"In the pure Self there is no knowledge nor ignorance..." (Saul Arpino)
To better understand the implications of lay spiritual thought it is necessary to step back in time, bringing attention to the formative dawn of Advaita Vedanta, the nondual knowledge of Reality, expressed in the terminal portions of the Vedas (Vedanta) and the Upanishads.
For example, in the commentary on the Taittirya Upanishad made by the great sage Shankaracharya, lived in the fifth century, it is said: "Knowledge and ignorance belong to the realm of name and form; they are not the attributes of the Self ... And they - name and form - are "imagined" (superimposed) as are day and night in reference to the sun ".
The similarity with the sun is very appropriate here. From the point of view of the sun there is neither day nor night, yet without the reference to the sun there can be neither day nor night. It is only from the point of view of Earth observation that day and night have meaning and are superimposed on the sun. Likewise in the pure Self (the absolute non-dual Consciousness) there is no knowledge or ignorance. These are relevant only to finite intelligence (the dual mind), but they too can take on meaning only if they are superimposed on the self.
The Self, which is the Absolute Reality, has the nature of Absolute Knowledge, not in the sense of a mental knowledge but in that of unconditional Awareness in which neither a subject nor an object nor the act of knowing appears. But that same Consciousness, if observed from the point of view of the mind which is at the base of knowledge-empirical ignorance, produces the mirage of name and form in which the mind identifies ...
Paolo D'Arpini
Testo Italiano
"Nel puro Sé non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza..." (Saul Arpino)
Per comprendere meglio le implicazioni del pensiero spirituale laico occorre fare un passo indietro nel tempo, riportando l’attenzione all’alba formativa dell’Advaita Vedanta, la conoscenza nonduale della Realtà, espressa nelle porzioni terminali dei Veda (Vedanta) e nelle Upanishad. Ad esempio nel commento sulla Taittirya Upanishad fatto dal grande saggio Shankaracharya, vissuto nel V secolo, così viene detto: “Conoscenza e ignoranza appartengono al reame di nome e forma; essi non sono gli attributi del Sé… Ed essi - nome e forma - vengono “immaginati” (sovraimposti) così come lo sono il giorno e la notte in riferimento al sole”.
La similitudine con il sole è qui molto appropriata. Dal punto di vista del sole non c’è né giorno né notte, ciononostante senza il riferimento al sole non vi può essere né giorno né notte. È solo dal punto di vista dell’osservazione dalla Terra che giorno e notte hanno un significato e vengono sovrapposti al sole. Allo stesso modo nel puro Sé (l’assoluta Coscienza non-duale) non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza. Queste sono rilevanti solo per l’intelligenza finita (la mente duale), ma anch'esse possono assumere un significato solo se sovrapposte al Sé.
Il Sé, che è la Realtà Assoluta, ha la natura della Conoscenza Assoluta, non nel senso di una conoscenza mentale ma in quello di Consapevolezza incondizionata in cui non appare né un soggetto né un oggetto né l'atto del conoscere. Ma quella stessa Consapevolezza, se osservata dal punto di vista della mente che è alla base della conoscenza-ignoranza empirica, produce il miraggio di nome e forma in cui la mente s'identifica…
Paolo D'Arpini
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.