In my experience, the relationship with a teacher does not have the purpose of transmitting any doctrine or spiritual teaching but rather to perceive the "touch" or "perfume" of its realization. His words are just a subterfuge to convey his "grace" (there is no other word more pertinent and appropriate to describe this "passage") ... spending time in his "presence" ...
Once again I asked myself about the implementation of a lay spirituality and how it can affect our daily life, especially in consideration of the fact that today our life in the world must correspond to the needs of efficiency and participation, as in society they are more accepted forms of "absence" that are specifically directed to the spiritual quest.
This above all in the awareness that lay spirituality cannot be inserted in any "religious" vein ... There are communities and aggregations for Christians, Mohammedans, Buddhists .. in short, for those "engaged" in religions, and that's it! All in all I believe that for us lay people life "in the world" is more congenial, also because our research never goes beyond the self .. and the self is present everywhere and at all times ...
The individual I (ego) arises from the reflection of consciousness in the mirror of the mind. An identification superimposition with the observed object. The object is the body-mind that reacts in relation (to contact) with other external objects. The moment that, in self-knowledge, the fictitious identity with the agent vanishes, what remains is pure awareness. It is therefore not necessary, for the purpose of realization, that the images - the world and the observer - disappear, it is sufficient for the false identity with the object / reflected subject (ego) to disappear. This means that the world can safely continue to manifest itself not being perceived as a separate reality, much as we might consider a dream to the dreamer.
At this point the Self and its manifestation are seen as the exact same thing while the sense of the separative self (of me and the other) is obliterated.
Ultimately dualism is only self-ignorance. The sage observes the actions unfolding without there being any propensity or intention or judgment in him. Spontaneously everything happens conveniently and consequently to the designated "destiny". Destiny is the response to the natural interaction (and predisposition) of the various psychic elements and aspects involved ...
Since everything happens automatically there is no "preference" in the behavior of the wise.
Indeed, his own action is (apparently) intentional only in the eyes of "others", since for the wise everything happens by itself. Every event experienced simply happens in his presence and he is the silent and detached witness. Its action (or state) can be compared to sleepwalking, or to awake sleep.
And also the concept of "destiny" or deliberate action has a meaning only in the mind of the observer who is still identified with the outside, that is, of an ego that identifies with the agent and his actions. But the moment - as already said - that this identification is destroyed, every other connected concept disappears.
Wisdom consists in remaining immune from delusion after understanding the truth. The fear of action and its consequences (karma) remains only in those who see the slightest difference between themselves and the other. As long as there is the idea that the body / mind is the ego, one cannot be an expression of truth. But it is certainly possible for anyone, and in any condition, to know their true nature since it is absolutely true and real, it is the unicum for everyone.
In fact, the state of pure Being is common to all and is the direct experience of each one. Living one's true nature this is meant by self-realization, as the self is present here and now.
The thought of feeling separate is the only obstacle to the realization of the all-pervading and omnipresent Being. And also from the empirical point of view, identifying with the agent (ego) is an impediment to the proper functioning of the psychosomatic apparatus, in the context of global functioning. Therefore, intellectual acceptance of the truth is already a liberating form from the intentional (rational) propensity to act. What is bound to happen will happen.
It is in everyone's experience that struggling with the question is a handicap in finding the answer.
Paolo D’Arpini - spiritolaico@gmail.com
Testo Italiano:
Secondo la mia esperienza il rapporto con un maestro non ha lo scopo della trasmissione di qualsivoglia dottrina o insegnamento spirituale bensì di percepire il “tocco” o “profumo” della sua realizzazione. Le sue parole sono solo un sotterfugio per trasmettere la sua “grazia” (non c’è altra parola più pertinente ed appropriata per descrivere questo "passaggio")… trascorrendo il tempo nella sua “presenza”…
Ancora una volta mi sono interrogato sull’attuazione di una spiritualità laica e di come essa possa influire sulla nostra vita quotidiana, soprattutto in considerazione che oggigiorno la nostra vita nel mondo deve corrispondere ad esigenze di efficienza e di partecipazione, in quanto nella società non sono più accettate forme di “assenza” che siano specificatamente dirette alla ricerca spirituale.
Questo soprattutto nella consapevolezza che la spiritualità laicità non può essere inserita in alcun filone “religioso”… Esistono comunità ed aggregazioni per cristiani, maomettani, buddisti.. insomma per gli “impegnati” nelle religioni, e basta!Tutto sommato ritengo che per noi laici la vita “nel mondo” sia più congeniale, anche perché la nostra ricerca non esula mai dal sé.. ed il sé è presente ovunque ed in ogni tempo…
L’io individuale (ego) sorge dal riflesso della coscienza nello specchio della mente. Una sovrimposizione identificativa con l’oggetto osservato. L’oggetto è il corpo-mente che reagisce in relazione (al contatto) con gli altri oggetti esterni.Il momento che, nell’autoconoscenza l’identità fittizia con l’agente svanisce quel che resta è la pura consapevolezza. Non è perciò necessario, al fine della realizzazione, che le immagini -il mondo e l’osservatore- scompaiano, è sufficiente che la falsa identità con l’oggetto/soggetto riflesso (ego) scompaia. Ciò significa che il mondo può tranquillamente continuare a manifestarsi non essendo percepito come realtà separata, più o meno come potremmo considerare un sogno rispetto al sognatore.
A questo punto il Sé e la sua manifestazione sono visti come la stessa identica cosa mentre il senso dell’io separativo (del me e dell’altro) viene obliterato.
In fondo il dualismo è soltanto ignoranza di Sé.Il saggio osserva le azioni svolgersi senza che vi sia alcuna propensione o intenzione o giudizio in lui. Spontaneamente ogni cosa avviene confacentemente e conseguentemente al “destino” designato. Il destino è la risposta alla naturale interazione (e predisposizione) dei vari elementi ed aspetti psichici coinvolti…
Siccome tutto succede automaticamente non vi è alcuna “preferenza” nell’agire del saggio.
Anzi il suo stesso agire è (apparentemente) intenzionale solo agli occhi degli “altri”, giacché per il saggio ogni cosa accade di per sé. Ogni evento vissuto accade semplicemente in sua presenza e lui ne è il testimone silenzioso e distaccato. Il suo agire (o stato) può essere paragonato al sonnambulismo, o al sonno da sveglio.
Ed inoltre anche il concetto di “destino” o di azione deliberata ha un senso unicamente nella mente dell’osservatore ancora identificato con l’esterno, ovvero di un ego che si identifica con l’agente e con le sue azioni. Ma il momento -come già detto- che tale identificazione è distrutta ogni altro concetto collegato scompare.
La saggezza consiste nel rimanere immune dalla illusione dopo aver compresa la verità. La paura dell’agire e delle sue conseguenze (karma) permane solo in chi vede la pur minima differenza fra sé e l’altro. Finché esiste l’idea che il corpo/mente è l’io non si può essere espressione di verità. Ma certamente è possibile per chiunque, ed in ogni condizione, conoscere la propria vera natura poiché essa è assolutamente vera e reale, è l’unicum per ognuno.
Infatti lo stato di puro Essere è comune a tutti ed è la diretta esperienza di ciascuno. Vivere la propria vera natura questo si intende per auto-realizzazione, poiché il sé è presente qui ed ora.
Il pensiero di sentirsi separati è il solo ostacolo alla realizzazione dell’Essere onnipervadente ed onnipresente. E pure dal punto di vista empirico identificarsi con l’agente (ego) è un impedimento al buon funzionamento dell’apparato psicosomatico, nel contesto del funzionamento globale. Per cui già l’accettazione intellettuale della verità è una forma liberatoria dalla propensione intenzionale (razionale) ad agire. Ciò che è destinato ad accadere accadrà.
E’ nell’esperienza di ognuno che arrovellarsi nella domanda è un handicap a trovare la risposta.
Paolo D’Arpini