lunedì 11 dicembre 2017

Importance of spiritual awakening and steady realization of the Self - Importanza del risveglio spirituale e stabile realizzazione del Sé


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Once the Awakening is achieved, and having an experience of the Self, what happens is that our spirit (or Consciousness) perceives the truth about one's being. If this shining moment of illumination occurs in a mind totally purified by innate tendencies and regressed desires and fears, it brings back the self to the Self and the overcoming of all dualism: "I am what I am and that I have always been and will always be" . 

This experience, if definitive, can be called "Realization" and we can have a concrete example of it by reading what happened to Ramana Maharshi, when he steadily merged in the Self. If the seeker's mind - instead - still retains layers of hidden ignorance, vasanas and unexpressed  samskaras, here with the Awakening begins a process of expulsion of these obscuring factors. We can not know how they are encysted in our soul and how much it is necessary to dig into the unconscious in order to bring them to the surface and then eliminate them, but rest assured that the thing happens spontaneously, following the "Grace received". This process can sometimes be painful and may well be called "the dark night of the soul". But if you do not lose your self-confidence and in your teacher, and you persevere in the search with constancy, sincerity and honesty, then the process will be like any other "dark night that will pass" ... and then it is not then so serious. Love and devotion to the ideal offer a great help ..

In fact identifying oneself with a specific name form does not correspond absolutely to the truth and moreover if one identifies oneself with the "person" one can not but assume its merits and defects, to accept its nuances and stains, but  are we  Arlecchino or Pulcinella ?

In truth "I" (as consciousness )  observe the character that only through my conscious observation can manifest itself. I do not judge him, I love him as I love anyone who enters my conscious sphere.

The experience of the ultimate state, of the consciousness free from identification, is exhibited in various spiritual schools such as: Satori, Holy Spirit, Samadhi, Shaktipat, etc. Usually it is meant that this experience of "awakening" to one's nature is due to a particular condition of openness in which the "grace" of the Self (pure Consciousness) can manifest itself and impart the knowledge of what we have always been and always will be . Unfortunately, due to the accumulation of "vasana" mental tendencies, the lived experience does not always stabilize in permanent realization.

The awakening therefore does not correspond to the realization (or only in rare cases of full spiritual maturity). And here we are faced with a paradox, on the one hand there is the unequivocal awareness of the ultimate state that can never be canceled, on the other a partial obscuring of this truth following the residual activity of the vasanas which continue to operate in the mind of the seeker ...

Once revealed knowledge takes time to stabilize. The Self is certainly within the direct experience of everyone, but not as one can imagine, it is simply what it is. This "experience" is called samadhi. But due to the fluctuation of the mind, knowledge requires practice to stabilize.

So the job of the seeker consists in the elimination of the vasana. A great help in this cleaning work - as Ramana Maharshi affirmed - results in being in the vicinity of a realized saint, so the vasanas cease to be active, the mind becomes quiet and samadhi occurs. In this way the seeker obtains a correct experience in the presence of the teacher.

A practice to keep the awareness of the Self (Noumenon or real subject) fixed is the questioning of "who am I?", And if thoughts arise during the self-investigation, one should ask oneself "to whom arise these thoughts?" . In this way it will be possible to remain as long as possible on the sense of presence, without giving an objective identification to this pure subjective identity.

To maintain this experience stably, an effort is necessary and finally the seeker will know his true nature even in the midst of everyday life. this is the state that lies beyond our effort or lack of effort.

Hence the importance of the "awakening" for which, once tasted the "joy of the Self", the seeker can not help but turn to this repeatedly trying to regain it.

Once you have experienced the joy of peace, nobody will want to turn to some other research.

Paolo D'Arpini


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Testo italiano

Una volta ottenuto il Risveglio, ed avuta un'esperienza del Sé, quel che accade è che il nostro spirito (o Coscienza) percepisce la verità sul proprio essere. Questo fulgido momento d'illuminazione se avviene in una mente totalmente purificata dalle tendenze innate e dai desideri e paure regressi riconduce l'io al Sé ed al superamento di ogni dualismo: “Io sono quel che sono e che sempre sono stato e sempre sarò”. Questa esperienza se definitiva può essere chiamata “Realizzazione” e possiamo averne un esempio concreto leggendo quanto avvenne a Ramana Maharshi, nel momento in cui egli stabilmente si fuse nel Sé. Se la mente del cercatore -invece- conserva ancora strati di ignoranza nascosta, vasanas e samskaras inespresse, ecco che con il Risveglio inizia un processo di espulsione di questi fattori oscuranti. Non possiamo sapere come essi siano incistati nella nostra anima e quanto è necessario scavare nell'inconscio per poterli portare in superficie e quindi eliminarli, ma stia tranquillo che la cosa avviene spontaneamente, in seguito alla “Grazia ricevuta”. Questo processo può essere a volte doloroso e può ben essere chiamato “l'oscura notte dell'Anima”. Ma se non si perde la fiducia in se stessi, nel proprio Maestro, e si persevera nella ricerca con costanza, sincerità ed onestà, allora il processo sarà come qualsiasi altra “nuttata, che ha da passà”... e quindi non è poi così grave. L'amore e la devozione all'ideale offrono un grande aiuto..

Identificarsi con uno specifico nome forma non corrisponde assolutamente al vero ed inoltre se ci si identifica con la “persona” non si può fare a meno di assumerne i pregi ed i difetti, di accogliere le sue sfumature e macchie, ma siamo noi Arlecchino o Pulcinella?

In verità “io” (in quanto coscienza) osservo il personaggio che solo attraverso la mia osservazione consapevole può manifestarsi. Non lo giudico, gli voglio bene come voglio bene a chiunque entri nella mia sfera cosciente.

L’esperienza dello stato ultimo, della coscienza libera da identificazione, è esposta in varie scuole spirituali come: Satori, Spirito Santo, Samadhi, Shaktipat, etc. Di solito si intende che questa esperienza di "risveglio" alla propria natura sia conseguente ad una particolare condizione di apertura in cui la “grazia” del Sé (la pura Consapevolezza) può manifestarsi ed impartire la conoscenza di quel che sempre siamo stati e sempre saremo. Purtroppo dovuto all’accumulo di tendenze mentali “vasana” non sempre l’esperienza vissuta si stabilizza in permanente realizzazione.

Il risveglio quindi non corrisponde alla realizzazione (oppure solo in rari casi di piena maturità spirituale). E qui ci troviamo di fronte ad un paradosso, da un lato c’è la consapevolezza inequivocabile dello stato ultimo che non può mai più essere cancellata, dall’altro un oscuramento parziale di tale verità in seguito all’attività residua delle vasana che continuano ad operare nella mente del cercatore…

La conoscenza una volta rivelata prende tempo per stabilizzarsi. Il Sé è certamente all’interno dell’esperienza diretta  di ognuno, ma non come uno può immaginare, è semplicemente quello che è. Questa “esperienza” è chiamata samadhi. Ma dovuto alla fluttuazione della mente, la conoscenza richiede pratica per stabilizzarsi.

Quindi il lavoro del cercatore consiste nell’eliminazione delle vasana. Un grande aiuto in questo opera di pulizia - come affermò Ramana Maharshi- risulta nello stare in prossimità di un santo realizzato, così le vasana cessano di essere attive, la mente diventa quieta e sopravviene il samadhi. In questo modo il cercatore ottiene una corretta esperienza alla presenza del maestro.

Una pratica per mantenere fissa la consapevolezza sul Sé (Noumeno o soggetto reale) è l'interrogarsi su "chi sono io?", e se dovessero sorgere pensieri, durante l'auto-indagine, bisognerebbe chiedersi "a chi sorgono questi pensieri?". In tal modo si potrà restare il più a lungo possibile sul senso di presenza, senza dare un'identificazione oggettiva a questa pura identità soggettiva.

Per mantenere stabilmente questa esperienza uno sforzo è necessario ed infine il cercatore conoscerà la sua vera natura anche nel mezzo della vita di tutti i giorni. questo è lo stato che sta oltre il nostro sforzo o la mancanza di sforzo.

Da qui si intuisce l'importanza del "risveglio" per cui, una volta assaggiata la “gioia del Sé”, il cercatore non potrà fare a meno di rivolgersi a questa ripetutamente cercando di riconquistarla.

Una volta sperimentata la gioia della pace nessuno vorrà indirizzarsi verso qualche altra ricerca.

Paolo D'Arpini

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