The sage Ramana Maharshi said, "Whether you continue to live in a family or give up and go to live in a forest, your mind will haunt you. The ego is the source of thoughts. It creates the body and the world and you. suggests that you are a grihasta (a worldly man). If you renounce the world you will only substitute the thought of sannyas (renunciation) for that of grihasta and the forest environment for the family environment. The mental obstacles will remain, however, indeed, in a new environment they will even increase. It is useless to change the environment. The obstacle is in the mind, which has to be "understood" both at home and in the forest. If you can do it in a forest, why not in society? change your environment? You can engage in research even now, in whatever environment you are. "
All in all I believe that for us laymen life "in the world" is more congenial, also because our research never goes beyond the self ... and the self is present everywhere and in every time.
And here are my reflections on this issue.
The individual I (ego) arises from the reflection of consciousness in the mirror of the mind. An identification superimposition with the observed object. The object is the body-mind that reacts in relation (to contact) with other external objects.
The moment that, in self-knowledge, the fictitious identity with the agent disappears, what remains is the pure awareness of the Self. It is therefore not necessary, for the purpose of realization, that the images - the world and the observer - disappear, it is sufficient for the false identity with the reflected object / subject (ego) to disappear. This means that the world can safely continue to manifest itself not being perceived as a separate reality, much like a dream could be compared to the dreamer. At this point the Self and the manifestation of him are seen as the exact same thing while the sense of the separative self (of the me and the other) is obliterated. Ultimately dualism is only self-ignorance.
The sage watches the actions unfold without there being any propensity or intention or judgment in him. Spontaneously everything happens conveniently and consequently to the designated "destiny". Destiny is the response to the natural interaction (and predisposition) of the various elements involved ... Since everything happens automatically, there is no "preference" in the behavior of the wise. Indeed, his own action is (apparently) intentional only in the eyes of "others", since for the wise everything happens by itself. Every event experienced simply happens in his presence and he is the silent and detached witness. His action (or state) can be compared to sleepwalking, or to sleep when awake.
And also the concept of "destiny" and action has a meaning only in the mind of the observer who is still identified with the outside, or rather of an ego that identifies with the agent and with his actions. But the moment - as already said - that this identification is destroyed, every other connected concept disappears.
Wisdom consists in remaining immune from delusion after understanding the truth. The fear of action and its consequences (karma) remains only in those who see even the slightest difference between oneself and the other. As long as there is the idea that the body / mind is the ego, one cannot be an expression of truth.
But it is certainly possible for anyone, and in any condition, to know their true nature since it is absolutely true and real, it is the unicum for everyone. In fact, the state of pure Being is common to all and is the direct experience of each one. Living one's true nature this is meant by self-realization, as the self is present here and now.
The thought of feeling separate is the only obstacle to the realization of the all-pervading and omnipresent Being. And also from the empirical point of view, identifying with the agent (ego) is an impediment to the proper functioning of the psychosomatic apparatus, in the context of global functioning. Therefore, the intellectual acceptance of the truth is already a liberating form from the intentional (rational) propensity to act. What is bound to happen will happen.
It is in everyone's experience that struggling with the question is a handicap in finding the answer. Regardless of whether you meet a teacher or not, each path is valid only for the mind. In my experience, the relationship with a teacher does not have the purpose of transmitting any doctrine or spiritual teaching but rather to perceive the "touch" or "perfume" of its realization. His words are only a subterfuge to convey his "grace" (there is no other word more pertinent and appropriate) ... spending time in his "presence" ...
And the confirmation of this comes from another great sage, Nisargadatta Maharaj, who said: "Every path leads to unreality. Paths are creations with the intention of transmitting knowledge. Therefore paths and movements (religions) cannot lead to Reality since their function is to involve you in the dimension of learning, while reality comes before this. "
Paolo D’Arpini
Testo Italiano:
Disse il saggio Ramana Maharshi: "“Sia che continuiate a vivere in famiglia o che vi rinunciate e andiate a vivere in una foresta, la vostra mente vi perseguiterà. L’ego è la fonte dei pensieri. Esso crea il corpo e il mondo e vi fa pensare di essere un grihasta (un uomo mondano). Se rinuncerete al mondo non farete altro che sostituire il pensiero di sannyas (rinuncia) a quello di grihasta e l’ambiente di foresta all’ambiente della famiglia. Gli ostacoli mentali però resteranno, anzi, in un nuovo ambiente persino aumenteranno. Non serve a nulla cambiare ambiente. L’ostacolo è nella mente, che deve essere “compresa” sia a casa che nella foresta. Se potete farlo in una foresta, perché non nella società? Allora perché cambiare ambiente? Potete impegnarvi nella ricerca anche adesso, in qualunque ambiente vi troviate.”
Tutto sommato ritengo che per noi laici la vita “nel mondo” sia più congeniale, anche perché la nostra ricerca non esula mai dal sé.. ed il sé è presente ovunque ed in ogni tempo… Ed ecco le mie riflessioni notturne su questo tema.
L’io individuale (ego) sorge dal riflesso della coscienza nello specchio della mente. Una sovrimposizione identificativa con l’oggetto osservato. L’oggetto è il corpo-mente che reagisce in relazione (al contatto) con gli altri oggetti esterni.
Il momento che, nell’autoconoscenza, l’identità fittizia con l’agente scompare quel che resta è la pura consapevolezza del Sé. Non è perciò necessario, al fine della realizzazione, che le immagini -il mondo e l’osservatore- scompaiano, è sufficiente che la falsa identità con l’oggetto/soggetto riflesso (ego) scompaia. Ciò significa che il mondo può tranquillamente continuare a manifestarsi non essendo percepito come realtà separata, più o meno come potrebbe esserlo un sogno rispetto al sognatore. A questo punto il Sé e la sua manifestazione sono visti come la stessa identica cosa mentre il senso dell’io separativo (del me e dell’altro) viene obliterato. In fondo il dualismo è soltanto ignoranza di sé.
Il saggio osserva le azioni svolgersi senza che vi sia alcuna propensione o intenzione o giudizio in lui. Spontaneamente ogni cosa avviene confacentemente e conseguentemente al “destino” designato. Il destino è la risposta alla naturale interazione (e predisposizione) dei vari elementi coinvolti… Siccome tutto succede automaticamente non vi è alcuna “preferenza” nell’agire del saggio. Anzi il suo stesso agire è (apparentemente) intenzionale solo agli occhi degli “altri”, giacché per il saggio ogni cosa accade di per sé. Ogni evento vissuto accade semplicemente in sua presenza e lui ne è il testimone silenzioso e distaccato. Il suo agire (o stato) può essere paragonato al sonnambulismo, od al sonno da sveglio.
Ed inoltre anche il concetto di “destino” e di azione ha un senso unicamente nella mente dell’osservatore ancora identificato con l’esterno, ovvero di un ego che si identifica con l’agente e con le sue azioni. Ma il momento -come già detto- che tale identificazione è distrutta ogni altro concetto collegato scompare.
La saggezza consiste nel rimanere immune dalla illusione dopo aver compresa la verità. La paura dell’agire e delle sue conseguenze (karma) permane solo in chi vede la pur minima differenza fra sé e l’altro. Finché esiste l’idea che il corpo/mente è l’io non si può essere espressione di verità.
Ma certamente è possibile per chiunque, ed in ogni condizione, conoscere la propria vera natura poiché essa è assolutamente vera e reale, è l’unicum per ognuno. Infatti lo stato di puro Essere è comune a tutti ed è la diretta esperienza di ciascuno. Vivere la propria vera natura questo si intende per auto-realizzazione, poiché il sé è presente qui ed ora.
Il pensiero di sentirsi separati è il solo ostacolo alla realizzazione dell’Essere onnipervadente ed onnipresente. E pure dal punto di vista empirico identificarsi con l’agente (ego) è un impedimento al buon funzionamento dell’apparato psicosomatico, nel contesto del funzionamento globale . Per cui già l’accettazione intellettuale della verità è una forma liberatoria dalla propensione intenzionale (razionale) ad agire. Ciò che è destinato ad accadere accadrà.
E la conferma di ciò ci viene da un altro grande saggio, Nisargadatta Maharaj, che disse: "Ogni sentiero porta all’irrealtà. I sentieri sono creazioni coll’intento di trasmettere una conoscenza. Perciò i sentieri e i movimenti (le religioni) non possono condurre alla Realtà poiché la loro funzione è di coinvolgerti nella dimensione dell’apprendimento, mentre la realtà viene prima di questo."
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