domenica 25 maggio 2025

Nisargadatta Maharaj... come io l'ho conosciuto: "Una bocca sbavante esposta come fosse un fiore!"



Il mio incontro con Nisargadatta Maharaj…….


 "Gautama Buddha? Io l’ho conosciuto…."  Che effetto fa sentirsi dire oggi una frase del genere? Certo adesso fa un effetto sconvolgente. Ma se la stessa affermazione fosse stata fatta mentre Sakyamuni era in vita, da poco iniziata la sua missione su questa terra, non avrebbe sconvolto più di tanto l’ascoltatore, forse qualcuno avrebbe arricciato il naso, qualcuno avrebbe fatto spallucce -come per dire “quel mezzo pazzo.. che vuoi che sia”. Solo pochi avrebbero esclamato “Oh tu fortunato che grande benedizione hai avuto!”

E non sarebbe andata così anche per Gesù Cristo…? Magari proprio quel giorno dopo le palme di Gerusalemme… chi avrebbe osato riconoscere i meriti di Gesù se persino il suo principale discepolo lo rinnegò? E che dire di Francesco d’Assisi, il quale a parte la sua piccola banda di mezzi sderenati che lo seguivano, era visto più come uno scellerato perdigiorno che come santo? La verità è che è molto difficile per un saggio essere riconosciuto nel tempo in cui vive, ed è già un miracolo se viene apprezzato negli ultimi anni della sua vita, quando ormai è quasi certo che sta per lasciare questo mondo….

Ebbene, io ebbi la fortuna di incontrare un grande saggio, Nisargadatta Maharaj  un po’ prima della sua dipartita ed un po’ prima della sua deificazione finale. Lo conobbi quando la sua saggezza non poteva più essere celata e già c’era una piccola cerchia di discepoli attorno a lui ed allo stesso tempo egli viveva del tutto semplicemente come era sempre vissuto. Un piccolo commerciante indiano di sigarette artigianali (beedies), sposato e con figli, abitante in un piccolo appartamento alla  periferia di Bombay, ed addirittura malato di cancro (come poteva succedere a chiunque altro avesse fumato beedies per tutta la vita). Un santo quasi banale, un santo qualsiasi, anzi -come lo definii a quel tempo- un “sant’uomo”.


Ora la sua fama di grande saggio ha fatto il giro del mondo, i suoi testi sull’Advaita (non-dualismo) e sulla conoscenza di Sé vengono studiati nelle università, gli psicologi e gli studiosi della mente lo considerano “l’eccelsa vetta della conoscenza”. …

Che strano! Io l’ho incontrato ed ho scambiato delle parole con lui, ho persino fatto lo strafottente ed il furbo per metterlo alla prova, insomma mi sono rapportato con lui come fosse stato un giocattolo da studiare per vedere come funziona… Ma mentre pensavo di essere io a smontarlo, per osservarne i meccanismi interni, in realtà era lui che mi scioglieva le mani ed i piedi, il viso ed torace, la testa e le gambe, la mente ed il cuore… Non posso dire di “ricordarlo” se non perché “Io sono Lui” come egli stesso affermava: “I am That”. Ecco, avvenne che……

1981 - Ancora una volta in procinto di partire per l’India, un amico prima che ci salutassimo mi sussurrò ad un orecchio “Se vuoi incontrare un saggio vivente che abita a Bombay ti do l’indirizzo” disse passandomi un foglietto. Presi senza esitare l’indirizzo di questo, Nisargadatta Maharaj, che mai prima d’allora avevo sentito nominare.

Mi dissi “lascerò decidere per me il destino, se avviene o meno che io incontri quest’uomo non è mia preoccupazione…”. Ed in effetti dimenticai il foglietto nel fondo della mia sacca e visitai le mie case spirituali, Ganeshpuri, Jillellamudi, Tiruvannamalai, senza un pensiero per Nisargadatta. Non sto qui a raccontare le avventure di quel viaggio, non è questo il momento, comunque ogni viaggio ad un certo punto finisce e mi ritrovai a Bombay in attesa dell’aereo che mi avrebbe riportato in Italia. C’era da aspettare un paio di giorni e così rovistando nella mia sacca ritrovai quel foglietto e mi dissi “Che male mi potrà fare se vado a trovare quest’uomo? Se è un impostore saprò riconoscerlo e se è un vero santo sarà lui a farsi riconoscere”.

L’indomani nella tarda mattinata mi imbarcai su un taxi e mostrai l’indirizzo, scoprii poi che si trattava di un quartiere molto periferico di Bombay, e dopo numerose fermate qui e lì per chiedere informazioni sulla zona cercata infine l’autista mi sbarcò infra ad un crocevia di un suburbio mezzo città e mezzo paese. Non mi ci volle comunque molto, chiedendo in giro, ad individuare, proprio di fronte ad un orinatoio pubblico (una rarità a Bombay), la sua casa in un vicolo stretto.

Bussai alla porta e si presentò una donna indiana dall’aspetto modesto, chiesi un po’ a gesti un po’ mostrando il foglietto, un po’ a parole, se abitasse lì un sant’uomo di nome Nisargadatta Maharaj. La donna fece un gesto strano, come un diniego, e disse: “Non quello… ma chi cerchi è qui, devi tornare più tardi”.
 
Pensai -forse l’ora è importuna, magari il santo sta mangiando, tornerò dopo- e ritornai sui miei passi fino all’incrocio in cui mi aveva lasciato il tassista.

Lì all’angolo c’era un chaishop, entrai per bere un tè e fare uno spuntino e mi avvidi così di non esser il solo ad aspettare l’ora del satsang. Nel chaishop c’erano alcuni tipi strani, che ormai individuavo come i “flippati” dello spirito, forse europei forse no, gli abiti semplici e l’aria sognante. Cominciai a scambiar quattro chiacchiere con il più loquace, in effetti gli altri sembrava volessero evitare qualsiasi contatto umano, cominciai a chiedere -conosci questo sant’uomo Nisargadatta?- e l’altro con aria ispirata e quasi offesa -ma Lui non è un sant’uomo è l’Assoluto stesso- ero già abituato al tono enfatico di seguaci adoranti di vari maestri e non ne fui molto sconvolto anzi trovai persino divertente ci fossero atteggiamenti di questo tipo attorno ad un Jnani (conoscitore della Verità), chi di noi non è l’Assoluto?

Essendo trascorsa qualche ora dal mio arrivo sentivo gli stimoli di una grossa pisciata incombente. Lasciai da parte i grandi discorsi e brutalmente chiesi al mio interlocutore -senti, dov’è che posso andare a pisciare?- lui mi guardò ancora più stranito -chiedi qui al chaishop se è possibile- Immediatamente così feci ma com’era ovvio, trovandoci dove eravamo, non c’era nessun gabinetto.

Tornai alla carica con il tipo ieratico e gli chiesi -ascolta tu, è un bel po’ che visiti questo posto, quando ti scappa la pipì dove vai?- niente da fare, si limitò a commentare -vai da qualche parte dove vedi che è possibile... - Uscii dal locale, guardai a destra, pieno di gente, nemmeno un angolo nascosto, guardai a sinistra e la situazione pareva altrettanto drammatica, ovunque caos di passanti, macchine, animali e nessuno spazio riservato per andare a pisciare. Poi il mio sguardo cadde sul quel vicolo stretto, ci passava quasi nessuno, e c’era inoltre un bellissimo orinatoio pubblico in bella mostra e …stranamente… nessuno pareva fermarsi lì a pisciare (avevo visto pisciatoi presi letteralmente d’assalto e con la fila in tutta l’India). Quello era il pisciatoio proprio davanti la casa di Nisargadatta Maharaj. E lì andai a pisciare, non potendone più.

Ovviamente questo gesto di “noncuranza e disrispetto” da parte mia mi costò la stima degli altri ricercatori in attesa che non mi parlarono più. Così mi ritrovai da solo ad aspettare l’orario giusto che finalmente giunse. Prima di entrare nella casa del santo, decisi di prendere qualcosa da offrire, anche per farmi perdonare la pisciata ignominiosa, da una bancarella comprai un grosso ananas. Non è una offerta abituale da portare ad un santo ma quel grosso ananas mi sembrava la cosa di maggior valore della bancarella, tutto qui.

Eccomi ancora davanti quella porta e stavolta vengo introdotto dentro ed invitato a salire, senza scarpe, su una specie di soppalco alto appena da starci in piedi. Indossavo un paio di calzini e anche questi -seppi dopo- non sono bene accetti alla presenza di un santo, è una specie di auto-isolamento dall’atmosfera attorno a lui. Pazienza ancora pazienza ed osservazione. 

Una dozzina di tipi strani, un ex marinaio, un faccendiere apolide alla vista, un professorino compito, un conducente di riksciò, una donna dai denti cavallini, più un certo numero di cercatori spirituali professionisti vestiti di bianco o di nero -insomma una congrega di derelitti- penso fra me e me. Ma l’atmosfera è molto piena e leggera, la musica ed il canto sono melodiosi, provo un senso di sollevazione verso un reame in cui non esistono speculazioni di sorta. Un pieno in cui tutti stanno dentro.

Indossavo ancora i calzini ai piedi ed avevo iniziato a sentirmi a disagio, come se io fossi l’unico ad avere la maschera, gli altri erano nudi. E poi il pensiero della pisciata fatta lì fuori proprio di fronte all’ingresso del santo… Potevo ancora giustificarmi sull’impellenza? Un dubbio atroce mi sorse che forse un giorno avrei dovuto pagare lo scotto di quell’inavvertenza. Sapete una cosa, dicono che un santo restituisce 100 o 1000 volte ciò che riceve e ad un certo momento (trascorsi parecchi anni dall’incontro) vissi in una casupola che sovrastava la condotta fognaria di Calcata, a cielo aperto. Gli effluvi che emanava la fogna è stato dunque il premio di quella dabbenaggine? 

Se ciò è vero allora anche il mio essere lì alla presenza di Nisargadatta, il mio interesse a tutto ciò che lo circondava, ha un valore. Certo questo lo dico oggi che ho un’altra visione delle cose ed un’altra comprensione di quell’incontro.

Ad un certo momento i canti finiscono, si inneggia al Guru, tutti si siedono in cerchio attorno a lui, io mi trovo quasi di fronte e lo osservo bene, ha uno sguardo sibillino, c’è poco da scherzare, un filo di bava gli gocciola da un lato della bocca (poi seppi che aveva un cancro terminale alla gola ma ancora non lo sapevo in quel momento), osservavo lo scorrimento della saliva sul mento mentre i suoi occhi dimostravano completo disinteresse a questo fatto. 

Qualcuno dei presenti, evidentemente il responsabile di sala, accenna ad attivare un registratore, le mie antenne si alzano e lancio uno sguardo inquisitorio, penso -non voglio essere registrato- senza una parola scambiata Nisargadatta fa un segno rapido a significare -nessuna registrazione-. Lo stesso indiano che armeggiava con il registratore a quel punto si rivolge a me, fra tutti i presenti, evidentemente perché io sono uno “nuovo” -arguisco- mentre gli altri sono vecchi frequentatori. Bene, bene. Ma quel traduttore indiano parlava un inglese che non riesco a seguire bene.

Mi chiede da dove vengo ed il motivo della mia visita -le solite domande- rispondo che l’indomani ritornerò in Italia, che son stato in India per qualche mese -ma non specifico dove né nomino il mio Guru Muktananda o la mia madre spirituale Anasuya Devi, insomma faccio finta di niente -si dice- in realtà non voglio chiedere nulla di specifico,  non avevo pensato di dover chiedere qualcosa venendo qui. Nisargadhatta pare urtato dal mio atteggiamento, malgrado l’aspetto evidentemente sofferente, risponde con veemenza “non c’è nessun domani c’è solo ora”. Ma io  faccio finta di non capire cosa voglia dire e lo guardo quasi con sufficienza. Poi mi si chiede di rispondere al motivo della mia visita ed io in modo quasi casuale dico che “avevo quest’indirizzo ed il tempo per venire, quindi, eccomi che son venuto per avere il “darshan of the holy man”. Usai proprio queste parole che ovviamente suonavano un po’ offensive, dato il contesto in cui mi trovavo.

Ciononostante non mi sentivo ancora abbastanza “benedetto” e continuavo a studiare l’espressione di Nisargadhatta. Lui mi guarda con occhi mefistofelici e mi chiede “adesso hai avuto il “darshan of the holy man?” (che significa: hai visto il sant’uomo?) Ed io a quel punto non posso far a meno, dopo un ulteriore profonda occhiata, di dire “si” e lui di rimando “allora puoi andartene”. Detto così pareva proprio che venissi scacciato e mi sentivo a disagio, il traduttore solerte, vista la mia esitazione, insistè “il maestro intende proprio che puoi andare, subito”. Al che mi alzo, a questo punto veramente imbarazzato, guardandomi in giro per vedere se si manifestava qualche solidarietà nei miei confronti.

Tutte le facce sono assenti come se io già non ci fossi più. Così decido ad andarmene, ma a quel punto faccio qualcosa che non avrei mai dovuto fare (che seppi dopo era assolutamente proibita), ma non mi pento nemmeno ora di averla fatta, mi avvicino a lui e mi inchino ai suoi piedi, poi visti i suoi piedi nudi glieli tocco con le mani, posandole poi sulla fronte, come avevo visto fare in tanti altri posti in India. Lì la platea si risveglia e ci sono varie segnalazioni -tardive- di “non far ciò” – ormai pareva inevitabile che avessi rotto l’ennesima regola. Vedo ancora sui volti degli astanti la rassegnazione. Nisargadatta  invece è ancora bello battagliero, fa cenno a qualcuno di riportare l’ananas che avevo donato ma che non era stato inserito nel prasad misto di tutte le offerte da ognuno portate. Questo prasad era un miscuglio di varie cosette secche, dolci e salate, che ci fu servito in parti uguali dopo il canto, sul un ritaglio di giornale. Il mio ananas era stato subito scartato ed ora mi veniva riconsegnato, non come offerta ricevuta, ma come restituzione di un offerta non gradita. Tièh.

Ma io sono speciale in questi giochetti, ed insisto per lasciare il frutto lì, riconfermando che l’indomani sarei partito ed era meglio che lo tenessero loro. Ovviamente non ci fu niente da fare e fui spedito con il frutto al piano di sotto, tra il silenzio generale, dabbasso c’era la signora indiana che mi aveva aperto la porta, sembrava sorridermi, quasi scusandosi, ne approfittai per offrirle l’ananas, dicendole -ecco io non so che farmene, domani parto, mangiatelo voi- e lo dissi due o tre volte, allora il silenzio del piano di sopra fu improvvisamente rotto dalla voce -presumibilmente di Nisargadatta- che quasi urlava. Non capivo una parola di ciò che veniva detto ma a giudicare dal risultato sembrava “tienti st’ananas altrimenti questo non la smette più d’importunare”, infatti la signora si fece accondiscendente, accettò il frutto e mi salutò con un sorriso. Interiormente la ringraziai perché sentivo che l’accettazione di quel frutto corrispondeva a qualcosa di più sottile.

Infine,  tornai all’albergo quasi volando su un taxi e la partenza dell’indomani, volando, senza ancora essere partito da lui. Questa sensazione la percepii come un segnale di vera santità, quindi da quel momento non pensai più a Nisargadatta come “un sant’uomo” ma come un santo. Dovranno però trascorrere ancora diversi anni prima che -pian piano- quel messaggio ricevuto “non c’è nessun domani c’è solo ora” divenisse più chiaro. Attraverso un lento processo rielaborativo della mia precedente visione, per mezzo di meditazioni profonde, di segnali inequivocabili, di lacrime, di batticuori, di nascondi e cerca, di belle batoste a lungo ricevute che mi hanno ripagato ampiamente di quell’incontro.

Paolo D’Arpini

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Commento da Editora Advaita: "Grazie Paolo. Avevo già letto il tuo relato. Chissà... magari lo traduco. Ma, detto fra noi, questo incontro ti ha lasciato qualche marca? Com'era il vecchio Nisargadatta in quei giorni? Racconta... :)"

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Mia risposta: "Vuoi avere notizie fuori scena?.. Ce ne sarebbero ma in parte sono anche descritte, in forma di sensazioni, nella scena...
La cosa più rilevante che ho percepito col vecchio Nisargadatta è stata la sua capacità d'intuizione, la sua abilità nel trovare la giusta risposta basandosi su un semplice sguardo e siccome anche io sono avvezzo a questa tattica la corresponsione fu particolarmente significativa... Alla fine uscii soddisfatto di aver avuto le risposte nei miei termini con fatti concreti e non con chiacchiere. I fatti li puoi vedere descritti nella storia. Mi è stato di grande ausilio osservare l'indifferenza con la quale esponeva il suo male, una bocca sbavante come fosse un fiore...
Per comprendere appieno il senso di quell'incontro ho dovuto però aspettare qualche anno... avvenne nel silenzio della campagna (costal) in Andra Pradesh, seduto per tre mesi davanti alla mia capanna nel villaggio di Jillellamudi, alla presenza della mia Madre spirituale Anasuya Devi... più tremenda dello stesso Nisargadatta. Un viaggiatore di passaggio mi mise in mano "Io sono Quello" e così appresi anche l'insegnamento "letterario e formale" di Nisargadatta Maharaj... ed infine compresi tutti i significati dei gesti e delle poche parole e degli sguardi e..."


Sarcasmo? Soddisfazione di Paolo D'Arpini

giovedì 22 maggio 2025

Il satori è aldilà del ragionamento speculativo...

 

Ci sono  dei momenti nella nostra esistenza in cui possiamo sperimentare "la perdita della ragione". Non nel senso dell'uscita di senno ma significando l’entrata in una condizione “psichica” in cui non è più possibile giudicare quel che è giusto e quel che è sbagliato. Uno stato di vuoto in cui l’osservatore interno osserva le potenzialità del momento sostituendo il giudizio con la testimonianza.

E lì finisce ogni affermare o negare, ogni vincere od essere sconfitti. So che quel momento glorioso in cui trionfa “l’attimo presente” è lo stato della vera nascita e della vera beatitudine. Eppure questa “condizione” si manifesta (e per me avvenne drammaticamente) come un ingrippamento del motore funzionale della mente. Un vuoto che sopraggiunge di fronte all’imponderabile ed all’inaffrontabile. Sapete la storiella zen che racconta il “satori”? Un giorno un viandante si trovò dinnanzi ad una tigre affamata.

Cercando di sfuggire alle sue fauci aperte ed ai suoi unghioni appuntiti si rifugiò su un precipizio, aggrappandosi ad una radice sporgente nel vuoto. La tigre si aggirava sopra di lui rabbiosa allorché l’uomo si accorse che anche sotto di lui, alla base del crepaccio, c’era un’altra tigre che lo spiava famelica. Proprio in quel momento la radice alla quale era avvinghiato prese a staccarsi dalla roccia, si vide perduto, non poteva risalire né scendere, nel mentre il suo sguardo si posò su una fragolina selvatica matura che pendeva invitante davanti ai suoi occhi, la colse.. Com’era buona….

Successe più o meno così pure a me, mi sentivo oppresso ed aggredito a destra e sinistra, il destino aveva deciso di farmi apprendere questa lezione. Che fare? Rispondendo alle provocazioni, con la violenza o la capziosità, avrei perso la mia equanimità di giudizio e sarei precipitato nella finzione speculativa (e satana è questo che vuole per attiraci nella sua trappola). Non avevo speranze.. e quando smisi di preoccuparmi, sentii che non importava assolutamente nulla ottenere un risultato logico e soddisfacente, lasciai andare ed abbandonai la frustrazione e la potenza, la vendetta e l’umiliazione, la giustizia e l’ingiustizia, il bene ed il male…. Insomma rinunciai, anzi “dimenticai”, ogni azione-reazione.  

Questo lo chiamo “perdere la ragione”.


Ma attenzione, questa condizione di Vuoto, strettamente parlando, non si risolve in un “momento”, anche se la comprensione avviene in un “flash”, dovrà trasformarsi in uno stato, quell’essere in perfetto bilico, in cui non c’è che il sorridere ed il piangere insieme.

Come dice Capra, il fisico: “..analogamente al Vuoto dei mistici, il “vuoto fisico” -così chiamato nella teoria dei campi quantici- non è uno stato di semplice “non-essere” ma contiene in sé la potenzialità di tutte le forme. Queste forme non sono entità indipendenti ma sono manifestazioni transitorie del vuoto, che sempre soggiace ad esse. Il vuoto è “vuoto vivente”, pulsione creativa e distruttiva”.

Ed è proprio in questo stato “aldilà del ragionamento” che è veramente possibile godere in pieno della vita, nella sua interezza, è uno stato di perenne “comprensione” in cui è impossibile perdere, si vive momento per momento, con chiarezza, intelligenza, creatività. E’ un vivere nell’ignoto!

Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica



sabato 17 maggio 2025

The five elements and thought forms... - I cinque elementi e le forme pensiero...

 


Each of the 5 elements traditionally recognized (both in China and India) represents one of the 5 senses and we know that the five senses are different channels and ways of communicating between the internal and external mind. But there are also five more "spiritual" or psychic elements that go beyond the physical communication of the waking state, these 5 elements defined in Sanskrit Tanmatra - 5 sensory potentialities or subtle elements - precede the five Indrya, or senses, subordinate to them.

We thus see that it is possible that emotions, abstract thoughts, unconscious sensations, can be transmitted and perceived in the deep layers of the mind in the form of psychic or telepathic pulsations. But on the basis of the elements of birth that we manifest in a congenital form (they are different for each one) we can differently perceive and transmit these psychic or telepathic pulsations.

Sometimes we confuse these pulsations with psychosomatic and behavioral messages and therefore we believe that true telepathy does not exist, since it is a simple interpretative ability of the mind that observes the movements, appearances, small details and facial and eye habits of the people we are listening to or observing...

No, telepathic transmission is also possible with eyes closed or in silence, far from the "transmitter" or "receiver" and also a posteriori or in advance with respect to the related events... in this case it is called foresight or divination. But this quality of the mind cannot be deliberately used, as a listening technique, on the contrary it works precisely in the absence of mental modifications and suppositions. For this reason it is said in yoga that only with an "empty" mind is it possible to connect with everything that surrounds us, the mental Aura of the human species (collective unconscious) and the universal Mind.

During the various meetings to talk about the spontaneous "perceptive and divinatory" ability (I am referring to the "readings" on the I Ching and the Indian elemental system) I stated that the different psychic aspects embodied by us and the energies of the elements that distinguish us form a kind of "grid" through which we are able to perceive the external world and situations based on the harmony (or opposition) encountered.

Where this "grid", our perceptive way, does not adhere to the situations and different emotions that come to us from others, we automatically feel a form of repulsion. Our empathy and antipathy and the type of relationships that can be established with the people we come into contact with depends only on the configuration of the internal filter of innate predispositions. But, at the same time, the understanding that every aspect of the psyche or the colors of the energies (elements) depends on the movement in the kaleidoscope of the mind of an undifferentiated "something" that is at the root of the mind itself, is very important to recognize the common matrix. The different aspects arise following the primordial separation, Yin and Yang, and from the consequent movements of the propensities and from the grouping in cantons of acceptance and repulsion (based on the specific aspect embodied by us in which we recognize ourselves).

However, the oppositions are complementary aspects of the same archetypal energy, so misunderstandings and comprehensions are only a "modus operandi" of the mind and a way of recognizing affinities or differences, the aim of the evolved consciousness is in any case to bring everything back to unity.

On this same topic, I report the reflections of my dear friend Antonella Pedicelli, professor of philosophy and representative of the Italian Bioregional Network for ecological education, who states: "Experiencing life in a material body represents, for a human being, a continuous possibility of "learning" and evolution. The choice of experiences, obviously, is not random: we move and act driven by "forces and impulses" that, in their complex variety of names and appellations, do nothing but determine the "movement" in our daily life. Movement represents, on the level of pure existence, the incipit of every creation, the fundamental "need" of the creative principle itself.

He who is, as such, manifests his being in movement and in the consequent continuous "flow", which, in turn, generates changes not immediately perceptible by our human feeling. In the relationships of various kinds that we tend to "create" in this space-time chosen for existence in which the spirit that animates us finds its home, we  often usually use terms in which the feeling of “contrast”, or better said, of “misunderstanding” is evident. I think one way, he or she thinks in a completely different way.

This is a simple phenomenon, very simple and complex at the same time. We travel on “vibrational frequencies” that are not always in tune, a kind of “cart” that, for some, is equipped with brakes, for others not! The direction of the cart is the same, but not the speed and not even the energy impressed on the wheels.

Our single perception allows us to intuit this “mechanism”, but the “rational terms” impressed in our mind, create the situation of discomfort, of danger and therefore assume a “defense” position, sometimes with the attack, directed towards those who “think differently from us”! In truth, however, it is just a condition like many others, a “status” that is “traveling its path” outside of any judgment and any “label”. Recognizing “diversity” is an important step in personal growth, in terms of universal openness and self-confidence; welcoming our “perception” is an act of humility that makes the vision of Life special"

And now some simple advice on how to "empty" the mind so that it can be permeable and clean, a clear mirror that reflects reality without shadows. This operation is not functional to the ability of telepathic or divinatory perception, being more a consequence than a purpose of the work of internal cleansing.

First of all, let's start by observing how the mind tends to create "fictitious" problems.

This is one of the aspects that prevents it from functioning spontaneously, free from preconceptions. At the basis of worldly concerns - obviously - there is always the sense of responsibility for our actions due to identification with the body-mind.

The process of individualization is an innate propensity of the mind. The mind is the reflective capacity of consciousness that takes on the task of objectification (dualism) and therefore of the creation of the so-called world of forms. Exteriority is its tendency.

Yet it is not a definitive or irreparable condition, even the most negative sensations can be transcended.

The worldly worries that assail us are the result of the mental mechanism that projects attention on external factors, desires and fears, and it is for this reason that in meditation it is recommended to fix attention on awareness, on the subject, ignoring mental apparitions, which are only "impediments" (distractions) that arise from an inveterate habit of externalization, not taking them into account means remaining quiet while keeping the observer in himself.

Paolo D'Arpini - Lay Spirituality Committee



For further information: "Who are You? - I Ching, the Chinese Zodiac and the Indian elemental system" A comparative research on archetypal aspects and self-knowledge. (https://www.edizioniephemeria.it/prodotto/chi-sei-tu-di-paolo-darpini/)




Testo Italiano:

Ognuno dei 5 elementi tradizionalmente riconosciuti (sia in Cina che in India) rappresenta uno dei 5 sensi e noi sappiamo che i cinque sensi sono diversi canali e modi comunicativi fra la mente interna e quella esterna. Ma esistono anche cinque elementi più "spirituali" o psichici che superano la comunicazione fisica dello stato di veglia, questi 5 elementi definiti in sanscrito Tanmatra - 5 potenzialità sensoriali o elementi sottili - precedono i cinque Indrya, o sensi, ad essi subordinati. 

Vediamo così che è possibile che le emozioni, i pensieri astratti, le sensazioni inconsce, possono essere trasmesse e percepite negli strati profondi della mente in forma di pulsazioni psichiche o telepatiche. Ma sulla base degli elementi di nascita che noi manifestiamo in forma congenita (sono diversi per ognuno) possiamo diversamente percepire e trasmettere queste pulsazioni psichiche o telepatiche. 

A volte confondiamo tali pulsazioni con i messaggi psicosomatici e comportamentali e riteniamo perciò che la telepatia vera e propria non esista, trattandosi di una semplice capacità interpretativa della mente che osserva i movimenti, le parvenze, i piccoli particolari ed i vezzi facciali e degli occhi delle persone che noi stiamo ascoltando o osservando...

No, la trasmissione telepatica è possibile anche ad occhi chiusi o in silenzio, lontano dal "trasmettitore" o "ricevente" ed anche a posteriori od in anticipo rispetto agli eventi correlati... in tal caso si chiama preveggenza o divinazione. Ma questa qualità della mente non può essere volutamente utilizzata, come una tecnica di ascolto, al contrario funziona proprio in assenza di modificazioni mentali e supposizioni. Per questo si dice nello yoga che solo con la mente "vuota" è possibile collegarsi con il tutto che ci circonda, l'Aura mentale della specie umana (inconscio collettivo) e la Mente universale.

Durante i vari incontri per parlare della spontanea capacità "percettiva e divinatoria" (mi riferisco alle "letture" sull'I Ching e sistema elementale indiano) ho affermato che i diversi aspetti psichici da noi incarnati e le energie degli elementi che ci contraddistinguono formano una specie di “griglia” attraverso la quale noi riusciamo a percepire il mondo esterno e le situazioni sulla base della sintonia (od opposizione) incontrata. 

Ove questa “griglia”, il nostro modo percettivo, non aderisce con le situazioni e le emozionalità diverse che ci giungono dagli altri automaticamente sentiamo una forma di repulsione. La nostra empatia ed antipatia ed il genere dei rapporti che possono essere instaurati con le persone con le quali veniamo in contatto dipende solo dalla configurazione del filtro interiore delle predisposizioni innate. Ma, allo stesso tempo, la comprensione che ogni aspetto della psiche o dei colori delle energie (elementi) dipende dal movimento nel caleidoscopio della mente di un "qualcosa" di indifferenziato che è alla radice della mente stessa, è importantissimo per riconoscere la comune matrice. I diversi aspetti nascono in seguito alla separazione primordiale, Yin e Yang, e dai movimenti consequenziali delle propensioni e dal raggruppamento in cantoni di accettazione e repulsione (sulla base dello specifico aspetto da noi incarnato in cui ci riconosciamo).

Le opposizioni sono però aspetti complementari della stessa energia archetipale, per cui le incomprensioni e comprensioni sono solo un “modus operandi” della mente ed un modo di riconoscere le affinità o le differenze, il fine della coscienza evoluta è comunque quello di riportare tutto all’unità.

Su questo stesso argomento, riporto le riflessioni della cara amica Antonella Pedicelli, docente di filosofia e  referente della Rete Bioregionale Italiana per l'educazione ecologica, la quale afferma: "Sperimentare la vita in un corpo materiale, rappresenta, per un essere umano, una continua possibilità di “apprendimento” e di evoluzione. La scelta delle esperienze, ovviamente, non è casuale: ci muoviamo ed agiamo spinti da “forze e pulsioni” che, nella loro complessa varietà di nomi e appellativi, non fanno altro che determinare il “movimento” nella nostra quotidianità. Il movimento rappresenta, sul piano dell’esistenza pura, l’incipit di ogni creazione, il “bisogno” fondamentale del principio ideatore stesso. 

Colui che è, in quanto tale, manifesta il suo essere nel movimento e nel conseguente continuo “fluire”, che, a sua volta, genera cambiamenti non immediatamente percepibili dal nostro umano sentire. Nei rapporti di vaio genere che tendiamo a “creare” in questo spazio-tempo scelto per l’esistenza nella quale trova dimora lo spirito che ci anima, spesso siamo soliti usare termini nei quali appare evidente il sentimento del “contrasto”, o per meglio dire, della “in-comprensione”. Io penso in un modo, lui o lei la pensano in tutt’altra maniera. 

Questo è un fenomeno semplice, molto semplice e complesso insieme. Viaggiamo su “frequenze vibrazionali” che non sempre si trovano in sintonia, una specie di “carrello” che, per alcuni è dotato di freni, per altri no! La direzione del carrello è la stessa, ma non la velocità e neanche l’energia impressa nelle ruote. 

La nostra singola percezione ci permette di intuire questo “meccanismo”, ma i “termini razionali” impressi nella nostra mente, creano la situazione del disagio, del pericolo e quindi assumono posizione di “difesa”, a volte con l’attacco,diretto verso chi la “pensa diversamente da noi”! In verità, invece, è solo una condizione come tante, uno “status” che sta “percorrendo la sua strada” al di fuori di ogni giudizio e di ogni “etichetta”. Riconoscere la “diversità” è un passaggio importante nella crescita personale, sul piano dell’apertura universale e della fiducia verso noi stessi; accogliere la nostra “percezione” è un atto d’umiltà che rende speciale la visione della Vita"

Ed ora alcuni semplici consigli sul come "vuotare" la mente in modo da poterla rendere permeabile e pulita, uno specchio terso che riflette senza ombre la realtà. Questa operazione non è comunque funzionale alla capacità di percezione telepatica o divinatoria, essendo più una conseguenza che uno scopo del lavoro di pulizia interna.
Innanzi tutto cominciamo ad osservare come la mente tende a creare dei problemi “fittizi”. 

Questo è uno degli aspetti che le impedisce di funzionare in modo spontaneo, libera da preconcetti. Alla base delle preoccupazioni mondane –ovviamente- c’è sempre il senso di responsabilità per le nostre azioni dovuto all’identificazione con il corpo-mente. 

Il processo dell’individualizzazione è una propensione innata della mente. La mente è la capacità riflettente della coscienza che assume su di sé il compito dell’oggettivazione (dualismo) e quindi della creazione del cosiddetto mondo delle forme. L’esteriorità è la sua tendenza.

Eppure non è una condizione definitiva o irreparabile, anche le sensazioni più negative possono essere trascese. 

Le preoccupazioni mondane che ci assalgono sono frutto del meccanismo mentale che proietta l’attenzione sui fattori esteriori, desideri e paure, ed è per questa ragione che nella meditazione si consiglia di fissare l’attenzione sulla consapevolezza, sul soggetto, ignorando le apparizioni mentali, che son solo “impedimenti” (distrazioni) che sorgono per inveterata abitudine all’esternalizzazione, non tenerne conto significa restare quieti mantenendo l’osservatore in se stesso.

Paolo D'Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica

Per approfondimenti: "Chi sei Tu? - I Ching, lo Zodiaco cinese e il sistema elementale indiano" - Una ricerca comparata sugli aspetti archetipali e sulla conoscenza di sé.  (https://www.edizioniephemeria.it/prodotto/chi-sei-tu-di-paolo-darpini/)

venerdì 9 maggio 2025

Naturalismo e spiritualità della natura...


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"Quando mi sono reso conto che l’antica saggezza era stata tramandata di generazione in generazione per migliaia di anni, pur arrivando ai nostri giorni quasi inalterata, mi pentii di aver iniziato troppo tardi ad attribuire alle leggende dell’antichità l’immenso significato che ora mi rendo conto che posseggono”. (George Gurdjieff)

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Lo spezzettamento del cristianesimo nelle sue componenti essenziali è già iniziato sin dai suoi primordi. Da un lato l'interesse verso lo stoicismo, Seneca in particolare, che fu preso come modello dai padri della chiesa per tratteggiare la figura di cristo. Poi Marco Aurelio, il grande re, e tutti a cercare di attuare un personaggio "giusto" per eccellenza, che nella cultura diffusa di allora era Socrate, ed il di lui discepolo per eccellenza, Platone, creatore di quella filosofia che pervade il cristianesimo filosofico.
D'altra parte, ai nostri giorni, ritorna prepotente il desiderio di una religione naturalistica, per reazione contro la scissione tra uomo e natura. Religione naturalistica, la più sana religione possibile, la divinizzazione degli astri, delle forze naturali, dei luoghi naturali! Quando gli dei erano tra gli uomini non erano solo dei, vi era la divinizzazione della natura! L'uomo coltivava, venerava, apprezzava, temeva, anche, la natura ma gli stava "dentro"!
Risultati immagini per l'uomo nella natura
Oggi invece la natura è perduta per l'uomo. Il sentimento millenario dell'immedesimazione deve essere riconquistato. Per cui, se esiste ancora la possibilità della rinascita del sentimento religioso, questa non può avvenire sul piano dello "spirituale astratto", perché  questo ci disincarna dalla natura. L'uomo che respira, sente, tocca, vede la natura si arricchisce e rafforza il suo amore per la vita. Amore per la vita altro non è che partecipazione sensoriale alla realtà. 
Ecco perché occorre recuperare il senso del reale contro le fumisticherie  delle mitologie e delle ideologie nate al di fuori del sano realismo mediterraneo di cui noi dobbiamo recuperare il senso....
Giorgio Vitali - Aderente alla Rete Bioregionale Italiana


Integrazione di Paolo D'Arpini: 
"...mi piace questa discorso in cui si cerca di tirar fuori un "senso"  che unisca  religione e scienza, natura e cultura. Ma il punto chiaramente è che il "messaggio naturalistico" deve integrare lo  "spirito" (intelligenza e coscienza) e la  sostanza (materia)... 
Riporto perciò l'attenzione a come la "santità naturale" possa manifestarsi in ognuno di noi. Santità significa interezza, onestà, integrità... e per viverla consapevolmente dobbiamo per forza di cose partire da noi stessi, metterla in pratica nella nostra vita quotidiana, tenendo conto dell'equilibrio nel dare-avere e del giusto respiro, mangiare e bere che ci compete. " 
(P.D'A.)



martedì 6 maggio 2025

The story of Punya and Papa...



Ramana Maharshi read out from the Tamil version of Yoga Vasishta the story of Deerga Tapasi who had two sons, Punya and Papa. After the death of the parents the younger one mourned the loss and the elder brother consoled him as follows:

“Why do you mourn the loss of our parents? I shall tell you where they are; they are only within ourselves and are ourselves. For the life-current has passed through innumerable incarnations, births and deaths, pleasures and pains, etc., just as the water current in a river flows over rocks, pits, sands, elevations and depressions on its way, but still the current is unaffected.

Again the pleasures and pains, births and deaths, are like undulations on the surface of seeming water in the mirage of the ego. The only reality is the Self from where the ego appears, and runs through thoughts which manifest themselves as the universe and in which the mothers and fathers, friends and relatives appear and disappear. They are nothing but manifestations of the Self so that one’s parents are not outside the Self. So there is no reason to mourn. Learn it, realise it and be happy".


Annotazioni a margine - “In sanscrito, "punya" significa "merito spirituale, bene" o "buona azione", mentre "papa" significa "peccato, azione negativa o colpa. Questi due concetti sono fondamentali nella religione induista e in altre tradizioni indiane, come il buddismo, per spiegare il concetto di karma e il ciclo di nascita, morte e rinascita (samśāra). "Punya" è associato alla felicità e alla buona sorte, mentre "papa" è associato al dolore e alla cattiva sorte. Questi due concetti influenzano le esperienze e il destino spirituale di un individuo, in quanto le azioni ("karma") determinano se si accumulano "punya" o "papa", che a loro volta influenzano le future incarnazioni. Il raggiungimento della liberazione (mokṣa) si ottiene quando il ciclo del karma è interrotto...”




lunedì 5 maggio 2025

Bioregionalism as a solution... - Bioregionalismo come soluzione...

 


«The bioregional concept can be described as the vision of a human society connected to the geography of the earth, as an integral part of the fabric of life, as living and working in accordance with the natural rhythms and cycles of specific places. These places are bioregions. The earth itself is organized into bioregions, homogeneous territories defined by continuity of landscape, climate or soil, or by the entirety of a river basin, or by the range of native plants and animals, but also by human cultures that in that place have been able to evolve in a sense of reciprocity with the surrounding environment. Mainly the bioregional idea allows us to see and address social and environmental problems from another point of view. It considers the place where one lives, one's bioregion, no longer as a material entity to be exploited, for the exclusive well-being of man, but rather as a set of beings and relationships». 

Giuseppe Moretti, Rete Bioregionale Italiana, 2000



"Both capitalist society and what remains of the so-called "real socialism" society, and societies crossed by religious-fundamentalist movements, are terribly highlighting all their environmental, social and economic limits. The planetary danger of a nuclear catastrophe, war, pollution, social injustice, are only some of the most striking aspects that are there to deeply undermine the myth of domination and development that would seem to have always guided these hierarchical-dominator societies in their thoughts and actions.

But in the history of human beings and in particular in Europe, have things always been this way? Is it really an intrinsic destiny of human societies, from the simplest to the most complex, to generate aggression, violence and domination towards human beings themselves and towards nature? And what can alternative ecological movements such as bioregionalism or even the peace movement or feminism currently represent, compared to the deployment of cultural and material forces deployed by dominant societies to maintain their supremacy?

To seek an answer to these questions and rediscover our ancient European roots, together with the wisdom of our native ancestors, here is what at first glance might seem like just a nice story but which could help us give a new meaning to our lives…"

Stefano Panzarasa - Italian Bioregional Network




"We give thanks to the earth

that gives us our home.

We give thanks to the rivers and lakes

that give us their water.

We give thanks to the trees

that give us fruit and nuts.

We give thanks to the sun

that gives us heat and light.

All beings on earth: trees, animals,

the wind and rivers give each other

so everything is in balance.

We make our promise to begin

to learn how to be in harmony with the whole earth."

 

Dolores La Chappelle, from Earth Prayers, 1991




Testo Italiano:

«Il concetto bioregionale può essere descritto come la visione di una società umana connessa alla geografia della terra, come parte integrante della trama della vita, come il vivere e il lavorare nel rispetto dei ritmi e dei cicli naturali di luoghi specifici. Questi luoghi sono le bioregioni. La terra stessa è organizzata in bioregioni, territori omogenei definiti per continuità di paesaggio, di clima o di suoli, oppure dall'interezza di un bacino fluviale, o dall'areale di piante e animali nativi, ma pure da culture umane che in quel posto hanno saputo evolversi in senso di reciprocità con l'ambiente circostante. Principalmente l'idea bioregionale ci permette di vedere e affrontare i problemi sociali e ambientali da un altro punto di vista. Essa considera il luogo in cui si vive, la propria bioregione, non più come una entità materiale da sfruttare, per l'esclusivo benessere dell'uomo, ma piuttosto come un insieme di esseri e relazioni». 

Giuseppe Moretti, Rete Bioregionale Italiana, 2000


"Sia la società capitalistica, sia ciò che rimane della società del cosiddetto "socialismo reale", sia le società percorse da movimenti a carattere religioso-integralista, stanno mettendo terribilmente in luce tutti i loro limiti ambientali, sociali e economici. Il pericolo planetario di una catastrofe nucleare, la guerra, l'inquinamento, l'ingiustizia sociale, sono solo tra i più eclatanti aspetti che stanno lì ad incrinare profondamente il mito di dominio e di sviluppo che sembrerebbe abbia sempre guidato queste società di tipo gerarchico-dominatore nei loro pensieri e nelle loro azioni.

Ma nella storia degli esseri umani e in particolare in Europa, le cose sono andate sempre così? È proprio un destino intrinseco delle società umane, dalle più semplici alle più complesse, generare aggressività violenza e dominio nei confronti degli esseri umani stessi e della natura? E cosa possono rappresentare attualmente movimenti alternativi ecologisti come il bioregionalismo o anche il movimento per la pace o il femminismo, rispetto allo spiegamento di forze culturali e materiali messe in campo dalle società dominanti per mantenere invariata la loro supremazia?

Per cercare una risposta a questi interrogativi e ritrovare le nostre antiche radici europee, insieme alla saggezza dei nostri antenati nativi, ecco quella che a prima vista potrebbe sembrare solamente una bella storia ma che potrebbe servirci per dare un nuovo significato alla nostra vita…"

Stefano Panzarasa - Rete Bioregionale Italiana


«Rivolgiamo il nostro ringraziamento alla terra

che ci dona la nostra casa.

Rivolgiamo il nostro ringraziamento ai fiumi e ai laghi

che ci donano le loro acque.

Rivolgiamo il nostro ringraziamento agli alberi

che ci donano frutti e noci.

Rivolgiamo il nostro ringraziamento al sole

che ci dona calore e luce.

Tutti gli esseri sulla terra: gli alberi, gli animali,

il vento e i fiumi si donano l'un l'altro

così tutto è in equilibrio.

Rivolgiamo la nostra promessa di iniziare

a imparare come stare in armonia con tutta la terra». 


Dolores La Chappelle, da Earth Prayers, 1991