lunedì 9 aprile 2018

Ramana Maharshi: "The final question" - Ramana Maharshi: “La domanda finale”


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Sri Ramana has said that we, each of us, are in essence really Jnani (knowers of the truth), that we move with the legs of externalization (coming out of oneself) and of internalization (entering into one's self). We all live under the same imperatives, we push ourselves towards the same realization.

Without exteriorization we could not manifest ourselves in the mirror of creation, which allows the Absolute to perceive itself. The deluded and the enlightened are both "necessary". The deluded can not choose. The liberated does not choose. Since there is no "choice". 

Upadesha Saram describes the path of "homecoming". Reading and absorbing its meaning means receiving "his liberating will", his Grace (n.13). Muruganar Sastri

Note 13 - Verily, Maharshi regarded everything as Divine Grace. When one of his devotees, Devaraja Mudaliar, complained of some facts that disturbed his mental stillness and asked whether such problems meant that Maharshi had withdrawn the flow of his grace, the Maharshi replied: "You silly companion, the problems or lack of peace come only because of grace "(Recollections, page 113)

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Reflections on the text:
When Ramana Maharshi affirms that all are Jnani evidently founds this affirmation in the Advaita (non-dual) knowledge in which there exists only the One without a two, for which each of us is considered the manifestation of that One and can not be others then that.

Ramana further specifies that in the play of Consciousness the One projects itself in the reflection of the mind and perceives it as separate - this process is called exteriorization - but at the same time the inverse thrust towards the interiorization (or the conscious return to Primigenia unit). 

Some aspects of the same One (which we define as entities or persons) manifest themselves as "deluded", others as "enlightened" -so appears in the mirror of the mind- to carry out the "comedy" of creation.  Using the words of the Maharshi this process "allows the One to perceive himself". Which means that for the purposes of cosmic play the antagonistic parts (the opposites) are necessary.

The ignorant can not choose, says the sage, because driven by a will, by a mysterious force in him that moves it according to the predispositions and qualities embodied, a sort of automatic action that has the appearance of voluntary maneuver, resulting from the feeling that we call "free choice". But even though it is apparently the result of our "arbitrariness", the accomplished action and its consequences are actually a simple projection of the energetic force of the One (Shakti).

The knower of the One (Jnani), which is only  the One in Consciousness, and therefore beyond any sense of limitation, and devoid of the notion of "better" or "worse" "right" or "wrong", does not choose, and indeed, what and how could he choose if he is present in everything?

The problem of the incongruity of such statements is only in the mind of the "spiritual seeker", who is "invited" to exercise discipline and self-control to make the "return home", he therefore believes that the works, practices, from him carried out,  they are functional to that "return", in fact they are only "a signal" of the return and absolutely not functional  to it. And then defining it as "return" is somewhat misleading - being a term suitable for the dual mind that thinks of concluding a path - in fact, how can one "return" to what one has always been? 

But in the present condition we can not do without using the language that is a form of sharing and communication in duality,  to express ourselves "absurdly" ....

The fact remains that the non-dual awareness of the Jnani, being incommunicable in words, can only be transmitted in the form of "grace" (we would also say "love" or "compassion"), such Grace is the constant and real nature of the One therefore the flow can never be interrupted. The state of the Jnani, and the Grace he emanates, is not dispensation or favor from the One to the many ... it is the simple permanence  in one's own nature, totally and absolutely One and therefore indistinguishable, and which can not be subdivided into "degrees". In this sense the presence of the Jnani is compared to the Divine Presence. And whoever consciously enters that Presence in it is absorbed and recognizes himself. 

This is the great mystery of the Presence.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano

Sri Ramana ha detto che noi, ognuno di noi, siamo in essenza realmente Jnani (conoscitori della verità), che ci muoviamo con le gambe dell’esteriorizzazione (uscir fuori da sé) e dell’interiorizzazione (entrare nel proprio sé). Tutti noi viviamo sottoposti agli stessi imperativi, ci spingiamo verso la stessa realizzazione.

Senza l’esteriorizzazione non potremmo manifestarci nello specchio della creazione, che consente all’Assoluto di percepire se stesso. L’illuso e l’illuminato sono entrambi “necessari”. L’illuso non può scegliere. Il liberato non sceglie. Poiché non vi è “scelta”. Upadesha Saram descrive il sentiero del “ritorno a casa”. Leggere ed assorbire il suo significato vuol dire ricevere la “sua volontà liberatrice”, la sua Grazia (n. 13). Muruganar Sastri

Nota 13 – In verità Maharshi considerava ogni cosa come Grazia Divina. Allorché un suo devoto, Devaraja Mudaliar, si lamentò di alcuni fatti che disturbavano la sua quiete mentale e domandò se tali problemi significavano che Maharshi aveva ritirato il flusso della sua grazia, il Maharshi rispose: “Tu compagno pazzariello, i problemi o la mancanza di pace vengono solo a causa della Grazia” (Recollections, pag. 113).
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Riflessioni sul testo:

Allorché Ramana Maharshi afferma che tutti sono Jnani evidentemente fonda tale affermazione nella coscienza Advaita (non duale) in cui esiste solo l’Uno senza un due, per cui ognuno di noi è considerato la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello.

Ramana specifica ulteriormente che nel gioco della Coscienza l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione- ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa all’interiorizzazione (ovvero del consapevole ritorno all’Unità primigenia).

Alcuni aspetti dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come “illusi”, altri come “illuminati” -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione. Usando le parole stesse del Maharshi “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.

L’ignorante non può scegliere, afferma il saggio, perché sospinto da una volontà, da una forza misteriosa in lui riposta che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”. Ma pur essendo apparentemente risultato del nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze, sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno (Shakti).

Il conoscitore dell’Uno (Jnani), che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, e privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, non sceglie, ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?

Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore spirituale”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.

E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è sempre stati? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio che è una forma di condivisione e comunicazione nella dualità, di esprimerci “assurdamente”….

Resta il fatto che la consapevolezza non duale del Jnani, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma di “grazia” (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale Grazia è la costante e reale natura dell’Uno quindi non può esserne mai interrotto il flusso.

Lo stato del Jnani, e la Grazia da lui emanata, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”. In tal senso la presenza del Jnani viene paragonata alla Presenza Divina. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso.

Questo è il grande mistero della Presenza.


Paolo D’Arpini

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