domenica 24 febbraio 2019

Deep ecology, lay spirituality and the mystery of the "Presence"

"In the non-dualistic consciousness there is only the One, without a two, so that everything present, past or future, is considered the manifestation of that One and can not be other than That." (Saul Arpino)

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In the game of Becoming the One is projected into the reflection of the mind and perceived as separate - this process is defined as exteriorization - but at the same time the inverse thrust, or the conscious "return" to the primordial Unity, is always taking place. Some aspects of the same One (which we define as entities or persons) manifest themselves as separate and different - as it appears in the mirror of the mind - to carry out the "comedy" of creation.

This duality of thought "allows the One to perceive himself". Which means that for the purposes of cosmic play the antagonistic parts (opposites) are necessary. The self-ignorant can not choose, because he is driven by a mysterious force in him that moves him according to the predispositions and qualities embodied, a sort of to act automatically but which has the appearance of a voluntary maneuver, deriving from the sensation we call "free choice". But although it is apparently resulting from our "arbitrariness", the action taken and its consequences are in fact a simple projection of the energetic force of the One.

The knower of the One, which is the One in Consciousness, and therefore beyond any sense of limitation, and devoid of the notion of "better" or "worse" "right" or "wrong", does not "choose", and in fact what and how could he choose if he is present in everything? The problem of the incongruity of such statements is only in the mind of the "seeker", who is "invited" to exercise discipline and self-control to make the "return to house ", both in the biological and spiritual sense, he therefore believes that the works, the practices, that he carried out are functional to that" return ", in fact they are only" a signal "of the return and absolutely not propaedeutic to it.

And then defining it as "return" is somewhat misleading -it is a term suitable for the dual mind that thinks of concluding a path- in fact, how can one "return" to what one is? But in the present condition we can not do without using language that is a form of sharing and communication in duality, to express ourselves "absurdly" in wanting to recognize what we have always been and always will be. The fact remains that non-dual awareness, being incommunicable in words, it can only be transmitted in an "empathic" form (we would also say "love" or "compassion"), such "empathy" is the constant and real nature of the One so the flow can never be interrupted.

The state of the Knower and the empathy he emanates, towards his own forms, is not dispensation or favor from the One to the many ... it is the simple staying in his own nature, totally and absolutely One and therefore indistinguishable, and which can not be divided into "degrees". In this sense the presence of the "Knower" of reality is compared to the Presence of the One. And whoever consciously enters that Presence in it is absorbed and recognizes himself. This is the great mystery of the Presence.

Paolo D'Arpini

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Testo italiano:

"Nella coscienza non dualistica esiste solo l’Uno, senza un due, per cui ogni cosa presente, passata o futura, è considerata la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello." (Saul Arpino)
Ecologia profonda, spiritualità laica ed il mistero della "Presenza" nell'Uno

Nel gioco del Divenire l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione - ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa, ovvero del consapevole "ritorno" all’Unità primigenia. Alcuni aspetti dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come  separati e diversi  -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione.  
Questa dualità di pensiero “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.L’ignorante  di Sé non può scegliere, perché sospinto da  una forza misteriosa in lui riposta che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”. Ma pur essendo apparentemente risultante dal nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno.
Il conoscitore dell’Uno, che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, e privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, non "sceglie", ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, sia in senso biologico che spirituale, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.
E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio che è una forma di condivisione e comunicazione nella dualità, di esprimerci “assurdamente" nel voler riconoscere quel che sempre siamo stati e sempre saremo.Resta il fatto che la consapevolezza non duale, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma "empatica" (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale "empatia" è la costante e reale natura dell’Uno quindi non può esserne mai interrotto il flusso.
Lo stato del Conoscitore e l'empatia da lui emanata, verso le sue stesse forme, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”. In tal senso la presenza del "Conoscitore" della realtà viene paragonata alla Presenza dell'Uno. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso. Questo è il grande mistero della Presenza.
Paolo D’Arpini
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domenica 17 febbraio 2019

Advaita Vedanta and Lay Spirituality - Advaita Vedanta e Spiritualità Laica


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"In the pure Self there is no knowledge nor ignorance..." (Saul Arpino)

To better understand the implications of lay spiritual thought it is necessary to step back in time, bringing attention to the formative dawn of Advaita Vedanta, the nondual knowledge of Reality, expressed in the terminal portions of the Vedas (Vedanta) and the Upanishads. 

For example, in the commentary on the Taittirya Upanishad made by the great sage Shankaracharya, lived in the fifth century, it is said: "Knowledge and ignorance belong to the realm of name and form; they are not the attributes of the Self ... And they - name and form - are "imagined" (superimposed) as are day and night in reference to the sun ".

The similarity with the sun is very appropriate here. From the point of view of the sun there is neither day nor night, yet without the reference to the sun there can be neither day nor night. It is only from the point of view of Earth observation that day and night have meaning and are superimposed on the sun. Likewise in the pure Self (the absolute non-dual Consciousness) there is no knowledge or ignorance. These are relevant only to finite intelligence (the dual mind), but they too can take on meaning only if they are superimposed on the self.

The Self, which is the Absolute Reality, has the nature of Absolute Knowledge, not in the sense of a mental knowledge but in that of unconditional Awareness in which neither a subject nor an object nor the act of knowing appears. But that same Consciousness, if observed from the point of view of the mind which is at the base of knowledge-empirical ignorance, produces the mirage of name and form in which the mind identifies ...

Paolo D'Arpini

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Testo Italiano

"Nel puro Sé non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza..." (Saul Arpino)

Per comprendere meglio le implicazioni del pensiero spirituale laico occorre fare un passo indietro nel tempo, riportando l’attenzione all’alba formativa dell’Advaita Vedanta, la conoscenza nonduale della Realtà, espressa nelle porzioni terminali dei Veda (Vedanta) e nelle Upanishad. Ad esempio nel commento sulla Taittirya Upanishad fatto dal grande saggio Shankaracharya, vissuto nel V secolo, così viene detto: “Conoscenza e ignoranza appartengono al reame di nome e forma; essi non sono gli attributi del Sé… Ed essi - nome e forma - vengono “immaginati” (sovraimposti) così come lo sono il giorno e la notte in riferimento al sole”.
La similitudine con il sole è qui molto appropriata. Dal punto di vista del sole non c’è né giorno né notte, ciononostante senza il riferimento al sole non vi può essere né giorno né notte. È solo dal punto di vista dell’osservazione dalla Terra che giorno e notte hanno un significato e vengono sovrapposti al sole. Allo stesso modo nel puro Sé (l’assoluta Coscienza  non-duale) non sussiste alcuna conoscenza né ignoranza. Queste sono rilevanti solo per l’intelligenza finita (la mente duale), ma anch'esse possono assumere un significato solo se sovrapposte al Sé.
Il Sé, che è la Realtà Assoluta, ha la natura della Conoscenza Assoluta, non nel senso di una conoscenza mentale ma in quello di Consapevolezza incondizionata in cui non appare né un soggetto né un oggetto né l'atto del conoscere. Ma  quella stessa Consapevolezza, se osservata dal punto di vista della mente che è alla base della conoscenza-ignoranza empirica, produce il miraggio di nome e forma in cui la mente s'identifica…
Paolo D'Arpini

venerdì 1 febbraio 2019

The "force" of spiritual freedom - Il potere della libertà spirituale


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Spirituality does not belong to any religion; it is the true nature of man. The spirit is present in all that exists, it can not therefore be reached through a specific path, since it is already there also in an attempt to pursue it.

Laity  is the condition of absolute "freedom" from every constituted thought, be it ideological or religious. "Laikos", in Greek, means someone who is outside any social and religious context, or does not belong to any social or confessional system.

When we talk about spiritual research we do not intend to pursue a codified path, a fideistic regulation, a belonging to a creed; the spiritual seeker is simply the one who looks at himself, the one who recognizes the whole in himself and himself as the whole.

From this point of view spiritual research can be considered a strictly personal fact, so the true spiritual seeker is absolutely  lay, at the same time recognizing what is in him as present in everything else. Reconciling one's personal way with that of anyone else means knowing how to flow without obstructing, learning and transmitting without demanding, in short it is about making peace with ourselves and with others.

This absolute freedom also includes absolute love and respect, since there are no assumptions of pre-established positions and absolutist references to a specific path. 

Lay spirituality is a way in which there can not be dogmas or religious indications. This is the way in which no path is followed. The path is completely absent, in secular spirituality what matters is the simple presence to oneself and this can not be a path but a simple attention to the state in which one is.

Consciousness is aware of consciousness. And it is normal that this be so since the secular spirituality can not be anything new but only a "descriptive way" of something that already exists, in fact if that something was not already there, what sense would it be "aware" of?Therefore, secular spirituality and awareness are the exact same thing. 

But we know that pure self-awareness is unfortunately often tainted by superimposed images created by our mind, these images are what we have imagined spirituality to be.

Accepting oneself as something completely unfathomable and in knowable, not referable to any axiom of ideological or religious derivation, means to remain suspended in the void by being empty. Impossible to be able to see the boundaries of one's own being. This lack of identification in any structural form (of thought or not) is also simultaneously the "force" of spiritual freedom.

There are no sure ports of landing, there is no boat, there is no sea, no one and nothing to look for ... only the current of life, of the conscience, only the sense of being present. In this lack of conditions it is possible to feel our self surrender, our mind dissolve, thus discovering the "Center" which in truth is not a center because it is all that is, without center or periphery.

Everything around us and ourselves are the exact same thing, we are immersed in ourselves as water in the water and yet we continue to behave as if we were separated, having what we think "is outside of us" as if it were "other" from us. Is there a greater wonder than this?

Paolo D'Arpini 




Testo italiano:

La spiritualità non appartiene ad alcuna religione; essa è la vera natura dell’uomo. Lo spirito è presente in tutto ciò che esiste, non può quindi essere raggiunto attraverso uno specifico sentiero, poiché esso è già lì anche nel tentativo di perseguirlo.

La laicità è la condizione di assoluta “libertà” da ogni forma pensiero costituita, sia essa ideologica o religiosa. “Laikos”, in greco, sta a significare colui che è al di fuori di ogni contesto sociale e religioso, ovvero non appartiene ad alcun ordinamento sociale o confessionale.

Quando si parla di ricerca spirituale non si intende il perseguire un sentiero codificato, una normativa fideistica, un’appartenenza ad un credo; il cercatore spirituale è semplicemente colui che guarda sé stesso, colui che riconosce il Tutto in sé stesso e sé stesso come il Tutto.

Da questo punto di vista la ricerca spirituale può essere considerata un fatto strettamente personale, quindi il vero cercatore spirituale è assolutamente laico, allo stesso tempo riconosce ciò che è in lui come presente in ogni altra cosa. Conciliare la propria via personale con quella di chiunque altro significa saper fluire senza ostruire, apprendere e trasmettere senza pretendere, insomma si tratta di fare la pace con noi stessi e con gli altri.

Questa assoluta libertà comprende anche assoluto amore e rispetto, non essendoci assunzioni di posizioni precostituite e riferimenti assolutistici ad uno specifico sentiero.

La Spiritualità Laica è una via in cui non possono esserci dogmi o indicazioni religiose. Questa è la via in cui non si segue nessuna via. Il percorso è completamente assente, nella spiritualità laica ciò che conta è la semplice presenza a se stessi e questo non può essere un percorso ma una semplice attenzione allo stato in cui si è.

La coscienza è consapevole della coscienza.

Ed è normale che sia così poiché la spiritualità laica non può essere nulla di nuovo ma solo un “modo descrittivo” di un qualcosa che c’è già, infatti se quel qualcosa non ci fosse già che senso avrebbe esserne “consapevoli”?

Perciò Spiritualità Laica e Consapevolezza sono la stessa identica cosa. Ma noi sappiamo che la pura consapevolezza di sé è purtroppo spesso macchiata da immagini sovrimposte, create dalla nostra mente, queste immagini sono ciò che noi abbiamo immaginato possa essere la spiritualità.

Accettare se stessi come qualcosa di completamente insondabile ed in conoscibile, non riferibile ad alcun assioma di derivazione ideologica o religiosa, significa restare sospesi nel vuoto essendo vuoto. Impossibile poter scorgere i confini del proprio essere.  Questa mancanza di identificazione in qualsiasi forma strutturale (di pensiero e non) è contemporaneamente anche la “forza” della laicità spirituale. 

Non vi sono porti sicuri di approdo, non vi è barca, non c’è un mare, nessuno e nulla da ricercare… solo la corrente della vita, della coscienza, solo il senso di essere presenti. In questa mancanza di condizioni è possibile sentire il nostro io arrendersi, la nostra mente sciogliersi, scoprendo così il "Centro" che in verità non è un centro perché è tutto ciò che è, senza centro né periferia.

Tutto quel che ci circonda e noi stessi siamo la stessa identica cosa, siamo immersi in noi stessi come acqua nell'acqua eppure continuiamo a comportarci come fossimo separati, disponendo di ciò che riteniamo "sia al di fuori di noi" come  fosse "altro" da noi. C'è una meraviglia più grande di questa?

Paolo D'Arpini