venerdì 20 settembre 2024

Let us remain what we have always been... - Restiamo ciò che siamo sempre stati...

 



The mind (ego) tends to appropriate lived experiences. Of course, in order to realize our true nature, it is not necessary to "deny" the physiological identity (name-form) but we must integrate it with the Whole, also because we are part of it and the Whole is inseparable. See the concept of "hologram", in which each part that makes up the image is made up of the totality of the image itself. To delude ourselves into being separate from the Whole means falling into separative dualism. The name-form is like a wave that rises on the sea of ​​the Absolute, which is precisely the necessary substrate for the existence of the self. Realizing that the self is only the Self reflected in the mirror of the mind is the key to Knowledge.

The "recognition" of our true nature occurs as in the passage from dream to wakefulness, it is natural and intrinsic in each of us. When we dream we are immersed in the dream and that is the only reality for us... When the moment of awakening comes there are warnings that make us perceive the imminent change of state. In other words, we have a feeling of the imminent exit from the illusion of the dream. Of course this is a simple analogy because in the dream and in the waking state, which are mental conditions, there is no true enlightenment and realization. That "awakening" I speak of is the intimate indivisible essence, unapproachable by the mind, but its reality is intuitable and experienceable in the state of pure awareness.

In the process of return that pushes every single being towards that pure awareness, various miracles and mysterious changes occur. The adaptation to the new states of consciousness always involves the entire body mass of the species, but in our human dimension we are accustomed to the locomotive functioning, that is, two steps forward and one back, also defined as growth by trial and error. For this reason it seems that evolution lacks linearity and continuity. In our civilization we have lived various moments that seemed heavenly, but lacked a holistic understanding. A bit like what happens in the animal world where spontaneity reigns supreme but consciousness is lacking in self-awareness and reason.

In short, we must be able to integrate intuition and reason into our functioning and once this is done we can proceed to forget the experimental process in order to fully live the experience in itself. Observer and observed cannot be separated.

To achieve this result, religions recommend the path of "loving your neighbor as yourself" while Gnostic philosophies direct us towards self-knowledge.

Let's not separate these two paths, let's hold on to them like two oars of our boat that help us get out of the quagmire of "dualism".

After all, how can we consider something to be outside of ourselves?

Paolo D'Arpini - Committee for Lay Spirituality




Testo Italiano:

La mente (ego) tende ad appropriarsi delle esperienze vissute. Naturalmente non è necessario, al fine di realizzare la nostra vera natura, "negare" l'identità fisiologica (nome-forma) ma dobbiamo integrarla con il Tutto, anche perché ne facciamo parte ed il Tutto è inscindibile. Vedi il concetto di “ologramma”, in cui ogni parte che compone l'immagine è costituita dalla totalità dell'immagine stessa. Illudersi di essere separati dal Tutto significa cadere nel dualismo separativo. Il nome-forma è come un'onda che sorge sul mare dell'Assoluto, il quale è appunto il substrato necessario all'esistenza dell'io. Realizzare che l'io è solo il Sé riflesso nello specchio della mente è la chiave della Conoscenza.

Il  "riconoscimento" della nostra vera natura avviene come nel passaggio dal sogno alla veglia, è naturale ed  intrinseco in ognuno di noi. Quando sogniamo siamo immersi nel sogno e quella è per noi la sola realtà… Quando giunge il momento del risveglio ci sono delle avvisaglie che ci fanno percepire l’imminente cambiamento di stato. Come dire, abbiamo sentore dell’imminente uscita dall’illusione del sogno. Certo questa è semplice analogia poiché nel sogno e nella veglia, che sono condizioni mentali, non vi è vera illuminazione e realizzazione. Quel “risveglio” di cui parlo è l’intima essenza indivisibile, inavvicinabile dalla mente, ma la sua realtà è intuibile e sperimentabile nello stato di pura consapevolezza.

Nel processo di ritorno che sospinge ogni singolo essere verso quella pura consapevolezza avvengono vari miracoli e misteriosi cambiamenti. L’adattamento ai nuovi stati di coscienza coinvolge sempre e comunque tutto il corpo massa della specie, ma nella nostra dimensione umana noi siamo abituati al funzionamento a locomotiva, ovvero due passi avanti ed uno indietro, anche definito crescita per tentativi ed errori. Per questa ragione sembra che l’evoluzione manchi di linearità e continuità. Nella nostra civiltà abbiamo vissuto vari momenti che sembravano paradisiaci, che mancavano però di una comprensione olistica. Un po’ come avviene nel mondo animale in cui la spontaneità  regna sovrana ma la coscienza è carente nella auto-consapevolezza e nella ragione.

Insomma dobbiamo poter integrare l’intuizione e la ragione  nel nostro funzionamento e ciò fatto possiamo procedere a dimenticare il processo sperimentale per poter vivere integralmente l’esperienza in se stessa. Osservatore ed osservato non possono essere separati.

Per ottenere questo risultato le religioni consigliano la via “dell’amare il prossimo tuo come te stesso” mentre le filosofie gnostiche indirizzano verso l’auto-conoscenza.

Non scindiamo queste due vie, teniamole strette come due remi della nostra barca che ci aiutano ad uscir fuori dal pantano del “dualismo”.
 
In fondo, come possiamo considerare che qualcosa sia al di fuori di noi stessi?

Paolo D’Arpini - Comitato per la Spiritualità Laica


martedì 17 settembre 2024

Sincronicità universale - Riconoscersi in ciò che è... dove l'agire si svolge da sé...

 


Tutti  agiamo in modo spontaneo, sempre, ognuno mette in pratica quel che sente. C'è un'aura che lo dimostra, c'è un odore che lo annuncia. Tu non puoi comportarti diversamente da come i tuoi pensieri indicano.
Come e da dove sorgono i tuoi pensieri?
Chi li sceglie?
Chi decide una via di azione piuttosto che un'altra?
Forse il desiderio?
Forse la volontà di raggiungere un fine?
E dove si raggiunge qualcosa se non nel mondo delle apparenze, nel sogno dell'esistenza?

Da qui la teoria del karma che pone l'uomo all'interno di una ruota. La stessa ruota che vediamo nelle gabbiette dei criceti. Si muove perché il criceto che ci sta dentro la fa muovere. In se stessa la ruota è inerte. Perciò sia nel taoismo che nell'advaita si proclama "il non agire", nel senso di non compiere azioni con la finalità di un raggiungimento.

Però, in tutta sincerità con te stesso, agisci, non rifuggire dall'azione per paura. Lo stesso Krishna ad Arjuna disse: "Se rifuggi dall'agire la tua stessa natura ti spingerà a compiere le azioni che sono a te dovute". Perciò agisci conformemente al tuo "Dharma/Karma" e lascia i risultati al "Cielo"...

Ed ora un approfondimento: Il “vuoto” taoista - ... se il vero Tao al nostro percepire determinista appare come un nulla, che per noi corrisponde al vuoto del sé (della coscienza individuale), esso segna il ritorno beato nella matrice silenziosa, che attira e proietta l’esperienza del pensiero empirico e poi lo riassorbe nel nulla da cui proviene. Questa kenosi del Tao procede per sua propria natura e non presuppone alcuna volontà creatrice o distruttrice. E da qui si comprende la non valutazione taoista per un Dio personale.

Il manifesto è solo una apparenza, appare nella mente una propensione perché così è nella natura della mente. Accettala e passa oltre. Vivi momento per momento osservando tutto ciò che avviene. Pian piano ti accorgerai che non compirai le azioni sforzandoti o in reazione a quelle degli altri, ma saranno spontanee risposte, senza ricerca di un "esito" definito.

Secondo lo psicologo taoista Alessandro Mahony per i taoisti non esisterebbe quindi tanto una causa effetto ma piuttosto una sincronicità: "Non che cosa è, ma che significato ha per me, ora".

«Tutto il nostro ragionamento si basa sulla legge di causa ed effetto, che opera come una successione. Qualcosa accade ora, perché qualcos'altro è accaduto allora. I cinesi non ragionano tanto secondo questa linea orizzontale, che va dal passato al futuro, attraverso il presente: ragionano verticalmente, da ciò che è in un posto ora a ciò che è in un altro posto ora. In altre parole non si chiedono perché, o per quali cause passate, un certo ordine di cosa avvenga ora; si chiedono: Qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento? La parola Tao è la risposta a questa domanda». (Alan Watts, Il significato della felicità [109])

Quindi un Taoista non ragiona seguendo una ideale linea orizzontale di causa effetto ma, piuttosto, seguendo una linea verticale, cercando di connettere tra loro cose che sono in un posto ora ed in un altro posto ora. La domanda che si pongono è: "qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento? Ragionano quindi secondo un concetto che potrebbe essere chiamato sincronicità.

Ed ancora: «quando un occidentale sente di pensare, crede che un tal fatto sia dovuto ad una specie di fatalismo o determinismo. [...] La prima illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo accada a lui e che quindi sia vittima delle circostanze. Ma se siamo immersi nell'ignoranza originaria non esiste un tu diverso dalla cosa che sta accadendo. Quindi la cosa non sta succedendo a noi, succede e basta. [...] La seconda illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo ora è la conseguenza di un evento del passato. [...] Dobbiamo essere davvero ingenui per credere che il passato provochi quanto avviene oggi. Il passato è simile alla scia lasciata da una nave. Alla fine ogni traccia scompare. [...] È moto semplice: tutto comincia adesso, perciò è spontaneo: non è determinato [...], non è nemmeno casuale [...]. Il Tao è un certo tipo di ordine [...] che però non è precisamente ciò che noi definiamo ordine quando disponiamo un oggetto in un ordine geometrico, in scatole od in file. Se osserviamo un pianta di bambù ci è perfettamente chiaro che la pianta possiede un suo ordine. [...] I cinesi lo chiamano Li [...]. Tutti cercano di esprimere l'essenza del Li. Ma la cosa interessante è che nonostante si sappia cosa sia, non c'è modo di definirla». (Alan Watts, Il significato della felicità [111] pag. 17-18).

E' difficile conciliare i due concetti o no?
In verità Alan Watts è un grande estimatore del Tao ed è riuscito molto bene ad individuarne i punti salienti, egli affermò: "ogni forma di controllo ricade infine sul controllore". Infatti nella tradizione Taoista «L’uomo si conforma alla Terra, la Terra si conforma al Cielo, il Cielo si conforma al Tao, il Tao si conforma alla spontaneità».
La spontaneità è sinonimo di naturalezza, categoria eversiva nel mondo artificiale del contrattualismo sociale e del dominio tecno-scientifico.

Ed allora che significato ha compiere azioni "virtuose" con l'intento di un raggiungimento?
Come ad esempio ripetere costantemente il mantra Nam Myoho Renge Kyo (dedicato alla legge di causa effetto) per realizzare i desideri?

Evidentemente non ha un senso per un taoista. Però ha un senso per "accreditare" un'ipotetica "volontà" personale ("Ichinen" si chiama in giapponese). Comunque il pensiero assume una forma, ogni qualvolta lo si desidera, con più o meno forza secondo l'intensità. Ma questo processo nel taoismo - come nell'advaita - è ritenuto una forma di "schiavitù", di immersione nell'illusione del "sogno" (Samsara).

Ciò non toglie che  il sogno esiste, finché si dorme, e pur non essendo "vero" è comunque "reale" per il tempo che dura... finché non giunge il momento del Risveglio.

 Paolo D'Arpini - Comitato per la spiritualità laica 

Ride ben chi ride ultimo


giovedì 12 settembre 2024

Sessualità ed erotismo nelle diverse religioni...

 


lunedì 2 settembre 2024

Eternal lore, monistic thought and the pantheistic synthesis of Giordano Bruno... - La religione eterna, il pensiero monistico e la sintesi panteista di Giordano Bruno...

 


Giordano Bruno's pantheistic theory, according to which the universe is eternal, excludes the concept of a creator God, thus approaching Eastern thought and completely leaving theism. And the church could not accept this because it called into question its very reason for existing.

The substantial difference in religious expression between the East and the West is that in the West religion is considered to have a beginning and an end, or structured in time, while in the East it is recognized as "eternal", without beginning or end.

In fact, Judaism, Christianity and Islam are religions that begin with the birth of their respective prophets, Moses, Christ and Mohammed, and are expected to end with the apocalypse. In India, China and the rest of Asia, however, the Spirit is declared antecedent and subsequent to every vital manifestation and at the same time it is both immanent and transcendent. This difference of views leads to a substantial difference in the management of the religious fact.

In the East there are no power structures recognized as legitimate custodians of religion, what is eternal thinks of itself. In the West, on the contrary, it is assumed that religion must be controlled and managed by nuclei of ecclesiastical power, precisely in consideration of its finiteness and imperfection, and this to "avoid" deviations or heresies from the consolidated norm and the scriptural creed.

Perhaps the ideological example of a centralized priestly power derived from the figure of Moses who brought order and rules to the "mother" religion, rules later adopted by both Christianity and Islam. But centralized power is especially present in Christianity, forming over the centuries an established right of the bishop of Rome to manage in an autonomous and absolutist way the religious and worldly things connected to the Christian faith.

This simple fact has led to a personalistic “care of interests” even in doctrinal matters and in the recognition of sanctity or heresy. For example, it went well for Francis of Assisi who came to humiliate himself in Rome and therefore obtained papal authorization and subsequently also the recognition of sanctity.

Very badly, perhaps because in that period more narrow-minded pontiffs reigned, it went for Savonarola or Giordano Bruno who were sacrificed at the stake. In the historical period in which Giordano Bruno lived, in truth there was a certain Enlightenment ferment with Galileo Galilei who studied the solar system and defined it as heliocentric, or with Tommaso Campanella who was inspired by the neo-Platonic theory to imagine his “City of the Sun”.

Unfortunately for Giordano Bruno his intuition was too great and too uncontrollable to be accepted by the papacy, he even called the universe eternal and infinite, without center or circumference. Such a thing could not please a religious power that based its being on "finitude, on limitation, on original sin, on the difference between God and creatures, on the need for a specifically indicated savior".

Giordano Bruno was too close in his philosophical expression to the "Sanathana Dharma", to the eternal law of being and non-being, well described by the accomplished sages of the East... And then what place would any little pope, a little cardinal, a country curate have in the context of such truth?

Simple imagined figures and pretentiously constituted in institutional guise. Unfortunately the abyss in thought and the risk that this would have entailed for the continuity of Christian religion was insurmountable for the petty religious leaders of Christianity (a religion invented at a desk, by the way). So it was necessary for Giordano Bruno to be sacrificed at the stake, in an attempt to destroy his tortured body and his thoughts.

But did it happen like this? No, the truth always comes to the surface and even if it is still trampled and misinterpreted, it will triumph in the end, and in reality it is already triumphing, since the finite cannot absolutely condition the infinite.

Paolo D’Arpini - Committee for Lay Spirituality




Testo Italiano 

La teoria panteista di Giordano Bruno, secondo la quale l’universo è eterno, esclude il concetto di un Dio creatore, avvicinandosi in ciò al pensiero orientale ed uscendo completamente dal teismo. E questo la chiesa non poté accettarlo poiché metteva in discussione la sua stessa ragione di esistere.

La differenza sostanziale nell’espressione religiosa fra oriente ed occidente è che in occidente la religione si considera con un inizio ed una fine, ovvero strutturata nel tempo,  mentre in oriente essa viene riconosciuta come “eterna”, senza inizio né fine.

L’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo, infatti, sono religioni che prendono l’avvio con la nascita dei loro rispettivi profeti, Mosè, Cristo e Maometto, e ci si aspetta che si concludano con l’apocalisse. In India, in Cina e nel resto dell’Asia, invece, lo Spirito viene dichiarato antecedente e successivo ad ogni manifestazione vitale ed allo stesso tempo esso è sia immanente che trascendente. Questa differenza di vedute porta ad una sostanziale differenza nella gestione del fatto religioso.

In oriente non esistono strutture di potere riconosciute come legittime custodi della religione, ciò che è eterno pensa a se stesso. In occidente al contrario si presuppone che la religione debba essere controllata e gestita da nuclei di potere ecclesiastico, proprio in considerazione della sua finitezza ed imperfezione, e questo per “evitare” devianze o eresie dalla norma consolidata e dal credo scritturale.

Forse l’esempio ideologico di un potere sacerdotale centralizzato derivò dalla figura di Mosè il quale riportò ordine e regole nella religione “madre”, regole fatte in seguito proprie sia dal cristianesimo che dall’islamismo. Ma il potere centralizzato è soprattutto presente nel cristianesimo, formandosi nei secoli un diritto assodato del vescovo di Roma di gestire in modo autonomo ed assolutistico le cose religiose e mondane connesse al credo cristiano.

Questo semplice fatto ha comportato una “cura d’interessi” personalistica pure nei fatti dottrinali e nel riconoscimento di santità od eresia. Ad esempio andò bene a Francesco d’Assisi che venne ad umiliarsi a Roma e perciò ottenne l’autorizzazione papale e successivamente anche il riconoscimento di santità.

Molto male, forse perché in quel periodo regnavano pontefici più gretti, andò al Savonarola od a Giordano Bruno che furono sacrificati sul rogo. Nel periodo storico in cui visse Giordano Bruno, in verità vi fu un certo fermento illuminista con Galileo Galilei che studiò il sistema solare e lo definì eliocentrico, oppure con Tommaso Campanella che si ispirò alla teoria neo-platonica per immaginare la sua “Città del Sole”.

Purtroppo per Giordano Bruno la sua intuizione fu troppo grande e troppo incontrollabile per poter venir accettata dal papato, addirittura egli chiamò l’universo eterno ed infinito, senza centro né circonferenza. Una cosa del genere non poteva piacere ad un potere religioso che basava il suo essere sulla “finitudine, sulla limitatezza, sul peccato originale, sulla differenza fra Dio e creature, sulla necessità di un salvatore specificatamente indicato”.

Giordano Bruno fu troppo vicino nella sua espressione filosofica al “Sanathana Dharma”, all’eterna legge dell’essere e del non essere, ben descritta dai saggi realizzati dell’oriente… Ed allora che posto avrebbe avuto un papetto qualsiasi, un cardinaletto, un curato di campagna nel contesto di tale verità?

Semplici figure immaginate e pretenziosamente costituite in veste istituzionale. Purtroppo l’abisso nel pensiero ed il rischio che questo avrebbe comportato alla continuità religiosa cristiana fu insormontabile per i meschinelli capi religiosi della cristianità (una religione per altro inventata a tavolino). Così fu necessario che Giordano Bruno fosse immolato sul rogo, nel tentativo di distruggere assieme al suo corpo martoriato anche il suo pensiero.

Ma andò così? No, la verità viene sempre a galla e sia pur ancora calpestata e misinterpretata essa alla fine trionferà, ed in realtà sta già trionfando, poiché il finito non può assolutamente condizionare l’infinito.

Paolo D’Arpini - Comitato per la spiritualità laica