mercoledì 5 gennaio 2022

When a sage expresses the truth, with facts. The case of Nisargadatta Maharaj - Quando un saggio esprime la verità, con i fatti. Il caso di Nisargadatta Maharaj

 


"Gautama Buddha? I met him ...." How does it feel to hear such a phrase today? Of course now it has a shocking effect. But if the same statement had been made while Sakyamuni was alive, his mission on this earth had just begun, it would not have upset the listener too much, maybe someone would have wrinkled their nose, someone would have shrugged - as if to say " that half crazy, you want it to be ". Only a few would have exclaimed "Oh you lucky what a great blessing you have had!"

And wouldn't that have happened also for Jesus Christ…? Maybe that very day after the palms of Jerusalem ... who would have dared to recognize the merits of Jesus if even his main disciple denied him? And what about Francis of Assisi, who, apart from his small band of half-sderenati who followed him, was seen more as a wicked waster than as a saint? The truth is that it is very difficult for a wise man to be recognized in the time he lives, and it is already a miracle if he is appreciated in the last years of his life, when it is now almost certain that he is about to leave this world….

Well, I was lucky enough to meet such a sage, Nisargadatta Maharaj, a little before his death and a little before his final deification. I met him when his wisdom could no longer be hidden and there was already a small circle of disciples around him and at the same time he lived quite simply as he had always lived. A small Indian artisan cigarette trader, married and with children, living in a suburban small house in Bombay, and even suffering from cancer (as could happen to anyone else who had smoked beedies all their life). An almost simple saint, any saint, indeed - as I defined him at that time - a "holy man".

Now his fame as a great sage has gone around the world, his texts on Advaita (non-dualism) and on Self-knowledge are being studied in universities, psychologists and scholars of the mind consider him "the lofty peak. of knowledge ".

How strange! I met him without any pretensions and exchanged words with him, I even played arrogant and crafty to test him, in short, I related with him as if he were a toy to study to see how it works. But while I thought I was the one to take it apart, to observe its internal mechanisms, in reality it was he who was loosening my hands and feet, face and chest, head and legs, mind and heart. I cannot say that I "remember him" if not because "I am He" as he himself said: "I am That".

Well, so it happened that in the spring of 1981 I met him, a few months before his "departure". Some news offstage? .. There would be some but in part they are also described, in the form of sensations, in the scene ...

The most relevant thing I perceived with old Nisargadatta was his ability to intuition, his ability to find the right answer based on a simple look. And the payment was particularly significant. In the end I went out satisfied that I had received the answers in my terms, with concrete facts and not with chatter.

You can read the facts in the story of my meeting with him described in the book "Compagni di viaggio" edited by Om Edizioni (https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2020/02/compagni-di-viaggio-di-paolo-darpini.html)

It was of great help to observe the indifference with which he exposed his disease, a throat cancer in the terminal stage, a mouth drooling like a flower ...

To fully understand the meaning of that meeting, however, I had to wait a few years, it took place in the silence of the countryside (costal) in Andra Pradesh, in my hut in the rural village of Jillellamudi, in the presence of my spiritual mother, Anasuya Devi. A traveler put "I am That" in my hand, which I read piece by piece in three months, and thus I also learned the "formal" teaching of Nisargadatta and better understood all the meanings of the gestures and few words. and looks and ...

Paolo D'Arpini









Testo Italiano

"Gautama Buddha? Io l’ho conosciuto…."  Che effetto fa sentirsi dire oggi una frase del genere? Certo adesso fa un effetto sconvolgente. Ma se la stessa affermazione fosse stata fatta mentre Sakyamuni era in vita, da poco iniziata la sua missione su questa terra, non avrebbe sconvolto più di tanto l’ascoltatore, forse qualcuno avrebbe arricciato il naso, qualcuno avrebbe fatto spallucce -come per dire “quel mezzo pazzo,  che vuoi che sia”. Solo pochi avrebbero esclamato “Oh tu fortunato che grande benedizione hai avuto!”

E non sarebbe andata così anche per Gesù Cristo…? Magari proprio quel giorno dopo le palme di Gerusalemme… chi avrebbe osato riconoscere i meriti di Gesù se persino il suo principale discepolo lo rinnegò? E che dire di Francesco d’Assisi, il quale a parte la sua piccola banda di mezzo-sderenati che lo seguivano, era visto più come uno scellerato perdigiorno che come santo? La verità è che è molto difficile per un saggio essere riconosciuto nel tempo in cui vive, ed è già un miracolo se viene apprezzato negli ultimi anni della sua vita, quando ormai è quasi certo che sta per lasciare questo mondo….

Ebbene, io ho avuto la fortuna di incontrare un tale saggio,   Nisargadatta Maharaj,  un po’ prima della sua morte ed un po’ prima della sua deificazione finale.   Lo conobbi quando la sua saggezza non poteva più essere celata e già c’era una piccola cerchia di discepoli attorno a lui ed allo stesso tempo egli viveva del tutto semplicemente come era sempre vissuto. Un piccolo commerciante indiano di sigarette artigianali, sposato e con figli, abitante in una casupola periferica di Bombay, ed addirittura malato di cancro (come poteva succedere a chiunque altro avesse fumato beedies per tutta la vita). Un santo quasi banale, un santo qualsiasi, anzi -come lo definii a quel tempo- un “sant’uomo”.

Ora la sua fama di grande saggio ha fatto il giro del mondo, i suoi testi sull’Advaita (non-dualismo) e sulla conoscenza di Sé vengono studiati nelle università, gli psicologi e gli studiosi della mente lo considerano “l’eccelsa vetta della conoscenza”.

Che strano! Io l’ho incontrato senza alcuna pretesa  ed ho scambiato delle parole con lui, ho persino fatto lo strafottente ed il furbo per metterlo alla prova, insomma mi sono rapportato con lui come fosse stato un giocattolo da studiare per vedere come funziona. Ma mentre pensavo di essere io a smontarlo, per osservarne i meccanismi interni, in realtà era lui che mi scioglieva le mani ed i piedi, il viso ed torace, la testa e le gambe, la mente ed il cuore. Non posso dire di “ricordarlo” se non perché “Io sono Lui” come egli stesso affermava: “I am That”. 

Ecco, così avvenne che nella primavera del 1981 lo incontrassi, pochi mesi prima della sua "dipartita".  Alcune notizie fuori scena?.. Ce ne sarebbero ma in parte sono anche descritte, in forma di sensazioni, nella scena...

La cosa più rilevante che percepii col vecchio Nisargadatta  fu la sua capacità d'intuizione,  la sua abilità nel trovare la giusta risposta basandosi su un semplice sguardo.  E  la corresponsione fu particolarmente significativa. Alla fine uscii soddisfatto per  aver avuto le risposte nei miei termini, con fatti concreti e non con chiacchiere. 

I fatti li potete leggere nella storia del mio incontro con lui descritti nel libro "Compagni di viaggio" edito da Om Edizioni (https://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2020/02/compagni-di-viaggio-di-paolo-darpini.html)   

Mi fu di grande ausilio osservare l'indifferenza con la quale esponeva il suo male, un cancro alla gola in fase terminale,  una bocca sbavante come fosse un fiore...

Per comprendere appieno il senso di quell'incontro ho dovuto però aspettare qualche anno,  avvenne nel silenzio della campagna (costal) in Andra Pradesh, nella mia capanna nel villaggio rurale di Jillellamudi, alla presenza della mia madre spirituale, Anasuya Devi.  Un viaggiatore mi mise in mano "Io sono Quello", che lessi pezzo a pezzo in  tre mesi, e così appresi anche l'insegnamento "formale" di Nisargadatta e compresi meglio tutti i significati dei gesti e delle poche parole. e degli sguardi e...

Paolo D'Arpini

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