mercoledì 31 marzo 2021

Religious dogmatism or freedom of thought? The middle way is in lay spirituality - Dogmatismo religioso o libertà di pensiero? La via di mezzo è nella spiritualità laica


Dipinto di Franco Farina

La nostra vera natura spirituale, se ascoltata con rispetto, è aldilà  del dualismo. Purtroppo lo schema mentale delle religioni, sovrimposto alla spontanea rivelazione dell’ umano in noi, continua ad offuscare la semplice coscienza di esistere, di appartenere ad un tutto inscindibile di cui siamo parte integrante.


Prima ancora di essere cristiani, maomettani o buddisti, noi siamo coscienza ma tale consapevolezza e' talmente offuscata che le nostre intrinseche qualità vengono sommerse da una pletora di idee, costrizioni e strutturazioni precostituite da vari credo religiosi. Un recinto che impedisce la libertà espressiva in termini di spiritualità naturale dell' uomo.

Basti vedere l'uso improprio che viene fatto del termine laico dalla religione cattolica, sottintendendo si tratti di persona non appartenente alla classe sacerdotale ma membro della religione. Cosa assurda dal punto di vista etimologico e glottologico. Ma questo misuso viene portato sfacciatamente avanti nelle menzioni fatte dal vaticano in riferimento ai cosiddetti credenti laici della chiesa (intendendo persone comuni, capifamiglia od altro non ordinati nella casta sacerdotale ma appartenenti alla religione). Questo imbroglio lessicale contribuisce a mistificare e differenziare quel che è assolutamente indivisibile: lo spirito.

Dalla nascita alla morte restiamo in una gabbia ed uscirne sembra quasi impossibile. Pian piano l’uomo si sta riconoscendo sempre più abitante della Terra e non particolarmente di una religione od etnia. Questa tendenza alla unità va aiutata attraverso la coscienza di una vera spiritualità naturale e laica, che riporti la libertà personale dell’uomo alla sua originaria manifestazione.

I bambini, i neonati, sono i primi sfruttati, in senso ideologico e religioso, obbligati dai loro stessi genitori e dagli obblighi sociali (ormai consolidati) a sottostare alle strumentalizzazioni religiose. Prima ancora che abbia potuto capire cosa significhi religione, un bambino innocente viene obbligato ad un percorso religioso, del tutto inconsapevolmente, cominciando con il battesimo, poi la cresima e poi ancora la comunione. Il bambino incolpevole viene legato ai riti e ad una fede che non conosce e non ha l’età per capire se sia buona o cattiva.

In tal modo non si aiuta la libera espressione spirituale ma si rinchiude la società in una prigione di pensieri, e ciò vale sia per le religioni che per le ideologie.

Invito le persone per bene e sincere a divenire consapevoli di ciò, contemporaneamente invito i religiosi (ovvero gli ipocriti imbroglioni) a smetterla con questo massacro dell'intelligenza umana.


Paolo D'Arpini












English reddition:

Our true spiritual nature, when listened to with respect, is beyond dualism. Unfortunately, the mental scheme of religions, superimposed on the spontaneous revelation of the human in us, continues to cloud the simple awareness of existing, of belonging to an inseparable whole of which we are an integral part.


Even before being Christians, Mohammedans or Buddhists, we are conscience but this awareness is so clouded that our intrinsic qualities are submerged by a plethora of ideas, constraints and structures pre-established by various religious beliefs. A fence that prevents freedom of expression in terms of man's natural spirituality.

Suffice it to see the improper use that is made of the term layman by the Catholic religion, implying that it is a person not belonging to the priestly class but a member of the religion. This is absurd from an etymological and glottological point of view. But this misuse is brazenly carried forward in the mentions made by the Vatican in reference to the so-called lay believers of the church (meaning ordinary people, heads of families or other not ordained in the priestly caste but belonging to the religion). This lexical fraud contributes to mystify and differentiate what is absolutely indivisible: the spirit.

From birth to death we remain in a cage and getting out of it seems almost impossible. Little by little, man is increasingly recognizing himself as an inhabitant of the Earth and not particularly of a religion or ethnicity. This tendency to unity must be helped through the awareness of a true natural and lay spirituality, which brings man's personal freedom back to the original manifestation of him.

Children, infants, are the first exploited, in an ideological and religious sense, forced by their own parents and social obligations (by now consolidated) to submit to religious exploitation. Even before he has been able to understand what religion means, an innocent child is forced to a religious path, completely unconsciously, starting with baptism, then confirmation and then communion again. The innocent child is tied to rites and a faith that he does not know and is not old enough to understand if she is good or bad.

In this way, free spiritual expression is not helped but society is locked up in a prison of thoughts, and this is true for both religions and ideologies.

I invite decent and sincere people to become aware of this, at the same time I invite the religious (ie the hypocritical cheaters) to stop with this slaughter of human intelligence.

Paolo D'Arpini

domenica 28 marzo 2021

Bioregionalism. Nonviolence and making peace with the Earth ... - Bioregionalismo. La nonviolenza ed il far la pace con la Terra...

 

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La posizione  assunta nella società -umana od animale che sia- di noi bioregionalisti della Rete Bioregionale Italiana è basata sulla  nonviolenza. Il che  non vuol dire accettare e subire passivamente il male.  In passato di tanto in tanto si son venute a creare delle differenze d'opinione all'interno della Rete, soprattutto riguardo alla alimentazione nonviolenta od  alla protesta attiva nei confronti della società consumista. Alcuni di noi si sentivano più "bombaroli" altri preferivano  ritirarsi in baite di montagna a fare gli eremiti. 

Come al solito mi son trovato a percorrere una via di mezzo. Ho cercato di influire sulla società, soprattutto con l'esemplificazione od anche  attraverso azioni e proposte politiche in sintonia con l'ecologia profonda, ho cercato di rappresentare un modello di vita che fosse congeniale con il criterio bioregionale, certo non un modello "forzato" bensì un semplice adeguamento alle circostanze in termini nonviolenti ed ecologisti. Non ho trascurato momenti di convivialità ed incontro per condividere esperienze e tramandi, senza pretenziosità. Questo -ad esempio- facciamo da molti anni in occasione del Collettivo Bioregionale Ecologista del solstizio estivo.  

Fare la parte  del  "gandhiano" passivo non mi è congeniale ma nemmeno fare  il guerrigliero  è nella mia natura. Ho la pretesa di credere che una tale via di mezzo "bioregionale" tenga conto della sopravvivenza reciproca di tutti gli elementi in gioco. Con ciò  ha fatto arrabbiare parecchi  miei compagni di viaggio, oltre che le parti avverse cioè tutto l'establishment ed i benpensanti. 

La nonviolenza   - diceva  l'amico Piero- dovrebbe essere attiva e sincera,  coinvolgendo l'ambiente in cui la si pratica, la sua possibilità di risonanza e testimonianza ma anche, da un altro lato, i convincimenti e la forza personale, che sono cose distinte dalle prime (una persona può agire in modo nonviolento anche se nessuno lo verrà a sapere; ovvero, la testimonianza nonviolenta può anche essere totalmente personale, non pubblica.  

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Insomma la nonviolenza di carattere bioregionale non può essere una professione, come quella praticata da certi  bioregionalisti d'oltre oceano, propensi a cantare la natura e gli animali,  contemporaneamente andando nei parchi a caccia, oppure  protestare per  i giochi olimpici invernali in Italia, come fonte d'inquinamento, senza curarsi delle distruzioni e avvelenamenti della terra  da parte dei loro stessi governi.  Purtroppo l'ipocrisia piace al sistema, le belle prediche trovano spazi sui media di sistema, il bioregionalismo "geografico" viene esaltato persino su wikipedia, mentre il "vero" bioregionalismo, quello pratico  del vivere bioregionalmente nel luogo  in cui si vive, e non "altrove",  vi trova poco spazio.  

L'amica bioregionalista  vegetariana Marinella Correggia, con  tutte le sue azioni di sensibilizzazione sociale, si poneva il problema di come strappare la bandiera della nonviolenza dalle mani del "nemico". Quel nemico gradito al sistema. In cui troppo spesso ai "ma" seguono i "sì" per onorare una certa coerenza di facciata ed allo stesso tempo aderire alle scelte dello "sviluppo" sostenibile.  

Il bioregionalismo e la nonviolenza  sono una contraddizione attiva,  la loro attuazione è  immersa nella contraddizione,   altra cosa   è la "coerenza formale"... quella formalità descrittiva, che si adegua alle esigenze della "crescita" e delle consuetudini consolidate.

Per questo in alcune occasioni  definisco i veri bioregionalisti   "ribelli e precursori", cioè quel che noi stessi siamo. Anche se alcuni nostri detrattori dicono che siam solo  sessantottini non pentiti, oppure inveterati illusi, poiché il nostro voler cambiare il mondo si risolve in un nulla.  Sarà così,  ma almeno stiamo cercando di farlo cominciando dal cambiare noi stessi, decidendo per noi stessi quei comportamenti necessari a creare una nuova civiltà umana.  Perciò ci definiamo  "precursori e ribelli” e non “rivoluzionari” poiché, come disse Osho, il rivoluzionario appartiene ad una sfera terrena mentre il ribelle e la sua ribellione sono sacri.  

Paolo D'Arpini

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Rete Bioregionale Italiana


English Reddition

The position taken by us bioregionalists of the Italian Bioregional Network in society - whether human or animal - is based on nonviolence. This does not mean accepting and passively suffering evil. In the past, from time to time, differences of opinion have arisen within the Internet, especially with regard to non-violent nutrition or active protest against consumer society. Some of us felt more "bombers" others preferred to retire to mountain huts to be hermits.

As usual, I found myself walking a middle ground. I tried to influence society, above all with the exemplification or also through actions and political proposals in harmony with the deep ecology, I tried to represent a model of life that was congenial with the bioregional criterion, certainly not a "forced" model but a simple adaptation to circumstances in nonviolent and ecological terms. I have not neglected moments of conviviality and meeting to share experiences and bequeathed, without pretentiousness. For example, we have been doing this for many years on the occasion of the Bioregional Ecologist Collective of the summer solstice.

Playing the part of the passive "Gandhian" is not congenial to me but not even being a guerrilla is in my nature. I pretend to believe that such a "bioregional" middle ground takes into account the mutual survival of all the elements at stake. With this he angered many of my traveling companions, as well as the adverse parties that is the whole establishment and right-thinking people.

Nonviolence - said his friend Piero - should be active and sincere, involving the environment in which it is practiced, its possibility of resonance and testimony but also, on the other hand, beliefs and personal strength, which are things distinct from the former (a person can act in a nonviolent way even if no one will find out; that is, nonviolent testimony can also be totally personal, not public.

In short, bioregional nonviolence cannot be a profession, like the one practiced by certain bioregionalists from overseas, inclined to sing about nature and animals, while going hunting in parks at the same time, or protesting for the Olympic winter games in Italy, such as source of pollution, regardless of the destruction and poisoning of the earth by their own governments. Unfortunately, the system likes hypocrisy, beautiful sermons find space in the system media, "geographical" bioregionalism is even exalted on wikipedia, while the "real" bioregionalism, the practical one of living bioregionally in the place where one lives, and not "elsewhere", there is little space.

The vegetarian bioregionalist friend Marinella Correggia, with all her social awareness actions, was asking herself the problem of how to snatch the flag of nonviolence from the hands of the "enemy". That enemy pleasing to the system. In which too often the "but" are followed by the "yes" to honor a certain coherence of the facade and at the same time adhere to the choices of sustainable "development".

Bioregionalism and nonviolence are an active contradiction, their implementation is immersed in contradiction, another thing is "formal coherence" ... that descriptive formality, which adapts to the needs of "growth" and consolidated customs.

For this reason, on some occasions I define true bioregionalists as "rebels and precursors", that is, what we ourselves are. Even if some of our detractors say that we are only unrepentant sixty-eight, or inveterate deluded, since our wanting to change the world ends up in nothing. It will be so, but at least we are trying to do it starting by changing ourselves, deciding for ourselves those behaviors necessary to create a new human civilization. Therefore we define ourselves as "precursors and rebels" and not "revolutionaries" because, as Osho said, the revolutionary belongs to an earthly sphere while his rebel and his rebellion are sacred.

Paolo D'Arpini


martedì 23 marzo 2021

Bioregionalism. The Earth is round ... we are all in it! - Bioregionalismo. La Terra è rotonda… ci stiamo tutti dentro!



How do you understand where the right and the left are, the east and the west, on a ball that spins at high speed in space, around a sun, and at the same time moves towards a further void, away from the big bang primordial? Yet on this small ball man thinks as if the Earth were divisible into sectors, as if the separation (sic) in states and nations, in areas and sub areas, really made sense ...

Here, while NATO, which has expanded to Eastern Europe, is building the launching ramps for new missiles (towards whom?), In Syria the war is going on in fits and starts and also in Iraq, in Yemen and in Afghanistan dies in silence; in Africa the news does not arrive and does not leave anymore, it is now no man's land; in North and South America we are preparing for the great leap; in China, in Tibet, at the north pole ... at the south pole ...

Who makes these differences, who decides the locations and strategic interests, whose is this Earth we all inhabit?

The Earth turns, turns ... and does not change its nature as a planet that knows no borders and internal differences within its unified structure: even if it were a football ball with different colored patches, this would not prevent the ball from being a homogeneous round of rubber.

On Earth, water is water and is found everywhere. Air is air and it blows in all winds. The soil in which trees grow, and which animals and men trample, is the same soil. Humanity is the same everywhere and in any case. If an Eskimo woman mates with an Australian aboriginal and the two proliferate, they certainly do not produce mules but perfect human beings. The only thing that changes is the flag of states, religions, ideologies, in short, fake things, things that can be done very well without and that instead determine behavior to the point of pushing man to kill, destroy, dissociate ...

Poor humans ... they put the missiles and anti-missiles, they bully the poorest populations but rich in raw materials, they shoot ejaculations and nonsense in the temples and assemblies, in the chambers and in the senates, and they cage the recalcitrant ... good! But tell me how it can be a reason for inequality to live in one place rather than another, to believe in one illusion rather than another; did you not realize, humans, that the planet is only one? And, among other things, also in poor condition, following the mistreatment suffered in recent decades? The evils that prevent us from becoming aware of living in the same place and being members of the same family have only one name: ignorance!

Ignorance which then becomes rapacity and selfishness, conflict between individuals and nations, economic and racial disparity, division into classes, violence towards "others", stupid arrogance to consider oneself in the good. On the one hand a bloody steak and on the other a minute grain of rice, on the one hand the cunning and on the other the ingenuity, on the one hand the added value and on the other the lack.

Observing things well, we discover however that ... the Earth is round ... we are all in it!

Paolo D'Arpini




Testo Italiano

Come si fa a capire dove sono la destra e la sinistra, l’oriente e l’occidente, su una palla che gira a forte velocità nello spazio, attorno a un sole, e contemporaneamente si sposta verso un ulteriore vuoto, allontanandosi dal big bang primordiale? Eppure su questa piccola palla l’uomo ragiona come se la Terra fosse divisibile in settori, come se veramente avesse senso la separazione (sic) in stati e nazioni, in aree e sub aree…

Ecco, mentre la NATO, che si è allargata all’Europa dell’Est, costruisce le rampe di lancio di nuovi missili (verso chi?), in Siria la guerra va avanti a singhiozzo e anche in Irak, in Yemen e in Afganistan si muore in silenzio; in Africa le notizie non arrivano e non partono più, ormai è terra di nessuno; in America settentrionale e meridionale ci si prepara al grande salto; in Cina, in Tibet, al polo nord… al polo sud…

Chi fa queste differenze, chi decide le ubicazioni e gli interessi strategici, di chi è questa Terra che tutti abitiamo?

La Terra gira, gira…  e non cambia la sua natura di pianeta che non conosce frontiere e difformità interne alla sua struttura unificata: anche se fosse una palla da football con le pezze di diverso colore, ciò non impedirebbe alla palla di essere un omogeneo tondo di caucciù.

Sulla Terra l’acqua è acqua e si trova ovunque. L’aria è aria e spira in tutti i venti. Il suolo in cui gli alberi crescono, e che gli animali e gli uomini calpestano, è lo stesso suolo. L’umanità è la stessa ovunque e comunque. Se una donna esquimese si accoppia con un aborigeno australiano e i due prolificano, non generano certo muli ma esseri umani perfetti. L’unica cosa che cambia è la bandierina degli stati, delle religioni, delle ideologie, insomma cose finte, cose di cui si può fare benissimo a meno e che invece determinano i comportamenti sino al punto di spingere l’uomo a uccidere, distruggere, dissociare…

Poveri umani…  mettono i missili e gli antimissili, prevaricano le popolazioni più povere ma ricche di materie prime, sparano giaculatorie e stupidaggini nei templi e nelle assemblee, nelle camere e nei senati, e ingabbiano i recalcitranti… bravi! Ma ditemi come può essere motivo di disuguaglianza abitare in un luogo piuttosto che in un altro, credere in un’illusione piuttosto che in un’altra; non vi siete accorti, umani, che il pianeta è uno solo? E tra l’altro pure malandato, in seguito ai bistrattamenti subiti negli ultimi decenni? I mali che impediscono di prendere consapevolezza di abitare lo stesso luogo e di essere membri della stessa famiglia hanno un solo nome: ignoranza!

Ignoranza che poi diventa rapacità ed egoismo, conflitto fra individui e nazioni, disparità economica e razziale, divisione in classi, violenza verso gli “altri”, stupida arroganza di ritenersi nel bene. Da una parte una bisteccona sanguinolenta e dall’altra un minuto chicco di riso, da una parte la furbizia e dall’altra l’ingenuità, da una parte il valore aggiunto e dall’altra la carenza.

Osservando bene le cose, scopriamo però che… la Terra è rotonda… ci stiamo tutti dentro!

Paolo D'Arpini


martedì 2 marzo 2021

Restare ebrei (o bramini) per scelta... - Remaining Jews (or Brahmins) by choice ...

 

Di tanto in tanto ho una scambio di vedute con Paolo Bancale, direttore della rivista "Non Credo", con cui collaboro da anni su vari temi riguardanti la spiritualità laica. In alcuni numeri  sono stati pubblicati  vari miei articoli sul "problema" ebraico, esaminato con un approccio laico. Dico "laico" in senso totale, poiché spesso ho notato che molti critici del cristianesimo o dell'islamismo si definiscono "laici", mentre alla fine si scopre -per loro stessa ammissione- che  appartengono alla comunità ebraica. Quindi la loro critica delle altre religioni è un po' pelosa. 

Nel corso della mia esistenza  ho conosciuto diversi ebrei, con i quali ho stretto amicizia,  di solito questi amici hanno  dimostrano una grande apertura mentale e spesso non esitavano a definirsi liberi cercatori spirituali, e magari  "atei" o perlomeno "agnostici", quindi dal punto di vista intellettuale si potrebbero definire "laici". Il fatto è che l'adesione all'ebraismo, non  dipende semplicemente  da una  scelta religiosa filosofico-elettiva , nel senso del pensiero,  e quindi aperta a tutti. L'ebraismo è sostanzialmente un riconoscimento  etnico-culturale, che viene tramandato fra gli appartenenti del popolo  ebraico, cioè i nati da famiglia o da donna ebrea.  Il popolo ebreo e l'ebraismo sono perciò un tutt'uno inscindibile (indipendentemente dal credere o meno nella religione avita). 

Come avviene ad esempio nel bramanesimo induista, in cui i bramini dal punto di vista dottrinale possono appartenere a varie sette del Sanatana Dharma, possono essere  vishnuiti, shivaiti, shakta e persino nichilisti atei  ma continuano in realtà a mantenere la tradizione genetica braminica (sposandosi e riproducendosi solo tra bramini).   


Ed allora quando smette  un ebreo di appartenere all'ebraismo od un bramino  alla sua casta, oltre alla rinuncia intellettuale elettiva? 

La risposta è semplice: il momento in cui abbandona anche la tradizione genetica del matrimonio e della riproduzione all'interno della sua "etnia" o casta.  Non essendoci  più ascendenza-discendenza  le caratteristiche genetiche vengono rimescolate e pian piano le tracce ancestrali disperse assieme a quelle culturali. 

Certo alcune caratteristiche psicofisiche dominanti per un po' restano. Ma scompare il senso di appartenenza  al gruppo etnico. In un certo senso questa rinuncia alla "gens" è quanto fecero i romani antichi, che essendo originariamente etruschi, sabini, falisci e latini, etc. rinunciarono alla loro "famiglia genetica" per riconoscersi nella nuova cittadinanza romana. 

Però l'esempio dei romani non è da considerarsi "universale"  e definitivo poiché essi rifiutarono  le precedenti  origini tribali ma non si fusero con "l'umanità" in senso lato. Cambiarono soltanto il senso di  identità. Quindi va de a sé che una vera "laicità" deve avvenire nel ricongiungersi totalmente nell' "Umano" lasciando da parte ogni altra identificazione con religioni, etnie, razze o dir si voglia. 

Questo fu esattamente il mio caso. Infatti i miei nonni paterni erano entrambi  di origine ebraica, quella  "originale", non quella ashkenazita, che è composta da  turcomanni convertiti nell'anno 1000  (e che a rigor di logica non è di matrice semita), essi però durante il fascismo rinunciarono alla loro identità, forse per salvare la pelle o per simili ragioni. I loro figli, compreso mio padre, sposarono donne gentili, rompendo  la continuità genetica, ed io a mia volta ho continuato in questa strada di allontanamento.  Dal che si può affermare che la mia ascendenza-discendenza ebraica è  nulla. Resta -come detto sopra- solo qualche caratteristica psicofisica: il naso grosso ed un po' appuntito, l'intelligenza speculativa ed altre cosucce che non sto a menzionare.

Beh, perché vi sto raccontando tutto questo?  Qui ritorno ad un numero specifico della  rivista Non Credo in cui erano presenti addirittura tre lettere di lettori evidentemente di famiglia ebraica, in particolare mi riferisco alla lettrice Sarah Ancona, che scriveva al direttore Paolo Bancale: "Negli ultimi due fascicoli di Non Credo ed anche in fascicoli precedenti, si parla di ebrei, ma non di ebraismo in quanto religione, il che sarebbe nella normale tematica della rivista, ma piuttosto come popolo. Per inquadrare questi interventi nella loro categoria vorrei chiederle quale è la sua opinione sulla spinosa vicenda di quel popolo?" 

Il direttore rispose esaurientemente  ma "indirettamente" ho voluto anch'io rispondere alla signora Sarah Ancona. Una risposta che vuole anche essere un invito allo scioglimento nell'Umanità a cui tutti noi indistintamente apparteniamo. Aldilà di ogni componente etnica. Riconoscendoci quindi nella comune matrice della specie umana  e cancellando ogni vestigia di "razza", che tra l'altro anche dal punto di vista scientifico antropologico  non ha alcuna consistenza. Infatti la genetica ha stabilito che esiste una sola specie umana e le cosiddette "razze" non esistono,   non essendo altro che il risultato di  un adattamento  di popolazioni umane  che si sono evolute in determinati ambienti e clima.

Paolo D'Arpini





Testo Inglese:

From time to time I have an exchange of views with Paolo Bancale, director of the magazine "Non Credo", with whom I have been collaborating for years on various issues concerning lay spirituality. In some issues various articles of mine have been published on the Jewish "problem", examined with a secular approach. I say "lay" in a total sense, since I have often noticed that many critics of Christianity or Islam define themselves as "secular", while in the end it turns out - by their own admission - that they belong to the Jewish community. So their critique of other religions is a bit hairy.

In the course of my existence I have met several Jews, with whom I have made friends, usually these friends have shown a great open-mindedness and often did not hesitate to define themselves as free spiritual seekers, and perhaps "atheists" or at least "agnostics", therefore from intellectual point of view they could be defined as "secular". The fact is that adherence to Judaism does not simply depend on a philosophical-elective religious choice, in the sense of thought, and therefore open to all. Judaism is essentially an ethnic-cultural recognition, which is handed down among the members of the Jewish people, that is, those born to a family or a Jewish woman. The Jewish people and Judaism are therefore an inseparable whole (regardless of whether or not they believe in the ancestral religion).

As is the case for example in Hindu Brahmanism, where doctrinally Brahmins may belong to various sects of the Sanatana Dharma, they may be Vishnuites, Shaivites, Shaktas and even atheistic nihilists but they actually continue to maintain the Brahmin genetic tradition (by marrying and reproducing only among Brahmins).

And then when does a Jew stop belonging to Judaism or a Brahmin to his caste, in addition to elective intellectual renunciation?

The answer is simple: the moment in which he also abandons the genetic tradition of marriage and reproduction within his "ethnicity" or caste. As there is no longer ancestry-descent, the genetic characteristics are reshuffled and gradually the ancestral traces dispersed together with the cultural ones.

Certainly some dominant psychophysical characteristics remain for a while. But the sense of belonging to the ethnic group disappears. In a certain sense this renunciation of the "gens" is what the ancient Romans did, who being originally Etruscans, Sabines, Faliscians and Latins, etc. they renounced their "genetic family" to recognize themselves in the new Roman citizenship.

But the example of the Romans is not to be considered "universal" and definitive since they rejected the previous tribal origins but did not merge with "humanity" in the broad sense. They only changed the sense of identity. So it goes without saying that a true "secularism" must take place in totally reuniting with the "Human", leaving aside any other identification with religions, ethnic groups, races or if you prefer.

This was exactly my case. In fact my paternal grandparents were both of Jewish origin, the "original" one, not the Ashkenazi one, which is composed of Turkmen converted in the year 1000 (and which logically is not of Semitic origin), but during the Fascism they renounced to their identity, perhaps to save their skin or for similar reasons. Their children, including my father, married kind women, breaking the genetic continuity, and I in turn continued on this path of distancing. From which it can be said that my Jewish ancestry is null. As mentioned above, only some psychophysical characteristics remain: the big and slightly pointed nose, the speculative intelligence and other little things that I am not going to mention.

Well, why am I telling you all this? Here I return to a specific issue of the magazine Non Credo in which there were even three letters from readers evidently of Jewish family, in particular I refer to the reader Sarah Ancona, who wrote to the editor Paolo Bancale: "In the last two issues of Non Credo and also in previous issues, we speak of Jews, but not of Judaism as a religion, which would be in the normal theme of the magazine, but rather as a people. To put these interventions in their category, I would like to ask you what is your opinion on the thorny story of that people?"

The manager answered exhaustively but "indirectly" I also wanted to answer Mrs. Sarah Ancona. An answer that also wants to be an invitation to dissolve in Humanity to which we all belong indiscriminately. Beyond any ethnic component. Recognizing ourselves therefore in the common matrix of the human species and erasing all vestiges of "race", which among other things, also from the scientific and anthropological point of view, has no consistency. In fact, genetics has established that there is only one human species and the so-called "races" do not exist, being nothing more than the result of an adaptation of human populations that have evolved in certain environments and climates.

Paolo D'Arpini