domenica 1 marzo 2020

Mathematics between physics and metaphysics - La matematica tra fisica e metafisica


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The so-called Arabic numbers are actually Indian, including the zero which was an "invention" of the ancient mathematicians and philosophers of ancient India.

In fact, India played a fundamental role in the development of mathematics combined with philosophical concepts, which occurred during the Vedic period, which dates back to a few thousand years before Christ. It was the Indians who discovered the positional numbering system, based on the use of nine symbols to write all the numbers and zero (decimal system), they formulated the rules for the four operations, solved first-degree equations and second-degree equations . Zero was treated like all other numbers and not as a number representing "absence of quantity".

India is not only the home of the zero and the numbers that the Arabs very soon brought from India to Europe. In fact, as the researcher Martina Brocca informs us, in the centuries before the birth of Christ, Indian mathematicians were the first to develop research on set theories, logarithms, third degree equations, fourth degree equations, extraction of square roots, of infinite and finite powers and of algorithms for the calculation of irrational numbers, etc.

And the researchers and seers of ancient India did not limit themselves to numbers but also expanded the study and understanding of forms. The particular speculative nature of Indian culture means that from the beginning, geometric figures were considered an intermediary with the divinity and therefore used for ritual purposes. The close relationship between numbers and philosophy in Hindu culture has represented a reason for the development of both physical and metaphysical science.

The ancient Indus and Saraswati civilization (which dates back several thousand years BC) first developed weights and measures, on a decimal scale, to weigh wheat and to manufacture building materials to build cities. Knowing how to make astronomical calculations was indispensable for merchants of the Vedic era who looked to the sky to cross oceans and uninhabited lands; for astronomers who created precise calendars taking into account the rainy seasons to improve agriculture; for the rulers who administered the kingdom and for astrologers, who analyzed the influence of the stars. But religious-philosophical needs also motivated this research: both for the calculation of the area for the sacred altars of sacrifice, and as a tool to read the universe and reach enlightenment. Space and time were perceived as infinite and a deep interest in large numbers was born.

Vedic mathematics, well before it was brought back to the West by the Arabs, was the matrix of all the science of ancient Europe. For example, the famous theorem of Pythagoras suggests that the great Greek philosopher was aware of Indian mathematical theories: the Sulva Sutra (VIII BC) and the Shatapatha Brahmana (VIII-VI BC) which prove that the theorem was already known in India for centuries.

Evidently the knowledge that allowed Pythagoras to elaborate his theories is the result of his long trips to the East and India. Pythagoras is considered the father of arithmetic in the West, to his students, who selected based on the ability to associate a message with a symbol, used to say "everything is a number". He taught a theory that links mathematics to nature and music, establishing an assonance with the entire cosmos and with the laws that govern it.

The association of numbers with nature, says scholar Angela Braghin, tilts and facilitates deep meditation and allows man to grasp the intimate nature of the celestial spheres, creating a bridge between the visible and the invisible, since there is a close assonance between numbers, form and ideas. In fact, regulated by the numbers, the alternation of the seasons and the different crops corresponding to them results.

Ultimately, according to the ancient inventors of mathematical science, numbers contain, regulate and enclose Creation and every creature, and allow man to spread the message he has been carrying since birth, and incorporate it into the deeper, collective and primitive message, or the divine one.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano: 

I cosiddetti numeri arabi sono in realtà indiani, compreso lo zero che fu una “invenzione” degli antichi matematici e filosofi dell'India antica. 

L’India infatti ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo della matematica abbinata a concetti filosofici, il che è avvenuto durante il periodo vedico, che si fa risalire a qualche migliaio di anni avanti Cristo. Furono gli indiani a scoprire il sistema di numerazione posizionale, fondato sull’uso di nove simboli per scrivere tutti i numeri e dello zero (sistema decimale), essi formularono le regole per le quattro operazioni, risolsero equazioni di primo grado ed equazioni di secondo grado. Lo zero era trattato come tutti gli altri numeri e non come un numero che rappresentava “assenza di quantità”. 

L’India non è soltanto la patria dello zero e delle cifre che gli arabi molto successivamente portarono dall’India in Europa. Infatti, come ci informa la ricercatrice Martina Brocca, nei secoli antecedenti la nascita di Cristo, i matematici indiani furono i primi a sviluppare ricerche su teorie degli insiemi, di logaritmi, di equazioni di terzo grado, di equazioni di quarto grado, di estrazione di radici quadrate, di potenze finite e infinite e di algoritmi per il calcolo di numeri irrazionali, etc.

Ed i ricercatori e veggenti dell'antica India  non si limitarono ai numeri ma espansero anche lo studio e la comprensione delle forme. La particolare natura speculativa della cultura indiana fa sì che fin dai primordi le figure geometriche furono considerate un tramite con la divinità e perciò utilizzate a fini rituali. Lo stretto rapporto tra numeri e filosofia nella cultura induista ha rappresentato un motivo di sviluppo della scienza sia fisica che metafisica.

L’antica civiltà dell’Indo e del Saraswati (che si fa risalire a diverse migliaia di anni  a.C.)  per prima  sviluppò pesi e misure, in scala decimale, per pesare il grano e per fabbricare materiali edili per edificare le città. Saper fare calcoli astronomici era indispensabile per i mercanti dell’epoca vedica che guardavano al cielo per attraversare oceani e lande disabitate; per gli astronomi che crearono calendari precisi tenendo conto delle stagioni di pioggia per migliorare l’agricoltura; per i regnanti che amministravano il regno e per gli astrologi, che analizzarono l’influenza degli astri. Ma a motivare tale ricerca furono anche esigenze religiose-filosofiche: sia per il calcolo dell’area per i sacri altari del sacrificio, che come strumento per leggere l’universo e  raggiungere  l’illuminazione.  Lo spazio e il tempo erano percepiti come infiniti e nacque così un profondo interesse verso i numeri grandi.

La matematica vedica, ben prima che fosse riportata dagli arabi in occidente, fu la matrice di tutta la scienza dell'Europa antica. Ad esempio il famoso teorema di Pitagora lascia pensare che il grande filosofo greco fosse al corrente delle teorie matematiche indiane: il Sulva Sutra (VIII a.C) e il Shatapatha Brahmana (VIII-VI a.C.) le quali  provano che il teorema fosse già noto in India da secoli. 

Evidentemente le conoscenze che hanno permesso a Pitagora di elaborare le sue teorie, sono frutto dei suoi lunghi viaggi in Oriente e in India. Pitagora è considerato il padre dell’aritmetica in occidente, ai suoi studenti, che selezionava in base alla capacità di associare un messaggio ad un simbolo, soleva dire “tutto è numero”. Egli insegnò una teoria che lega la matematica alla natura e alla musica, stabilendo un’assonanza con l’intero cosmo e con le Leggi che lo governano. 

L’associazione dei numeri alla natura, afferma la studiosa Angela Braghin, inclina ed agevola una meditazione profonda e consente all’uomo di cogliere l’intima natura delle sfere celesti, creando un ponte tra il visibile e l’invisibile, poiché c’è una stretta assonanza tra numeri, forma e idee. Infatti, regolata dai numeri risulta l’alternanza delle stagioni e delle diverse coltivazioni ad esse corrispondenti.

In definitiva secondo gli antichi inventori della scienza matematica i numeri contengono, disciplinano e racchiudono il Creato e ogni creatura, e consentono all’uomo di diffondere il messaggio del quale è portatore sin dalla nascita, e inglobarlo al messaggio più profondo, collettivo e primigenio, ovvero quello divino.

Paolo D'Arpini

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