspective is seen as something spontaneous and natural, a cyclical recurrence that arises from the earth, persists on the earth and returns to the earth, in a continuous repetition without a "beyond". Everything is present in the All, in the eternal here and now. This blessed vision did not end with the passing of generations, it lasted a long time, and still remains in enlightened minds. Its elliptical progression preserves the flavor of eternity.

Yet something has changed over time, the eternal has been virtualized and transferred to a hypothetical afterlife. An afterlife to which passage must be earned, under penalty of extinction or damnation.

The bliss of belonging to the All became obscured when man began to separate himself from the All, when the sense of "I" and "mine" was born in him. Perhaps it corresponds to the moment in which he discovered his "sowing" function in reproduction. This fact made him arrogant, fueled the concept of his "authority", in the sense that he began to consider himself the individual "author" of life. And by virtual transposition he imagined a hypothetical creator god, in his image and likeness. Nature, as female, became passive matter, while the creator, both in the guise of god and man, was interpreted as a fertilizing and creative "breath" (the Bible states). Once this separation occurred, the sense of sin appeared in religion, linked to the shame of promiscuity and the opposition towards "matter" as opposed to "spiritual" abstraction, with the result of leading the "religious" man to distance himself from things of the world, including sexuality.

But how is it possible to separate life from life? How can a living being survive without food and heat? He can not…

From this it can be deduced that, despite the stubborn affirmation of a spurious entity, defined as "spiritual", the process of separation of the ego from Nature can never be completed, it remains only a pious illusion dictated by a religion. Which first divides and then claims the right to "re-unite" (religere). The separation between spirit and matter, between Nature and God is a falsehood, an inversion in natural values ​​and is the cause of sadness and an unsatisfied desire for compensation.

In short, you give up your mother's breast to attach yourself to a pacifier.

Thousands of years have passed, various civilizations have arisen and fallen, various theistic religions have stubbornly attempted to separate man from Nature, inculcating in him the idea of ​​"original sin", of the need to repent, to resort to a savior, to a messiah, different from time to time, since every messiah that separates man from the Whole cannot last, just as a nightmare cannot last. Therefore religion that neglects the ways of life, or its ability to perpetuate itself, will never be able to have a definitive implementation, it will remain a sick and suffering hybrid intellectualism. And therefore the affirmation of the patriarchal religious model that we know will never be able to assert itself, since it lives on imaginary promises, reiterated dogmas, continuous reaffirmations of faith. In a certain sense this happens not only for theisms but also for science and its laws which do not last long but are continually replaced by new and more perfected "discoveries".

“Natura naturans” and “Natura naturata”. Both coexist, they are interchangeable depending on the situations and moments, although -sometimes- in apparent conflict.

But let's go back to religiosity and eroticism. And we discover that in truth these two projections cannot be separated, just as in the brain the functionality of the right hemisphere cannot be separated from the left, reason from intuition, the logical phase from the analogue one, synchronicity from cause/effect. Understanding is never "univocal" but requires an "embrace", intelligence is an enveloping and interpenetrating vision. As happens in the reproductive process between male and female.

Then, in times in which history had not yet been confirmed as a linear model of memory, women and men, united in the conscious mutual belonging and participation in the vital event, experienced religiosity through sexual union.

However, I cannot tell you the entire excursus now, moving from one people to another people, civilization after civilization. I don't have the strength, the time or even the desire. I cannot speak of the sacred prostitution in the temples dedicated to the Goddess, of the sexual initiations in the communities of ancient Europe, of the promiscuous and polyamorous tendencies, of the pagan fertility rites, of the Song of Songs or of the vulgar verses of the Risus Paschalis...

But, at least to begin with, I can open a crack, a minute glimmer of light on some aspects of Hinduism, a religion that has preserved many forms of erotic religiosity to this day. There are many episodes, an entire library would not be enough to narrate them all. I will therefore limit myself to describing a few pages, opened almost in bulk. I want to start from a mythological story in which anecdotally we can glimpse how eroticism and religion found a meeting point.

It is said that in a distant time a community of learned rishis lived in a forest. These Brahmans were adepts in sacrificial rites, through which they had obtained great psychic powers. All day long they offered sacrifices and ablutions to the gods by repeating Vedic mantras, while their wives took care of the household chores. The occult powers thus obtained had increased their arrogance and arrogance, making them feel superior to nature itself. At that point Lord Shiva (often identified with our Dionysus), as equalizer and holder of natural energy, wanted to impart a teaching to them. In the company of Vishnu, preserver and refuge of every creature, who took the form of an irresistible woman, Shiva appeared in the forest in an Adamic costume and with notable sexual attributes clearly visible. With his prowess and charm he tempted and upset the wives of the Brahmins who followed him abandoning their family duties. At the same time the Brahmans were distracted from their rites by the concupiscent Mohini (Vishnu), who had attracted them with her lascivious gait. Thus the rishi community lost its determination to pursue “tapasya” for power purposes. But at a certain point, as it always ends up being, some of those priests realized their "fall into sin" and called their colleagues to order, accusing Shiva of having hatched a plot against them. They therefore decided to take revenge and, having stoked a large sacrificial fire, they stood around it reciting mantras and magical formulas, and thus managed to materialize a ferocious and powerful tiger which was immediately unleashed against Shiva. But he, not at all disturbed, killed her effortlessly with his trident and made a garment from her skin which he placed around her waist. The enraged Brahmans pumped even more ghee (melted butter) and mantras around the fire from which a cloud of poisonous snakes arose and were shot like arrows at Shiva. But upon contact with his holy body the snakes did not scratch him at all, on the contrary they benevolently licked his skin and arranged themselves like ornaments and like belts on his neck and robe. The Brahmins, feeling humiliated in their pride, decided to concentrate all their faculties and evoked the demon of their own ego, who arose from the fire in the form of a monstrous black dwarf, endowed with diabolical strength. The unclean being rushed towards Shiva with the intention of destroying him but with a simple gesture of his foot he landed him and held him immobile on the ground. At that point the Brahmins understood that they were dealing with a greater power and feeling confused, with their egos bent by Shiva's grace, they threw themselves at his feet and begged him to accept them as his devotees and part of himself. And so, from then on, eroticism became an integral part of religion.

In fact, it must be kept in mind that Hinduism does not separate spirit and matter, which are considered indivisible, and asks practitioners that all precepts be taken seriously even when it comes to sexual relations, as described in Tantra. Thus we see that some celebrations turn into real orgies in which songs are sung and dances of great erotic suggestion are performed.

In the Shaivite cult and in that of the Goddess Parvati, his wife, there are numerous religious stories (puranas) that narrate their sexual adventures and pleasures, with descriptions that would rival the love manuals (kamasutra). Among other things, in classical iconography Shiva is depicted with an unmistakable image. This is the Linga-Yoni, a structure made of stone, or other materials, which depicts an erect phallus fixed on a platform representing the vagina of his wife Parvati. The adoration of this symbol is considered a very normal thing. Young girls also worship Shiva as a Linga. He represents the ideal male, an ardent but tender and caring lover towards her wife, to whom he also gives religious lessons, treating her on an equal footing.

This vision is not peculiar to Shaivism alone, it is known that Hinduism contains many erotic elements. Even in the Rig Veda very crude details are described. But it is above all in the tantric cult of the Mother Goddess Kali or Durga that sexual relations between men and women have become an integral part of the ritual. The detailed description of her love affairs also occurs in some puranas dedicated to Krishna. Among other things, several highly expressive erotic figures appear in numerous temples. These sculptures must be considered exactly for what they are. The ancient Hindus, in fact, had no need to resort to subterfuge. To demonstrate that the adoration of the divinity is never separated from the normal forms of life, in any temple a daily routine was followed (and is still partly followed) which very much resembles the routine of a monarch. In the morning ritual bath, food offerings, reception of devotees, and in the evening entertainment with music and dances performed by specialized "hetaera", called devadasis, who, if necessary, also sexually satisfied the devotees, as an act translated by the god.

The ancient epic poets and storytellers never felt any embarrassment in combining erotic descriptions with religious teachings. In an inscription placed in a temple dating back to the 4th century AD. It is said that the temple was built "...in the season in which young people, obeying erotic desire, embrace the prosperous, straight and long thighs, breasts and belly of their lovers and do not care about the cold and frost ..” (Hinduism – Nirad Caudhuri)

Perhaps this propensity for sexuality, as part of the religious ritual, finds its exasperation in an obsessive aspect of tantrism defined as the left path, the so-called Vamachara, which consists in ritualistically indulging in the 5 M., or the Pancha Makara, and precisely: madya (alcohol), mamsa (meat), matsya (fish), mudra (hand gestures) and maithun (coitus). But suffice it to say that Hindus themselves frown upon these combined aptitudes, so much so that practitioners hypocritically do everything they can to hide their practices.

Some scholars question the origins of tantric eroticism in Hinduism. Sometimes this tendency is traced back to the libertine customs imported by the Greeks who followed Alexander the Great. In various parts of present-day Afghanistan and Pakistan, ancient statues depicting erotic scenes have been found, such as the rape of Daphne, Leda's embraces with the swan, nudes of Venus, etc. but this opinion is not very convincing also because Alexander himself was amazed by some habits observed in the wandering yogis he met in India. Then there is the hypothesis of a Taoist influence but this too is difficult to accept considering that the Taoists had four rules for sexual relations: maximum contact, minimum emission of semen, changing women frequently, intercourse with virgins. These rules had their own logic, in fact if the man had to acquire vitality in the sexual relationship, to the detriment of the woman, having relationships with expert women or with women with whom he had created a familiarity, led to a letting go that did not it was in keeping with the dictates. They said: “If you feel orgasm is coming, stop yourself. Save your seed and you will prolong your life." But this attitude is certainly not suited to Hindus, for whom abandoning oneself to a woman during sexual intercourse represents the height of happiness. And after all, Hindus are Indo-European and refuse to reduce women to the role of sexual slave, as often happens both in China and among all Semitic peoples.

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com





Testo Italiano:

Ai primordi della cultura umana la differenza fra Natura e “divinità” era impercettibile, la speculazione filosofica non era arrivata a presupporre un creatore separato, in quanto autore della creazione. Infatti nella antica tradizione matristica e panteistica la Natura coincideva con la Madre Universale, la quale da se stessa ed in se stessa produce tutti i fenomeni, manifestando tutte le forme. In questa visione non vi è alcuna separazione o differenza fra la Matrice e le sue emanazioni, viventi o amorfe che siano. Animali, piante, montagne, corsi d’acqua, mari, cielo stellato, luna, esseri umani… tutto compartecipa ed è espressione dell’atto creativo, parte indivisibile di un Unicum. La creazione in questa ottica è vista come qualcosa di spontaneo e naturale, una ricorrenza ciclica che sorge dalla terra, sulla terra insiste ed alla terra ritorna, in un continuo ripetersi senza un “oltre”. Tutto è presente nel Tutto, nell’eterno qui ed ora. Questa beata visione non si è esaurita con il trascorrere delle generazioni, essa è durata a lungo, ed ancora permane nelle menti illuminate. Il suo procedere ellittico conserva il sapore dell’eternità.
Eppure qualcosa nel corso del tempo è cambiato, l’eterno è stato virtualizzato e trasferito in un ipotetico aldilà. Un aldilà per il quale occorre guadagnarsi il passaggio, pena l’estinzione o la dannazione.
La beatitudine dell’appartenere al Tutto si offuscò nel momento in cui l’uomo cominciò a separare se stesso dal Tutto, allorché in lui nacque il senso dell’io e del mio. Forse corrisponde al momento in cui egli scoprì la sua funzione “seminativa” nella riproduzione. Questo fatto lo rese arrogante, alimentò il concetto della sua “autorità”, nel senso che prese a considerarsi egli stesso “autore” individuale della vita. E per trasposizione virtuale immaginò un ipotetico dio creatore, a sua immagine e somiglianza. La Natura, in quanto femmina, divenne materia passiva, mentre il creatore, sia in veste di dio che di uomo, fu interpretato come “alito” fecondatore e creatore (afferma la bibbia). Avvenuta questa separazione ecco che nella religione apparve il senso del peccato, legato alla vergogna per la promiscuità ed alla opposizione verso la “materia” contrapposta all’astrazione “spirituale”, con il risultato di condurre l’uomo “religioso” a distanziarsi dalle cose del mondo, ivi compresa la sessualità.
Ma come è possibile separare la vita dalla vita? Come può sopravvivere un essere vivente senza cibo e senza calore? Non può…
Da ciò se ne deduce che, malgrado la caparbia affermazione di un’entità spuria, definita “spirituale”, il processo di separazione dell’io dalla Natura non potrà mai avere compimento, resta solo una pia illusione dettata da una religione. Che prima divide e poi si arroga il diritto di “ri-unire” (religere) . La separazione fra spirito e materia, fra Natura e dio è una falsità, un’inversione nei valori naturali ed è causa di tristezza e di un insoddisfatto desiderio di compensazione.
Insomma si rinuncia alla tetta materna per attaccarsi al ciucciotto.
Migliaia di anni son trascorsi, varie civiltà sono sorte e crollate, diverse religioni teiste hanno pervicacemente tentato di separare l’uomo dalla Natura, inculcandogli l’idea del “peccato originale”, della necessità di pentirsi, di ricorrere ad un salvatore, ad un messia, di volta in volta diverso, poiché ogni messia che separa l’uomo dal Tutto non può durare, come non può durare un incubo. Perciò la religione che trascura i modi della vita, ovvero la sua capacità di perpetuarsi, non potrà mai avere una definitiva attuazione, resterà un ibrido intellettualismo malato e sofferente. E perciò l’affermazione del modello religioso patriarcale che conosciamo non potrà mai affermarsi, poiché vive di promesse immaginarie, di dogmi reiterati, di continue riaffermazioni di fede. In un certo senso succede così non solo per i teismi ma anche per la scienza e le sue leggi che non durano a lungo ma vengono continuamente sostitute da nuove e più perfezionate “scoperte”.
Natura naturans” e “Natura naturata”. Entrambe coesistono, sono intercambiabili a seconda delle situazioni e dei momenti, pur -a volte- in apparente conflitto.
Ma torniamo alla religiosità ed all’erotismo. E scopriamo che in verità queste due proiezioni non possono essere disgiunte, come nel cervello non può essere disgiunta la funzionalità dell’emisfero destro dal sinistro, la ragione dall’intuizione, la fase logica da quella analogica, la sincronicità dalla causa/effetto. La comprensione non è mai “univoca” ma richiede un “abbraccio”, l’intelligenza è una visione avvolgente e compenetrante. Come avviene nel processo riproduttivo fra maschio e femmina.
Allora, in tempi in cui la storia non era stata ancora confermata come modello lineare di memoria, la donna e l’uomo, uniti nella consapevole reciproca appartenenza e partecipazione all’evento vitale, vissero la religiosità attraverso l’unione sessuale.
Non posso però narravi ora l’intero excursus, passando da un popolo ad un altro popolo, civiltà dopo civiltà. Non ne ho la forza, né il tempo e nemmeno la voglia. Non posso parlare della sacra prostituzione nei templi dedicati alla Dea, delle iniziazioni sessuali nelle comunità dell’Europa antica, delle tendenze promiscue e poliamorose, dei riti pagani della fertilità, del Cantico dei cantici o delle strofe volgari del Risus Paschalis….
Ma, almeno per cominciare, posso aprire una fessura, uno spiraglio minuto su alcuni aspetti dell’induismo, una religione che ha conservato a tutt’oggi molte forme di religiosità erotica. Gli episodi sono tanti, non basterebbe un’intera biblioteca a narrarli tutti. Mi limiterò quindi a descriverne alcune pagine, aperte quasi alla rinfusa. Voglio partire da un racconto mitologico in cui aneddoticamente si lascia intravvedere in che modo erotismo e religione abbiano trovato un punto d’incontro.
Si narra che in un tempo lontano in una foresta viveva una comunità di dotti rishi. Questi bramani era adepti in riti sacrificali, attraverso i quali avevano ottenuto grandi poteri psichici. Tutto il giorno essi offrivano sacrifici ed abluzioni agli dei ripetendo mantra vedici, mentre le loro mogli si occupavano delle faccende domestiche. I poteri occulti così ottenuti aveva fatto crescere la loro supponenza ed arroganza facendoli sentire superiori alla natura stessa. A quel punto il signore Shiva (spesso individuato con il nostro Dioniso), in qualità di compensatore e detentore dell’energia naturale, volle impartir loro un insegnamento. In compagnia di Vishnu, conservatore e rifugio di ogni creatura, che prese la forma di una irresistibile donna, Shiva apparve nella foresta in costume adamitico e con attributi sessuali notevoli bene in vista. Egli con la sua prestanza e fascino tentò e sconvolse le spose dei bramani che lo seguirono abbandonando i loro doveri familiari. Allo stesso tempo i bramani furono distratti dai loro riti dalla concupiscente Mohini (Vishnu), che con la sua andatura lasciva li aveva attirati a sé. Così la comunità dei rishi perse la sua determinazione nel perseguire “tapasya” a fini di potere. Ma ad un certo punto, sempre così va a finire, alcuni di quei sacerdoti si avvidero della “caduta nel peccato” e richiamarono all’ordine i colleghi, accusando Shiva di aver ordito un complotto ai loro danni. Essi decisero quindi di vendicarsi e avendo attizzato un grande fuoco sacrificale si posero attorno ad esso declamando mantra e formule magiche, e riuscirono così a materializzare una feroce e possente tigre che immediatamente fu scatenata contro Shiva. Ma egli, per nulla turbato, la uccise senza fatica con il suo tridente e della pelle ne fece una veste che pose attorno ai fianchi. I bramani inviperiti pomparono ancora più ghee (burro fuso) e mantra attorno al fuoco dal quale si levò un nugolo di serpenti velenosi che furono lanciati come frecce contro Shiva. Ma al contatto con il suo santo corpo i serpenti non lo scalfirono affatto, anzi benevolmente gli leccarono la pelle e si disposero come ornamenti e come cinture sul suo collo e sulla veste. I bramani sentendosi umiliati nel loro orgoglio decisero di concentrare tutte le loro facoltà ed evocarono il demone del loro stesso ego, che sorse dal fuoco nella forma di un mostruoso nano nero, dotato di forza diabolica. L’immondo essere si avventò contro Shiva con l’intento di distruggerlo ma egli con un semplice gesto del piede lo atterrò e lo tenne immobile per terra. A quel punto i bramani capirono di aver a che fare con un potere più grande e sentendosi confusi, con l’ego piegato dalla grazia di Shiva, si gettarono ai suoi piedi e l’implorarono di accettarli come suoi devoti e parte di sé. E così, da allora, l’erotismo entrò a far parte integrante della religione.
Infatti bisogna tener presente che l’induismo non separa spirito e materia, che sono ritenuti indivisibili, e chiede ai praticanti che tutti i precetti siano presi seriamente anche quando si tratta di rapporti sessuali, come descritti nel Tantra. Così vediamo che alcune celebrazioni si risolvono in orge vere e proprie in cui vengono cantate canzoni ed effettuate danze di grande suggestione erotica.
Nel culto shivaita ed in quello della Dea Parvati, sua sposa, esistono numerosi racconti a sfondo religioso (purana) che narrano le loro avventure e piaceri sessuali, con descrizioni da far invidia ai manuali dell’amore (kamasutra). Tra l’altro nell’iconografia classica Shiva è raffigurato con una immagine inequivocabile. Trattasi del Linga-Yoni, una struttura in pietra, od altri materiali, che raffigura un fallo eretto fissato su una piattaforma che rappresenta la vagina della sua sposa Parvati. L’adorazione di questo simbolo è considerata una cosa normalissima. Anche le giovani ragazze venerano Shiva in quanto Linga. Egli rappresenta il maschio ideale, amante ardente ma tenero e premuroso verso la sua sposa, alla quale impartisce anche lezioni di religione, trattandola alla pari.
Questa visione non è peculiare del solo shivaismo, è noto che nell’induismo sono contenuti molti elementi erotici. Anche nel Rig Veda vengono descritti particolari molto crudi. Ma è soprattutto nel culto tantrico della Dea Madre Kali o Durga che le relazioni sessuali fra uomini e donne son diventate parte integrante del rituale. La descrizione particolareggiata dei suoi rapporti amorosi avviene pure in alcuni purana dedicati a Krishna. Tra l’altra parecchie figure erotiche, altamente espressive, appaiono in numerosi templi. Queste sculture debbono essere considerate esattamente per quello che sono . Gli antichi indù, infatti, non avevano bisogno di ricorrere a sotterfugi. A dimostrare che l’adorazione della divinità non viene mai disgiunta da quelle che sono le forme normali della vita, in un qualsiasi tempio si seguiva (ed in parte ancora si segue) una routine giornaliera che molto somiglia alla routine di un monarca. La mattina bagno rituale, offerte di cibo, ricevimento dei devoti, e la sera intrattenimento con musica e danze eseguite da “etere” specializzate, chiamate devadasi, che all’occorrenza soddisfacevano anche sessualmente i devoti, come atto traslato dal dio.
Gli antichi poeti e narratori epici non hanno mai provato alcun imbarazzo nel combinare le descrizione erotiche con gli insegnamenti religiosi. In una iscrizione apposta in un tempio risalente al IV secolo d.C. Si dice che il tempio era stato costruito “..nella stagione in cui i giovani, ubbidendo al desiderio erotico, abbracciano le prosperose, dritte e lunghe cosce, i seni ed il ventre, delle loro amanti e non si curano del freddo e del gelo..” (L’Induismo – Nirad Caudhuri)
Forse questa propensione alla sessualità, come parte del rituale religioso, trova una sua esasperazione in una aspetto ossessivo del tantrismo definito della via sinistra, il cosiddetto Vamachara, che consiste nell’indulgere ritualisticamente ai 5 M., ovvero i Pancha Makara, e precisamente: madya (alcol), mamsa (carne), matsya (pesce), mudra (gesti con le mani) e maithun (coito). Ma basti sapere che gli stessi indù vedono di mal occhio queste attitudini combinate, tant’è che i praticanti, ipocritamente, fanno di tutto per nascondere le loro pratiche.
Alcuni studiosi si interrogano sulle origini dell’erotismo tantrico nell’induismo. Talvolta si vuole far risalire questa tendenza ai costumi libertini importati dai greci venuti al seguito di Alessandro Magno. In diverse parti tra l’attuale Afganistan e Pakistan sono state rinvenute antiche statue raffiguranti scene erotiche, come il ratto di Dafne, gli amplessi di Leda con il cigno, nudi di Venere, etc. ma questa opinione convince poco anche perché lo stesso Alessandro restò meravigliato da alcune abitudini osservate negli yogi erranti da lui incontrati in India. C’è poi l’ipotesi di una influenza taoista ma anche questa è difficilmente accettabile considerando che i taoisti avevano quattro norme per i rapporti sessuali: massimo contatto, minima emissione di seme, cambiare la donna di frequente, rapporto con vergini. Queste norme avevano una loro logica, infatti se l’uomo doveva acquistare vitalità nel rapporto sessuale, a discapito della donna, l’avere rapporti con donne esperte o con donne con le quali si era creata una familiarità, portava ad un lasciarsi andare che non era consono ai dettami. Essi dicevano: “Avvertendo prossimo l’orgasmo frenatevi. Risparmiate il vostro seme ed allungherete la vostra vita”. Ma questa attitudine non è certa consona agli indù, per i quali abbandonarsi a una donna durante il rapporto sessuale rappresenta il massimo della felicità. E dopo tutto gli indù sono indoeuropei e si rifiutano di ridurre la donna al ruolo di schiava sessuale, come spesso avviene sia in Cina che presso tutti i popoli semitici.
Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com

domenica 5 maggio 2024

Psycho-spirituality, empathy and compassion... - Psico-spiritualità, empatia e compassione...

 


In the psychological analysis of the subjects treated, in my opinion, it is necessary to keep in mind that the understanding of the psychic states examined in the "observed" individual requires a good dose of mixture and empathy, that is, the psychologist must also be a little "intriguing and speculative ”.

Intriguing derives from intrigue (machination, plot, agreement, etc.) this word expresses a lot of double meanings, sometimes it is used in the positive sense, as an intriguing thing is interesting, varied, fun, attractive... or in the negative sense which means confused, cunning, with hidden implications, etc.

The term "speculation" expresses another typical aspect of analysis, in addition to that of mirroring... also investigation, research, reflection, pretext...

Empathy and compassion are necessary for understanding the games of the mind, sharing and recognizing that we share all the aspects examined, this is the only way - in my opinion - to be able to find solutions to the imbalances and dysfunctions of the psyche.

Therefore the psychotherapist should also carry out a priestly, shamanic function... and this is not a heretical attitude... indeed this very attitude allows for the bringing of healing elements... Conversely where there is assumption of sanity in the observer and recognition of insanity in the observed, a sort of exploitation of the "illness" and distorted medical-therapeutic use takes over...

All human beings are equal, no one has the right to consider themselves a human being superior to another. Anyone who holds an institutional role is always a person, like any other.

What is in us is also in the other, otherwise we would not be able to recognize it. Even those who judge can be judged and those who hold roles representing an entire category should be the first to respect the principles of which they guarantee. We can be pedantic, technical and passive psychiatrists and continue to complain that knowledge of the mind is an aspect of physiology or we can be active elements, builders of a holistic system, aware that body, mind and spirit are an inseparable whole!

These reflections are an integration to the discussion on how to overcome "innate tendencies" without falling victim to new "corrective tendencies".... (in which case karma repeats itself, albeit modified).

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com



Testo Italiano:

Nell’analisi psicologica dei soggetti trattati, secondo me, occorre tener presente che la comprensione degli stati psichici esaminati nell’individuo “osservato” necessitano di una buona dose di commistione ed empatia, ovvero lo psicologo deve essere anche un po’ “intrigante e speculativo”.

Intrigante deriva da intrigo (macchinazione, trama, intesa, etc.) questa parola esprime un sacco di doppi sensi, a volte viene usata nell’accezione positiva, in quanto una cosa intrigante è interessante, varia, divertente, attraente… oppure nel senso negativo il che significa confusa, cunning, con risvolti celati, etc.

Il termine "speculazione" esprime un altro aspetto tipico dell’analisi, oltre quello dello specchiarsi… anche indagine, ricerca, riflessione, pretesto…

L’empatia e la compassione sono necessari per la comprensione dei giochi della mente, la compartecipazione ed il riconoscimento di condividere tutti gli aspetti esaminati, questo è il solo modo -secondo me- per poter trovare soluzioni agli squilibri ed alle disfunzioni della psiche.

Perciò lo psicoterapeuta dovrebbe svolgere anche una funzione sacerdotale, sciamanica… e questo non è un atteggiamento eretico… anzi proprio questo atteggiamento consente di apportare elementi di guarigione… All’inverso dove c’è assunzione di sanità nell’osservatore e riconoscimento di insanità nell’osservato, subentra una sorta di strumentalizzazione della “malattia” e di uso medico-terapeutico falsato…

Tutti gli essere umani sono uguali, nessuno ha il diritto di considerarsi un essere umano superiore ad un altro. Chi riveste un ruolo istituzionale è sempre una persona, alla pari di ogni altra.

Quel che è in noi è anche nell'altro, altrimenti non potremmo riconoscerlo. Anche chi giudica può essere giudicato e chi riveste ruoli di rappresentanza di una intera categoria dovrebbe rispettare per primo i principi di cui si fa garante. Possiamo essere pedanti psichiatri tecnicisti e passivi e continuare a lamentarci che la conoscenza della mente è un aspetto della fisiologia oppure essere elementi attivi, costruttori di un sistema olistico, consapevoli che corpo, mente e spirito sono un tutt'uno inseparabile!

Queste riflessioni sono una integrazione al discorso sul come superare le "tendenze innate" senza cadere vittime di nuove "tendenze correttive".... (nel qual caso il karma si ripete, sia pur modificato).

Paolo D'Arpini - spiritolaico@gmail.com



giovedì 2 maggio 2024

23 giugno 2024 - Incontro bioregionale... con anniversari. Preannuncio - June 23, 2024 - Bioregional meeting... with anniversaries. Announcement



"Il tempo passa e non aspetta!"  dice il saggio,  non sappiamo quando è come avverrà la chiamata finale. Dobbiamo perciò essere accorti e attenti a vivere il giorno per giorno, nella consapevolezza che domani è solo un’ipotesi. 

Ed allora che senso ha programmare un qualcosa oltre l’oggi? Perché non lasciare che le cose avvengano senza il nostro intervento? 

Immaginate una scultura alla quale state lavorando ogni giorno. Se vi fermate  la bellezza svanirà. Così non possiamo mai smettere di purificarci e di coltivare la bellezza che è in noi. Un giorno otteniamo buoni risultati ma appena interrompiamo l'attenzione ecco che subito scivoliamo all’indietro. E il tempo ci sorpassa senza avvisarci! Per questo dobbiamo compiere quel che consideriamo il nostro Dharma senza aspettative né rimpianti.  

"Ci sono così tanti doni, mio caro, ancora non aperti dal tuo giorno di nascita. Oh, ci sono così tanti regali fatti a mano, spediti per la tua vita da Dio..." (Hafiz)

Amici vecchi e nuovi  si riuniscono  per un  "incontro collettivo  ecologista",  di carattere bioregionale e di spiritualità laica, che incidentalmente  coincide con il mio  80° compleanno, con  i 40 anni del Circolo Vegetariano VV.TT.  e con  i 28 anni della Rete Bioregionale Italiana,  che si tiene a Pedaso (in provincia di Fermo) nella dimora di Donatella Tondini, che si adagia  tra la campagna marchigiana  ed il Mare Adriatico, nel  tempo del solstizio estivo, il 23 giugno del 2024.

Assieme  rivivremo gli stadi  ed i modi di sopravvivenza  e di crescita  senza danneggiare la Terra  e mantenendo un rapporto amorevole con la comunità dei viventi. Il tutto attraverso una narrazione ed una esemplificazione che si manifesta con  piccoli  avvenimenti nell'arco della giornata:  una raccolta mattutina di fiori ed erbe per l'acqua di San Giovanni, un canto di ringraziamento al Sé  interiore, una condivisione di cibo sattvico, una immersione nelle acque del nostro mare, un cerchio di condivisione di esperienze e memorie vissute seguito da un simposio conviviale, la giornata termina davanti ad un fuoco acceso nella notte per osservare le stelle.    

Questo vuole essere un invito a partecipare!

Paolo D'Arpini  







Info sui temi trattati: 0733/216293 -  333.6023090

Per informazioni  logistiche e sulle modalità di partecipazione e  funzionamento dell'evento, chiamare  393.2362091   

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P.S. “La parola “Bioregionalismo” è un neologismo che contraddistingue un modo di pensare ed agire che muove dall’esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra, un rapporto che implica rispetto, ammirazione, timore e che inibisce ogni forma di rapina e di spreco...” - Continua: https://www.lteconomy.it/bloglte/profilegrid_blogs/la-realta-bioregionale-e-la-descrizione-bioregionale/




Testo Inglese:

"Time passes and does not wait!" says the wise man, we do not know when and how the final call will take place. We must therefore be careful and careful to live day by day, in the awareness that tomorrow is just a hypothesis.

So what's the point of planning something beyond today? Why not let things happen without our intervention?

Imagine a sculpture that you are working on every day. If you stop the beauty will fade. So we can never stop purifying ourselves and cultivating the beauty that is within us. One day we get good results but as soon as we stop paying attention we immediately slip backwards. And time passes us by without warning us! This is why we must do what we consider our Dharma without expectations or regrets.

"There are so many gifts, my dear, still unopened from your day of birth. Oh, there are so many handmade gifts, sent for your life by God..." (Hafiz)

Old and new friends gather for a meeting of a bioregional nature and secular spirituality which incidentally coincides with my 80th birthday, with the 40th anniversary of the VV.TT Vegetarian Club. and with the 28 years of the Italian Bioregional Network, let's define it as a "collective ecological meeting" held in Pedaso (in the province of Fermo) in the home of Donatella Tondini, which lies between the Marche countryside and the Adriatic Sea, in the time of the solstice summer, June 23, 2024.

Together we will relive the stages and ways of survival and growth without damaging the Earth and maintaining a loving relationship with the community of the living. All through a narrative and an example that manifests itself with small events throughout the day: a morning collection of flowers and herbs for the water of San Giovanni, a song of thanks to the inner Self, a sharing of sattvic food, a immersion in the waters of our sea, a circle of sharing experiences and memories followed by a convivial symposium, the day ends in front of a fire lit in the night to observe the stars.

This is intended as an invitation to participate!

Paolo D'Arpini


Info on the topics covered: 0733/216293 - 333.6023090

For logistical information and on how to participate and operate the event, call 393.2362091 - Reservation required -


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P.S. “The word “Bioregionalism” is a neologism that distinguishes a way of thinking and acting that moves from the profound need to re-establish a sacred relationship with the earth, a relationship that implies respect, admiration, fear and which inhibits any form of robbery and waste..." - Continue: https://www.lteconomy.it/bloglte/profilegrid_blogs/la-realta-bioregionale-e-la-descrive-bioregionale/