martedì 21 ottobre 2025

La meta non è lontana... è nel momento presente!

 


Il Risveglio  non può essere indotto negli altri con le parole, quel Risveglio  in cui il “se stesso” si  riconosce in Se stesso, l’essere come veramente è, completo, puro, reale, perfetto, senza paure e senza desideri.
 
Ma il “tendere verso” non può essere “aiutato”  reprimendo il compimento del proprio "dharma" (dovere morale o giusto percorso). La scomparsa di paure e desideri deve avvenire spontaneamente, quando scoprendo e amando il nostro vero Sé, non abbiamo più paura di nulla e non abbiamo più desideri.

Così  senza sostenere prove o sentirci stressati possiamo seguire le due vie:  quella dell’amore verso l’esterno e quella della conoscenza verso l’interno. Che poi sono una sola. 

Accompagnandoci lungo il percorso con “gli altri”, tutti gli altri, che  fanno parte di noi.  Capendo noi stessi e conoscendoci conosciamo e capiamo gli altri, e conoscendo gli altri capiamo noi stessi, nei momenti bui e in quelli luminosi, e possiamo rifletterci e far “riflettere” gli altri in noi.

Ad ognuno compete la sua parte nel gioco della Coscienza.

E quando arriviamo a conoscerci e accettarci completamente, le nostre azioni sono consone alle circostanze ma non hanno finalità particolari, non abbiamo bisogno di combattere contro qualcuno, possiamo amare indefinitamente e senza condizioni noi stessi come il resto del mondo.
 
Manifestando le nostre vere  qualità, senza timore delle conseguenze e senza aspettative di risultati.  La vita è un gioco in cui  recitare la propria parte è essenziale.

L’evoluzione procederebbe così e può procedere così non tanto o non solo per tentativi ed errori, ma tramite quella consapevolezza intuitiva, che tira l’intero corpo cellulare e mentale in avanti... 
 
La complementarietà porta all’equilibrio, alla visione chiara dei due aspetti, allo spirito e alla materia, al buio e alla luce, al moto e all’inerzia, nella comprensione che siamo tutti uniti e, come disse il saggio Nisargadatta Maharaj:  “Dolore e piacere sono le creste e gli avvallamenti nell’oceano della beatitudine. In profondità c’è la pienezza assoluta”  
 
Caterina Regazzi e Paolo D’Arpini
 

Post Scriptum  "Ad esempio anche Rama e Krishna, due incarnazioni divine, erano consapevoli dell’Unità ma non si tirarono indietro quando dovettero partecipare ad una guerra che ritenevano giusta. Certo all’inizio fecero di tutto per evitare uno scontro diretto ma poi presero parte a quello che ritenevano il compimento di un loro dovere". 

lunedì 20 ottobre 2025

Ecco, U.G. (per gli amici)… - Ovvero "L'inganno dell'illuminazione"...

 

Uppaluri Gopala Krishnamurti

Sto cercando di rimettere in sesto e riorganizzare la memoria che ho di Roma. Questo perché ritengo che -essendo nato e vissuto per lunghi anni in questa città- sia doveroso per me  fissarne le immagini. Non dispongo di alcun album fotografico, solo i miei ricordi ed ovviamente i ricordi che più facilmente vengono a galla son quelli che mi riportano in linea con la spiritualità laica…


Mi considero fortunato di aver potuto conoscere negli anni trascorsi a Roma  alcuni dei maestri che oggi sono universalmente riconosciuti come Mahatma ovvero i  “grandi dello spirito”.   Di qualcuno ho già raccontato le sensazioni vissute durante l’incontro, come ad esempio  quella volta con il 16° Karmapa, di altri debbo ancora meditare sul significato ed il valore.  Oggi vorrei però raccontare un’importante “tete à tete” che  ebbi con un “personaggio” anomalo della conoscenza, un maestro -non maestro. Un saggio che rifiutava la saggezza come percorso  affermando che  “è la vita stessa che si prende cura di tutto, non c’è bisogno di interferire con l’intenzione di raggiungere la conoscenza, la conoscenza è la nostra vera natura e non può essere ottenuta attraverso processi mentali od una volontaria (ipoteticamente volontaria) ricerca…”. 


Insomma si trattava di un saggio che secondo i nostri canoni potremmo chiamare “nichilista”, ma anche  Buddha fu definito tale e tanti altri “conoscitori del Sé”  che oggi son rispettati come maestri dell’umanità…


L’incontro con questo “ribelle della saggezza”  avvenne chiaramente nel modo più banale possibile, nel tran tran di una normalissima giornata a Roma, una giornata tiepida d’autunno,  con il sole in cielo e  la città sbrilluccicante di specchi e vetrate riflettenti la luce.   Anche Uppaluri Gopala Krishnamurti (questo il nome canonico del “saggio”) rifulge ora nella mia mente come quel giorno di sole…

   

Ecco,  U.G. ( per gli amici)….


La mia sadhana (pratica spirituale) procedeva  retta, vivevo a Roma,  la mia vita leggera e scandita da molteplici esperienze. Nel corso del tempo avviai una sorta di comunione sincretica con  altri cercatori sul cammino, avevo frequentato e conosciuto tutti i gruppi che  operavano a quel tempo in città. Incontrai Baktivedanta Prabupada (il fondatore degli Hare Krishna), Raphael Lacquiniti (fondatore dell’Ashram Vidya),  Satyananda (discepolo di Ananda Moy Ma)  e diversi altri luminari dello spirito, oltre  a conoscere i vari devoti e seguaci di Maharishi Mahesh Yogi, Guru Maharaji, Bagawan Rajneesh, Ananda Marga, etc.  ed anche vari maestri anomali  e cultori di strane sette, come i  “rinomati” Bambini di Dio… etc.


Insomma facevo come Narada che andava da un ashram all’altro a cantare i nomi del Signore (nelle varie forme) confrontandosi con i devoti di diverse  religioni, demoni e dei. Ovviamente avevo notato come ognuno dei “religiosi” incontrati cercasse di tirare l’acqua al proprio mulino.  Quasi tutti  volevano convincermi del loro credo, alcuni arrivando  a dirmi che se non avessi accettato la loro fede era inutile che li frequentassi.  


Mi restavano pochi amici laici, liberi e seriamente consapevoli dell’Unità dietro il nome e la  forma, una di questi era Marisa Saetti, persona squisita che di tanto in tanto andavo a visitare nella  sua casa antica, vicino alla sede del Partito Radicale, in pieno centro storico di Roma.


Un giorno Marisa mi disse: “Sai viene a trovarmi un Jnani (uomo di conoscenza), che vive in Svizzera ma di tanto in tanto passa  da queste parti, si chiama Krishnamurti – ma non è quell’anti maestro dei teosofi-   è  Upalluri Gopala Krishnamurti, detto U.G.  uno che sta per conto suo, sarà qui a pranzo da me domani, perché non vieni anche tu a farci compagnia?”.


Accettai l’invito e l’indomani mi ritrovai sulla  grande terrazza, noi tre soli, Marisa, U.G. ed io, come ad un incontro fra persone  qualsiasi, magari un po’ borghesi. 


Osservavo U.G. con la coda dell’occhio,  un uomo di mezza età che poteva  essere un impiegato di Bombay, vestito come un indiano occidentalizzato, pantaloni scuri, camicia bianca sbottonata sul collo e  mi pare anche una giacca.  Dopo le presentazioni alquanto formali ognuno pareva interessato agli affari suoi, io gironzolavo sulla terrazza, Marisa preparava il pranzo, U.G. se ne stava seduto in silenzio. 


Non volevo assolutamente affrontare alcun discorso spirituale   e perciò mi guardavo bene dall’attaccar bottone, ma con mia meraviglia mi avvidi che U.G. sembrava ancor meno di me interessato a chiacchierare, anzi non mi guardava nemmeno. Ad un certo momento notai persino che sparì all’interno della casa. Memore di come fossi stato importunato in passato da tutti quei “maestri” e discepoli incontrati, che volevano trasmettermi i loro sublimi messaggi, restai un po’ perplesso dall’atteggiamento di Uppaluri Gopala.


Nel frattempo Marisa annunciò che il pranzo era pronto, chiedo di lavarmi le mani e Marisa mi indica il bagno,  vi entro e mi accorgo che era già occupato da Uppaluri Gopala, mi sento un po’ in imbarazzo e faccio per uscire, vedo però che  lui resta immobile, come in catalessi… Non avevo suscitato in lui  alcuna reazione,  non stava facendo nulla di speciale, era lì in piedi che guardava fissamente la vasca da bagno…  a quel punto  ritorno verso il lavello e mi lavo le mani con noncuranza, nel frattempo anch’egli  sembrò uscire da quello  “stato di sconnessione”  e viene a sedersi a tavola. 


Pranzo molto inglese, non per il cibo -ottimo- cucinato da Marisa,  ma per l’aria distaccata di tutti noi che mangiavamo con sussiego scambiando solo parole necessarie, tipo “vuoi ancora? – qui c’è l’acqua, etc.”. Decisamente sembrava che U.G. non volesse  “convertirmi”  a nulla, la mia curiosità  verso quest’insolito maestro era stata risvegliata ma non “abbastanza”  da fargli qualsivoglia domanda “spirituale”. In fondo di fronte ad un Jnani (un saggio) cosa si può dire se non parole vuote per lui e fuorvianti per noi?   


Solo anni dopo, leggendo la sua biografia mi accorsi che quello era esattamente ciò che aveva voluto comunicarmi:

Sto parlando? Sto dicendo qualche cosa? E’ come l’ululato dello sciacallo, l’abbaiare di un cane o il raglio di un asino. Se riuscite a porre quello che dico allo stesso livello e sentire solo le vibrazioni  siete fuori dall’inganno e  non andrete mai più a sentire nessuno. Finito. Non si dovrebbe parlare di autorealizzazione. Voi realizzerete che non c’è la realizzazione, questo è tutto.  Non  esiste un centro, giusto c’è  la vita che sta lavorando in un modo straordinario…”. 

    

Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica





Racconto tratto da: 


mercoledì 15 ottobre 2025

Spiritual seeking liberates... - La ricerca spirituale libera...

 


Spirituality does not belong to any religion; it is the true nature of man. The spirit is present in all that exists; it cannot therefore be reached through a specific path, since it is already there even in the attempt to pursue it.

Laity is the state of absolute "freedom" from all established thought forms, be they ideological or religious. "Laikos," in Greek, means one who is outside of any social and religious context, meaning one who does not belong to any social or religious order.

Spiritual seeking does not mean pursuing a codified path, a set of rules of faith, or belonging to a creed; the spiritual seeker is simply one who looks within himself, one who recognizes the Whole in himself and himself as the Whole.

From this perspective, spiritual seeking can be considered a strictly personal matter, so the true spiritual seeker is absolutely secular, while at the same time recognizing what is within him as present in everything else. Reconciling one's personal path with that of anyone else means knowing how to flow without obstruction, learning and transmitting without demands; in short, it's about making peace with ourselves and with others.

This absolute freedom also includes absolute love and respect, as there are no preconceived notions or absolutist references to a specific path.

Lay Spirituality is a path where there can be no dogma or religious guidelines. This is the path where no path is followed. The path is completely absent; in lay spirituality, what matters is simple presence to oneself, and this cannot be a path but simply a focus on one's current state.

Consciousness is aware of consciousness.

And this is normal, since lay spirituality cannot be anything new but only a "descriptive way" of something that already exists. If that something weren't already there, what would be the point of being "aware" of it?

Therefore, Lay Spirituality and Awareness are one and the same. But we know that pure self-awareness is unfortunately often tainted by superimposed images, created by our mind; these images are what we imagined spirituality to be.

Accepting oneself as something completely unfathomable and unknowable, not referable to any ideological or religious axiom, means remaining suspended in the void, being empty. It is impossible to discern the boundaries of one's being. This lack of identification with any structural form (of thought or otherwise) is simultaneously also the "strength" of spiritual laity.

There are no safe harbors, no boat, no sea, no one and nothing to search for... only the current of life, of consciousness, only the sense of being present. In this lack of conditions, it is possible to feel our ego surrender, our mind dissolve, thus discovering the "Center" which in truth is not a center because it is all that is, without center or periphery.

The feeling of lay spirituality is comparable to the feeling of deep ecology. Indeed, both share the full awareness of belonging to an "inseparable whole." Deep ecology focuses more on the external aspect of this "whole," while lay spirituality focuses on the internal aspect. Through this external-internal integration, we fill a huge gap in our thinking and action.

Everything around us and we ourselves are one and the same; we are immersed in ourselves like water in water, yet we continue to behave as if we were separate, treating what we believe to be "outside us" as if it were "other" than us. Is there a greater wonder than this?

Paolo D'Arpini - Committee for Lay Spirituality




Testo Italiano: 

La spiritualità non appartiene ad alcuna religione; essa è la vera natura dell’uomo. Lo spirito è presente in tutto ciò che esiste, non può quindi essere raggiunto attraverso uno specifico sentiero, poiché esso è già lì anche nel tentativo di perseguirlo.

La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.

Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda sé stesso, colui che riconosce il Tutto in sé stesso e sé stesso come il Tutto.

Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.

Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.

La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.

La coscienza è consapevole della coscienza.

Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?

Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.

Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non riferibile ad alcun assioma di derivazione ideologica o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere.  Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale. 

Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il "Centro" che in verità non è un centro perché è tutto ciò che è, senza centro né periferia.

Il sentire della spiritualità laica è equiparabile al sentire dell'ecologia profonda. Anzi entrambi condividono la piena consapevolezza di appartenere ad un "tutto inscindibile". L'ecologia profonda prende maggiormente in esame l'aspetto esterno di questo "tutto" mentre la spiritualità laica si occupa dell'aspetto interiore. Attraverso questa integrazione esterno-interno riempiamo una falla enorme nel pensiero e nell'azione.

Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell'acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo "sia al di fuori di noi" come  fosse "altro" da noi. C'è una meraviglia più grande di questa?

Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualià Laica 

martedì 14 ottobre 2025

I had a dream too... - Anch'io ho fatto un sogno...



...I saw that a small group of friends had gathered to decide how to save the world. At first, we were just a handful, as they say, then gradually other people of all races arrived: Middle Eastern, Chinese, African, and so on. The goal wasn't so much to find solutions to avoid what seemed inevitable, but rather to maintain an intelligence, a seed, for the continuation of the human species.

Finally, we had to prepare for a final war, and the expert's advice was: "To survive a war, you must not let yourself be overwhelmed by emotions, but rather try to fulfill what is necessary without worrying about the consequences." I agreed with him... And aren't we today on the verge of a global war for the survival of humanity? What can we solve with our chatter and our small actions to save the world?

Remaining firm without being swept away by "sensations," living in the present moment, facing whatever lies before us without projecting a purpose or a reason...

Planet Earth has experienced many other dramatic situations. What matters is maintaining intelligence and the ability to survive, and this ability, as we saw on Bikini Island, site of French nuclear tests, has unimaginable strength.

In fact, where death was expected, an exceptionally vital and prosperous ecosystem has been discovered, especially in the "absence" of man.

Life's capacity to elaborate will mock "scientific" arrogance, and despite apparent blindness, man will not be able to destroy life (of which he himself is an emanation). And this, despite the sterile human collection of information, which has prevailed over the ability to rediscover the freshness of life day by day, the capacity for self-preservation will ultimately "assert itself."

I see it in what happens in the cracks of the asphalt, amid the garbage, among the most pestilential poisons of this opulent and somewhat stupid society... Yet man is the sum of a complicated network of complexes, psychoses, neuroses, instincts, fixations, and intuitions!

No living thing is capable of leading an existence detached from the rest of existence. But in nature, "everything has its place, and every place has its thing." Therefore, I maintain the position of a non-interventionist observer. The ability to survive in any environmental condition will ensure the maintenance of existence, that's for sure...

Paolo D'Arpini - Italian Bioregional Network



Testo Italiano: 

...Ho visto che un piccolo gruppo di amici si era riunito per decidere come salvare il mondo. All’inizio eravamo quattro gatti come suol dirsi poi a mano a mano giungevano altre persone di tutte le razze: mediorientali, cinesi, neri, etc. Lo scopo non era tanto quello di trovare soluzioni per evitare ciò che appariva inevitabile bensì di riuscire a mantenere un’intelligenza, un seme, per la continuazione della specie umana. 

Infine dovevamo prepararci ad una guerra finale e il consiglio dell’esperto era: “Per sopravvivere ad una guerra occorre non lasciarsi travolgere dalle emozioni cercando bensì di adempiere a quanto necessario senza preoccuparsi delle conseguenze”. Ero anch’io d’accordo… E non siamo forse oggi in procinto di una guerra globale per la sopravvivenza dell’Umanità? Cosa possiamo risolvere con le nostre chiacchiere e le nostre piccole azioni per salvare il mondo?

Restare saldi senza farsi trascinare dalle “sensazioni”, vivere nel momento presente affrontando quel che ci si para d'innanzi senza proiettare un fine, una ragione...

Di situazioni drammatiche il pianeta Terra ne ha vissute ben altre. Quello che conta è il mantenimento dell’intelligenza e della capacità di sopravvivenza e tale capacità, come abbiamo visto accadere nell’isola di Bikini, sede degli esperimenti nucleari francesi, ha una forza inimmaginabile.

Infatti lì dove ci si aspettava la morte si è invece scoperto un ecosistema eccezionalmente vitale e prospero, soprattutto in “assenza” dell’uomo.

 La capacità elaborativa della vita si farà beffe dell’arroganza “scientifica” e, malgrado l’apparente cecità, l’uomo non potrà distruggere la vita (di cui egli stesso è emanazione). E questo nonostante la sterile raccolta umana di informazioni, che ha preso il sopravvento sulla capacità di riscoprire giorno per giorno la freschezza della vita, alla fine la capacità di conservazione saprà “affermarsi”.

Lo vedo in quel che succede negli interstizi dell’asfalto, in mezzo alle immondizie, tra i veleni più pestilenziali di questa società opulenta ed un po’ tonta… Eppure l’uomo è la somma di una complicata rete di complessi, psicosi, nevrosi, istinti, fissazioni e intuizioni!

Nessuna cosa viva è in grado di condurre in se stessa un’esistenza distaccata dal resto dell’esistente. Ma in natura “ogni cosa ha il suo posto ed ogni posto ha la sua cosa” Perciò mantengo una posizione di osservatore non interventista. La capacità di sopravvivenza in qualsiasi condizione ambientale provvederà al mantenimento dell'esistenza, questo è certo...

Paolo D’Arpini - Rete Bioregionale Italiana

venerdì 10 ottobre 2025

Dialogo sulla libertà di scelta...

 


giovedì 2 ottobre 2025

The Sephirothic Tree... - L'Albero sefirotico...



The One is the mystery of mysteries, the En Sof (the limitless). He can manifest himself through his attributes, which are the qualities described in Kabbalah. The projected diagram is called the Tree of the Sephiroth, with ten branches. It is a symbol of how the divine qualities descend from above to below, marking the spiritual path the soul must travel on its return. The journey is accomplished through seven Hekaloth (spiritual planes) in which the soul proceeds from below to above until revelation. 

In Kabbalah, the branches intersect in 22 paths leading to various qualities, and this number corresponds to the 22 letters of the Hebrew alphabet. Let us now see the names and arcane meanings of the various paths. 1. From Intelligence to the Crown, the beginning; 2. From Beauty to the Crown, occult knowledge; 3. From Intelligence to Wisdom, profane knowledge; 4. From Beauty to Wisdom, creation; 5. Mercy to Wisdom, wisdom; 6. Beauty to Intelligence, faith; 7. Severity to Intelligence, motion; 8. Severity to Mercy, resolution; 9. Beauty to Mercy, meditation; 10. Triumph to Mercy, evolution; 11. Beauty to Severity, moderation; 12. Splendor to Severity, renunciation; 13. Triumph to Beauty, transformation; 14. Foundation to Beauty, moderation; 15. Splendor to Beauty, awe; 16. Splendor to Triumph, destruction; 17. Foundation to Triumph, fulfillment; 18. Kingdom to Triumph, mutability; 19. Foundation to Splendor, contentment; 20. Kingdom to Splendor, judgment; 21. Foundation to Kingdom, completeness; From Wisdom to the Crown, the En Sof, the divine paradox.

"Silence contains within itself abysses within abysses, but there exists an ultimate Silence, an extreme point that is nothing yet from which everything flows; this is the Essence."

Paolo D'Arpini - Committee for Lay Spirituality




Testo Italiano: 

L’Uno è il mistero dei misteri, l’En Sof (il senza limite), Egli può manifestarsi attraverso i suoi attributi che sono poi le qualità descritte nella Kabbalah. Lo schema proiettato si chiama Albero delle Sefiroth, con dieci rami, è un simbolo di come le qualità divine siano scese dall’alto verso il basso, segnando la strada spirituale che l’anima deve compiere per il ritorno. 

Il cammino si compie attraverso 7 Hekaloth (piani spirituali) in cui l’anima procede dal basso verso l’alto sino alla rivelazione. Nella Kabbalah i rami si intersecano in 22 sentieri conduttivi a varie qualità e questa cifra corrisponde alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico. 

Vediamo ora quali sono i nomi ed i significati arcani dei vari sentieri. 1 dalla Intelligenza alla Corona, l’nizio; 2 dalla Bellezza alla Corona, conoscenza occulta; 3 dalla Intelligenza alla Saggezza, conoscenza profana; 4 dalla Bellezza alla Saggezza, creazione; 5 dalla Misericordia alla Saggezza, saggezza; 6 dalla Bellezza all’Intelligenza, fede; 7 dalla Severità all’Intelligenza, moto; 8 dalla Severità alla Misericordia, risoluzione; 9 dalla Bellezza alla Misericordia, meditazione; 10 dal Trionfo alla Misericordia, evoluzione; 11 dalla Bellezza alla Severità, moderazione; 12 dalla Splendore alla Severità, rinuncia; 13 dalla Trionfo alla Bellezza, trasformazione; 14 dal Fondamento alla Bellezza, moderazione; 15 dallo Splendore alla Bellezza, soggezione; 16 dallo Splendore al Trionfo, distruzione; 17 dal Fondamento al Trionfo, realizzazione; 18 dal Regno al Trionfo, mutevolezza; 19 dal Fondamento allo Splendore, appagamento; 20 dal Regno allo Splendore, giudizio; 21 dal Fondamento al Regno, completezza; dalla Saggezza alla Corona, l’En Sof, il divino paradosso.

“Il Silenzio ha in sé abissi dentro abissi, ma esiste un Silenzio ultimo, un punto estremo da non essere nulla eppure da cui tutto sgorga, questa è l’Essenza”.

Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica