There is a substantial difference in our inner attitude, if we believe that we have chosen the fulfillment of a certain action (o course of actions) or if we simply feel like being facing contingencies (if we respond to the stimulus of the events in progress). In the first case we feel responsible and we have defined expectations towards the results of our actions, in the second we know that our energy moves in harmony with the conditions in which we find ourselves and we do not calculate how to fulfill a precise end. It is clear that in the first case we may experience a sense of constraint, disappointment or hope, while in the second our behavior it looks like a child's play. We know well that the detachment and the inner peace are an important factor for success, so be it that at the time of passing an exam we do everything to feel relax, even if - in truth - the effort itself does not produces the desired effect... Yet, in the world we talk about "Success" in quite other terms and we always try to put the accent on our "personal effort". But let us return to the first case, in which we define ours act a "free choice", acting as bulldozers and following rules precise self-imposed or suffered, stating "this is ours decision" and following it with blind faith. Maybe we are not aware that in the second case we could easily float -or swim- following the current and that our will correspond spontaneously to our innate disposition. Let's see now that the results obtained in the first case are for us the result of concern and discouragement whereas in the second case, sailing on sight, every result is a discovery, every landing a enrichment. But-weirdness of the case- we hear affirmation in the world "...that's a self-made, one-piece, successful man fighting with the nails and with the teeth..." and on the other hand "...that person is a simpleton who lives in blissful innocence, without interests and does not know not even what is good and what is bad...". And at this point I would like to ask you, were not driven out Adam and Eve from the earthly paradise just for having tasted the fruit of goodness and evil? And yet of all the Genesis this, which seems to me the most significant passage, it is often described as a fairy tale... in reality it is an allegory of the exit from the harmony of unity primigenia and the entry into the hell of dualism and separation. Fortunately we do not have to wait long (nor many ... nor even one life, just a moment) to understand the trick of illusion, of the dual ego projection, since unity in consciousness is never decreased, it is right here and now ... and not then or tomorrow... Heaven and hell are only paradigms of the mind, in becoming. Eric Fromm wondered: "to be or to have?" Paolo D'Arpini
Testo italiano:
C’è una sostanziale differenza, nell’atteggiamento interiore, se noi
crediamo di aver scelto il compimento di una determinata azione (o
corso di azioni) oppure se noi semplicemente sentiamo di star
affrontando delle contingenze (se rispondiamo cioè allo stimolo degli
eventi in corso). Nel primo caso ci sentiamo responsabili ed abbiamo
precise aspettative verso i risultati del nostro agire, nel secondo
sappiamo che la nostra energia si muove in sintonia con le condizioni
in cui ci troviamo e non calcoliamo di dover adempiere ad un preciso
fine.
E’ evidente che nel primo caso sperimentiamo un senso di costrizione,
delusione o speranza, mentre nel secondo il nostro comportamento molto
somiglia ad un gioco infantile. Sappiamo bene che il distacco e la
quiete interiore sono un fattore importante per la riuscita, tant’è
che al momento di superare un esame facciamo di tutto per sentirci
rilassati, anche se –in verità- lo sforzo stesso di rilassarci non
produce l’effetto desiderato…..Eppure, nel mondo parliamo di
“riuscita” in ben altri termini e cerchiamo sempre di porre l’accento
sul nostro “sforzo personale”.
Ma torniamo a considerare il primo caso, in cui definiamo il nostro
agire una “libera scelta”, agendo come bulldozers e seguendo regole
precise auto-imposte o subite, affermando “questa è la nostra
decisione” e seguendola con fede cieca. Magari non siamo consapevoli
che nel secondo caso potremmo facilmente galleggiare -o nuotare-
seguendo la corrente e che la nostra volontà corrisponderebbe
spontaneamente alla nostra disposizione innata.
Vediamo ora che i risultati ottenuti nel primo caso sono per noi
frutto di preoccupazione e sconforto mentre nel secondo caso,
navigando a vista, ogni risultato è una scoperta, ogni approdo un
arricchimento. Ma –stranezza del caso- sentiamo affermare nel mondo
“…quello è un uomo tutto d’un pezzo e di successo che si è fatto da sé
lottando con le unghie e coi denti…” e per contro “…quella persona è
un sempliciotto che vive in beata innocenza, senza interessi e non sa
nemmeno cosa è bene e cosa è male…”.
Ed a questo punto vorrei chiedervi, non furono cacciati Adamo ed Eva
dal paradiso terrestre proprio per aver assaggiato il frutto del bene
e del male? Eppure di tutta la Genesi questo, che mi sembra il
passaggio più significativo, viene spesso descritto come una favola…
in realtà è un’allegoria dell’uscita dall’armonia dell’unità
primigenia e l’entrata nell’inferno del dualismo e della separazione.
Per fortuna non dobbiamo aspettare molto (né tante .. e neppure una
vita, basta un momento) per capire il trucco dell’illusione, della
proiezione egoica duale, giacché l’unità nella coscienza non è mai
venuta meno, è proprio qui ed ora… e non allora o domani… Paradiso ed
inferno son solo paradigmi della mente, nel divenire.
Si chiedeva Eric Fromm: “essere o avere?”
Paolo D’Arpini
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