I feel that for us, lay spiritualists, life "in the world" is most congenial, also because our research never goes beyond the self ... and the self is present everywhere and at all times ...
The individual "I" (ego) rises from the reflection of consciousness in the mirror of the mind. An identifying overlay with the observed object. The object is the body-mind that reacts in relation (to contact) with the other external objects.
The moment that, in self-knowledge, the fictitious identity with the agent disappears what remains is the pure awareness of the Self. It is therefore not necessary, for the purpose of realization, that the images - the world and the observer - disappear, it is sufficient that the false identity with the reflected object / subject (ego) disappears. This means that the world can safely continue to manifest itself not being perceived as a separate reality, more or less as a dream could be compared to the dreamer. At this point the Self and its manifestation are seen as the exact same thing while the sense of the separative ego (of the me and the other) is obliterated. After all, dualism is only ignorance of oneself.
The sage observes the actions taking place without there being any propensity or intention or judgment in him.
Spontaneously everything happens appropriately and consequently to the designated "destiny". Destiny is the answer to the natural interaction (and predisposition) of the various elements involved ... Since everything happens automatically there is no "preference" in the action of the sage. On the contrary, his own action is (apparently) intentional only in the eyes of the "others", since for the sage everything happens by itself.
Every event experienced simply happens in his presence and he is the silent and detached witness. His action (or state) can be compared to sleepwalking, or awake sleep.
Moreover, the concept of "destiny" and of action also makes sense only in the mind of the observer still identified with the outside, that is, of an ego that identifies itself with the agent and with his actions. But the moment - as already mentioned - that this identification is destroyed every other connected concept disappears.Wisdom consists in remaining immune from illusion after understanding the truth. The fear of action and its consequences (karma) remains only in those who see the slightest difference between themselves and others.
As long as the idea exists that the body / mind is the self, one can not be an expression of truth. But certainly it is possible for anyone, and in every condition, to know their true nature because it is absolutely true and real, it is the only one for everyone. In fact, the state of pure Being is common to all and is the direct experience of each one. To live one's true nature is meant by self-realization, since the self is present here and now.
The thought of feeling separate is the only obstacle to the realization of the all-pervading and omnipresent Being. And yet from the empirical point of view, identifying with the agent (ego) is an impediment to the proper functioning of the psychosomatic apparatus, in the context of global functioning. Thus the intellectual acceptance of truth is already a liberating form of intentional (rational) propensity to act. What is destined to happen will happen.
It is in the experience of everyone that getting involved in the question is a handicap to find the answer.
Paolo D'Arpini
Testo italiano
Ritengo che per noi spiritualisti laici la vita “nel mondo” sia più congeniale, anche perché la nostra ricerca non esula mai dal sé.. ed il sé è presente ovunque ed in ogni tempo…
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L’io individuale (ego) sorge dal riflesso della coscienza nello specchio della mente. Una sovrimposizione identificativa con l’oggetto osservato. L’oggetto è il corpo-mente che reagisce in relazione (al contatto) con gli altri oggetti esterni.
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Il momento che, nell’autoconoscenza, l’identità fittizia con l’agente scompare quel che resta è la pura consapevolezza del Sé. Non è perciò necessario, al fine della realizzazione, che le immagini -il mondo e l’osservatore- scompaiano, è sufficiente che la falsa identità con l’oggetto/soggetto riflesso (ego) scompaia. Ciò significa che il mondo può tranquillamente continuare a manifestarsi non essendo percepito come realtà separata, più o meno come potrebbe esserlo un sogno rispetto al sognatore. A questo punto il Sé e la sua manifestazione sono visti come la stessa identica cosa mentre il senso dell’io separativo (del me e dell’altro) viene obliterato. In fondo il dualismo è soltanto ignoranza di sé.
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Il saggio osserva le azioni svolgersi senza che vi sia alcuna propensione o intenzione o giudizio in lui. Spontaneamente ogni cosa avviene confacentemente e conseguentemente al “destino” designato. Il destino è la risposta alla naturale interazione (e predisposizione) dei vari elementi coinvolti… Siccome tutto succede automaticamente non vi è alcuna “preferenza” nell’agire del saggio. Anzi il suo stesso agire è (apparentemente) intenzionale solo agli occhi degli “altri”, giacché per il saggio ogni cosa accade di per sé. Ogni evento vissuto accade semplicemente in sua presenza e lui ne è il testimone silenzioso e distaccato. Il suo agire (o stato) può essere paragonato al sonnambulismo, od al sonno da sveglio.
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Ed inoltre anche il concetto di “destino” e di azione ha un senso unicamente nella mente dell’osservatore ancora identificato con l’esterno, ovvero di un ego che si identifica con l’agente e con le sue azioni. Ma il momento -come già detto- che tale identificazione è distrutta ogni altro concetto collegato scompare.
La saggezza consiste nel rimanere immune dalla illusione dopo aver compresa la verità. La paura dell’agire e delle sue conseguenze (karma) permane solo in chi vede la pur minima differenza fra sé e l’altro. Finché esiste l’idea che il corpo/mente è l’io non si può essere espressione di verità.
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Ma certamente è possibile per chiunque, ed in ogni condizione, conoscere la propria vera natura poiché essa è assolutamente vera e reale, è l’unicum per ognuno. Infatti lo stato di puro Essere è comune a tutti ed è la diretta esperienza di ciascuno. Vivere la propria vera natura questo si intende per auto-realizzazione, poiché il sé è presente qui ed ora.
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Il pensiero di sentirsi separati è il solo ostacolo alla realizzazione dell’Essere onnipervadente ed onnipresente. E pure dal punto di vista empirico identificarsi con l’agente (ego) è un impedimento al buon funzionamento dell’apparato psicosomatico, nel contesto del funzionamento globale . Per cui già l’accettazione intellettuale della verità è una forma liberatoria dalla propensione intenzionale (razionale) ad agire. Ciò che è destinato ad accadere accadrà.
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E’ nell’esperienza di ognuno che arrovellarsi nella domanda è un handicap a trovare la risposta.
Paolo D’Arpini