Lay Spirituality is syncretic in its acceptance of various forms of thought but does not take on the role of some of them, it remains in suspension, in a condition of detachment.
Obviously, to be genuine, laity must transcend even the very concept of "secularism", that is, it must not consider this attitude of detachment as a prerequisite for truth.
This is understandable if we observe "lay spirituality" in the domain of direct experience and therefore of the indescribability of its cognitive and experiential process. In short, in this sense "spirituality" and "laity" are synonyms with which we try to signify the absolute freedom of pure awareness, a freedom that can never be contained in a description. And how could we ever describe the true meaning of "Self-awareness"?
But from the point of view of the intellect it is possible to evoke a certain "image", as Secular Spirituality is already in itself an image, a "concept", in which to insert all those forms of "spirituality" experienced by the man.
We are aware of moving within the conceptualization we must therefore refer to the first agent indicated with the idea of spirituality.
If we start from the understanding of what is observed - external or internal - we cannot help but find that every "perception" occurs through the mind. The mind cannot be defined as physical, even if it uses the psychosomatic structure as an experiential basis, the nature of the mind is subtle, it is the same thought, and every thought has its root in the ego. Therefore the only subjective and objective reality through which we can say we are present is this I.
Calling it “spirit” is a way to distinguish it from the tendency to identify with the body, and it is a way to remind us that “consciousness” is our true nature. That self - or spirit - which is the only certainty we have, is the only thing worth knowing and realizing. Despite the projective capacity of the mind, capable of dividing itself into various forms, that root ego can never be separated from ourselves. The self is absolute in everyone. So spirituality is the conscious pursuit of one's nature, one's self.
Lay spirituality is recognizing this process in whatever form it manifests itself.
There is equanimity and detachment, not proselytism on the method practiced (marginal appendix of the research). This secular vision has within itself a syncretic capacity but also the awareness of the insignificance of the specificity of the form in which the investigation manifests itself. It is understood that each “way” is only an expression of the same process in different phases. The path changes with the needs of the moment and with individual drives.
It is sincerity, honesty, perseverance that matter. There are no thoughts, gestures, rites, doctrines to be privileged. The flows pass the source is perennial. Be what you are, said a sage from India, and one from the West replied: Know thyself.
Paolo D'Arpini
Testo Italiano:
La Spiritualità Laica è sincretica nell'accettazione delle varie forme di pensiero ma non riveste i panni di alcune d'esse, si tiene in sospensione, in uno condizione di distacco.
Ovviamente la laicità per essere genuina deve trascendere persino il concetto stesso di "laicità", ovvero non deve considerare questo atteggiamento di distacco come un prerequisito di verità.
Ciò è comprensibile se osserviamo la "spiritualità laica" nel dominio dell'esperienza diretta e quindi dell'indescrivibilità del suo processo conoscitivo ed esperienziale. Insomma in questo senso "spiritualità" e "laicità" sono sinonimi con i quali si tenta di
significare l'assoluta libertà della pura consapevolezza, una libertà che non può essere mai racchiusa in una descrizione. E come potremmo mai descrivere il vero significato di "consapevolezza di Sé"?
Ma dal punto di vista dell'intelletto una certa "immagine" è possibile evocarla, in quanto la Spiritualità Laica è già di per se stessa un’immagine, un "concetto", in cui inserire tutte quelle forme di “spiritualità” sperimentate dall’uomo.
Siamo coscienti di muoverci all’interno della concettualizzazione dobbiamo perciò far riferimento all’agente primo indicato con l’idea di spiritualità.
Se partiamo dalla comprensione di ciò che viene osservato -esterno od interno- non possiamo far a meno di riscontrare che ogni “percezione” avviene per tramite della mente. La mente non può esser definita fisica, anche se utilizza la struttura psicosomatica come base esperienziale, la natura della mente è sottile, è lo stesso pensiero, ed ogni pensiero ha la sua radice nell’io. Quindi l’unica realtà soggettiva ed oggettiva attraverso la quale possiamo dire di essere presenti è questo io.
Chiamarlo “spirito” è un modo per distinguerlo dalla tendenza identificativa con il corpo, ed è un modo per ricordarci che la “coscienza” è la nostra vera natura. Quell’io – o spirito- che è la sola certezza che abbiamo, è l’unica cosa che vale la pena di conoscere e realizzare. Malgrado la capacità proiettiva della mente, capace di dividersi in varie forme, mai può scindersi quell’io radice da noi stessi. L’io è assoluto in ognuno. Allora la spiritualità è il perseguire coscientemente la propria natura, il proprio io.
Spiritualità laica è il riconoscere questo processo in qualsiasi forma si manifesti.
C’è equanimità e distacco, non proselitismo sul metodo praticato (appendice marginale della ricerca). Questa visione laica ha in sé una capacità sincretica ma anche la consapevolezza dell’insignificanza della specificità della forma in cui l’indagine si manifesta. Si comprende che ogni “modo” è solo un’espressione dello stesso processo in fasi diverse. Il percorso cambia con le necessità del momento e
con le pulsioni individuali.
E’ la sincerità, onestà, perseveranza, che importano. Non ci sono pensieri, gesti, riti, dottrine da privilegiare. I flussi passano la sorgente è perenne. Sii ciò che sei, diceva un saggio dell’India, ed uno dell’occidente rispose: Conosci te stesso.
Paolo D'Arpini
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