venerdì 27 agosto 2021

Dove i vivi ed i morti si incontrano... I Ching - Where the living and the dead meet ... I Ching

 


Ante scriptum Ricordo una divertente storiella zen in cui si narra di un contadino che chiamò un prete per svolgere una cerimonia di benedizioni alla sua famiglia. Il monaco stava per  iniziare il rito quando l’uomo gli chiese se ne avrebbe avuto beneficio anche la sua consorte che era deceduta qualche tempo prima.. “Certamente –assicurò il prete- tutti gli esseri senzienti vivi o morti ne trarranno beneficio” – “Tutti .. proprio tutti?” Indagò ancora il contadino, ed il monaco: “Tutti gli esseri condividono la natura di Buddha e quindi tutti saranno beneficiati e ricordati nella funzione” – Ed il contadino: Ma... veramente  vorrei che almeno fosse escluso il mio vicino che mi sta molto antipatico…”


Da ciò se ne deduce che il nostro osservare il mondo, sia interiore (delle emozioni) che esteriore (degli oggetti), non è quasi mai “pulito”, privo cioè di interpretazione e concettualizzazione.

 


Siamo avvezzi a giudicare quel che osserviamo attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni collegate alle trascorse esperienze. Anche nel caso di eventi “nuovi” o di idee precedentemente non considerate non facciamo a meno di cercare di “comprendere” e misurare sulla base del nostro conosciuto. Ecco questa “preconoscenza” è la nostra “schiavitù” ma se potessimo lasciarci andare sino al punto di poterci osservare mentre si innesca il meccanismo del “pre-giudizio” e capire il suo funzionamento… potremmo già considerare questa “attenzione” come una prima forma di meditazione e distacco dal processo appropriativo in corso.

 

Facciamo un’analogia pratica, per esemplificare questo tentativo di spostare l’attenzione dall’io giudicante alla capacità testimoniale della pura coscienza, analizzando il funzionamento del sogno. Quando sogniamo tutto avviene in modo apparentemente costruito e definito mentre allo stesso tempo gli avvenimenti del sogno mantengono il senso dell’imponderabilità. Il personaggio specifico del nostro sogno, nel quale noi ci identifichiamo, è esso stesso una semplice componente inscindibile dalla complessità del sogno, in cui i vari attori, figure, oggetti ed eventi sono un tutt’uno. La “farsa” del sogno mostra un’apparente finalità e significato agli occhi del personaggio di sogno nel quale ci identifichiamo. Vediamo che egli infatti compie gesti deliberati e verosimili sforzi di volontà per raggiungere i suoi fini di sogno, rapportandosi inoltre con gli altri personaggi del sogno come “diversi” da sé.


 

Può ciò corrispondere a verità?

 

Tutti gli aspetti del sogno sono prodotti dalla stessa mente e non sono in alcun modo controllabili e gestibili da alcun personaggio o situazione del sogno. Essendo ognuno di questi elementi semplici componenti “passive” immaginate nella mente del sognatore. Dal punto di vista dell’esperienza “empirica” nello stato di veglia si può dire che il processo di “creazione” sia praticamente il medesimo. Tutti gli oggetti ed i soggetti che reciprocamente si percepiscono (essendo ognuno contemporaneamente soggetto ed oggetto nella percezione altrui) scaturiscono dalla stessa “Mente”, o Coscienza, e si dipanano sullo schermo concettuale degli eventi spazio-temporali. 


In effetti, in questo funzionamento totale, non può esistere alcuna volizione o finalità personale, poiché (come nel sogno) ogni cosa si svolge indipendentemente dall’intenzione di qualsiasi dei personaggi sognati. Pur che apparentemente essi assumono su di sé il senso dell’affermazione o della negazione di una loro “volontà”, ma questo avviene solo conseguentemente alla considerazione effettiva degli eventi già vissuti. Ovvero dopo aver “giudicato” i fatti accaduti ed averli assunti come propri (attraverso il senso di identificazione) e quindi definiti come positivi o negativi (ai fini del personaggio).

 


Da ciò, per estensione, arriviamo all’identità dello stato di veglia e scopriamo che -come nel sogno- a manifestare la vita e le sue componenti non sono i singoli esseri bensì la Coscienza stessa, impegnata com’è nell’opera di vivificazione delle sue emanazioni e manifestazioni, che sono possibili solo per suo tramite.

 

Per questa ragione è detto che “quando il me scompare l’Io si manifesta” (Ramakrishna Paramahansa), ovvero quando l’identificazione individuale cessa automaticamente la Coscienza impersonale emerge. Si dice che “emerge” in quanto tale pura Coscienza è già insita nell’individuo stesso (come la mente è presente nel personaggio sognato) che la “sostanza” non appartiene alla sembianza mutevole ma è l’essenza che la anima. 


Ovviamente in caso di “risveglio” al puro Io il senso di identità individuale “muore” ma questo non implica l’automatica scomparsa della sua “sembianza” apparente, che continuerà a restare nella percezione degli “altri” osservatori, ma svuotata al suo interno di ogni identificazione oggettiva, essendo il risvegliato pura e semplice “soggettività” (Consapevolezza priva di attributi).



La spontaneità è la caratteristica “comportamentale” del risvegliato, quando spontaneità significa semplice capacità di risposta, adeguata e consona, alle situazioni in cui egli si imbatte. In un tale essere non permane alcuna ombra di intenzionalità o di giudizio, di desiderio o repulsione, la sua “volontà” corrisponde esattamente agli eventi vissuti senza che lui lo ricerchi. Possiamo definire questo stato: Libertà.

 

Per significare la vera natura dell’essere ed il “ritorno” all’intrinseca consapevolezza che gli è propria, ammettendo che tale natura è la stessa per ognuno di noi, mi piace riportare una frase di Nisargadatta Maharaj, che disse: “Non importa ciò che fai o ciò che non fai se hai realmente percepito quello di cui sto parlando.   Diversamente, non importa nemmeno se tu non hai capito quel di cui sto parlando..” Il che significa che in entrambi i casi la realtà intrinseca non cambia… e quel che è destinato ad avvenire avviene per conto suo….

 

Succede però che questo discorso, pur essendo a volte intellettualmente accettato, necessiti spesso una digestione ed assimilazione, deve insomma essere fatto “nostro”. Ciò può avvenire attraverso la riflessione, la rielaborazione e il riconoscimento al nostro interno di tale verità. 


Ora in qualche modo ci sembra di aver compreso ma dobbiamo disintossicarci dalla tendenza speculativa e dall’identificazione con il personaggio incarnato. 



A tal fine, non per ottenere la condizione che è già nella nostra natura ma allo scopo di scongiurare l’imbroglio della mente, consiglio la lettura ripetuta e la ponderazione sulle immagini contenute nel Libro dei Mutamenti, un compendio di esempi archetipali psicosomatici, descrivente cioè i diversi modelli comportamentali, basati sulle variegate capacità espressive della mente nello svolgimento degli eventi spazio-temporali. 


Per mezzo dell’analisi sarà possibile riconoscere le multicolori forme che la mente può assumere in questo mondo di apparenze, essendo le sue trasformazioni semplici risultanze, risonanze e adattamenti alle condizioni che si trova ad affrontare. Questa è una risposta automatica allo svolgimento delle continue mutazioni e mescolamenti degli elementi basilari della vita.

 


Ovvio che tali mutazioni sono praticamente infinite ma nel Libro dei Mutamenti si esaminano 64 aspetti/madre, in forma di esagrammi in cui ogni linea è una componente costitutiva con propri significati. Essendo questo testo il risultato di un antichissimo e costante studio ed osservazione di fenomeni naturali e sociali, interpretati e visti sia con la ragione che con l’intuizione, esso si presenta come un complesso integrato dei diversi modi espressivi analitici ed analogici della mente.

 

“Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente..” Affermava Ramana Maharshi.

 

E nel Libro dei Mutamenti si può dire che vengono fusi sia gli aspetti filosofici speculativi e metafici che quelli analitici ed empirici (Taoismo e Confucianesimo), perciò la prassi è quella di osservarne le immagini senza volerne assumere i concetti, un buon metodo per avvicinarsi alla corrispondente spontaneità comportamentale del saggio, basata sulla capacità di immediata risposta comportamentale nelle varie situazioni incontrate nella vita, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche da ognuno incarnate e nella posizione e condizione in cui siamo. Insomma, conoscere il mezzo per affrontare adeguatamente il percorso.

 


Siccome la lettura del testo non è immediatamente chiara e assimilabile è consigliabile una ripetizione continuata, ma senza sforzi interpretativi, in modo da sospingere pian piano la nostra mente verso quel necessario “distacco” da finalità precostituite, tralasciando quindi il tentativo di comprensione dei significati razionali e lasciando che le immagini evocate trovino corrispondenza nel nostro inconscio.

 

Paolo D’Arpini




English translation: 

Ante scriptum - I remember a funny Zen story which tells of a farmer who called a priest to perform a blessing ceremony for his family. The monk was about to begin the rite when the man asked him if his wife who had died some time before would also benefit from it. "Certainly - the priest assured - all sentient beings, living or dead, will benefit from it" - " Everyone… really everyone? " The farmer and the monk again investigated: "All beings share the Buddha nature and therefore everyone will be benefited and remembered in the function" - And the farmer: But ... really I would like at least my neighbor who is very close to me to be excluded unpleasant…"

Our observing the world, both internal (of emotions) and external (of objects), is almost never "clean", that is, devoid of interpretation and conceptualization.

We are used to judging what we observe through the filter of memory and sensations related to past experiences. Even in the case of "new" events or ideas previously not considered, we do not fail to try to "understand" and measure on the basis of our known. Here is this "foreknowledge" is our "slavery" but if we could let ourselves go to the point of being able to observe ourselves while the "pre-judgment" mechanism is triggered and understand its functioning ... we could already consider this "attention" as a first form of meditation and detachment from the ongoing appropriation process.

Let's make a practical analogy, to exemplify this attempt to shift the attention from the judging self to the witness capacity of pure conscience, analyzing the functioning of the dream. When we dream, everything happens in an apparently constructed and defined way while at the same time the events of the dream maintain the sense of imponderability. The specific character of our dream, in which we identify ourselves, is itself a simple component that is inseparable from the complexity of the dream, in which the various actors, figures, objects and events are one. The "farce" of the dream shows an apparent purpose and meaning in the eyes of the dream character with whom we identify. We see that he in fact makes deliberate gestures and probable efforts of will to achieve his dream goals, also relating to the other characters of the dream as "different" from himself.


Can this be true?

All aspects of the dream are produced by the same mind and are in no way controllable and manageable by any dream character or situation. Each of these elements being simple "passive" components imagined in the dreamer's mind. From the point of view of the "empirical" experience in the waking state, it can be said that the process of "creation" is practically the same. All objects and subjects that mutually perceive each other (being each subject and object at the same time in the perception of others) spring from the same "Mind", or Consciousness, and unfold on the conceptual screen of space-time events.

In fact, in this total functioning, there can be no personal volition or purpose, since (as in the dream) everything takes place regardless of the intention of any of the dreamed characters. While apparently they assume upon themselves the sense of affirmation or denial of their "will", but this only happens as a result of the effective consideration of the events already experienced. That is, after having "judged" the events that have occurred and have assumed them as one's own (through the sense of identification) and then defined as positive or negative (for the purposes of the personage).

From this, by extension, we arrive at the identity of the waking state and we discover that - as in the dream - it is not the individual beings who manifest life and its components but the Consciousness itself, engaged as it is in the work of vivification of its emanations and manifestations, which are possible only through it.

For this reason it is said that "when the me disappears the ego manifests itself" (Ramakrishna Paramahansa), or when individual identification automatically ceases, impersonal Consciousness emerges. It is said that "emerges" as such pure Consciousness is already inherent in the individual himself (as the mind is present in the dreamed character) that the "substance" does not belong to the changing appearance but is the essence that animates it.

Obviously in the case of "awakening" to the pure ego the sense of individual identity "dies" but this does not imply the automatic disappearance of its apparent "semblance", which will continue to remain in the perception of the "other" observers, but emptied within it of every objective identification, being the awakened pure and simple "subjectivity" (Awareness devoid of attributes).

Spontaneity is the "behavioral" characteristic of the awakened person, when spontaneity means simple ability to respond, adequate and in keeping with the situations in which he encounters. In such a being there remains no shadow of intentionality or judgment, desire or repulsion, his "will" corresponds exactly to the events he experienced without him seeking it. We can define this state: Freedom.

To signify the true nature of being and the "return" to the intrinsic awareness that is proper to it, admitting that this nature is the same for each of us, I like to quote a phrase by Nisargadatta Maharaj, who said: "It does not matter what what you do or what you do not do if you have really perceived what I am talking about. Otherwise, it doesn't even matter if you don't understand what I'm talking about .. ”Which means that in both cases the intrinsic reality doesn't change… and what is destined to happen happens on his behalf….

It happens, however, that this discourse, although sometimes intellectually accepted, often needs digestion and assimilation, in short, it must be made "ours". This can happen through reflection, re-elaboration and recognition of this truth within us.

Now somehow we seem to have understood but we must detoxify ourselves from the speculative tendency and from the identification with the embodied character.

To this end, not to obtain the condition that is already in our nature but in order to avoid the cheating of the mind, I recommend repeated reading and pondering on the images contained in the Book of Changes, a compendium of psychosomatic archetypal examples, that is, describing the different behavioral models, based on the variegated expressive capacities of the mind in the development of space-time events.

By means of analysis it will be possible to recognize the multicolored forms that the mind can take in this world of appearances, its transformations being simple results, resonances and adaptations to the conditions it faces. This is an automatic response to the unfolding of the constant mutations and mixing of the basic elements of life.

Obviously these mutations are practically infinite but in the Book of Changes 64 aspects / mother are examined, in the form of hexagrams in which each line is a constitutive component with its own meanings. Since this text is the result of an ancient and constant study and observation of natural and social phenomena, interpreted and seen both with reason and with intuition, it appears as an integrated complex of the different analytical and analogical expressive modes of the mind.

"Knowing the mind so as not to be fooled by the mind .." Ramana Maharshi affirmed.

And in the Book of Changes it can be said that both the speculative and metaphysical philosophical aspects as well as the analytical and empirical ones (Taoism and Confucianism) are merged, so the practice is to observe the images without wanting to assume the concepts, a good method to approach the corresponding behavioral spontaneity of the essay, based on the capacity for immediate behavioral response in the various situations encountered in life, also in consideration of the peculiar characteristics embodied by each and in the position and condition in which we are. In short, knowing the means to adequately address the path.

Since the reading of the text is not immediately clear and assimilable, a continuous repetition is advisable, but without interpretative efforts, in order to slowly push our mind towards that necessary "detachment" from pre-established purposes, thus leaving out the attempt to understand rational meanings and letting the evoked images find correspondence in our unconscious.

Paolo D’Arpini

giovedì 26 agosto 2021

Spontaneity and clear vision - The Taoist emptiness and acting without acting - Spontaneità e chiara visione - Il vuoto taoista e l'agire senza agire


What's so difficult about acting according to your feelings? ... In truth, for better or for worse, we all do it, always, everyone puts into practice what he feels. There is an aura that proves it, there is a smell that announces it. You cannot behave differently than your thoughts indicate. And how and where do your thoughts arise? Who chooses them? Who decides one course of action rather than another? Is it not desire? Is it not the will of an achievement? And where do you reach anything except in the world of appearances? ...

Hence the theory of karma which places man inside a wheel. The same wheel we see in hamster cages. It moves because the hamster inside makes it move. In itself the wheel is inert. Therefore, both Taoism and Advaita proclaim "not acting" in the sense of not performing actions with the aim of an achievement.

But in all sincerity with yourself act, do not shy away from action out of fear. Krishna himself said to Arjuna: "If you shy away from acting, your very nature will push you to do the actions that are due to you." Therefore act according to your "Dharma / Karma" and leave the results to "Heaven" ...

And now a deepening: The Taoist "emptiness" - ... if the true Tao appears to our determinist perception as a nothing, which for us corresponds to the emptiness of the self (of the individual conscience), it marks the blissful return in the silent matrix, which it attracts and projects the experience of empirical thought and then reabsorbs it into the nothingness from which it comes. This kenosis of the Tao proceeds by its own nature and does not presuppose any creative or destructive will. And from here we understand the Taoist non-evaluation for a personal God ..

The manifestation is only an appearance, a propensity appears in the mind .. because that is the nature of the mind. Accept it and move on. Live moment by moment observing everything that happens. Gradually you will realize that you will not perform the actions by making an effort or in reaction to those of others .. but they will be spontaneous responses, without seeking a definite "outcome" ...

According to the psychologist Alessandro Mahony for the Taoists there is therefore not so much a cause and effect but rather a synchronicity: "Not what it is, but what does it mean for me now."

“All our reasoning is based on the law of cause and effect, which operates as a succession. Something happens now, because something else happened then. But the Chinese don't think so much according to this horizontal line, which goes from the past to the future, through the present: they think vertically, from what is in one place now to what is in another place now. In other words, they do not ask why, or for what past causes, a certain order of what is happening now; they ask themselves: -What is the meaning of the things that happen together in this moment? - The word Tao is the answer to this question. " (Alan Watts, The Meaning of Happiness [109])

So a Taoist does not reason by following an ideal horizontal line of cause and effect but, rather, by following a vertical line, trying to connect things that are in one place now and in another place now. The question they ask themselves is: "what is the meaning of the things that happen together at this moment? They therefore reason according to a concept that could be called synchronicity.

And again: «when a Westerner feels he is thinking, he believes that such a fact is due to a kind of fatalism or determinism. [...] The first illusion is to believe that what is happening is happening to him and that he is therefore a victim of circumstances. But if we are immersed in original ignorance there is no you other than the thing that is happening. So it's not happening to us, it just happens. [...] The second illusion is to believe that what is happening now is the consequence of an event from the past. [...]. We have to be very naïve to believe that the past causes what is happening today. The past is similar to the trail left by a ship. At theend every trace disappears. [...] It is a simple motion: everything begins now, therefore it is spontaneous: it is not determined [...] It is not even accidental. [...].
The Tao is a certain type of order [...] which however is not precisely what we call order when we arrange an object in a geometric order, in boxes or in rows. If we look at a bamboo plant there
it is perfectly clear that the plant has its own order. [...] The Chinese call him Li [...]. Everyone tries to express the essence of Li. But the interesting thing is that although we know what it is, there is no way to define it. "  (Alan Watts, The Meaning of Happiness [111] (pp. 17-18.).)

In truth Alan Watts is a great admirer of the Tao and was very successful in identifying its salient points .. he stated: "every form of control ultimately falls on the controller ...." - In fact, in the Taoist tradition «Man conforms to the Earth, the Earth conforms to Heaven, Heaven conforms to the Tao, the Tao conforms to spontaneity ».

Spontaneity is synonymous with naturalness, a subversive category in the artificial world of social contractualism and the techno-scientific domain.

So what is the significance of performing "virtuous" actions with the intent of an achievement? How for example to constantly repeat the mantra Nam Myoho Renge Kyo (dedicated to the law of cause and effect) to fulfill desires ?. It obviously doesn't make sense to a Taoist.

But it makes sense to "credit" the hypothetical "will" ("Ichinen" is called in Japanese). However, the thought takes a form, whenever desired, with more or less force according to the intensity. But this process in Taoism -as in Advaita- is considered a form of "slavery" ... of immersion in the illusion of the "dream" (Samsara). This does not mean that the dream exists, as long as one sleeps, and although not "true" it is still "real" for the time it lasts ......

Until the moment of Awakening comes.

Paolo D'Arpini



Testo Italiano: 

Che c'è di così difficile nell'agire secondo il proprio sentire?...
In verità, nel bene e nel male, tutti lo facciamo, sempre, ognuno mette in pratica quel che sente. C'è un'aura che lo dimostra, c'è un odore che lo annuncia. Tu non puoi comportarti diversamente da come i tuoi pensieri indicano. E come e dove sorgono i tuoi pensieri? Chi li sceglie? Chi decide una via di azione piuttosto che un'altra? Non è forse il desiderio? Non è forse la volontà di un raggiungimento? E dove si raggiunge qualcosa se non nel mondo delle apparenze?... 

Da qui la teoria del karma che pone l'uomo all'interno di una ruota. La stessa ruota che vediamo nelle gabbiette dei criceti. Si muove perché il criceto che ci sta dentro la fa muovere. In se stessa la ruota è inerte. Perciò sia nel taoismo che nell'advaita si proclama "il non agire" nel senso di non compiere azioni con la finalità di un raggiungimento. 

Però in tutta sincerità con te stesso agisci, non rifuggire l'azione per paura. Lo stesso Krishna ad Arjuna disse: "Se rifuggi dall'agire la tua stessa natura ti spingerà a compiere le azioni che sono a te dovute". Perciò agisci conformemente al tuo "Dharma/Karma" e lascia i risultati al "Cielo"...

Ed ora un approfondimento: Il “vuoto” taoista - ….se il vero Tao al nostro percepire determinista appare come un nulla, che per noi corrisponde al  vuoto del sé (della coscienza individuale), esso segna il ritorno beato nella matrice silenziosa, che attira e proietta l’esperienza del pensiero empirico e poi lo riassorbe nel nulla da cui proviene. Questa kenosi del Tao procede per sua propria natura e non presuppone alcuna volontà creatrice o distruttrice. E da qui si comprende la non valutazione taoista per un Dio personale.. 

Il manifesto  è solo una apparenza, appare nella mente una propensione.. perché così è nella  natura della mente. Accettala e passa oltre. Vivi momento per momento osservando tutto ciò che avviene. Pian piano ti accorgerai che non compirai le azioni sforzandoti o in reazione a quelle degli altri.. ma saranno spontanee risposte, senza ricerca di un "esito" definito...

Secondo lo psicologoAlessandro Mahony  per i taoisti non esisterebbe quindi tanto una causa effetto ma piuttosto una sincronicità: "Non che cosa è, ma che significato ha per me, ora.."

«Tutto il nostro ragionamento si basa sulla legge di causa ed effetto, che opera come una successione. Qualcosa accade ora, perché qualcos'altro è accaduto allora. Ma i cinesi non ragionano tanto secondo questa linea orizzontale, che va dal passato al futuro,  
attraverso il presente: ragionano verticalmente, da ciò che è in un posto ora a ciò che è in un altro posto ora. In altre parole non si chiedono perché, o per quali cause passate, un certo ordine di cosa avvenga ora; si chiedono: -Qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento?- La parola Tao è la risposta a questa domanda.»  (Alan Watts, Il significato della felicità [109])

Quindi un taoista non ragiona seguendo una ideale linea orizzontale di causa effetto ma, piuttosto, seguendo una linea verticale, cercando di connettere tra loro cose che sono in un posto ora ed in un altro posto ora. La domanda che si pongono è: "qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento? Ragionano quindi secondo un concetto che potrebbe essere chiamato sincronicità.  

Ed ancora:  «quando un occidentale sente di pensare, crede che un tale fatto sia dovuto ad una specie di fatalismo o determinismo. [...] La prima illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo accada a lui e che quindi sia vittima delle circostanze. Ma se siamo immersi nell'ignoranza originaria non esiste un tu diverso dalla cosa che sta accadendo. Quindi la cosa non sta succedendo a noi, succede e basta. [...] La seconda illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo ora è la conseguenza di un evento del passato.[...]. Dobbiamo essere davvero ingenui per credere che il passato provochi quanto avviene oggi. Il passato è simile alla scia lasciata da una nave. Alla fine ogni traccia scompare. [...] È moto semplice: tutto comincia adesso, perciò è spontaneo: non è determinato [...] Non è nemmeno casuale. [...].
Il Tao è un certo tipo di ordine [...] che però non è precisamente ciò che noi definiamo ordine quando disponiamo un oggetto in un ordine geometrico, in scatole od in file. Se osserviamo un pianta di bambù ci è perfettamente chiaro che la pianta possiede un suo ordine. [...] I cinesi lo chiamano Li [...]. Tutti cercano di esprimere l'essenza del Li. Ma la cosa interessante è che nonostante si sappia cosa sia, non c'è modo di definirla.» 
(Alan Watts, Il significato della felicità [111] (pag.17-18.).

In verità Alan Watts è un grande estimatore del Tao ed è riuscito molto bene ad individuarne i punti salienti.. egli affermò: "ogni forma di controllo ricade infine sul controllore...." - Infatti nella tradizione Taoista «L’uomo si conforma alla Terra, la Terra si conforma al Cielo, il Cielo si conforma al Tao, il Tao si conforma alla spontaneità». 

La spontaneità è sinonimo di naturalezza, categoria eversiva nel mondo artificiale del contrattualismo sociale e del dominio tecno-scientifico. Ed allora che  significato ha compiere azioni "virtuose" con l'intento di un raggiungimento? Come ad esempio ripetere costantemente il mantra Nam Myoho Renge Kyo  (dedicato alla legge di causa effetto) per realizzare i desideri?. Evidentemente  non  ha un senso per un taoista.

Però ha un senso per "accreditare" l'ipotetica "volontà" ("Ichinen" si chiama in giapponese).. Comunque il pensiero assume una forma, ogni qualvolta lo si desidera, con più o meno forza secondo l'intensità. Ma questo processo nel taoismo -come nell'advaita-  è ritenuto una forma di "schiavitù" ... di immersione nell'illusione del "sogno" (Samsara).. Ciò non toglie che il il sogno esiste, finché si dorme, e pur non essendo "vero" è comunque "reale" per il tempo che dura......

Finché non giunge il momento del Risveglio.


Paolo D'Arpini 





domenica 22 agosto 2021

Lo Spirito è nel Cuore... - The Spirit is in the Heart ...

  


Qualcuno mi ha chiesto "...ti definisci uno spiritualista eppure continui ad occuparti di tanti argomenti, spesso in contrapposizione con altri, come mai questo atteggiamento controverso?". 

La risposta è semplice, la spiritualità laica si manifesta vivendo nel mondo (gli inglesi la definiscono anche "secular spirituality”), perciò la sua espressione non è scissa da tutte le azioni che nel mondo si svolgono, che siano di carattere sociale, politico, culturale, economico, ecc. Uno spiritualista laico, vive ed opera nel mondo, come un fior di loto nasce e cresce nel fango, senza esserne "contaminato". 

 Abu Sa'id ibn Abi al-khayr, un saggio musulmano disse: "Un vero sufi siede assieme ai compagni, si alza e mangia, dorme, compra e vende al mercato, si sposa e partecipa alla società, e tuttavia mai per un momento dimentica Dio...". Credo che in questo caso la descrizione riferita al "sufi" corrisponda perfettamente a quella di "spiritualista laico"...”

E mi scrive a commento l'amico M.G.: “Paolo buongiorno, io non me ne intendo di filosofia, di spiritualità, so solo che a volte le opinioni di ciascuno di noi trovano il contrasto da parte di altri. Ma ciò serve per aprire la discussione e avvalorare il proprio credo o modificarlo, migliorandolo proprio per essere messi a confronto. Occuparsi di tanti argomenti in contrapposizione di altri dimostrano intelligenza, voglia di sapere e confrontare, per scegliere e seguire a nostro giudizio il meglio ed abbandonare il peggio che era in noi. Io svolgo la mia vita quotidianamente accanto a mia moglie, non la lascio mai, perché è stata colpita da ictus quattro anni fa, non so se è il mio spirito a guidarmi, ma certo è che mi guida il mio amore, verso la persona che ho scelto accanto a me fino a quando vivrò. Lo spirito è nel cuore? Lì c'è Dio, ci sono i miei genitori morti, ci sono i miei sentimenti, ci sono le mie certezze, le mie insicurezze? Non lo so, ma certo è che quando ho bisogno dello spirito che mi aiuti a superare le difficoltà della vita, sento che il cuore batte forte ed allora il mio Dio, i miei genitori, i miei sentimenti... la mia anima, sono lì, nel cuore che mi accompagnerà fino alla fine. Un forte abbraccio amico mio che mi insegni tante cose che a 70 anni fanno tanto bene al cuore e all'anima..."

Mia rispostina: “Caro M.G., la tua è una saggezza senza pretenziosità che parte dal Cuore. Sì, lo spirito risiede nel Cuore e tu ne sei pieno...” 

 Paolo D'Arpini




English reddition: 

Someone asked me "... you define yourself as a spiritualist and yet you continue to deal with many topics, often in contrast with others, why this controversial attitude?".

The answer is simple, lay spirituality manifests itself by living in the world (the English also define it "secular spirituality"), so its expression is not separated from all the actions that take place in the world, whether they are of a social or political nature, cultural, economic, etc. A lay spiritualist lives and works in the world, like a lotus flower is born and grows in the mud, without being "contaminated" by it.

 Abu Sa'id ibn Abi al-khayr, a Muslim sage said: "A true Sufi sits with his companions, gets up and eats, sleeps, buys and sells in the market, marries and participates in society, and yet never for a moment. forget God ... ". I believe that in this case the description referring to the "Sufi" corresponds perfectly to that of a "lay spiritualist" ... "

And my friend M.G. writes to me: “Paolo good morning, I don't know philosophy, spirituality, I just know that sometimes the opinions of each of us find the contrast on the part of others. But this serves to open the discussion and validate one's belief or modify it, improving it precisely to be compared. Dealing with many arguments in opposition to others show intelligence, desire to know and compare, to choose and follow in our opinion the best and abandon the worst that was in us. I carry out my life daily next to my wife, I never leave her, because she suffered a stroke four years ago, I don't know if it is my spirit that guides me, but it is certain that my love guides me, towards the person who I chose next to me as long as I live. Is the spirit in the heart? There is God, there are my dead parents, are there my feelings, are there my certainties, my insecurities? I don't know, but it is certain that when I need the spirit to help me overcome the difficulties of life, I feel that my heart is beating fast and then my God, my parents, my feelings ... my soul, are there, in the heart that will accompany me to the end. A strong hug my friend who teaches me so many things that at 70 are so good for the heart and soul ... "

My reply: “Dear M.G., yours is a wisdom without pretentiousness that starts from the Heart. Yes, the spirit resides in the Heart and you are full of it ... "

 Paolo D'Arpini

giovedì 19 agosto 2021

Lay spirituality. Being Conscious in Consciousness ... - Spiritualità laica. Essere cosciente nella Coscienza...



To begin with, I must say that "spirit" for me means "synthesis between intelligence and conscience" and I also confirm that I am not a "believer" in any form, what I affirm is on the basis of my direct experience of existing and being aware of it. It is not necessary for anyone to confirm this and this obviously applies to everyone.

There is no need to "believe" to say "I am", we know this without a doubt for ourselves. While to sentence the assumption of a faith or the lack of a faith we cannot help but use the term "I believe" or "I do not believe".

It can be deduced that being and being conscious of it at the same time is natural and unequivocally true, while supporting something that has its foundation in thought, that is, in mental speculation, is only a process, a conceptualization.

This is true lay spirituality.

Since spirituality does not belong to any religion or ideology; it is the true nature of man. The spirit is present in everything that exists, therefore it cannot be reached through a specific path, since it is already there even in the attempt to pursue it.

Laity is the condition of absolute "freedom" from any constituted thought form, be it ideological or religious. "Laikos", in Greek, means the one who is outside any social and religious context, or does not belong to any social or confessional order.

From this point of view the spiritual search can be considered a strictly personal fact, therefore the true spiritual seeker is absolutely lay, at the same time he recognizes what is in him as present in everything else. Reconciling one's personal path with that of anyone else means knowing how to flow without obstructing, learning and transmitting without expecting, in short, it is about making peace with ourselves and with others.

This absolute freedom also includes absolute love and respect, as there are no assumptions of pre-established positions and absolutist references to a specific path.

Lay Spirituality is a way in which there can be no dogmas or religious indications. This is the way in which no way is followed. The path is completely absent, in secular spirituality what matters is the simple presence to oneself and this cannot be a path but a simple attention to the state in which one is.

Consciousness is aware of consciousness.

And it is normal that this is so since lay spirituality cannot be anything new but only a "way of describing" something that is already there. In fact, if that something was not already there, what sense would it be "aware" of it? Therefore Lay Spirituality and Awareness are one and the same thing. But we know that pure self-awareness is unfortunately often tainted by superimposed images, created by our mind, these images are what we have imagined spirituality could be.

The feeling of lay spirituality is comparable to the feeling of deep ecology. Indeed, both share the full awareness of belonging to an "inseparable whole". Deep ecology takes more into consideration the external aspect of this "whole" while lay spirituality deals with the internal aspect. Through this external-internal integration we fill a huge gap in thought and action.

Everything that surrounds us and we ourselves are the exact same thing, we are immersed in ourselves like water in water and yet we continue to behave as if we were separate, having what we believe "is outside of us" as if it were "other" from us. Is there a greater wonder than this?

Paolo D'Arpini



Testo Italiano: 

Tanto per cominciare debbo dire che "spirito" per me significa "sintesi fra intelligenza e coscienza" inoltre confermo di non essere "credente" in alcuna forma, quel che affermo è sulla base della mia diretta esperienza di esistere e di averne coscienza. Non è necessario che alcuno me ne dia conferma e ciò vale, ovviamente, per tutti.

Non serve “credere” per dire “io sono”, lo sappiamo senza ombra di dubbio da noi stessi. Mentre per sentenziare l’assunzione di una fede o la mancanza di una fede non possiamo fare a meno di usare il termine “credo” oppure “non credo”.

Se ne deduce che l’essere ed esserne contemporaneamente coscienti è naturale ed inequivocabilmente vero, mentre sostenere qualcosa che ha il suo fondamento nel pensiero, cioè nella speculazione mentale, è solo un processo, un concettualizzare.

Questa è vera spiritualità laica.

Poiché la spiritualità non appartiene ad alcuna religione o ideologia; essa è la vera natura dell’uomo. Lo spirito è presente in tutto ciò che esiste, non può quindi essere raggiunto attraverso uno specifico sentiero, poiché esso è già lì anche nel tentativo di perseguirlo.

La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.

Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.

Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.

La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.

La coscienza è consapevole della coscienza.

Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”? Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.

Il sentire della spiritualità laica è equiparabile al sentire dell'ecologia profonda. Anzi entrambi condividono la piena consapevolezza di appartenere ad un "tutto inscindibile". L'ecologia profonda prende maggiormente in esame l'aspetto esterno di questo "tutto" mentre la spiritualità laica si occupa dell'aspetto interiore. Attraverso questa integrazione esterno-interno riempiamo una falla enorme nel pensiero e nell'azione.

Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell'acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo "sia al di fuori di noi" come  fosse "altro" da noi. C'è una meraviglia più grande di questa?


Paolo D'Arpini

giovedì 12 agosto 2021

"Bioregionalism and Sustainable Economy" - “Bioregionalismo ed Economia Sostenibile”

Il racconto che segue è stato pubblicato sull’ultimo numero del Bullettin, l’organo del Circolo Vegetariano VVTT, che uscì in forma di “brochure” in occasione dell’incontro della Rete Bioregionale Italiana, tenuto a Calcata (nel Tempio della Spiritualità della Natura e nella sala Consiliare del Comune) dal 9 all’11 maggio del 2003. Il tema trattato era: “Bioregionalismo ed Economia Sostenibile”

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La vecchia sede del Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata

Testo:
Strettamente parlando, da un punto di vista delle finalità, la spiritualità laica e l’ecologia profonda affondano il loro esistere nella coscienza. L’uomo si è interrogato sulle forze della natura e sulla vita e questo interrogarsi ha prodotto la spiritualità, l’ecologia profonda è un approfondimento in senso materiale di questa ricerca. Entrambi gli approcci partono dall’esistente, dal modo di percepire noi stessi e la realtà che ci circonda, il primo è un approccio in senso metafisico mentre il secondo prende in esame il fisico ma non v’è differenza fra i due aspetti se non nel modo descrittivo.

Nell’ecologia profonda come nella spiritualità naturale si sottintende un ’quid’ che impregna le trame della vita. Tale ’quid’ è stato descritto come sorgente di tutte le cose, indipendentemente dal chiamarlo ’spirito’ o ’forza vitale’. Dall’interrogarsi iniziale siamo giunti a tutte le filosofie gnostiche, alle religioni d’oriente come pure alle grandi religioni monoteiste in cui, sia pur con angolazioni differenti, si inneggia al grande mistero della vita, questa è anche l’esigenza dell’ecologia che sempre tiene in conto il delicato equilibrio dell’insieme delle manifestazioni vitali. Spesso mi son trovato a descrivere l’esigenza di estrinsecazione spirituale dell’uomo come la nascita della prima virtualizzazione. Attraverso il pensiero e la speculazione intellettuale è infatti sorta la virtualità, l’immaginare, il presupporre vero sulla base di un pensiero (di un credere) e questa proiezione, una ’vis’ umana specifica, è forse presente anche nel resto dei viventi, chissà? Ad esempio nelle teorie del karma si descrive la vita individuale degli esseri come un percorso evolutivo che parte da una scintilla dell’intelligenza che poi si differenzia in miriadi di forme, a volte contrapposte, che son però strettamente collegate l’una a l’altra ed in continua ascesa verso la stessa finalità. Una unità questa che non è mai venuta meno anche durante il cosiddetto “percorso karmico” ma per via dell’illusione, ovvero la virtualità del pensiero, appare disgiunta ed imperfetta (e quindi perfettibile?). L’ecologia profonda, dal punto di vista materiale, è un aiuto a capire che non c’è nel contesto generale della vita un dietro od un avanti che non sia strettamente consequenziale, che non compartecipi della stess a sostanza di base e che perciò è impossibile scindere, pena l’estinzione stessa della vita.

Ed ora una domanda: come faremmo a vivere su questa Terra se tutti decidessimo di ritirarci in eremitaggio, di ritornare alla terra come si dice in gergo, senza immediatamente sconvolgere, distruggere definitivamente, il già precario equilibrio di questo pianeta? La Terra ospita ormai diversi miliardi di persone, perlopiù riunite in aree urbane, è pur vero che parecchie specie animali sono in netta diminuzione ma per contro molte di quelle addomesticate dall’uomo (essenzialmente per scopi voluttuari o di carenza affettiva) superano in numero gli umani stessi e come gli umani che vivono nelle città anch’essi son concentrati in grandi allevamenti. Se ognuno di noi dovesse andare a vivere in campagna, immaginando una società egualitaria, avremmo forse a disposizione non più di duecento metri di terreno a testa senza contare le zone desertiche, i ghiacciai, le alte montagne, se in più volessimo portare con noi anche i nostri “pets” dovremmo dividere quel piccolo spazio con cani e gatti, se poi volessimo mangiar carne dovremmo dividere ulteriormente la nostra casa con pecore, mucche, conigli, maiali, etc. Si fa presto ad immaginare la calca che si verrebbe a creare nei nostri duecento metri quadrati di terra, non solo ma come potremmo produrre in quel piccolo orticello abbastanza cibo per tutti i membri della nostra personale comunità rurale? Va da sé che questa tipo di scelta è impensabile per la massa come pure, per altre ragioni persino più serie, è impensabile che la vita possa continuare a lungo sul pianeta se continuiamo a sfruttare le risorse per soddisfare le esigenze di consumo parossistico dei grandi agglomerati urbani.

I lemming, quel popolo di roditori che in caso di sovraffollamento periodicamente emigrano in massa, avrebbero già intrapreso il loro viaggio finale (che come tutti sappiamo finisce nelle gelide acque del mare del nord) per riequilibrare la natura. In parte un tale comportamento autodistruttivo sta avvenendo anche nella nostra società, con l’aumento delle guerre, dei suicidi, delle perversioni, della stupidità. Ma non è ancora sufficiente a trovare quell’equilibrio naturale di sopravvivenza e questo perché l’uomo ha l’arroganza di ritenersi un essere “superiore” alle altre specie e perciò ogni soluzione deve comprendere la continuazione del gioco attualmente in programma e cioè la fissità della nostra specie come dominante.

Ma a questo punto re-inserisco il concetto di “spiritualità naturale o laica”. A dire il vero questa spiritualità non può assomigliare punto alla precedente spiritualità religiosa ma deve necessariamente tener conto del contesto vitale in se stesso, ovvero dell’ecologia. Una spiritualità ecologica in cui non si perseguano scopi immaginari (paradisi, inferni, etc.) ma in cui ci si occupi esclusivamente del presente stato dell’esistenza. Una presa di coscienza ’individuale’ di come è possibile il riequilibrio al contesto della vita senza ritenere che la nostra sia una funzione di controllo, di dominio (o di sudditanza ad una ipotetica divinità altra). Ognuno di noi dovrebbe già da ora affrontare il suo personale corso di sopravvivenza sapendo che tutto quello che noi rubiamo oggi dovrà sicuramente essere pagato domani, questo nel caso del sovrappiù, mentre se il nostro respirare, mangiare, vivere rientra nell’insieme del vivere, respirare, mangiare di ogni altro essere vivente potremmo finalmente goderci la vita, senza aver colpe da espiare, senza dover abbandonare il nostro modo di vita urbanizzato e fortemente sociale che -evidentemente- salvo il famoso riequilibrio di cui abbiamo detto, ha contribuito alla fioritura di questa bellissima nostra specie.

In questa fase della storia millenaria dell’uomo abbiamo privilegiato il secondario, il superfluo, a scapito del primario, ovvero il cibo, l’acqua, l’aria. E’ importante per noi esseri umani integrati analizzare le ragioni di questo sviamento. Uno sviamento che senz’altro è stato necessario per scoprire il valore di tesi astratte come l’arte, la scrittura, l’estetica, l’etica, ma che non può continuare ad occupare tutto lo spazio possibile del nostro esistere. Ad esempio dobbiamo essere consapevoli dello sforzo e del significato profondo insito nella ricerca e produzione del nostro cibo quotidiano.

Descrivo ora l’excursus storico sulla nostra evoluzione. La storia dell’uomo è molto semplice e rispecchia i quattro mutamenti fondamentali della vita. L’uomo nella sua corsa evolutiva compie quattro salti stagionali. All’inizio egli succhia il latte, alla base del latte c’è la verdura e la carne e ciò diviene il suo cibo, poi ancora oltre c’è la terra ed ecco l’uomo che la divora ma oltre la terra c’è lo spirito e l’uomo nutrendosi di “spirito” completa un altro ciclo di spirale nella scala dell’evoluzione. Questa simbologia può essere tradotta così: il latte rappresenta il momento in cui l’umanità si pone reverente verso la nutrice, la natura, che lo accudisce e lo sostiene nel suo grembo (potremmo dire che corrisponde al momento del “paradiso terrestre”); subentra poi la capacità di auto-sostenersi e di ricorrere a tecnologie appropriate per ricavare da se stessi il nutrimento (corrisponde al momento della fondazione patriarcale); ecco quindi il momento del massimo sviluppo tecnologico e sociale in cui l’uomo tende a divorare, a consumare, persino la terra che lo sostiene (il momento della decadenza consumistica e dell’idolatria scientifico religiosa); infine viene il momento della coscienza indifferenziata, l’uomo vien toccato dallo “spirito” si compenetra in esso e ritrova la sua unità primigenia (corrisponde al quid originario, alla consapevolezza di Sé), il ciclo si ripete passo dopo passo. E’ evidente che questo momento storico è segnato da un grande sbalzo fra il massimo del materialismo ideologico o religioso a quello di un ritorno alla consapevolezza non duale.

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Come possiamo affrontare condizioni o contingenze apparentemente diametralmente opposte? Innanzi tutto c’è da considerare una cosa: la spinta evolutiva nell’uomo non è indotta da ideologie di massa, il pensiero di massa serve solo al mantenimento della compattezza psicofisica della specie, l’indice del cambiamento è sempre e solo rappresentato da forme pensiero, pseudopodi, che si irradiano verso possibili sbocchi evolutivi, questi pseudopodi non rappresentano che una piccolissima percentuale della massa, si tratta di minoranze….. Le due minoranze attualmente in antitesi, nel “programma” di sviluppo dell’intelligenza umana, son rappresentate da una parte dall’accentramento individuale del potere (lobby ideologiche ed economiche auto-foraggianti) e dall’altra da una rete smagliata di piccole persone che emanano forme pensiero collegate al tutto (una sorta di sincretismo universale).Questi cicli o percorsi storici si manifestano allo stesso tempo sia nell’arco di una sola vita individuale che in stagioni o onde storiche, ere cosmiche. Mi sembra che questo momento di transizione, fra una condizione e l’altra dell’umano, sia dedicato all’aspetto distruttivo di ogni sovrastruttura di pensiero, un azzeramento dei canoni precostituiti. Infatti oggi come non mai la pulsione verso l’uscita dagli schemi fissati provoca uno stato sismico mentale (scossoni psichici) al corpo-massa dell’umanità. Basterebbe sapere che, come avviene nel processo realizzativo del sé, ogni singola cellula del corpo sociale umano deve essere toccata e deve essere in grado di percepire individualmente la reale possibilità evolutiva in corso. E mentre la tendenza egocentrica agisce sulla massa con meccanismi di aggregazione forzata (vedi la massificazione informativa) al contrario “l’aumento” della coscienza avviene sui piani emotivi individuali. Dobbiamo essere consapevoli di ciò quando, come precursori, proponiamo un indirizzo bioregionale che non potrà certamente usare i mezzi della controparte ma deve comunque comprenderli organicamente e da lì evolversi. Solo così può sciogliersi il senso di differenza e la coscienza può ri-trovare il suo spazio. L’interno dell’uomo è ancora tutto un mondo da esplorare ma anche l’esterno è altrettanto infinito ed inconoscibile. Per questo si ripropone sempre la via di mezzo, la moderazione, come unica strada possibile per la continuità della specie. La consapevolezza non-duale integra non divide. E’ per questo che nell’ecologia del profondo e nella spiritualità laica si narra del ritorno alla Terra, ascoltandone il suo messaggio, pervenendo così a quell’integrazione con essa. Godendo della silenziosa gioia di vita, qui e d ora. Una gioia che non ha costrutto, nessuna causa, nessun meccanismo da soddisfare, nessun possesso, solo è…. Si chiama esistenza.

Ma attenzione… tale visione non ipotizza il ritorno al primitivismo bensì individua nelle attuali condizioni della società avanzata l’occasione di un riequilibrio. La continuità della nostra società, in quanto specie umana, richiede una chiave evolutiva, una comprensione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l’intero pianeta (forse sarebbe meglio dire con l’universo) l’esperienza vita. Questa è la scienza dell’inscindibilità della vita. Ne consegue che anche l’economia umana può e deve tener conto di questa visione per avviare un progresso tecnologico che non si contrapponga ma che sia in sintonia con i processi vitali. La scienza e la tecnologia in ogni campo di applicazione dovranno rispondere alla domanda: “E’ ciò ecologicamente e spiritualmente compatibile?” I macchinari, le fonti energetiche, lo smaltimento dei sottoprodotti, come pure la socialità e la cultura, dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità. Se questo stimolo si manifesta nella mente umana allora sarà necessario un rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere l’economia. Infatti la sola “riconversione ecologica” favorirà il superamento dell’attuale stato di “enpasse” impartendo grande spinta allo sviluppo economico e sociale. Una grande rivoluzione comprendente il nostro far pace con il pianeta e con gli esseri viventi che lo abitano.

Paolo D’Arpini

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Rete Bioregionale Italiana – bioregionalismo.treia@gmail.com



English reddition:

The following story was published in the latest issue of the Bullettin, the organ of the Vegetarian Circle VV.TT., which came out in the form of a "brochure" on the occasion of the meeting of the Italian Bioregional Network, held in Calcata (in the Temple of Spirituality of Nature and in the Council Chamber of the Municipality) from 9 to 11 May 2003. The topic was: "Bioregionalism and Sustainable Economy"

Text:
Strictly speaking, from a point of view of purposes, secular spirituality and profound ecology sink their existence into consciousness. Man has questioned himself about the forces of nature and about life and this questioning has produced spirituality, profound ecology is a deepening in a material sense of this research. Both approaches start from the existing, from the way of perceiving ourselves and the reality that surrounds us, the first is an approach in a metaphysical sense while the second examines the physical but there is no difference between the two aspects except in the descriptive way.

In deep ecology, as in natural spirituality, there is an implied 'something' that impregnates the plots of life. This 'quid' has been described as the source of all things, regardless of whether we call it 'spirit' or 'life force'. From the initial questioning we have come to all the Gnostic philosophies, to the religions of the East as well as to the great monotheistic religions in which, albeit from different angles, the great mystery of life is praised, this is also the requirement of ecology that always takes into account the delicate balance of all vital manifestations. I have often found myself describing man's need for spiritual expression as the birth of the first virtualization. Through thought and intellectual speculation virtuality, imagining, assuming true on the basis of a thought (of a belief) has arisen and this projection, a specific human 'vis', is perhaps also present in the rest of the living, maybe? For example, in the theories of karma, the individual life of beings is described as an evolutionary path that starts from a spark of intelligence which then differs into myriads of forms, sometimes opposed, which are however closely linked to each other. and in continuous ascent towards the same purpose. This unity that has never failed even during the so-called "karmic path" but due to illusion, or the virtuality of thought, appears disjointed and imperfect (and therefore perfectible?). From the material point of view, profound ecology is an aid to understanding that there is no back or forth in the general context of life that is not strictly consequential, that does not share the same basic substance and therefore is impossible to separate, on pain of the extinction of life itself.

And now a question: how would we live on this Earth if we all decided to retire as a hermitage, to return to earth as they say in the jargon, without immediately upsetting, definitively destroying, the already precarious balance of this planet? The Earth is now home to several billion people, mostly gathered in urban areas, it is true that several animal species are in sharp decline but on the other hand many of those domesticated by man (essentially for purposes of pleasure or emotional deficiency) exceed in number the humans themselves and like humans living in cities they too are concentrated in large farms. If each of us were to go to live in the countryside, imagining an egalitarian society, we would perhaps have no more than two hundred meters of land available each without counting the desert areas, glaciers, high mountains, if we also wanted to bring with us our "pets" we should share that small space with dogs and cats, then if we wanted to eat meat we should further divide our house with sheep, cows, rabbits, pigs, etc. It is easy to imagine the throng that would be created in our two hundred square meters of land, not only but how could we produce enough food in that small garden for all the members of our personal rural community? It goes without saying that this type of choice is unthinkable for the masses as well as, for other even more serious reasons, it is unthinkable that life can continue for a long time on the planet if we continue to exploit resources to meet the paroxysmal consumption needs of large urban agglomerations. 

The lemmings, that people of rodents that in case of overcrowding periodically emigrate en masse, have already embarked on their final journey (which, as we all know, ends up in the icy waters of the North Sea) to rebalance nature. In part, such self-destructive behavior is also taking place in our society, with the increase in wars, suicides, perversions, and stupidity. But it is still not enough to find that natural balance of survival and this is because man has the arrogance to consider himself a being "superior" to other species and therefore every solution must include the continuation of the game currently in the program and that is the fixity of our species as dominant.

But at this point I re-insert the concept of "natural or secular spirituality". To tell the truth, this spirituality cannot at all resemble the previous religious spirituality but must necessarily take into account the vital context in itself, that is, ecology. An ecological spirituality in which imaginary purposes are not pursued (paradises, hells, etc.) but in which one deals exclusively with the present state of existence. An 'individual' awareness of how it is possible to rebalance the context of life without believing that ours is a function of control, domination (or subjection to a hypothetical divinity other). Each of us should from now on face his personal survival course knowing that everything we steal today will surely have to be paid tomorrow, this in the case of the surplus, while if our breathing, eating, living is part of the whole of living, breathing, eating every other living being we could finally enjoy life, without having sins to atone, without having to abandon our urbanized and highly social way of life which - obviously - except for the famous rebalancing we have mentioned, has contributed to the flowering of this beautiful species of ours.

In this phase of man's millennial history, we have privileged the secondary, the superfluous, to the detriment of the primary, namely food, water, air. It is important for us integrated human beings to analyze the reasons for this diversion. A misdirection that was undoubtedly necessary to discover the value of abstract theses such as art, writing, aesthetics, ethics, but which cannot continue to occupy all the possible space of our existence. For example, we must be aware of the effort and the profound meaning inherent in the research and production of our daily food.

I now describe the historical excursus on our evolution. The history of man is very simple and reflects the four fundamental changes in life. Man in his evolutionary race makes four seasonal leaps. At the beginning he sucks the milk, at the base of the milk there are vegetables and meat and this becomes his food, then still beyond there is the earth and here is the man who devours it but beyond the earth there is the spirit and man feeding on "spirit" completes another cycle of spiral in the ladder of evolution. This symbology can be translated as follows: milk represents the moment in which humanity places itself reverent towards the nurse, nature, who takes care of it and supports it in its womb (we could say that it corresponds to the moment of "earthly paradise"); then takes over the ability to self-sustain and to resort to appropriate technologies to derive nourishment from oneself (corresponds to the moment of the patriarchal foundation); therefore, here is the moment of maximum technological and social development in which man tends to devour, to consume, even the earth that supports him (the moment of consumerist decadence and of scientific religious idolatry); finally, the moment of undifferentiated consciousness comes, man is touched by the "spirit", penetrates it and finds his primal unity (corresponds to the original quid, to self-awareness), the cycle is repeated step by step. It is evident that this historical moment is marked by a great leap between the height of ideological or religious materialism and that of a return to non-dual awareness.

How can we deal with apparently diametrically opposed conditions or contingencies? First of all there is one thing to consider: the evolutionary drive in man is not induced by mass ideologies, mass thought serves only to maintain the psychophysical compactness of the species, the index of change is always and only represented by forms thought, pseudopodia, which radiate towards possible evolutionary outlets, these pseudopodia represent only a very small percentage of the mass, they are minorities ... .. The two minorities currently in antithesis, in the "program" of development of human intelligence, are represented on the one hand by the individual centralization of power (self-foraging ideological and economic lobbies) and on the other by a sneaky network of small people who emanate thought forms connected to the whole (a sort of universal syncretism). they manifest at the same time both in the span of a single individual life and in seasons or historical waves, cosmic eras. It seems to me that this moment of transition, between one human condition and another, is dedicated to the destructive aspect of every superstructure of thought, a zeroing of pre-established canons. In fact, today as never before, the drive to get out of the established patterns causes a seismic state of mind (psychic shocks) to the body-mass of humanity. It would be enough to know that, as happens in the self-realization process, every single cell of the human social body must be touched and must be able to individually perceive the real evolutionary possibility in progress. And while the egocentric tendency acts on the mass with mechanisms of forced aggregation (see information standardization), on the contrary, the "increase" of consciousness takes place on individual emotional levels. We must be aware of this when, as precursors, we propose a bioregional approach that certainly cannot use the counterpart's means but must nevertheless understand them organically and evolve from there. Only in this way can the sense of difference dissolve and consciousness can re-find its space. The inside of man is still a whole world to explore but also the outside is just as infinite and unknowable. For this reason, the middle way is always proposed, moderation, as the only possible way for the continuity of the species. Integral non-dual awareness does not divide. It is for this reason that in the ecology of the depths and in secular spirituality the return to the Earth is told, listening to its message, thus reaching that integration with it. Enjoying the silent joy of life, here and now. A joy that has no construct, no cause, no mechanism to satisfy, no possession, only it is…. It is called existence.
But beware ... this vision does not hypothesize a return to primitivism but rather identifies the opportunity for a rebalancing in the current conditions of advanced society. The continuity of our society, as a human species, requires an evolutionary key, a global understanding, through which to open our mind to the awareness of sharing with the entire planet (perhaps it would be better to say with the universe) the experience life. This is the science of the inseparability of life. It follows that even the human economy can and must take this vision into account in order to initiate a technological progress that is not opposed but is in tune with life processes. Science and technology in every field of application will have to answer the question: "Is this ecologically and spiritually compatible?" The machinery, the energy sources, the disposal of by-products, as well as the sociability and culture, must be made in terms of sustainability. If this stimulus manifests itself in the human mind, then a rapid process of industrial and agricultural reconversion and requalification will be required, which in itself will be able to support the economy. In fact, the "ecological reconversion" alone will favor the overcoming of the current state of "enpasse", giving a great boost to economic and social development. A great revolution including our making peace with the planet and with the living beings that inhabit it.

Paolo D’Arpini
Italian Bioregional Network - bioregionalismo.treia@gmail.com