"A true Sufi sits with his companions, gets up and eats, sleeps, buys and sells at the market, gets married and participates in society, and yet never for a moment forgets God..." (Abu Sa'id ibn Abi al-khayr)
A friend of mine writes to me expressing her doubts "about the ideal behavior to be assumed for the purpose of spiritual fulfillment, following the example of the saints ..."
I replied by telling her that you cannot give a rule based on the behavior of a saint. The realized is no longer identified with an ego, referring to the body and mind, but also has prarabdha karma (a current life destiny) like any other human being. Even to believe that there are realized and unrealized in the saint's vision is illusory, since in his experience everything is One and indivisible.
At this point, how can we believe that any human action can represent a dividing line between the presumed accomplished and the presumed ignorant? What the saints tell of their life is only the outward aspect of their specific prarabdha karma, nothing to do with the hypothetical "do or not do" for the purpose of "realization".
In my life I was lucky enough to meet several saints and from their behavior I received a universal teaching, never in antithesis with the needs of my life. They have lived their life in the way that was their due, as I am living my life in the way that is due to me. This applies to anyone. There is no point in scrambling to do not do.
When we talk about spiritual research we do not mean pursuing a codified path, a fideistic norm, a belonging to a creed; the spiritual seeker is simply the one who looks at himself, the one who recognizes the Whole in himself and himself as the Whole.
From this point of view, spiritual research can be considered a strictly personal fact. Reconciling one's personal path with that of anyone else means knowing how to flow without obstructing, learning and transmitting without expecting, in short, it is about making peace with ourselves and with others.
Paolo D'Arpini
"In accordance with each person's Prarabdha karma, the Ordinator controls the fate of souls in accordance with their past actions. Whatever is destined not to happen will not happen, no matter how hard you try. Whatever is bound to happen will happen, no matter how hard we try to stop it. " (Ramana Maharshi)
Testo italiano:
"Un vero sufi siede assieme ai compagni, si alza e mangia, dorme, compra e vende al mercato, si sposa e partecipa alla società, e tuttavia mai per un momento dimentica Dio..." (Abu Sa'id ibn Abi al-khayr)
Mi scrive un'amica esprimendo i suoi dubbi "sul comportamento ideale da assumere al fine del compimento spirituale, seguendo l'esempio dei santi..."
Le ho risposto dicendole che non si può dare una regola sulla base del comportamento di un santo. Il realizzato non si identifica più con un io, riferito al corpo ed alla mente, ma ha anch'egli un prarabdha karma (un destino della vita corrente) come qualsiasi altro essere umano. Persino ritenere che ci siano realizzati e non realizzati nella visione del santo è illusorio, poiché nella sua esperienza tutto è Uno ed indivisibile.
A questo punto come si può ritenere che qualsiasi azione umana possa rappresentare una linea di demarcazione tra il presunto realizzato ed il presunto ignorante? Quello che i santi raccontano della loro vita è solo l'aspetto esteriore del loro specifico prarabdha karma, niente a che vedere con l'ipotetico "fare o non fare" ai fini della "realizzazione".
Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare diversi santi e dal loro comportamento ho ricevuto un insegnamento universale, mai in antitesi con le esigenze della mia vita. Loro hanno vissuto la loro vita nel modo che era loro dovuto, come io sto vivendo la mia vita nel modo che mi è dovuto. Ciò vale per chiunque. Inutile arrabattarsi sul fare non fare.
Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda se stesso, colui che riconosce il Tutto in se stesso e se stesso come il Tutto.
Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.
Paolo D'Arpini
“In accordo con il Prarabdha karma di ogni persona, l’Ordinatore controlla il destino delle anime in accordo con le loro azioni passate. Qualunque cosa sia destinata a non accadere non accadrà, per quanto ci provi. Qualunque cosa sia destinata ad accadere accadrà, per quanto si possa provare a fermarla.” (Ramana Maharshi)
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