The mind (ego) tends to appropriate lived experiences. Of course, in order to realize our true nature, it is not necessary to "deny" the physiological identity (name-form) but we must integrate it with the Whole, also because we are part of it and the Whole is inseparable. See the concept of "hologram", in which each part that makes up the image is made up of the totality of the image itself. To delude ourselves into being separate from the Whole means falling into separative dualism. The name-form is like a wave that rises on the sea of the Absolute, which is precisely the necessary substrate for the existence of the self. Realizing that the self is only the Self reflected in the mirror of the mind is the key to Knowledge.
The "recognition" of our true nature occurs as in the passage from dream to wakefulness, it is natural and intrinsic in each of us. When we dream we are immersed in the dream and that is the only reality for us... When the moment of awakening comes there are warnings that make us perceive the imminent change of state. In other words, we have a feeling of the imminent exit from the illusion of the dream. Of course this is a simple analogy because in the dream and in the waking state, which are mental conditions, there is no true enlightenment and realization. That "awakening" I speak of is the intimate indivisible essence, unapproachable by the mind, but its reality is intuitable and experienceable in the state of pure awareness.
In the process of return that pushes every single being towards that pure awareness, various miracles and mysterious changes occur. The adaptation to the new states of consciousness always involves the entire body mass of the species, but in our human dimension we are accustomed to the locomotive functioning, that is, two steps forward and one back, also defined as growth by trial and error. For this reason it seems that evolution lacks linearity and continuity. In our civilization we have lived various moments that seemed heavenly, but lacked a holistic understanding. A bit like what happens in the animal world where spontaneity reigns supreme but consciousness is lacking in self-awareness and reason.
In short, we must be able to integrate intuition and reason into our functioning and once this is done we can proceed to forget the experimental process in order to fully live the experience in itself. Observer and observed cannot be separated.
To achieve this result, religions recommend the path of "loving your neighbor as yourself" while Gnostic philosophies direct us towards self-knowledge.
Let's not separate these two paths, let's hold on to them like two oars of our boat that help us get out of the quagmire of "dualism".
After all, how can we consider something to be outside of ourselves?
Paolo D'Arpini - Committee for Lay Spirituality
Testo Italiano:
La mente (ego) tende ad appropriarsi delle esperienze vissute. Naturalmente non è necessario, al fine di realizzare la nostra vera natura, "negare" l'identità fisiologica (nome-forma) ma dobbiamo integrarla con il Tutto, anche perché ne facciamo parte ed il Tutto è inscindibile. Vedi il concetto di “ologramma”, in cui ogni parte che compone l'immagine è costituita dalla totalità dell'immagine stessa. Illudersi di essere separati dal Tutto significa cadere nel dualismo separativo. Il nome-forma è come un'onda che sorge sul mare dell'Assoluto, il quale è appunto il substrato necessario all'esistenza dell'io. Realizzare che l'io è solo il Sé riflesso nello specchio della mente è la chiave della Conoscenza.
Il "riconoscimento" della nostra vera natura avviene come nel passaggio dal sogno alla veglia, è naturale ed intrinseco in ognuno di noi. Quando sogniamo siamo immersi nel sogno e quella è per noi la sola realtà… Quando giunge il momento del risveglio ci sono delle avvisaglie che ci fanno percepire l’imminente cambiamento di stato. Come dire, abbiamo sentore dell’imminente uscita dall’illusione del sogno. Certo questa è semplice analogia poiché nel sogno e nella veglia, che sono condizioni mentali, non vi è vera illuminazione e realizzazione. Quel “risveglio” di cui parlo è l’intima essenza indivisibile, inavvicinabile dalla mente, ma la sua realtà è intuibile e sperimentabile nello stato di pura consapevolezza.
Nel processo di ritorno che sospinge ogni singolo essere verso quella pura consapevolezza avvengono vari miracoli e misteriosi cambiamenti. L’adattamento ai nuovi stati di coscienza coinvolge sempre e comunque tutto il corpo massa della specie, ma nella nostra dimensione umana noi siamo abituati al funzionamento a locomotiva, ovvero due passi avanti ed uno indietro, anche definito crescita per tentativi ed errori. Per questa ragione sembra che l’evoluzione manchi di linearità e continuità. Nella nostra civiltà abbiamo vissuto vari momenti che sembravano paradisiaci, che mancavano però di una comprensione olistica. Un po’ come avviene nel mondo animale in cui la spontaneità regna sovrana ma la coscienza è carente nella auto-consapevolezza e nella ragione.
Insomma dobbiamo poter integrare l’intuizione e la ragione nel nostro funzionamento e ciò fatto possiamo procedere a dimenticare il processo sperimentale per poter vivere integralmente l’esperienza in se stessa. Osservatore ed osservato non possono essere separati.
Per ottenere questo risultato le religioni consigliano la via “dell’amare il prossimo tuo come te stesso” mentre le filosofie gnostiche indirizzano verso l’auto-conoscenza.
Non scindiamo queste due vie, teniamole strette come due remi della nostra barca che ci aiutano ad uscir fuori dal pantano del “dualismo”.
In fondo, come possiamo considerare che qualcosa sia al di fuori di noi stessi?
Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica
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