lunedì 28 novembre 2022

Il linguaggio unisce o divide? - Does language unite or divide?

 


A volte le parole possono creare discordia fra gli uomini… L’incomprensione sorta con la diversità dei linguaggi, volendo comprendere l’altro attraverso il linguaggio, è alla base delle antipatie che gli esseri umani percepiscono gli uni verso gli altri. Prova ne sia il negro che ci parla in bantu viene visto con sospetto e timore, mettete che lo stesso negro si mette a parlare in italiano, o addirittura nel nostro dialetto familiare, ecco che improvvisamente diviene uno di noi, un fratello di colore diverso. 

Il linguaggio comune unisce ed all’inizio tutti gli umani parlavano la stessa lingua, il “nostratico” viene chiamato in glottologia, poi da quella radice, nella diaspora umana planetaria, sono sorti rami e ramoscelli sempre più diversi. La mitologia della Torre di Babele è simbolica ma veritiera. Gli uomini appena salvatisi dal diluvio universale invece che andare a ri-abitare il pianeta, ridiventato fertile dopo il cataclisma, si concentrarono tutti in un luogo e cominciarono ad erigere un monumento di ringraziamento a Dio (forse però a quel tempo era la Dea), simbolicamente questa torre zigurratica saliva sempre più in altezza (per arrivare in cielo) ma l’uomo è fatto per la terra e così Dio (o la Dea) confuse i linguaggi e gli uomini che non potevano più comprendersi si allontanarono in gruppi omogenei alla conquista del mondo, chi qua chi là, finché tutto il pianeta fu abitato.

Certo questa è una favola ma fa pensare come la differenza delle lingue allontani l’uomo dall’uomo. Sarà per questo che in ogni epoca un potere emergente cerca di stabilirsi attraverso una lingua? Sicuramente è avvenuto così.. il sanscrito, il greco, il latino… ed ora l’inglese, come lingue veicolari temporali, ne sono riprova.

Ma aspetta aspetta, non intendevo fare semplicemente un discorso semantico linguistico, anzi, volevo parlare dell’unico elemento che è in grado di unire e di far riconoscere l’uomo in se stesso e agli altri come manifestazione della stessa matrice vitale. Questo elemento è la “coscienza-intelligenza”, che unisce tutti i viventi e -in latenza- anche il mondo inorganico.

Questa Coscienza/intelligenza è stata definita da tempo immemorabile “spirito” (diverso da anima che sottintende una personalità individuale). Lo spirito tutti ci accomuna poiché Spirito e vita sono consequenziali ed inseparabili. Possiamo chiamarla Biospiritualità,  o Spiritualità Laica, una forza legante universale, al di là del linguaggio, che è l’espressione, l’odore sottile, il messaggio intrinseco, che traspira dalla materia tutta.

Il sentimento di costante presenza indivisa, la consapevolezza dell’inscindibilità della vita, riconoscibile in ogni sua forma e componente, partendo dal “soggetto” percipiente, questa è la pratica stabile dell’essere biospirituale. La conoscenza suprema significa sapere che tutto quel che “è” lo è in quanto tale. Perché l’esistente è uno, non può esserci “altro”…

Ed infatti l’ostacolo posto dalle religioni e dalle ideologie è proprio quello di basarsi su un linguaggio, sulla descrizione culturalmente adattata per esportare una specifica cultura. Ma allorché l’oscuramento viene rimosso dal cuore dell’uomo, improvvisamente ci troviamo a Casa, cioè torniamo alla “lingua universale” da tutti compresa. Possiamo definire questo stato “liberazione” dall’illusorio senso di separazione, poiché la biospiritualità non può ammettere separazione.

Paolo D’Arpini







English text

Sometimes words can create discord among men... The incomprehension that arises with the diversity of languages, wanting to understand the other through language, is at the basis of the antipathies that human beings perceive towards each other. Proof of this is the Negro who speaks to us in Bantu is seen with suspicion and fear, let's say that the same Negro starts speaking in Italian, or even in our family dialect, suddenly he becomes one of us, a brother of a different colour.

The common language unites and at the beginning all humans spoke the same language, the "nostratic" is called in glottology, then from that root, in the planetary human diaspora, increasingly different branches and twigs arose. The mythology of the Tower of Babel is symbolic but truthful. The men who had just saved themselves from the universal flood instead of going to re-inhabit the planet, which had become fertile again after the cataclysm, all concentrated in one place and began to erect a monument of thanksgiving to God (perhaps however at that time it was the Goddess), symbolically this zigurratic tower rose higher and higher (to reach heaven) but man was made for the earth and so God (or the Goddess) confused the languages ​​and the men who could no longer understand each other moved away in homogeneous groups to conquer of the world, who here who there, until the whole planet was inhabited.

Of course this is a fairy tale but it makes us think how the difference of languages ​​distances man from man. Could it be for this reason that in every age an emerging power seeks to establish itself through a language? Surely it happened like this .. Sanskrit, Greek, Latin ... and now English, as temporal vehicular languages, are proof of this.

But wait wait, I didn't mean to simply make a linguistic semantic discourse, on the contrary, I wanted to talk about the only element that is able to unite and make man recognize himself and others as a manifestation of the same vital matrix. This element is the "consciousness-intelligence", which unites all living beings and -in latency- also the inorganic world.

This Consciousness/intelligence has since time immemorial been referred to as "spirit" (as opposed to soul which implies an individual personality). The spirit unites us all because Spirit and life are consequential and inseparable. We can call it Biospirituality, or Lay Spirituality, a universal binding force, beyond language, which is the expression, the subtle smell, the intrinsic message, which transpires from all matter.

The feeling of constant undivided presence, the awareness of the inseparability of life, recognizable in all its forms and components, starting from the perceiving "subject", this is the stable practice of the biospiritual being. Supreme knowledge means knowing that all that "is" is as such. Because the existing is one, there can be no "other"...

And in fact the obstacle posed by religions and ideologies is precisely that of relying on a language, on a culturally adapted description to export a specific culture. But when the darkening is removed from the heart of man, we suddenly find ourselves Home, that is, we return to the "universal language" understood by all. We can call this state "liberation" from the illusory sense of separation, since biospirituality cannot admit separation.

Paolo D'Arpini

sabato 12 novembre 2022

LE STORIE, LE AVVENTURE, I RICORDI, LA CARRIERA, LA VITA (Nota autobiografica di Paolo D'Arpini)

 

Paolo D'Arpini a Verona, all'età di 15 anni circa

Dati "bruti" 

Sono nato a Roma, in Via Ariberto da Intimiano, il 23 giugno 1944, da Giustina Tirabosco,  di Bagnoli di Sopra,  e da Aldo D'Arpini (di Roma ma probilmente originario da Arpino), nella casa dei miei nonni paterni, dove vissi sino ai primissimi anni '50, poi la mia famiglia si trasferì a Grottaferrata (nei Castelli Romani) fino alla morte di mia madre avvenuta nel 1954. Dopodiche fui relegato nel collegio salesiano di Roma "Sacro Cuore". Dal 1957 seguii mio padre a Verona, dov'egli si risposò con Noemi. Dopo qualche anno mio padre tornò a Roma, ed io con lui, ma per poco, infatti all'età di 15 anni "scappai di casa" e tornai a Verona ove rimasi con alterne vicende sino all'età di 27 o 28 anni circa, poi...


2007. Nella casarsa di Calcata

Scrivevo nel Novembre 2007 sul blog del  Circolo Vegetariano VV.TT. di  Calcata:  

"Vivo in una casupola fatiscente sulla rupe esterna di Calcata, vicino al lavatoio ed alla fogna comunale. Non dispongo di alcun reddito se non il soccorrevole, saltuario, sostegno di amici compassionevoli e piccolissimi proventi da attività culturali. Sono soddisfatto della mia condizione, mi sento libero."

Reminiscenze

Volendo però raccontare come tutto ciò è avvenuto debbo fare alcuni passi indietro, sia nel tempo che nel luogo, ed ecco che mi ritrovo nel 1967 in cui nacque a Verona il mio primo figlio, avevo 23 anni. All’anagrafe, mia moglie Evelyne (francese) ed io, lo chiamammo Massimiliano ma in casa egli era Davide. Forse un altro dei miei tentativi inconsci di mascherare e nascondere qualcosa sulle mie origini. Infatti si sospetta che la mia famiglia fosse di origine ebraica, si convertì e cambiò cognome durante il periodo della promulgazione delle leggi razziali del fascismo. Nei miei tratti genetici c’è il vizio –forse- di voler creare confusione sulla mia ascendenza. Ovviamente non sono ebreo, sono stato battezzato con un nome cristiano: Paolo. Eppur ancora recentemente un’amica ascoltando il racconto delle mie origini ha commentato sarcasticamente: “Ah adesso capisco perché sei così… a me gli ebrei non son mai piaciuti”. Ed io -hai voglia a spiegare-: “…ma no, son cristiano, non sono ebreo… anzi sono totalmente laico”. Non mi è sembrato però che le giustificazioni sortissero qualche effetto,  ho così capito com’è profondo il pregiudizio in tanta parte dell’umanità. Ringrazio quindi Dio per questa ennesima lezione. Occorre essere sempre più modesti se si vuole sopravvivere.


Il karma è karma...

Purtroppo nella mia vita non ho mai avuto un dono spiccato per la modestia, ho sempre considerato me stesso e la mia opera come un degno percorso evolutivo. Abitando a Verona avevo già collaborato, nel 1967-68, ad una rivista locale che si chiamava Verona Beat, un cult tipico di quegli anni, ebbi la fortuna di intervistare personaggi tipo Adriana Asti, Gino Bramieri, L’Équipe 84 e compresi subito come fosse facile manipolare la pubblica opinione. Lo scoprii facendo decollare nelle classifiche dei primi dieci complessi beat, fra cui alcuni molto famosi e conosciuti nazionalmente, un fantomatico gruppo da me inventato chiamato “Les Fades” (che significa ‘gli stupidi’ in francese) facendolo quasi arrivare al top ten. Quando i miei amici di Verona Beat scoprirono l’amaro inganno persi il posto al giornale ma ciò mi giovò immensamente giacché potei così dedicarmi alla mia vera passione: la poesia.

Nel 1970 stampai con i tipi a piombo (e pressa manuale) di Gabriel Rummonds (un americano che editava libri d’arte a Verona) il mio primo libricino: “Ten poems and ten reflections”. Su carta gialla quasi filigranata e inchiostro rosso, la copertina, fatta a mano,  era rivestita  in cartoncino avana. Poi passai anche alle poesie visive che esposi in varie gallerie del Veneto, a Verona e Padova, ecc.  ed a Milano nell’atelier della poetessa Vittoria Palazzo.

Nel 1971 Fondai una delle prime associazioni culturali libere, si chiamava “Ex” che voleva dire ‘fuori’ (dagli schemi). La sua sede era in un locale storico in piazzetta San Marco in Foro a Verona, ove sino a poco prima c’era l’ultima vera osteria antica “Da Amelia” in cui si ritrovavano i poeti dialettali e l’intelligenza veronese. Anche in questo caso, con l’aiuto di Lina Boner e Maria Uyttendaele, mi divertii un mondo ad accompagnare il successo di gruppi emergenti come i Gatti di Vicolo Miracoli (ricordo Smaila che suonava per noi quasi tutte le sere) ma anche il santo bevitore Francesco Guccini, Jerry Calà, Massimo Altomare, Checco Loy e tanti artisti poi divenuti celebri che collaborarono con la nostra sala espositiva (in alleanza con la più famosa galleria moderna di Verona, la Ferrari) o che ci allietavano con le loro recite e performance. Tutto si svolgeva in un retro-cantina ben riscaldato su soffici cuscini in polistirolo espanso autoprodotti che spesso avevano buchi causati dalle numerose sigarette che tutti fumavamo. In questa bolgia infernale della cultura stavo attuando un mio desiderio sincretico che però meritava un ulteriore sviluppo.

Fu così che nel 1972, lasciando mia moglie Evelyne, con il mio primo figlio Maximilien, e la mia giovanissima  amante Michi,  incinta,  fuggii  in Africa con l’intento  dichiarato "di fare un servizio fotografico e scrivere un libro". (In realtà ero disperato...).  Il viaggio durò parecchi mesi e mi portò a vagare per tutta l’Africa equatoriale. A piedi o con mezzi di fortuna, con crisi di malaria, con situazioni estremamente imbarazzanti (passavo dal Katanga proprio durante il periodo delle sommosse o da Bangui quando c’era l’imperatore pazzo Bokassa) eppure sempre più pulito nel pensiero, sempre più consapevole del valore della sopravvivenza. Ringrazio -è doveroso farlo- tutte le ambasciate italiane dei vari paesi da me visitati che hanno contribuito con le loro prebende all’esperienza più vera e più sentita di un mio ritorno alle origini fisiche, nella Mamma Africa. Infine, stanco e non sapendo  cos'altro  fare (se non prendere il sole a Malindi e fumare il narghilè) decisi di imbarcarmi per l’India.


Sbarcavo a Bombay il 23 giugno del 1973

Me lo ricordo bene, perché era il mio 29° compleanno.  Da quel giorno non mangiai più carne, ma senza specificatamente deciderlo, e da quel giorno scoprii ciò che avevo sempre sospettato potesse esistere: essere se stessi. Accadde farfugliando parole senza senso dinanzi al mio Guru Muktananda che fui toccato dallo Spirito.

Nel frattempo (in Belgio) nasceva la mia prima figlia, si chiama Barbra, essa è nata per insegnarmi l’umiltà dell’incompletezza. L’arroganza non ha giustificazioni, oppure è l’ineluttabilità del destino, ma ero troppo preso dai miei ‘nuovi’ compiti e non potevo né volevo più occuparmi delle cose del mondo. Allorché tornai in Italia abbandonai Verona e la vecchia vita, lasciando la prima moglie ed il primo figlio, contemporaneamente abbandonando anche la mia seconda compagna  e la prima figlia.

Tornai a Roma dov’ero nato ma da cui ero fuggito orrificato, nel 1974 affrontai la madre matrigna, andai ad abitare in casa dello zio Giordano, che era morto e la casa vuota. Vissi così in Via Emanuele Filiberto, vicinissimo a Piazza Vittorio, -con il suo salutare mercato- meditando, cantando, astenendomi da ogni rapporto sessuale e producendo traduzioni di testi sacri e lavorando come addetto alle pulizie da Valentino (il couturier). Una bella esperienza che contribuì alla mia maturazione al punto di spingermi infine  sino a Calcata, su indicazione di Moreno Fiorenzato, per fondare un nuovo modello di Comunità.

Siamo ormai giunti al 1977 

A quel tempo avevo già avviato una ditta artigianale che distribuiva prodotti integrali, antesignana del settore, si chiamava Annapurna in omaggio alla Madre Terra (Anna/Cibo – Purna/Perfezione). Mi ero divertito anche a produrre simpatiche etichette e buste in carta (disegnate da Moreno) nonché libricini di ricette e buoni consigli.

Di lì a qualche anno, dopo un’esperienza forte con il teatro da strada nei Vecchi Tufi, fondai assieme ad alcuni amici (Sandra Forti, Rita Guerrieri, Pino Roveri, Gemma Uyttendaele) il Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata. Poco prima era già nata la mia seconda figlia Caterina (nel 1979 in Belgio) e con la fondazione del Circolo nasceva anche il mio secondo figlio Felix (1984), nella nostra casa di Calcata, che allora si trovava in Via di Porta Segreta. Con lui ebbi un rapporto da madre/padre-figlio. Oggi, che egli ha raggiunto l’età dei diritti civili ed è a sua volta padre sento che questa esperienza -l’essermi occupato di un figlio a tempo pieno- mi ha redento da tante fughe precedenti, riavvicinandomi anche alle due figlie Caterina e Barbara, purtroppo non al primo, Davide, che abita a Parigi e non vedo più da tantissimi anni, anche se di tanto in tanto ci siamo scritti.

Ascesa nel mondo dell'informazione

Verso il 1987 iniziai a collaborare con vari giornali, prima in forma incerta, poi pian piano avanzando all’interno del settore. Iniziai a scrivere per il Corriere di Viterbo e Gazzetta della Flaminia, proseguendo poi come pubblicista per Il Messaggero, Paese Sera, Momento Sera, Il Giornale d’Italia, Mondo Sabino, Avvenimenti, Cuore, Aam Terranova e altre testate. Contemporaneamente i comunicati stampa emessi dal Circolo (inviati all’AGI, ANSA e ADN-kronos) venivano pubblicati su diversi quotidiani (Corriere della Sera, La Repubblica, L’Unità, Il Manifesto, La Stampa, Il Giornale, Il Tempo, L’Indipendente, etc.) e su periodici nazionali (Bell’Italia, Airone, Oggi, Gente, Panorama, l’Espresso, etc.). Mentre le varie Tv mi invitavano in studio o venivano a filmarci a Calcata. Una volta per il Festival degli Uomini Casalinghi (con Antonio D’Andrea) vennero Fininvest e Rai al completo, tutte le reti.

Un momento di gloria durato circa 10 anni e fu proprio durante questo periodo, verso i primi anni ‘90, che conobbi Antonello Palieri, che allora lavorava all’Adnkronos, egli contribuì assai (assieme ad altri amici dell’Ansa e dell’Agi) a rilanciare messaggi di ecologia profonda e di spiritualità laica. Ricordo la campagna per il salvataggio delle trecentomila mucche da immolare alla CEE, la proposta del bioregionalismo, la petizione per la libertà di sepoltura nel proprio terreno, la battaglia per la salvaguardia di Calcata e delle falde acquifere della valle del Treja.

Le battaglie più sporche, contro l’inceneritore con discarica da installarsi a Civita Castellana ed il mega-lunapark  di Michael Jackson che si voleva realizzare a Campagnano, mi costarono invece la visibilità mediatica. Purtroppo essendomi messo contro le gerarchie del potere economico, politico, ne conseguì una mia messa in naftalina.

Scomparii quasi dai giornali e dalle televisioni e come personaggio  fui molto ridimensionato. Ciò mi ha giovato enormemente. Infatti adesso mi dedico solo allo scrivere necessario ed alla poesia (quasi come agli inizi). L’unico vezzo che mi resta è la pubblicazione saltuaria di qualche articolo su riviste amiche e su qualche blog ecologista, Avendo nel frattempo pubblicato diversi libri tra cui l'ultimo "Chi sei tu?", basato su I Ching e lo studio comparato degli archetipi zodiacali cinesi.

E fin qui andrebbe tutto bene, in fondo sono un uomo che ha vissuto, dando e prendendo molto dalla vita, già questa è una bella soddisfazione. Essendo nel corso degli anni  diventato nonno di 5 nipotini maschi … ed infine dal 13 giugno 2008 (h. 20,32) la discendenza è stata assicurata essendo nata Mila la mia prima nipotina femmina.
Ho parlato di  5 nipoti maschi e non posso esimermi dal menzionarli:  Sava e Teo, nati da mio figlio Felix; Matteo e Massimo, nati da Katrien, mia seconda figlia naturale;  e Diego,  nato dalla mia prima figlia naturale Barbra (di tutti  questi nipoti da diversi anni  ho purtroppo perso le tracce, alcuni abitano a Roma e uno addirittura in Nuova Zelanda).

A Calcata con alcuni nipotini

Intanto per me sono subentrati importanti cambiamenti 

A partire dal mio sessantacinquesimo anno di età ricevo una caritatevole pensioncina in qualità di nullatenente,  che non dispone di altre risorse finanziarie, il che mi ha consentito sinora di sopravvivere. E comunque  dal 3 luglio 2010 il mio domicilio abituale non è più la casupola sopra la fogna comunale di Calcata.
Seguendo le tracce di Caterina, mia nobile ed amorevole compagna di vita, che venne a rapirmi per amore,  sono diventato un “pendolare” fra  la sua casa di Treia (Marche) e quella di Spilamberto (Emilia), dove lei risiede,  in attesa di stabilirmi con lei in un luogo definitivo…

La leggenda continua

Ma sapete una cosa?  Dopo  qualche anno che avevo lasciato Calcata,  ho ricevuto da Carlo Maria Ponzi, un giornalista de Il Messaggero di Viterbo, una email in cui mi chiedeva se è vero che non abito più a Calcata o se è una semplice leggenda metropolitana… Ed ecco cosa gli ho risposto: “La verità non solo (come dicono i laici) non può essere posseduta, essa non può nemmeno venire perseguita.Infatti la verità é sempre presente e manifesta, altrimenti non sarebbe verità ma semplice descrizione. E la descrizione non é mai la sostanza…

Ciò é vero - nel mio caso – anche dal punto di vista empirico… proprio così… Non abito più a Calcata… in verità non intendo nemmeno tornarci… se non in forma di una apparizione ectoplasmica.
Per fortuna che la terra è tonda ed indivisa, l’aria che vi circola è la stessa, l’acqua pure… ed inoltre “nulla si crea e nulla si distrugge…” Per cui posso dire di essere ancora presente a Calcata… (come immagine iconica).

Però, chi volesse  incontrarmi in carne ed ossa, a Treia, può prendere un appuntamento con me scrivendo alla email: spiritolaico@gmail.com.    

Vi consiglio di affrettarvi  poiché "il tempo passa e non aspetta...".

Au revoir ou adieu,  Paolo D'Arpini







Ultime modifiche all'autobiografia  apportate il 12 novembre 2022. 

Like the young lions ...? - Come i giovani leoni...?

 


Like the young lions who are chased away from the herd when they have reached mature age. Then, after a period of solitary wandering, they join other lions in their same condition until they feel strong enough to attack a herd, usurp the place of the old lions and appropriate the females, generate their own offspring and the cycle repeats itself.

An interlude, only a fleeting satisfaction derived from the sense of power and the pleasures of life: sex, food and company. There is not much to do if this is the lion system, if you are a lion, but what if you are a man?

I have always been disgusted with methods that involve prevarication and conquest as a form of survival. However, I often see that the system, the nature of man, is not very different from that of lions.

It seems, it seems to me, that many species of animals use more or less similar methods. I have seen that the relationship between males is always somehow based on dominance. If not physical, intellectual. If not intellectual, then spiritual. If not loving spiritual.

In fact, the dominance of love is the strongest and the one that creates the strongest addiction. It creates guilt and its counterpart: rebellion. With this the cycle begins again.

Then a faint smell of hormones that lingers in the air.

In short, it seems like a dead end road but - as Nisargadatta says - a solution can be found only if one begins and ends the search within oneself, ignoring the outside, or rather taking into account only the internal root. At the beginning, the research appears as an escape (and this reminds me of the vicious circle referred to in the story of the lions) but the end is never visible ... it is not an answer, it is not understandable, it is not prosecutable, in short, from the point of view of the mind closely resembles abstraction. Ramana says it is 'death'. Muktananda calls it 'freedom'.

Paolo D’Arpini






Testo italiano:

Come i giovani leoni che vengono scacciati dal branco quando hanno raggiunto l’età matura. Poi, dopo un periodo di girovagare solitario, si aggregano ad altri leoni nella loro stessa condizione fino a sentirsi abbastanza forti da attaccare un branco, usurpare il posto dei vecchi leoni ed appropriarsi delle femmine, generare una propria prole ed il ciclo si ripete. 

Un intermezzo, solo una soddisfazione fugace derivata dal senso di potere e dalle piacevolezze di vita: sesso, cibo e compagnia. Non c’è molto da fare se questo è il sistema dei leoni, se sei un leone, ma se sei un uomo? 

Ho sempre avuto ribrezzo per i metodi che comportano la prevaricazione e la conquista come forma di sopravvivenza. Spesso vedo però che il sistema, la natura dell’uomo, non è molto dissimile da quella dei leoni. 

Sembra, mi sembra, che molto specie di animali usino metodi più o meno simili. Ho visto che il rapporto fra maschi è sempre in qualche modo basato sulla dominanza. Se non fisica, intellettuale. Se non intellettuale, spirituale. Se non spirituale amorosa.

La dominanza dell’amore infatti è la più forte e quella che crea la dipendenza più forte. Crea senso di colpa e la sua controparte: la ribellione. Con ciò il ciclo ricomincia.

Poi un vago odore di ormoni che permane nell’aria.

Insomma pare una strada senza uscita ma -come dice Nisargadatta- può trovarsi una soluzione solo se si inizia e si termina in se stessi la ricerca, ignorando l’esterno, o meglio tenendo conto solo della radice interna. La ricerca all’inizio appare come una fuga (e questo mi ricorda  il circolo vizioso di cui alla storia dei leoni) ma la fine non è mai visibile… non è una risposta, non è comprensibile, non è perseguibile, insomma dal punto di vista della mente assomiglia moltissimo all’astrazione. Ramana dice che è la ‘morte’. Muktananda la chiama ‘libertà’.

Paolo D’Arpini

mercoledì 2 novembre 2022

The eternal religion and the pantheistic synthesis of Giordano Bruno - La religione eterna e la sintesi panteista di Giordano Bruno



Giordano Bruno's pantheistic theory, according to which the universe is eternal, excludes the concept of a creator God, approaching Eastern thought and completely leaving theism. And this the church could not accept because it questioned its very reason for existing.

The substantial difference in religious expression between East and West is that in the West religion is considered with a beginning and an end while in the East it is recognized as "eternal", without beginning or end.

Judaism, Christianity and even Islam, in fact, are religions that start with the birth of their respective prophets, Moses, Christ and Mohammed, and are expected to end with the apocalypse. In India, China and the rest of Asia, however, the Spirit is declared before and after every vital manifestation and at the same time it is both immanent and transcendent. This difference of views leads to a substantial difference in the management of the religious fact.

In the East there are no power structures recognized as legitimate guardians of religion, what is eternal thinks of itself. In the West, on the contrary, it is assumed that religion must be controlled and managed by nuclei of ecclesiastical power, precisely in consideration of its finiteness and imperfection, and this to "avoid" deviations or heresies from the consolidated norm and scriptural creed.

Perhaps the ideological example of a centralized priestly power derived from the figure of Moses who brought order and rules back to the "mother" religion, rules later made their own by both Christianity and Islam. But centralized power is above all present in Christianity, forming over the centuries an established right of the bishop of Rome to manage in an autonomous and absolutist way the religious and worldly things connected to the Christian belief.

This simple fact has led to a personalistic "interest in interests" even in doctrinal facts and in the recognition of sanctity or heresy. For example, it went well with Francis of Assisi who came to humble himself in Rome and therefore obtained papal authorization and subsequently also the recognition of sanctity.

Very badly, perhaps because in that period more narrow popes reigned, it went to Savonarola or Giordano Bruno who were sacrificed at the stake. In the historical period in which Giordano Bruno lived, there was actually a certain enlightenment ferment with Galileo Galilei who studied the solar system and defined it heliocentric, or with Tommaso Campanella who was inspired by the neo-Platonic theory to imagine his "City of the Sun ".

Unfortunately for Giordano Bruno his intuition was too great and too uncontrollable to be accepted by the papacy, he even called the universe eternal and infinite, without center or circumference. Such a thing could not please a religious power that based its existence "on creation, on finitude, on limitation, on original sin, on the difference between God and creatures, on the need for a specifically indicated savior".

Giordano Bruno was too close in his philosophical expression to the "Sanathana Dharma", to the eternal law of being and not being, well described by the realized sages of India ... And then what place could any papetto, a cardinaletto, a country curate in the context of that truth?

Simple figures imagined and pretentiously constituted in an institutional capacity. Unfortunately, the abyss in thought and the risk that this would have entailed for Christian religious continuity was insurmountable for the petty religious leaders of Christianity (a religion invented by the table). So it was necessary that Giordano Bruno was sacrificed at the stake, in an attempt to destroy the thought of him together with his tortured body.

But did it go like this? No, the truth always comes to the surface and even if it is still trampled and misinterpreted it will triumph in the end, and in reality it is already triumphing, since the finite cannot absolutely condition the eternal.

Paolo D’Arpini










Testo italiano: 

La teoria panteista di Giordano Bruno, secondo la quale l’universo è eterno, esclude il concetto di un Dio creatore, avvicinandosi in ciò al pensiero orientale ed uscendo completamente dal teismo. E questo la chiesa non poté accettarlo poiché metteva in discussione la sua stessa ragione di esistere.

La differenza sostanziale nell’espressione religiosa fra oriente ed occidente è che in occidente la religione si considera con un inizio ed una fine mentre in oriente essa viene riconosciuta come “eterna”, senza inizio né fine.

L’ebraismo, il cristianesimo ed anche l’islamismo, infatti, sono religioni che prendono l’avvio con la nascita dei loro rispettivi profeti, Mosè, Cristo e Maometto, e ci si aspetta che si concludano con l’apocalisse. In India, in Cina e nel resto dell’Asia, invece, lo Spirito viene dichiarato antecedente e successivo ad ogni manifestazione vitale ed allo stesso tempo esso è sia immanente che trascendente. Questa differenza di vedute porta ad una sostanziale differenza nella gestione del fatto religioso.

In oriente non esistono strutture di potere riconosciute come legittime custodi della religione, ciò che è eterno pensa a se stesso. In occidente al contrario si presuppone che la religione debba essere controllata e gestita da nuclei di potere ecclesiastico, proprio in considerazione della sua finitezza ed imperfezione, e questo per “evitare” devianze o eresie dalla norma consolidata e dal credo scritturale.

Forse l’esempio ideologico di un potere sacerdotale centralizzato derivò dalla figura di Mosè il quale riportò ordine e regole nella religione “madre”, regole fatte in seguito proprie sia dal cristianesimo che dall’islamismo. Ma il potere centralizzato è soprattutto presente nel cristianesimo, formandosi nei secoli un diritto assodato del vescovo di Roma di gestire in modo autonomo ed assolutistico le cose religiose e mondane connesse al credo cristiano.

Questo semplice fatto ha comportato una “cura d’interessi” personalistica pure nei fatti dottrinali e nel riconoscimento di santità od eresia. Ad esempio andò bene a Francesco d’Assisi che venne ad umiliarsi a Roma e perciò ottenne l’autorizzazione papale e successivamente anche il riconoscimento di santità.

Molto male, forse perché in quel periodo regnavano pontefici più gretti, andò al Savonarola od a Giordano Bruno che furono sacrificati sul rogo. Nel periodo storico in cui visse Giordano Bruno, in verità vi fu un certo fermento illuminista con Galileo Galilei che studiò il sistema solare e lo definì eliocentrico, oppure con Tommaso Campanella che si ispirò alla teoria neo-platonica per immaginare la sua “Città del Sole”.

Purtroppo per Giordano Bruno la sua intuizione fu troppo grande e troppo incontrollabile per poter venir accettata dal papato, addirittura egli chiamò l’universo eterno ed infinito, senza centro né circonferenza. Una cosa del genere non poteva piacere ad un potere religioso che basava il suo esistere "sulla creazione,  sulla finitudine, sulla limitatezza, sul peccato originale, sulla differenza fra Dio e creature, sulla necessità di un salvatore specificatamente indicato”.

Giordano Bruno fu troppo vicino nella sua espressione filosofica al “Sanathana Dharma”, all’eterna legge dell’essere e del non essere, ben descritta dai saggi realizzati dell’India… Ed allora che posto poteva avere  un papetto qualsiasi, un cardinaletto, un curato di campagna nel contesto di tale verità?

Semplici figure immaginate e pretenziosamente costituite in veste istituzionale. Purtroppo l’abisso nel pensiero ed il rischio che questo avrebbe comportato alla continuità religiosa cristiana fu insormontabile per i meschinelli capi religiosi della cristianità (una religione per altro inventata a tavolino). Così fu necessario che Giordano Bruno fosse immolato sul rogo, nel tentativo di distruggere assieme al suo corpo martoriato anche il suo pensiero.

Ma andò così? No, la verità viene sempre a galla e sia pur ancora calpestata e misinterpretata essa alla fine trionferà, ed in realtà sta già trionfando, poiché il finito non può assolutamente condizionare l’infinito.

Paolo D’Arpini